Quando mi è stato chiesto di dare il mio (piccolissimo) contributo alla web marathon 2009 non ho esitato nemmeno un secondo. Telethon, in estrema sintesi, è un polo d’innovazione per la ricerca sulle malattie genetiche rare. Da vent’anni raccoglie fondi – soprattutto tramite la tv – e sostiene la ricerca e la cura di malattie che colpiscono per la stragrande maggioranza i più piccoli.
Oggi, 11 dicembre, contemporaneamente alla maratona televisiva Rai, è attiva anche una maratona web: portali, siti, blog e social network tutti uniti per tentare di sensibilizzare la Rete proponendo notizie, approfondimenti, aste online, visti grafiche pensate proprio per le due giornate di Telethon, per segnalare i molti eventi previsti lungo tutta la Penisola. E ovviamente per diffondere banner e widget per la donazione virtuale.
Un’altra bella occasione per dimostrare come il web sia vivo e attivo. Lunga vita alla ricerca e avanti con la raccolta fondi!
Event
Le nuove Adidas Predator X sbarcano a Milano
Il tardo pomeriggio di oggi ha visto protagoniste, all’Arena Civica di Milano, le nuove Adidas Predator X calzate da sportivi di eccezione quali gli All Blacks Dan Carter, Jimmy Cowan, Zachary Guildford, Luke McAlister e i calciatori Diego (Ribas da Cunha), Cristian Brocchi e Alessandro Matri.
I giocatori, divisi in due squadre miste, capitanate rispettivamente da Dan Carter e Diego, si sono sfidati in una competizione molto spettacolare: l’obiettivo era colpire, dalla terrazza dell’Arena, sia con il pallone ovale che con quello da calcio, un bersaglio posizionato al centro del campo a circa 70 metri di distanza (per onor della cronaca ha vinto la squadra di Carter). Un modo simpatico – e per certi versi spettacolare – con il quale testare potenza e controllo delle ultime nate in casa Adidas (pazzesco come le scarpette da calcio si siano “evolute” dal 1994!) che si basano, in estrema sintesi, su tre principali tecnologie: powerspine, predator e optifit. Spero di riuscire a spiegare queste innovazioni senza annoiare troppo: grazie alla tecnologia powerspine il piede nel colpire la palla subisce una minore deformazione e questo significa meno perdita di energia e quindi più potenza e velocità impressa alla palla; la tecnologia predator – un mix plastica-silicone a lato dalla scarpetta – permette una maggiore accuratezza nel controllo del pallone e nell’effetto del tiro, in ogni condizione metereologica (pioggia o sole) e di campo (secco, duro o bagnato); la tecnologia optifit infine punta a garantire un miglior controllo di palla: riducendo il materiale tra pallone e piede, grazie a innovativi elementi costruttivi e nuovi materiali, si ha una sensazione confortevole come se si giocasse a piedi nudi.
Altre chicche che caratterizzano le Predator X sono: la parte laterale pre-sagomata che una volta indossate rende le scarpette ergonomice al massimo, la parte del tallone dei tacchetti che è a sé stante rispetto alla tomaia della scarpa, i lacci più ampi dove si annoda e poi più fini per ridurre al minimo l’ingombro, il bordo morbido all’avampiede… Insomma se la mia (brillante?) carriera di fantastista non fosse stata prematuramente bloccata da un brutto infortunio alla caviglia destra (e nonostante il prezzo della top di gamma non sia proprio economico), avrei voluto davvero provare le nuove Predator X e sentirmi, almeno il tempo di una partita, un campione.
VOOM Portraits: a still life is a real life
Sempre più appassionato di videoarte, anche se solo all’ultimo giorno, sono riuscito a visitare la mostra multimediale VOOM Portraits firmata Robert Wilson. Si tratta di una serie di “ritratti” ad alcuni personaggi – da Brad Pitt a Winona Ryder, da Gao Xingjian allo scrittore William Pope – immortalati in sequenze che si ripetono in loop e che li vedono protagonisti di reinterpretazioni di famosi dipinti o come sospesi in un mondo innaturale e senza tempo. La cosa particolare, a ben vedere, è proprio quella che, nello stesso momento, ciò che vediamo tra le sale, è sia un ritratto, una foto, un gioco di luci, un’espressione, sia un susseguirsi di (quasi) impercettibili movimenti che rendono vive le immagini (perchè si tratta, anche se a volte sembrano passare secoli prima di notare un piccolo cambiamento, di una serie di immagini una dietro l’altra). Le opere che mi sono piaciute di più sono quelle riferite a due donne (poteva essere altrimenti?): la Dita Von Teese e il suo equilibrio “magico” di felliniana memoria e la principessa Carolina di Monaco in stile Grace Kelly, un’ombra più che una donna in carne ed ossa, lacerata dalla profonda “ferita” sulla schiena. La palma del più inquietante va invece a Steve Buscemi, nei panni di un macellaio che muove nervosamente mandibola e scarpe.
Probabilmente avrei apprezzato ancora di più la mostra se fosse costata un po’ di meno (capisco sia la nuova frontiera e che gli schermi ad alta risoluzione i più convenienti ma…) e se fossero state messe a disposizione delle sedie-pieghevoli-da-museo con le quali gustare senza fretta e senza patimenti le varie opere. Una nota di merito, invece, per il materiale fornito all’ingresso dal quale spicca, su tutte, una frase di Wilson che recita:
“Spesso le persone mi chiedono quale sia il significato delle mie immagini. Non do interpretazioni del mio lavoro. L’interpretazione spetta agli altri. Fissare il senso di un’opera ne limita la poesia e la possibilità di generare altre idee. Sono affermazioni personali e poetiche di personalità differenti.“
Coraggio, libertà e sberleffo a Palazzo Reale
Lo scorso week-end vagando alla ricerca di qualcosa di interessante da visitare al riparo dal caldo, mi sono trovato a passare davanti a Palazzo Reale e a notare, divertito, un centauro con le sembianze di Forattini. E’ infatti in corso a Milano (dal 3 luglio al 27 settembre 2009) una bella mostra a ingresso gratuito su Giorgio Forattini, storico vignettista che dagli anni Settenta rilegge a suo modo la scena – soprattutto quella politica – nazionale e internazionale. Sono un suo fan sin da bambino – in famiglia si leggeva Panorama – ed è grazie a lui, alle sue caricature e alle sue provocazioni che conservo un minimo di interesse per la politica nostrana (che, certo, di spunti per la satira ne regala parecchi, sob). Entrando, pensavo la mostra fosse la classica raccolta di schizzi su cornice e invece, con mia sorpresa, il percorso offre opere che, lasciata al carta, si animano diventando gigantografie e oggetti tridimensionali. Personalmente adoro l’antropoformizzazione (mamma che parolone) di alcuni personaggi quali “bruco” Veltroni, “ciappi” Ciampi, “topolino” Amato, capaci con pochi tratti di essere estremamente comunicativi. La rassegna mi ha anche permesso di riflettere sulla libertà di satira (vedi querela di D’Alema a Forattini con richiesta di risarcimento di tre miliardi delle vecchie lire, poi ritirata), sull’abilità/dovere di disegnare anche in momenti tragici, e, infine, sul fatto che alcuni vezzi del nostro paese si ripetano ciclicamente proprio come alcune vignette che mostrano personaggi diversi ma in situazioni molto molto simili tra loro. Un bel viaggio quello della mostra, grazie al quale rileggere, con il sorriso sulle labbra, gli ultimi 40 anni della nostra vita politica e sociale, raccontati da una delle matite più irreventi. Complimenti e lunga vita alla satira!
WOM Summit parte prima, riflessioni a caldo
Ho avuto modo ieri di essere presente al convegno Word of mouth summit 2009, una raccolta di testimonianze sulle varie attività legate direttamente o indirettamente al “mondo” del passaparola on e offline. Nel bene e nel male, ormai credo di potermi considerare “uno del settore” perchè, nonostante i miei due soli anni di lavoro nell’ambito del buzz, ho potuto saggiare “con mano” oneri e onori di iniziative online per alcuni importanti player. Il mio punto di vista sull’incontro non è quindi forse quello del pubblico di riferimento di questo genere di appuntamento vuoi perchè i relatori per la gran parte mi erano già noti, vuoi perchè, rappresentando alcuni dei player più importanti, sono diventati nel corso del tempo, almeno per il sottoscritto, delle figure di riferimento dalle quali la mia crescita professionale risulta quasi imprescindibile (dopo questa ode ai relatori, avanzo un cocktail da ciascuno dei presenti ieri in sala).
Il mio giudizio quindi non può che essere di parte, non può non considerare la mia funzione e il mio ruolo (marginale) all’interno del panorama wom/buzz italiano. Fatta questa (doverosa) premessa, passo a raccontare quanto del summit ho trovato più interessante.
Prima la notizia buona o prima quella cattiva? Dato che il passaparola che nella rete si diffonde con più vigore è quello legato a esperienze negative, a criticità del prodotto/servizio, con un volo pindarico, parlo in primis di una sensazione che puntualmente mi assale dopo ogni incontro come quello del wom summit: l’autorefenzialità. Spesso infatti chi presenta una realtà, un servizio, una propria riflessione – parlo in generale, le eccezioni per fortuna non mancano – tende inconsciamente a portare acqua al proprio mulino. Ho notato come spesso piuttosto che offrire degli spunti di riflessione “neutri”, si tenda involontariamente a convincere il pubblico della bontà della propria realtà lavorativa – o della “non sufficienza” dell’operato dei competitor – quasi chi fosse con il microfono in mano diventesse improvvisamente non tanto un relatore quanto un vero proprio account. Nel caso del WOM SUMMIT poi questo fenomeno risultava forse ancora più evidente vista la mancanza pressochè totale – non solo tra i relatori – di “pareri altri”, di testimonianze diverse da quelle fornite da operatori/consulenti lato agenzia (peccato, in sala c’era una rappresentanza fiat e peroni…).
Nonostante questo però, l’incontro – a parte due interventi nel finale a mio giudizio non propriamente in tema e troppo “spot” – è risultato essere decisamente interessante: offrendo la possibilità di confrontare in una giornata diverse modalità di approccio e di confronto attorno al passaparola, sono molti i spunti degni di nota emersi. A ben guardare poi, nonostante i differenti player in campo – da hagakure a zzub, da promodigital a frozen frogs – i punti di contatto tra le diverse presentazioni non sono stati pochi e probabilmente possono essere riassunti in quello che ormai è un motto: ascoltare, interagire, coltivare relazioni.
Sarà il fatto che il confronto sul codice etico di attività di passaparola e sulla opportunità di certe operazioni sul cosiddetto web 2.0 su friendfeed era già iniziato prima del summit, sarà il “fascino dello straniero”, sta di fatto che probilmente l’intervento più coinvolgente è stato quello di Willem Sodderland di buzzer, capace di suggerire un paradigma creativo legate al passaparola, capace di coinvolgere direttamente il potenziale consumatore non solo nella prova del prodotto, ma nella creazione di una vera e propria conversazione attorno a un brand capace forse di rendere meno “commerciale” l’approccio.
Il primo Girl Geek non si scorda mai
Lo scorso venerdì sono finalmente riuscito a intrufolarmi al Girl Geek Dinners Milano. Non mi ero fatto molte aspettative, non mi sono affacciato da molto nella blogosfera milanese e quindi non posso certo ambire alla massima notorietà ma la serata è stata comunque in grado di sorprendermi piacevoltemente. Arrivo puntuale, forse troppo. Aspetto un po’, poi mi decido a scendere, il ruolo del divo non mi calza troppo. Tra l’altro di fronte al banchetto principale c’è già una lunga fila di persone pronte ad affollare l’open lounge Fiat. Mi guardo intorno con fare da blogger vissuto e aspetto il mio turno. Mi presento e, dopo un po’ di suspance, ricevo il mio adesivo e i miei regalini (uno su tutti, il tanto agognato monopoli versione BlogStar by MargotMood). Mi mescolo tra la gente, tento di riconoscere qualcuno (le donne hanno tutte il loro badge in zona décolleté quindi per leggere l’indirizzo del blog si rischiano manrovesci che, visto l’appuntamento mondano, decido saggiamente di evitare), sorrido, ordino una caipiroska alla fragola e, magiando qualche stuzzichino, aspetto l’inizio ufficiale delll’incontro. Dopo alcuni minuti, infatti, alcune responsabili “digital” (Barilla, Alfa Romeo, Ducati, Nike e ovviamente Fiat) raccontano i progetti in essere nei social media delle aziende per le quali lavorano e rispondono alle curiosità dei partecipanti alla serata. Una volta terminata la parentesi seria, la parte social entra nel vivo: ci dividiamo in gruppi in base al colore del nostro adesivo e iniziamo in maniera convulsiva a scambiarci moocard e bigliettini da visita tentando di spiegare agli altri chi siamo e cosa facciamo veramente (tutti/e sembrano sempre superinteressati/e). Conosco così sexy writer, traduttrici, musiciste, blogger, di tutto di più. La serata poi continua tra cocktail, estrazioni di premi e chiaccherate varie. Il tempo dei saluti arriva forse troppo presto, una leggera pioggerellina chiude un’occasione di svago diversa che spero possa presto ripetersi.
La pubblicità è servita: incontro con Philip Kotler
Il 17 giugno scorso ho avuto il piacere di partecipare al convegno – organizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano – dal titolo: “La pubblicità è servita“. Guest star dell’incontro (spero di non risultare irrispettoso usando questa espressione), Philip Kotler che, parlando di fronte a una nutrita platea, ha parlato di marketing del 3° millennio, anticipando alcune delle riflessione contenute nel suo ultimo libro (scritto con John A. Caslione) Chaotics. Nonostante la levataccia (le registrazioni al convegno sono partite alle 8.30 anche se poi la discussione è cominciata dopo le 10), poter assistere dal vivo alle analisi di Kotler risulta sempre molto interessante e costruttivo. Dall’intervento è emerso come quello di oggi sia un periodo di “turbolenza” sconvolto da due macrofenomeni: da una parte la globalizzazione e dall’altra la digitalizzazione. In quest’ottica risulta quindi ancora più importante l’aspetto comunicativo-conversazionale del rapporto con il potenziale consumatore online che dovrebbe/potrebbe portare – come ultimo step – alla co-creazione del prodotto, come accaduto con i brand Lego e Harley Davidson. Ciò significa innanzitutto porre maggiore attenzione all’ascolto degli utenti ma anche comprendere come, nel momento di crisi attuale, l’acquisto di auto e, in generale, di beni costosi/complessi, vengano ridotti o procrastinati. Occorre quindi sviluppare un media mix più efficiente in grado di rinnovare, innovare e rendere più “fresh” il marketing. Significativo in questo senso la case history P&G che ha portato negli USA, in un momento non proprio brillante dell’azienda, ad una riorganizzazione pressoché totale: standardizzazione dei prodotti, riduzione del numero di variazioni di prodotto in temini di formati e tipologie, vendita e/o ridimensionamento dei “rami secchi” non più remunerativi. Illuminante, per un attimo ho avuto l’illusione (appagante) di essere (più giovane) in un campus universitario statunitense.
Incontro con l’art senza Testa
Lo scorso sabato ho avuto il piacere (e l’onore) di partecipare a un incontro dal titolo “Comunicazione e Immagine” organizzato da Florilegio Ars Factory presso la Fabbrica del Vapore. Guest star del dibattito, Sergio Mascheroni, storico Art Director dell’agenzia Armando Testa, famoso per le campagne Martini (il mitico “No Martini No Party”), Gabetti, De Agostini… Un incontro davvero piacevole nel quale Mascheroni ha raccontato la propria esperienza in agenzia e le differenze con il suo attuale stato lavorativo di “freelance”, narrando alcuni aneddoti interessanti circa il proprio lavoro e la vita in agenzia (pare che il testimonial indicato per Martini inizialmente non fosse George Clooney ma Jack Nicholson) e alcuni riflessioni sul cliente ideale dal punto di vista lavorativo, sui progetti creativi “al tempo del web”, sull’organigramma operativo di un’agenzia e sulla nuova passione della regia. Mascheroni ha infatti scritto e diretto il film dal titolo: “Il cielo sotto la polvere“, pellicola indipendente girata a Milano – un gospel movie italiano – con la partecipazione di Ornella Vanoni. E’ incredibile quanto l’oretta di confronto insieme con domande, spezzoni video e testimonianze, si sia come dilatata nel tempo dando vita ad un incontro davvero interessantissimo, pregno di spunti e motivi di riflessione. Così, alla fine, nel momento del brindisi, impacciato e intontito da tanti stimoli costruttivi non ho saputo che dire: “Complimenti e in bocca al lupo per la carriera da regista”. Sorry.
Anch’io al Media Running Challenge
Attenzione, questo è un post autocelebrativo. Sì perchè correre con l’afa e la calura che ieri soffocavano Milano è stata in fin dei conti una piccola-grande impresa degna di nota. Se poi pensiamo che il sottoscritto da sole 3 settimane di stava allenando (due volte a settimana quindi non certo con assiduità), i 5 km percorsi ieri per la corsa promossa dalla Fondazione Coca-Cola HBC Italia sono decisamente una cosa di cui vantarsi. Ok, la corsa non era competitiva, ma l’intero incasso sarà devoluto a In-Oltre, onlus che dà supporto ai ragazzi con disabilità, motivo che mi ha spinto ad aderire da subito all’inziativa (il mio pettorale era il numero 64 su oltre mille iscritti!) rispolverando le scarpette da running da (troppo) tempo relegate inutilizzate nell’armadio. Per essere il secondo “capitolo”, la corsa mi è sembrata davvero ben organizzata: deposito borse, spogliatoi, pettorina con chip, maglia Adidas realizzata ad hoc, pacco gara con omaggi degli sponsor, stretching pre-gara, possibilità di partecipazioni aziendali, pranzo post-corsa offerto da Barilla, insomma una bella occasione per fare attività fisica all’aria aperta (nella sempre spendida cornice di Parco Sempione) aiutando al contempo i meno fortunati. Ho appena letto i dati circa la mia posizione finale: 335esimo su 1200 partecipanti (5 km percorsi in 29 minuti), la corsa è insomma stata un successo. In tutti i sensi.
Il mio Party 10 e Lode
Lo scorso venerdì ho avuto il piacere di partecipare, nella splendida cornice di Villa Necchi Campiglio (una location, giusto per rimanere in tema, da 10 e lode!), all’evento organizzato per presentare, in maniera diversa e informale, i nuovi frullati by Chiquita. Una serata piacevole per un’inizitiva legata a tre macrotematiche: gusto, grazie a un buffet davvero fornito, simpatico mix tra cucina tradizionale e sperimentazioni nouvelle cusine (cito su tutti il riso alle fragole e gli spiedini con frutta e formaggi), benessere, in virtù dell’area shiatsu e della nutrizionista presente “in sala” e tendenze con il Knit Point, lo spazio interviste/computer/wifi e la “zona aperitivo” nella quale rinfrescarsi all’aperto con un con cocktail ammirando lo splendido giardino e l’invitante piscina illuminata. Circa il prodotto, ho “testato” il frullato Lampone – Melograno ed ecco le mie considerazioni: buono, sano, fatto con sola frutta e forse per questo un po’ difficile da bere tutto d’un sorso (personalmente avrei realizzato una confezione più ridotta e pratica, anche perchè in tutta sincerità, se fossi assetato, il frullato non sarebbe la prima cosa a venirmi in mente per placare la sete). L’aspetto wiki è forse quello che, almeno ai miei occhi, è un po’ mancato: si sono – inevitabilmente – creati tanti piccoli microgruppetti ma nessun momento (introduzione della serata a parte) di larga partecipazione e condivisione e, per un blogger neomilanese con sempre grandi aspettative come il sottoscritto, compilare a fine serata la scheda “suggerimenti” è risultato a ben vedere un po’ riduttivo. [la mia foto ha immortalato xlthlx con Miss Chiquita]