Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni. Ma non vedrai il regista dei tuoi sogni.

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, ultimo film di Woody Allen, mi ha lasciato perplesso. Forse, come riflettevo alcuni giorni fa, dovrei entrare nell’ordine di idee che ripetere film come Zelig è impresa improba. Ma l’ultima pellicola di Allen non mi ha lasciato nulla: il retrogusto amaro della comicità caustica di Woody ha lasciato il posto, nell’ultimo film, a una storiella ricca di luoghi comuni, poco divertente e povera di colpi di scena.
Nonostante il cast di primo livello – Anthony Hopkins, Naomi Watts, Antonio Banderas, Freida Pinto – l’opera risulta un mix scombussolato di storie parallele che si sviluppano a partire dal tris d’assi amore, attrazione, relazione di coppia.
I personaggi non risultano sino in fondo credibili, di loro viene mostrata solo la parte più superficiale quasi fossero “puro istinto” e forse, anche per questo, la trama non è riuscita a coinvolgermi come invece altri lavori di Allen hanno fatto.
Il film mi ha lasciato talmente indifferente che, una volta uscito dalla sala cinematografica, ho addirittura pensato che uno dei protagonisti, lo scrittore incapace di ripetere il successo del suo esordio letterario, fosse in fondo l’ater-ego del regista. Peccato, avrei avuto proprio bisogno di iniziare l’anno gustandomi l’umorismo cinico del regista di Brooklyn.

Vicky Cristina Barcelona

Vicky Cristina BarcelonaSono un fan di Woody Allen, del suo umorismo graffiante, della sua ironia caustica, dei suoi aforismi brillanti. Ultimamente però al cinema fatico a riconoscerlo. Forse è semplicemente maturato, più soddisfatto e fiducioso di sé e quindi meno “paranoico” nelle pellicole che lo vedono dietro la macchina da presa. O forse la lontananza dalla sua amata New York gli ha permesso di divincolarsi dal “suo” cinema per sperimentare altri modi di raccontare, sta di fatto che appena finita la visione di Vicky Cristina Barcelona, faticavo a pensare che il film fosse l’ultima fatica dallo stesso regista di Harry a pezzi o di Zelig. Insomma, il film con protagonisti Scarlett Johansson, Javier Bardem e Penelope Cruz non è brutto, ma forse sa un po’ troppo di spot pro-Catalogna (e pro-Fiat/Alfa Romeo), risultando vivace ma, se confrontato con il primo Allen, troppo leggerino. Per carità i momenti di satira non mancano. In particolare due temi del film mi sono piaciuti: da una parte lo sketch circa l’equilibrio di coppia da cercare (e trovare) al di fuori della coppia stessa, in una terza persona capace di diventare l’anello forte del legame in una relazione allargata ma finalmente stabile. E poi il fatto che, in definitiva, nonostante i triangoli amorosi, l’arte, il sole e l’estate, una volta finita la vacanza, alla fine poi torni tutto come prima. Tra l’altro a ben guardare in tutta la pellicola non c’è ombra di coppia “funzionante”: litigi, dubbi, gelosie, tradimenti, rimpianti, ricongiungimenti e allontamenti repentini, rappresentano la “normalità”. Proprio in ciò (e nel richiamo all’arte – nel caso specifico pittorica – come espressione del proprio io) credo risieda la firma di Woody: tra le righe riemerge infatti quel pessimismo cronico verso un rapporto di coppia duraturo che sin dai tempi di Io & Annie il regista di Brooklyn ha trasmesso non solo sullo schermo ma anche nella sua travagliata vita privata.