Giornata FAI, prenditi cura di te

Per chi non avesse ancora piani per il week-end segnalo la Giornata FAI di Primavera, giunta quest’anno alla sua 20a edizione. Si tratta dell’iniziativa che vede protagonisti beni di interesse artistico, culturale, naturalistico aperti eccezionalmente al pubblico. Quest’anno, tra l’altro, il FAI è sostenuto anche da Garnier, brand storico del gruppo L’Oréal in un connubio che ha la bellezza come punto di incontro: come il FAI mette l’accento sul nostro incredibile (e spesso sottovalutato) patrimonio, così Garnier con i propri prodotti punta a rende la bellezza accessibile a tutti, in un parallelismo che – passatemi il paragone – vede i nostri capelli e la nostra pelle come beni preziosi da valorizzare.
A Milano, sbirciando tra i luoghi proposti, hanno attirato la mia attenzione la Banca di Italia – per la prima volta aperta al pubblico – la Biblioteca Civica di Palazzo Sormani Andreani, i Laboratori Scala Ansaldo con i loro 60.000 costumi di scena e Palazzo Lombardia, con la sua torre di 39 piani che non ho ancora avuto modo di visitare.
Buon week-end, sosteniamo il FAI con un sms e visitando almeno uno dei 670 luoghi d’arte e natura aperti oggi e domani in esclusiva in tutte le Regioni italiane.

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La videoarte firmata Pipilotti Rist

pippermintaSono da poco tornato al lavoro ma le vacanze da poco trascorse già sembrano lontane anni luce. Tra i ricordi più vivi di uno dei miei viaggi on holiday c’è sicuramente quello relativo alla piacevole giornata trascorsa tra le mura del Centro nazionale d’arte e di cultura Georges Pompidou che, tra le molte opere proproste, mi ha permesso di conoscere anche Pipilotti Rist, celebre videoartista svizzera di fama internazionale che – ho scoperto quasi per caso – proprio questi giorni presenta come regista alla Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione “Orizzonti”, la sua opera prima, “Pepperminta“.
L’installazione audio-video, intitolata A la belle étoile, è una sorta di viaggio senza sosta tra diversi universi ricchi di colore e luci, nei quali interno ed esterno si fondono sino a sparire (difficilissimo raccontare con parole l’esperienza vivisa!). Tra l’altro, cercando nella Rete, ho trovato anche la sua bellissima galleria di scatti variopinti, capici di rilassarmi e di appagare la mia vista come pochi altri. La speranza è quella di poter ammirare presto anche in Italia le opere di questa artista che ha saputo stupirmi con la semplicità e la leggerezza delle sue visioni.

Loghi d’Italia a Castel Sant’Angelo

loghi_italiaUn logo è il modo con il quale una brand comunica a noi potenziali consumatori la propria essenza, il proprio stile, la propria visione del mondo, le proprie qualità e peculiarità. E’ in qualche modo un occhio, uno spettro dell’anima che ci ammicca e che noi, lasciandoci sedurre, non solo siamo in grado di riconoscere con facilità, ma identifichiamo come sintesi di valori che condiviamo e che vogliamo esternare a chi ci circonda. Per questi motivi, appena ho avuto un momento libero, mi sono precipitato a visitare la mostra Loghi d’Italia – storie nell’arte di eccellere, in quell’incantevole cornice sospesa nel tempo che è Castel Sant’Angelo. Il percorso interattivo è un viaggio artistico-culturale nella creatività imprenditoriale italiana, da alcune delle più antiche aziende nostrane (Peroni, Perugina e Lagostina) ai giorni nostri (Benetton, Guzzini). Tra caroselli e oggetti di design, la mostra fotografa l’evoluzione del messaggio pubblicitario nel corso degli anni. Proprio nei loghi è infatti possibile apprezzare la fusione di arte e cultura, specchio sempre nuovo di una società in continuo mutare. E vedendo le sorpresine del Mulino Bianco, le vecchie trafile della Pasta Barilla, gli episodi con protagonisti La linea, i Caroselli del Caffé Paulista o le prime pubblicità della Vespa, una certa nostalgia non può non affiorare. Il costo per l’accesso al museo potrebbe spaventare ma in fondo la mostra e il luogo nel quale è possibile visitarla appagano appieno il prezzo del biglietto.

Bruno Munari all’Ara Pacis

La mia visita di ieri alla mostra di Bruno Munari alla Ara Pacis è stata davvero una sorpresa. Ho potuto ammirare le opere e l’ironia di un personaggio davvero singolare, capace di sperimentare giocando con l’arte e la tecnica. Una delle sue massime recita: “Complicare è facile, semplificare è difficile”. Forse proprio con questo spirito Munari tramite astrazioni nelle prime opere del percorso delle mostra non suggerisce una forma, uno sfondo, un davanti e un dietro, ma solo l’assoluta bidimensionalità. Poi dai disegni si passa alle sculture che permettono di “vedere l’aria”: tubi metallici che ruotano e permettono di guararci all’interno. E avanti con sperimentazioni, giochi tra linee, superfici e volumi, con oggetti che come per magia passano dalle due alle tre dimensioni. E ancora film senza storia, senza narrazione ma solo con luce, ritmo e movimento, “libri illeggibili” nei quali le parole spariscono per dare carta bianca (o meglio colorata) all’immaginazioni di chi vorrà leggervi una storia, maschere che ricordano immediatamente volti umani, rametti di legno carichi di “tensione”, forchette che comunicano a gesti, mattonelle che ingannano la vista, reperti dal secondo millennio, strane scritture, xerografie, strane sveglie, diapositive e molto altro. Un lungo – quanto intenso – viaggio tra design, stile, innovazione, immaginazione, metodo, rigore e creatività.

Le visioni di Angel Orcajo

Forse non tutti se ne sono accorti, ma lo scorso week-end a Roma 70 gallerie e luoghi d’arte hanno lasciato spazio all’arte moderna con vernissage, mostre e incontri con gli artisti (tra l’altro nel sito Roma Contemporary c’è la possibilità di un virtual tour). In extremis sono riuscito a visitare almeno un appuntamento di quelli previsti nella capitale: la mostra Soglie di incertezza all’Instituto Cervantes di Piazza Navona, sedici opere di Ángel Orcajo che spaziono dal 2003 al 2007, visitabili sino al prossimo 17 ottobre. Premetto che non sono un esperto d’arte, ma solo un appassionato di pittura e di qualunque forma d’arte che generi emozione, riflessione, introspezione. Ecco perchè la piccola mostra è riuscita a sorprendermi piacevolmente (non solo per l’ingresso gratuito): mi ha infatti permesso di scoprire un’artista la cui pittura è stata in grado di colpirmi nella inquietudine dei suoi tratti e in quel suo fascino metafisico-surrealista. In particolare un dipinto mi ha stregato: si intitola Un bosco di luci ed enigmi. Ahimè non sono riuscito a trovare un’immagine quindi proverò a descriverlo sommariamente. Si tratta di un quadro che mostra delle croci che rappresantano quasi delle rovine affiancate, sulla destra, a uno sguardo indagatore velato di tristezza. Forse la frase che Orcajo stesso utilizza per descrivere l’opera rende meglio l’idea: “…è sempre latente una bramosia irrefrenabile di decifrare l’enigma di tutto ciò che è esistente.” E’ proprio il concetto a monte della tela che ha saputo appassionarmi sin da subito: l’idea che l’uomo debba sempre trovare un senso, una spiegazione razionale per spiegare tutto ciò che lo circonda infatti mi spaventa. Spesso mi domando se per forza tutto debba avere ai nostri occhi un senso. Credo che il fascino di alcune “cose” che ci circondano sia dato appunto dalla loro patina di inconoscibilità, di unicità, alone di mistero che seduce. Ed è questo il mio approccio all’arte: quando guardo un quadro, ad esempio, non voglio “vivisezionarlo” per capire cosa l’autore avesse in mente mentre delirando lambiva un pennello intriso di colore. Voglio guardarlo per com’è, per così dire “con il cuore” più che con la sola vista, lasciandomi trasportare dalle emozioni che mi suscita. Poco importa se poi il significato originale nelle menta dell’artista sia stato da me completamente frainteso. L’arte per il sottoscritto non è un fine ma un mezzo. Per sognare a occhi aperti.