Rifugiandosi tra le nuvole

Jason Reitman, il regista di origini cecoslovacche dopo l’acclamato Juno – storia di un’adolescente rimasta incinta – torna sugli schermi con Tra le nuvole, una nuova spassosa, sarcastica e intelligente commedia.
Protagonista della pellicola Ryan Bingham – interpretato da George Clooney – brillante tagliatore di teste che, sullo sfondo di un’America più che mai colpita dalla crisi, macina miglia su miglia in giro per gli States con l’ingrato compito di comunicare a parte del personale di essere ormai in eccesso.
Con un metodo freddo e razionale Ryan conduce il proprio lavoro come la propria esistenza senza desiderare affetto, legami e qualsiasi altro aspetto che possa “appensantire” lo zaino che – come lui stesso recita quando viene chiamato a raccontare la propria way of life – ognuno di noi porta sulle spalle. Un’esistenza solitaria e profondamente egoistica della quale però, visto il continuo “stare sulle nuvole”, lontano da tutto e tutti, non si rimprovera nulla.
Ma il destino ama rimescolare le carte, anche ad alta quota. E così, proprio quando anche l’azienda di Ryan in nome del risparmio prospetta un ridimensionamento del contatto umano che da sempre caratterizza il lavoro di chi come lui è pagato per licenziare, ecco che incontra Alex, un’affascinante donna nella quale si riconosce e che porterà a tal punto scompiglio da far barcollare le certezze di una vita tra aeroporti, alberghi e automobili in affitto.
Un film – tratto dall’omonimo romanzo di Walter Kim – che ai miei occhi si è rivelato una piacevole sorpresa, fortunatamente lontano anni luce da alcune banali pellicole sul difficile equilibrio tra amore, lavoro, successo, con un cast di attori convincenti e perfettamente calati nella parte, con una sceneggiatura mai noiosa e, nonostante il retrogusto amaro, a volte anche ricca di momenti ironici (non a caso il film ha raccolto sei candidature al premio Oscar). Carina anche la colonna sonora (e, in particolare, la traccia Help Yourself di Sad Brad Smith) e lo spazio che raccoglie i messaggi di Twitter legati alla pellicola.

Soul Kitchen, la nuova commedia di Fatih Akin

Solo ora che ho intravisto la locandina dell’uscita italiana del film, trovo il tempo per spendere due parole su Soul Kitchen, divertente pellicola che ho potuto assaporare – in lingua originale con sottotitoli – nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia. Nella periferia di Amburgo, Zinos, ragazzo di origine greca, gestisce un locale senza molte pretese. Il cibo non è certo prelibato (brutalmente lo definirei junk food), ma gli avventori non si lamentano e anzi si presentano spesso numerosi.
Ma proprio quando tutto sembra essere ben avviato, quando pare che di scossoni ve ne siano stati già a sufficienza, ecco la vita torna prepotentemente a dire la propria e riserva gustose novità: Zinos in pochi giorni è costretto a rivedere tutte le proprie conquiste, dall’amore al lavoro, dalla salute al rapporto con fratello e amici.
Non voglio svelare nulla di più – se raccontassi troppo della trama poi che gusto ci sarebbe? – ma, senza entrare nei particolari, posso dire che il film è una spassosa commedia fatta di gag e di personaggi al limite del surreale che si relazionano tra loro in una società multietnica (alla Kebab for breakfast per intenderci).
La cosa che più mi ha colpito delle pellicola è stata lo stretto rapporto che lega la “crescita” del personaggio principale e al miglioramento delle abilità culinarie, come se, in qualche modo, la trasformarmazione da inserviente di un fastfood a ricercato chef comporti una maturazione anche dal vista umano-sentimentale-sociale capace di rendere Zinos più forte, sicuro e sereno.
Un film, quello di Fatih Akin (Leone d’argento – Gran premio della giuria), semplice, spiritoso (umorismo con retrogusto leggeremenre anglosassone, ritmi veloci e soundtrack accattivante), e, tanto per restare in cucina, leggero come un soufflé. Ideale per digerire il ritorno al lavoro dopo le festività natalizie.