VOOM Portraits: a still life is a real life

wilson_rosselliniSempre più appassionato di videoarte, anche se solo all’ultimo giorno, sono riuscito a visitare la mostra multimediale VOOM Portraits firmata Robert Wilson. Si tratta di una serie di “ritratti” ad alcuni personaggi – da Brad Pitt a Winona Ryder, da Gao Xingjian allo scrittore William Pope – immortalati in sequenze che si ripetono in loop e che li vedono protagonisti di reinterpretazioni di famosi dipinti o come sospesi in un mondo innaturale e senza tempo. La cosa particolare, a ben vedere, è proprio quella che, nello stesso momento, ciò che vediamo tra le sale, è sia un ritratto, una foto, un gioco di luci, un’espressione, sia un susseguirsi di (quasi) impercettibili movimenti che rendono vive le immagini (perchè si tratta, anche se a volte sembrano passare secoli prima di notare un piccolo cambiamento, di una serie di immagini una dietro l’altra). Le opere che mi sono piaciute di più sono quelle riferite a due donne (poteva essere altrimenti?): la Dita Von Teese e il suo equilibrio “magico” di felliniana memoria e la principessa Carolina di Monaco in stile Grace Kelly, un’ombra più che una donna in carne ed ossa, lacerata dalla profonda “ferita” sulla schiena. La palma del più inquietante va invece a Steve Buscemi, nei panni di un macellaio che muove nervosamente mandibola e scarpe.
Probabilmente avrei apprezzato ancora di più la mostra se fosse costata un po’ di meno (capisco sia la nuova frontiera e che gli schermi ad alta risoluzione i più convenienti ma…) e se fossero state messe a disposizione delle sedie-pieghevoli-da-museo con le quali gustare senza fretta e senza patimenti le varie opere. Una nota di merito, invece, per il materiale fornito all’ingresso dal quale spicca, su tutte, una frase di Wilson che recita:

Spesso le persone mi chiedono quale sia il significato delle mie immagini. Non do interpretazioni del mio lavoro. L’interpretazione spetta agli altri. Fissare il senso di un’opera ne limita la poesia e la possibilità di generare altre idee. Sono affermazioni personali e poetiche di personalità differenti.

Lebanon e il ruggito del Leone

lebanonDopo Women without men ho continuato la mia personale maratona sui film più acclamati alla mostra del cinema di Venezia vedendo la pellicola vincitrice del Leone d’oro: Lebanon di Samuel Maoz.
Un film strano, di quelli che o conquista o lascia perplessi senza via di mezzo. La storia è quella di in un gruppo di ragazzi che, con un carro armato, fungono da supporto a un plotone di paracadutisti inviati a perlustrare i resti di alcune cittadine bombardate dall’aviazione israeliana. Le continue inquadrature interne al carro armato (visione per questo motivo forse non proprio indicata a chi soffre di claustrofobia, all’uscita dalla sala sembra ci si sente quasi unti di olio come i protagonisti) fanno partecipare in prima persona lo spettatore alle tensione del conflitto e alla sopresa da parte dei giovani soldati di ritrovarsi di colpo catapultati dalle semplici quanto innocue eserciatazioni a un cruda realtà fatta di morte, urla e distruzione. Forse è proprio questo l’aspetto più angosciante della pellicola che mostra il terrore per il conflitto proprio di chi dovrebbe guidare la battaglia e che invece, quasi in maniera compulsiva, non sentendo proprio lo scontro, controlla con il mirino la situazione fuori dal cingolato ma resta quasi incapace di premere il grilletto e di eseguire gli ordini impartiti. I giovani militari, infatti, non sono eroi, non sono desiderosi di sacrificare la propria vita per l’annientamento del nemico, sono solo fragili ragazzi terrorizzati dall’essere in contatto così diretto con gli orrori della guerra, desiderosi solo di tornare vivi dalle loro famiglie e di lasciare quanto prima il campo di battaglia. Film forte, di poche parole, forse a tratti un po’ lento, ma di sicuro impatto.

Women without men, dal libro al film

women_without_menDal romanzo di Sharnush Parsipur – il cui titolo fa forse un po’ il verso al Men without women di John Ford – a Venezia è stato presentato l’omonimo film di Shirin Neshat, opera prima della nota artista e fotografa iraniana fresca vincitrice del Leone d’argento per la regia in Laguna.
Il film è ambientato nella Teheran della metà degli anni Cinquanta – un periodo di forte subbuglio politico – e racconta la lotta quotidiana di quattro donne tra loro diverse ma unite dal senso di frustrazione, di oppressione, di crescente insoddisfazione verso un destino caustrofobico. La loro vita diventa così la ricerca di una via di fuga – nel film idealizzata in un giardino (l’Eden?) – per scappare da abusi, umiliazioni e sofferenze, nel tentativo di trovare indipendenza e serenità, conforto e calore umano.
Una fotografia impeccabile, un’atmosfera sospesa tra sogni/incubi e realtà, Women without men è un film dal retrogusto triste, delicato ma emozionante, un grido sordo che diventa un inno alla libertà. Da vedere.

La videoarte firmata Pipilotti Rist

pippermintaSono da poco tornato al lavoro ma le vacanze da poco trascorse già sembrano lontane anni luce. Tra i ricordi più vivi di uno dei miei viaggi on holiday c’è sicuramente quello relativo alla piacevole giornata trascorsa tra le mura del Centro nazionale d’arte e di cultura Georges Pompidou che, tra le molte opere proproste, mi ha permesso di conoscere anche Pipilotti Rist, celebre videoartista svizzera di fama internazionale che – ho scoperto quasi per caso – proprio questi giorni presenta come regista alla Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione “Orizzonti”, la sua opera prima, “Pepperminta“.
L’installazione audio-video, intitolata A la belle étoile, è una sorta di viaggio senza sosta tra diversi universi ricchi di colore e luci, nei quali interno ed esterno si fondono sino a sparire (difficilissimo raccontare con parole l’esperienza vivisa!). Tra l’altro, cercando nella Rete, ho trovato anche la sua bellissima galleria di scatti variopinti, capici di rilassarmi e di appagare la mia vista come pochi altri. La speranza è quella di poter ammirare presto anche in Italia le opere di questa artista che ha saputo stupirmi con la semplicità e la leggerezza delle sue visioni.

[spazio segnalazioni] YouNovel, romanzi user generated

younovelPer sfuggire dall’afa d’estate spesso mi rifugio nei mondi immginari dei libri. E, gustando la lettura, mi torna contemporaneamente il desiderio di scrivere. Ecco perchè, di ritorno dalle vacanze, ho ricevuto con piacere la segnalazione via mail di un amico che mi indicava la partenza ufficiale di uno dei suoi ultimi progetti, Younovel. Da quanto ho pouto carpire da una rapida visita al spazio (appena ho un attimo mi registro, promesso), è una nuova community di user generated content lanciata da un gruppo di appassionati sullo stile dei gruppi di “garage friend” americani, soliti confrontarsi sui codici sorgente di programmi e applicazioni. Il lancio, avvenuto non da molto – il numero di utenti pare crescere in maniera costante – è in questa fase diretto al pubblico italiano, inglese e francese: YouNovel punta a riunire coloro che desiderano dare il loro contributo in termini di scrittura collaborativa, che desiderano essere coinvolti in prima persona nella stesura di testi e racconti. Le regole di “ingaggio”, elencate nella homepage, sono molto semplici:

* Puoi scrivere pagine all’interno di romanzi digitali lunghe quanto vuoi;
* Non puoi scrivere una pagina che segua un’altra tua pagina… piuttosto scrivila più lunga;
* Se una pagina non ti piace, puoi scriverne un’altra versione.

Dopo il successo di Wikipedia e i vari esperimenti nei social network, sull’onda della condivisione web 2.0, ecco un’altra risorsa che offre a tutti l’opportunità di esprimersi giocando con la scrittura in un progetto comune potenzialmente accattivante, divertente, costruttivo. Ne uscirà qualcosa di buono? Come si suol dire, ai posteri l’ardua sentenza, le premesse ci sono, non mi resta che fare un grandissimo “in bocca al lupo” al progetto.

Vita e morte di F., l’esordio di Poppi

vita_e_morte_d_fCon orgoglio e gratitudine oggi spendo due parole per l’opera prima di un mio amico che gentilmente mi ha inviato il suo testo d’esordio poco prima dell’estate. Si tratta di Vita e morte di F. di Fabio I. M. Poppi ed è una sorta di diario tramite il quale protagonista del libro – edito da Boopen – le sue tribolazioni interiori associate al compito che lo vede pedina nello scacchiere del destino di vite altrui.
Un po’ E. A. Poe un po’ Anna Rice, il libro racconta di un uomo travolto da un destino più grande di lui che lo rende strumento e arbitro delle esistenze di alcune avvententi ragazze. Tra paure, angosce e visioni, per sconffiggere l’apatia quotidiana, F. si erge paladino contro il dolore salvo poi cadere esso stesso vittima dei propri obblighi, prigioniero di fatalità, bellezza e sentimenti che, nell’estasi della sua nuova vita come XIX, aveva forse creduto di sconfiggere.
Particolare il rapporto tra lettore e protagonista-narratore, fatto di interrogativi e giudizi sintomi di una mente offuscata dalla propria lucida pazzia e al contempo bisognosa di continue conferme su ciò che è realtà e ciò che invece è immaginazione.
A trovare il pelo nell’uovo si potrebbe forse dire che testo avrebbe necessitato di una più attenta analisi della bozza prima della stampa (qua e là ogni tanto, qualche refuso è scappato), ma è pur sempre un esordio, quindi non mi resta che dire: “in bocca al lupo!” nell’attesa di poter leggere altre fatiche letterarie by Poppi.

[update: a partire dall’estate del 2011 il gruppo Boopen è entrato nel network Photocity dando vita a Photocity Edizioni]

Coraggio, libertà e sberleffo a Palazzo Reale

ForattiniLo scorso week-end vagando alla ricerca di qualcosa di interessante da visitare al riparo dal caldo, mi sono trovato a passare davanti a Palazzo Reale e a notare, divertito, un centauro con le sembianze di Forattini. E’ infatti in corso a Milano (dal 3 luglio al 27 settembre 2009) una bella mostra a ingresso gratuito su Giorgio Forattini, storico vignettista che dagli anni Settenta rilegge a suo modo la scena – soprattutto quella politica – nazionale e internazionale. Sono un suo fan sin da bambino – in famiglia si leggeva Panorama – ed è grazie a lui, alle sue caricature e alle sue provocazioni che conservo un minimo di interesse per la politica nostrana (che, certo, di spunti per la satira ne regala parecchi, sob). Entrando, pensavo la mostra fosse la classica raccolta di schizzi su cornice e invece, con mia sorpresa, il percorso offre opere che, lasciata al carta, si animano diventando gigantografie e oggetti tridimensionali. Personalmente adoro l’antropoformizzazione (mamma che parolone) di alcuni personaggi quali “bruco” Veltroni, “ciappi” Ciampi, “topolino” Amato, capaci con pochi tratti di essere estremamente comunicativi. La rassegna mi ha anche permesso di riflettere sulla libertà di satira (vedi querela di D’Alema a Forattini con richiesta di risarcimento di tre miliardi delle vecchie lire, poi ritirata), sull’abilità/dovere di disegnare anche in momenti tragici, e, infine, sul fatto che alcuni vezzi del nostro paese si ripetano ciclicamente proprio come alcune vignette che mostrano personaggi diversi ma in situazioni molto molto simili tra loro. Un bel viaggio quello della mostra, grazie al quale rileggere, con il sorriso sulle labbra, gli ultimi 40 anni della nostra vita politica e sociale, raccontati da una delle matite più irreventi. Complimenti e lunga vita alla satira!

Storie infernali dal mondo del lavoro

100lavori_orrendiSarà il fatto che, come ogni anno, si arriva alle vacanze con il fiatone. Sarà che in fondo, del proprio lavoro, non si è mai soddisfatti pienamente, ci sarebbe sempre qualcosa che potrebbe migliorare nel rapporto con i colleghi, nella retribuzione, nell’orario d’ufficio o nella sede. E poi l’estate, il tempo delle vacanze, è anche il periodo nel quale, fuori dalla routine lavorativa, si ha modo di riflettere sulla propria posizione, sulle proprie aspirazioni e ambizioni di svolta. Ecco perchè quando ho avuto tra le mani Cento Lavori Orrendi, Storie infernali dal mondo del lavoro a cura di Dan Kieran, non ho esitato a leggerlo (il libro tra l’altro è stato utilizzato per il lancio della serie tv Lavori Sporchi in onda su Discovery Channel). Il testo è una raccolta di testimonianze arrivate in più di dieci anni alla rivista The Idler che, come detto nell’introduzione, è una sorta di “fotografia del Mondo Occidentale del Lavoro e dell’enorme differenza che c’è tra ciò che i lavori promettono e quello che poi si rivelano essere davvero.” Tra le pagine si scopre così un mondo di noia, solitudine, colleghi insopportabili, arroganti o squilibrati, di sfruttamenti, esaurimenti, stress e mansioni umilianti e/o alienanti. Una rassegna divertente, imbarazzante e per certi versi anche sconfortante, che in fondo può forse aiutare a considerare a rivalutare il proprio lavoro. Un libro leggero, per l’estate, da gustare in pieno relax godendosi sullo sdraio i racconti delle disavventure altrui.

WOM Summit parte prima, riflessioni a caldo

wom_summit_09Ho avuto modo ieri di essere presente al convegno Word of mouth summit 2009, una raccolta di testimonianze sulle varie attività legate direttamente o indirettamente al “mondo” del passaparola on e offline. Nel bene e nel male, ormai credo di potermi considerare “uno del settore” perchè, nonostante i miei due soli anni di lavoro nell’ambito del buzz, ho potuto saggiare “con mano” oneri e onori di iniziative online per alcuni importanti player. Il mio punto di vista sull’incontro non è quindi forse quello del pubblico di riferimento di questo genere di appuntamento vuoi perchè i relatori per la gran parte mi erano già noti, vuoi perchè, rappresentando alcuni dei player più importanti, sono diventati nel corso del tempo, almeno per il sottoscritto, delle figure di riferimento dalle quali la mia crescita professionale risulta quasi imprescindibile (dopo questa ode ai relatori, avanzo un cocktail da ciascuno dei presenti ieri in sala).
Il mio giudizio quindi non può che essere di parte, non può non considerare la mia funzione e il mio ruolo (marginale) all’interno del panorama wom/buzz italiano. Fatta questa (doverosa) premessa, passo a raccontare quanto del summit ho trovato più interessante.
Prima la notizia buona o prima quella cattiva? Dato che il passaparola che nella rete si diffonde con più vigore è quello legato a esperienze negative, a criticità del prodotto/servizio, con un volo pindarico, parlo in primis di una sensazione che puntualmente mi assale dopo ogni incontro come quello del wom summit: l’autorefenzialità. Spesso infatti chi presenta una realtà, un servizio, una propria riflessione – parlo in generale, le eccezioni per fortuna non mancano – tende inconsciamente a portare acqua al proprio mulino. Ho notato come spesso piuttosto che offrire degli spunti di riflessione “neutri”, si tenda involontariamente a convincere il pubblico della bontà della propria realtà lavorativa – o della “non sufficienza” dell’operato dei competitor – quasi chi fosse con il microfono in mano diventesse improvvisamente non tanto un relatore quanto un vero proprio account. Nel caso del WOM SUMMIT poi questo fenomeno risultava forse ancora più evidente vista la mancanza pressochè totale – non solo tra i relatori – di “pareri altri”, di testimonianze diverse da quelle fornite da operatori/consulenti lato agenzia (peccato, in sala c’era una rappresentanza fiat e peroni…).
Nonostante questo però, l’incontro – a parte due interventi nel finale a mio giudizio non propriamente in tema e troppo “spot” – è risultato essere decisamente interessante: offrendo la possibilità di confrontare in una giornata diverse modalità di approccio e di confronto attorno al passaparola, sono molti i spunti degni di nota emersi. A ben guardare poi, nonostante i differenti player in campo – da hagakure a zzub, da promodigital a frozen frogs – i punti di contatto tra le diverse presentazioni non sono stati pochi e probabilmente possono essere riassunti in quello che ormai è un motto: ascoltare, interagire, coltivare relazioni.
Sarà il fatto che il confronto sul codice etico di attività di passaparola e sulla opportunità di certe operazioni sul cosiddetto web 2.0 su friendfeed era già iniziato prima del summit, sarà il “fascino dello straniero”, sta di fatto che probilmente l’intervento più coinvolgente è stato quello di Willem Sodderland di buzzer, capace di suggerire un paradigma creativo legate al passaparola, capace di coinvolgere direttamente il potenziale consumatore non solo nella prova del prodotto, ma nella creazione di una vera e propria conversazione attorno a un brand capace forse di rendere meno “commerciale” l’approccio.

La mia survey sulle attività social online

online_surveyNel precedente post ho presentato l’interessantissimo testo “L’onda anomala” sottolineando come forse l’unica pecca del libro fosse una mancanza di dati sulla realtà italiana. A questo punto mi sono detto: e se provassi a lanciare una survey? Niente di più semplice viste le ormai numerose risorse gratuite presenti in Rete. E così ho registrato un nuovo account su SurveyMonkey e ho riproposto due dei quesiti più interessanti emersi dalla lettura del manuale sul come interagire e collaborare con i consumtori ribelli firmato Li e Bernoff.

domanda 1: Quale di queste attività svolgi almeno una volta al mese?

domanda 2: Quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti servizi?

La ricerca del 2007 di Forrester mostrava, nelle prime tre posizioni, in termini di percentuali, le seguenti attività:

Guardo video prodotti da altri utenti, 29%
Consulto forum o gruppi di discussione online, 28%
Visito siti di social network, 25%

Dai risultati della mia indagine (un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito!), realizzata su un campione di 100 utenti italiani (quelli consentiti da un account free) e pubblicizzata su Twitter, FriendFeed e Facebook, fermo restando le scelte selezionabili – con la sola aggiunta di “uso friendfeed” – sono emersi alcuni fattori differenti.
In generale un maggiore coinvolgimento degli utenti attraverso gli strumenti a disposizione nel web (questo sicuramente è in parte anche dovuto alla particolare tipologia di target che abbiamo colpito, un campione che si è dimostrato essere molto avvezzo alle tecnologie della Rete). Da sottolineare il balzo in avanti legato alla maggiore partecipazione verso i social network in generale, e verso i blog e twitter in particolare. Ecco il podio emerso dall’indagine:

Visito siti di social network, 92%
Guardo video prodotti da altri utenti, 82%
Aggiorno/gestisco un profilo su un sito di social network, 81%

Circa l’altra domanda che si propone di comprendere, con l’avvento dell’era di Internet, quali siano le fonti che gli americani connessi alla Rete ritengono più fidate, più credibili, sempre mantenendo inalterate le risposte possibili, alla domanda “quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti/servizi?” le prime tre posizioni della ricerca americana vedevano nell’ordine:

Opinione di un amico o di un conoscente che fa fruito del prodotto/servizio, 83%
Recensione del prodotto/servizio apparsa su un giornale, una rivista o in tv, 75%
Informazioni pubblicate sul sito del produttore, 69%

I risultati che ho registrato, rispetto alla ricerca di riferimento, sono abbastanza diversi.

Opinione di un amico o di un conoscente che fa fruito del prodotto/servizio, 92.8%
Recensione di un noto esperto, 74.2%
Informazioni pubblicate sul siti basati sulle opinioni degli utenti, 73.2%

Se infatti le opinioni di un amico/conoscente si confermano come “prima scelta” della stragrande maggioranza degli utenti, la credibilità di una recensione apparsa su un giornale, una rivista o in tv subisce un netto calo, passando da un 75% a un 35.7%, relegando tale spazio comunicativo in ultima posizione rispetto alle altre scelte disponibili.
Viceversa scalano posizioni le opzioni che vedono attivamente partecipi gli utenti: le recensioni di blogger passano così dal 30% al 67.4%, le opinioni delle community di utenti dal 50% al 73.2%.
Il Web 2.0 è insomma vivo più che mai ed è sempre più considerato dai potenziali consumatori il territorio primo nel quale reperire (e condividere) informazioni, opinioni, giudizi, una tappa ormai quasi obbligata per vagliare l’acquisto di un bene/servizio.