Con Donna allo specchio, Tiziano torna a Milano

Lo scorso giovedì 9 dicembre ho avuto il piacere e l’onore di partecipare a un interessantissimo evento. L’occasione era quella della mostra – promossa da Eni Cultura e Comune di Milano – che consente di ammirare, nella sala Alessi di Palazzo Marino (sino al prossimo 6 gennaio), Donna allo specchio, una delle più belle tele firmate Tiziano. Il dipinto, datato 1515, arriva dal Louvre, museo nel quale la fanciulla rappresentata si trova accanto alla più nota “rivale”, in enigmatica bellezza, Gioconda.

Il quadro è circondato da un alone di mistero: non avendo informazioni circa commissioni e primi acquirenti, ed essendoci altre due copie del dipinto (una a Barcellona, una a Praga), l’opera è considerata solitamente un cosiddetto “quadro di genere”, lontana cioè dalla pittura religiosa, mitologica o storica. Altri considerano Donna allo specchio il ritratto di un’amante dell’artista o l’allegoria della Vanità. Dopo aver osservato con cura il quadro, nonostante non sia di certo un esperto, non mi sento di escludere del tutto l’ultima  ipotesi:  la ragazza, immersa nell’autocontemplazione sembra sospesa tra i due specchi: uno, quello convesso, tipicamente utilizzato dai “barbieri”, nel quale si intravede il riflesso di una finestra, e l’altro, rettangolare, nel quale la fanciulla osserva la propria acconciatura. Che rappresentino l’uno il passato e l’altro il futuro, il suo essere al contempo ragazza e promessa sposa? Difficile dirlo. Il particolare della mano sull’ampolla pare però suggerire il desiderio della fanciulla di restare immobile, di resistere, in qualche modo, al destino effimero della bellezza terrena.

Detto della mostra e di come sia un appuntamento da non perdere (a due passi dalla corso dello shopping e per giunta ad ingresso libero), molto belle sono anche le sue molteplici “diramazioni” online.

Donna allo specchio è infatti anche…

– un sito che ospita i contenuti della mostra, dalle ampie sezioni informative ai live streaming dei diversi eventi previsti durante l’esposizione;

– un’applicazione per iPhone/iPad che offre la possibilità di scattare una fotografia, “specchiarla” su diverse superfici
e poi di condividerla su Facebook;

– un minisite, Tiziano a Milano, attraverso il quale contribuire alla costruzione di una gallery che racconta una Milano… riflessa;

– una pagina e un’applicazione Facebook che consente di offrire il proprio volto al quadro di Tiziano;

– un profilo Twitter;

– un canale YouTube nel quale gustarsi altro materiale multimediale.

Non resta che immergersi appieno in ogni singola opportunità legata alla mostra-evento, buon divertimento!
mostra-evento, buon divertimento!

Articolo sponsorizzato

Storie infernali dal mondo del lavoro

100lavori_orrendiSarà il fatto che, come ogni anno, si arriva alle vacanze con il fiatone. Sarà che in fondo, del proprio lavoro, non si è mai soddisfatti pienamente, ci sarebbe sempre qualcosa che potrebbe migliorare nel rapporto con i colleghi, nella retribuzione, nell’orario d’ufficio o nella sede. E poi l’estate, il tempo delle vacanze, è anche il periodo nel quale, fuori dalla routine lavorativa, si ha modo di riflettere sulla propria posizione, sulle proprie aspirazioni e ambizioni di svolta. Ecco perchè quando ho avuto tra le mani Cento Lavori Orrendi, Storie infernali dal mondo del lavoro a cura di Dan Kieran, non ho esitato a leggerlo (il libro tra l’altro è stato utilizzato per il lancio della serie tv Lavori Sporchi in onda su Discovery Channel). Il testo è una raccolta di testimonianze arrivate in più di dieci anni alla rivista The Idler che, come detto nell’introduzione, è una sorta di “fotografia del Mondo Occidentale del Lavoro e dell’enorme differenza che c’è tra ciò che i lavori promettono e quello che poi si rivelano essere davvero.” Tra le pagine si scopre così un mondo di noia, solitudine, colleghi insopportabili, arroganti o squilibrati, di sfruttamenti, esaurimenti, stress e mansioni umilianti e/o alienanti. Una rassegna divertente, imbarazzante e per certi versi anche sconfortante, che in fondo può forse aiutare a considerare a rivalutare il proprio lavoro. Un libro leggero, per l’estate, da gustare in pieno relax godendosi sullo sdraio i racconti delle disavventure altrui.

Motionflow Contest, ci sarò!

motionflow_sonyMi è stato oggi comunicato l’indirizzo dell’ultimo video che chiarisce un po’ il “mistero” che aveva alimentato la curiosità di appassionati calciofili e di acrobati di football freestyle. Il velo è stato tolto e ora sono (finalmente) trapelati maggiori dettagli circa il Motionflow Contest, l’evento che si terrà all’Ippodromo del Galoppo di Milano il prossimo giovedì 21 maggio. Nella serata 200 palleggiatori si esibiranno per contendersi un ruolo da protagonista nella prossima campagna di comunicazione di Sony (7 di loro saranno saranno infatti selezionati da una giuria presieduta dal trio delle meraviglie Baresi, Massaro e Kakà). Ahimè, il calcetto su campi di cemento ha reso le mie caviglie frigili come cristalli, ma per fortuna, anche senza dover caricare un video con le mie magie (sono più un giocatore di contenimento e ripartenze), mi sono potuto registrare al sito dell’iniziativa per poter partecipare come pubblico. E chissà non riesca a strappare anche qualche scatto ai miei paladini rossoneri (e magari una anche al mitico Bruno Longhi che si occuperà del commento tecnico).

Sfogliavelo, CRM & buoni omaggio by Giovanni Rana

ranaAmo cucinare ma a volte, dopo una giornata lavorativa, ammetto di essere un po’ demotivato e di affrontare i fornelli con distacco e titubanza. Ecco perchè a volte, per sbrigarmi, mi faccio aiutare dai cibi pronti, quelli che in pochi minuti garantiscono un piatto accettabile senza un gran dispendio di grandi fatiche. Giovanni Rana in questo senso, è spesso mio fedele collaboratore, i suoi svogliavelo sono per me una manna dal cielo nei giorni in cui anche solo scegliere il tegame da utilizzare sembra una mission impossible. Non molto tempo fa ho acquistato al supermercato una confezione di ravioli ai quattro formaggi ma tornato a casa ho avuto la spiacevole sorpresa di scoprire della muffa sugli svogliavelo. Estremo disappunto anche considerando la mia cattiva abitudine di acquistare solo l’estremamente indispensabile per la giornata. Per dar adito a tutto il mio “frustrazione” mi sono quasi subito collegato al sito del pastificio veronese e nella sezione contatti ho segnalato la mia “brutta avventura”. Non che mi aspettassi molto, ma volevo mettere un po’ alla prova l’azienda (odio chi mette la mail o un form contatti e poi non risponde tirando il sasso e nascondendo la mano). Volutamente nella mia comuncazione non ero entrato molto nel dettaglio del mio acquisto, non specificando il numero dello scontrino o il punto di vendita. Nonostante lo mio scetticismo però, dopo circa due settimane, ho ricevuto nella mia cassetta della posta (offline intendo) una lettera che mi comunicava il dispiacere del brand per quanto accaduto, offrendomi come segno di “affetto, simpatia e attenzione” due buoni omaggio da utilizzare per l’acquisto di prodotti Rana. Insomma, nulla contro gli “standard per garantire la massima qualità”, ma confesso che nonostante il lavoro più che buono del CRM (cortesia impeccabile), probabilmente quel tipo di prodotto difficilmente avrà una seconda possibilità. Ma non posso non dar atto ad un’azienda che dopo solo un generico messaggio ha deciso non solo di tenere in considerazione la mia segnalazione ma anche di cercare in qualche modo di conservare la mia fiducia. E proprio perchè si tratta della mia “esperienza positiva” nonostante le tante segnalazioni che sono solito fare via mail – sono un inguaribile scontento che ci posso fare – che mi sono sentito quasi in dovere di dedicare un post alla mia piccola storia. Con la speranza che possa rappresentare l’inzio di un nuovo modo di porsi dell’azienda nei confronti del proprio bene più prezioso: i consumatori.

Anch’io in meta grazie a h&s

H&S BuzzKit

In occasione del torneo Sei Nazioni ho potuto calarmi appieno nei panni del vero fan del rugby superando, almeno in parte, anche la delusione per il cucchiaio di legno della nostra rappresentativa. Come è stato possibile? Grazie al “pacchettone” h&s che ho ricevuto alcuni giorni fa. H&S è infatti sponsor della nazionale italiana di rugby e proprio in virtù di questo rapporto ha realizzato un bellissimo kit con tutta la gamma degli shampoo, una mini palla da rugby (ormai inseparabile dal sottoscritto) e una sacca sportiva dove campeggia la scritta “h&s, un sacco di cose per la testa“. Leggendo il materiale informativo veicolato nella pendrive griffata, scopro che l’innovativa formula che caratterizza la linea di shampoo si basa sull’HydraZinc che permette allo Zinco Piritione (??) di essere più efficace – già dopo soli 9 lavaggi – contro la forfora e di contribuire così ai benefici del cuoio capelluto (tra l’altro, i cinefili sicuramente si ricorderanno che proprio lo shampoo Head&Shoulders – in Italia h&s , “accaesse” – salvò la terra dagli alieni nel film Evolution, quindi la sua efficacia mi pare più che provata, no?). Dopo aver provato l’intera gamma di shampoo ho optato per h&s Volume – le altre versioni sono h&s Classic, Classic 2 in 1 con balsamo, Mentol per avere una sensazione di freschezza e Citrus Fresh per capeli grassi – ideale per dare volume ai miei capelli finissimi. Ammetto di non aver mai acquistato gli shampoo h&s ma, dopo circa due settimane di utilizzo, posso dire in tutta sincerità di non aver individuato nessuna nota negativa legata ai prodotti: sono molto profumati, sono efficaci ma non agressivi ed è sufficiente una piccola porzione di shampoo per lavare al meglio i propri capelli. L’unico neo forse riguarda la distribuzione del prodotto che ancora non si trova in tutti i punti vendita. Ma in fondo Carrefour, Auchan, Lidl, Conad, Despar, Sma, Panorama e Acqua & Sapone (questi i negozi nei quali trovarei prodotti h&s), sono supermercati molto diffusi nel territorio.

Ora è certo, sono un blog addicted

addicted_2_bloggingDopo aver scoperto grazie ai test di Facebook su personalità & inclinazioni  il colore che più mi rappresenta, il film che mi indentifica, il lavoro che sarei portato a fare, il personaggio storico che avrei potuto essere, la mia vera squadra del cuore e molti altri aspetti nascosti quanto inaspettati (??) mio carattere, navigando nella Rete alla ricerca di risposte e comprensione del mio io, mi sono imbattuto in How Addicted to Blogging Are You? un test di 14 domande che hanno misurato la mia propensione verso quella nuova formula comunicativa chiamata blog, ormai appendice del mio pensare-ergo-essere. Il dato è inconfutabile, sono portatore sano di quella forma virale che mi porta ad utilizzare e fruire dei blog per leggere e commentare ciò a cui mi interesso. Domande senza risposta continuano a frullarmi nella testa: che conseguenze avrà questa mia attidudine verso i web log?

Babbo Natale adotta anche tu uno Yak!

savethechildrenL’inverno è ormai arrivato, Natale si avvicina e lo “stress da regalo” sta raggiungendo il suo apice. Il panico da originalità colpisce tutti e così iniziamo a vagare da negozio in negozio in cerca di un pensiero capace di entusiasmare le persone alle quale vogliamo bene. Poi un’illuminazione molto simile all’istinto di sopravvivenza spazza via la mancanza di idee: e se fosse possibile regalare qualcosa aiutando al contempo le persone meno fortunate?  Verifico sul web e trovo Lista dei Desideri e capisco al volo che potrei aver trovato la soluzione ai miei problemi. Tramite Save the Children è infatti possibile fare regali belli che non solo faranno felici amici e familiari, ma anche e soprattutto regaleranno un sorriso a tanti bambini che vivono nei paesi in via di sviluppo. La procedura è semplicissima: basta andare su desideri.savethechildren.it e con un click acquistare uno dei numerosi regali online. La persona a cui si decide di fare il regalino, riceverà una simpatica cartolina (cartaceo o elettronica) personalizzata che certificherà la donazione, un contributo per scuole, cure mediche, acqua potabile, protezioni dallo sfruttamento dei minori, a beneficio delle aree più povere in cui Save the Children lavora (dall’Africa Subsahariana all’Asia, dal Sud America al Medio Oriente). Il simbolo della Lista dei Desideri è lo Yak (qui si può vedere un video esemplificativo con Giobbe Cavotta), in simpatico bue tibetano che per molte famiglie in difficoltà significa latte nutriente, lana per vestirsi e indispensabile aiuto per l’aratura dei campi. Corro a stilare la mia lista “salvavita” nella speranza che più di qualcuno segua il mio esempio.

Passaparola 2.0 al RomeCamp

me_romecampLo scorso sabato nel pomeriggio ho tenuto un breve speech al RomeCamp (Università degli Studi Roma Tre, Facoltà di Economia e commercio) dal titolo “Passaparola online tramite forum e blog: opportunità 2.0” (il cui video è visibile qui grazie a Il Cannochiale) nel quale ho tentato di presentare alla platea l’importanza oggi per i brand del dialogo diretto con i propri (potenziali) consumatori nell’ottica non solo di presentare prodotti e servizi ma anche in quella di intercettare, tramite una campagna di comunicazione online, i cosidetti opinion leader, delle persone carismatiche che, dotate di un ampio network di amicizie/conoscenze, posseno diventare dei testimonial  della marca agendendo nei confronti della late majority come dei veri e propri ambasciatori capaci di rendere più credibile il cassico advertising. Ho insistito (spero non troppo) sul fatto che in un’epoca con molte alternative (simili) e con molti messaggi (multicanale), l’importanza di riuscire a coinvolgere gli utenti della Rete in una o più libere conversazioni attorno al prodotto/servizio, potesse risultare una strategia più che valida per scatenare il passaparola, per dare spessore al messaggio veicolato nei media “tradizionali”, per generare curiosità e aspettative positive nel consumatore. Ho in sostanza portato alla ribalta una comunicazione “dal basso” potenzialmente più interattiva e forse proprio per questo più convincente. Per motivi di tempo non mi sono volutamente addentrato nel tema che Guido Vetere su Nova dello scorso giovedì 20 novembre ha chiamato “Le verità soggettive” e che avrebbe reso necessario un intervento ben più approfondito. E’ chiaro che l’irruzione sulla scena dei media di nuove soggettività (forum, blog, social network…) renda il panorama comunicativo decisamente più coatico e complesso da catalogare e da comprendere. Di conseguenza risulta più difficile analizzare il rapporto tra web e verità (pensiamo ad esempio a Google che stila per noi una classifica degli spazi più “autorevoli” della quale spesso ci fidiamo acriticamente). Il problema tra opinione e informazione, tra accessibilità dei contenuti e veridicità degli stessi, in effettivamente esiste: mentre le informazioni in linea teorica sono neutrali, oggettive, le opinioni mostrano un punto di vista personale e proprio per questo andrebbero confrontate e verificate. Molti contrasti tra l’online e l’offline nascono però, a mio modo di vedere, da un fraintendimento a monte: i blogger non vogliono essere giornalisti, spesso parlano e si esprimono attraverso post senza nessuna pretesa se non quella di presentare le proprie esperienze e i propri pareri su prodotti/servizi/particolari occasioni, etc. L’idea di fondo quindi non è tanto quella di informare sostituendosi a canali ben più rodati, ma quella di condividere con con/nel web dei commenti-recensioni. E in questo senso, ben vengano nuove e differenti voci che vogliano aggiungersi al “brusio” della Rete.

Strizh, un “taglio di capelli” kazako

StrizhIn occasione della serie di incontri dell’Asiatica Film Mediale in corso a Roma ho avuto modo di vedere il film di Abai Kublai, Strizh (Swift in inglese). La pellicola del regista kazako racconta le giornate di Ainur, una ragazza che tra mille difficoltà cresce scontrandosi giorno dopo giorno con problemi dovuti all’assenza di una famiglia unita e di amici che possano supportarla nel suo processo di crescita. E qui la mia fantasia ha colto la prima metafora: ho intravisto nella ragazza il  riflesso della stessa Repubblica del Kazakistan, così fragile, impegnato nell’autocostruzione di sé stesso – ecco forse spiegato le tante imamgini di cantieri – ma al contempo spaesato, solo e alla continua ricerca di una propria definita indentità. La ragazza vive tra casa e scuola anche se spesso si ritrova per strada, seduta sulla panchina di un parco o in cima alla montagna per vedere da sopra la piccola cittadina nella quale abita, immersa nei propri pensieri, lontana dai litigi, dalle incomprensioni, dalle lacrime amare. E proprio quando le cose sembrano andare meglio, quando finalmente si varca quel luogo visto sempre come irraggiungibile (forse non a caso sferico come il mondo nel quale viviamo), se il sogno si trasforma nel giro di alcuni istanti da sogno a incubo, allora trovare la forza per continuare nonostante tutto e tutti risulta un’impresa più che ardua.
Un film quello di Kubai dalle atmosfere rarefatte, lontate, fredde, che rende bene l’idea di cosa possa voler dire vivere in una realtà tanto difficile, così lontana, povera ma al contempo ricca di contraddizioni.

Vicky Cristina Barcelona

Vicky Cristina BarcelonaSono un fan di Woody Allen, del suo umorismo graffiante, della sua ironia caustica, dei suoi aforismi brillanti. Ultimamente però al cinema fatico a riconoscerlo. Forse è semplicemente maturato, più soddisfatto e fiducioso di sé e quindi meno “paranoico” nelle pellicole che lo vedono dietro la macchina da presa. O forse la lontananza dalla sua amata New York gli ha permesso di divincolarsi dal “suo” cinema per sperimentare altri modi di raccontare, sta di fatto che appena finita la visione di Vicky Cristina Barcelona, faticavo a pensare che il film fosse l’ultima fatica dallo stesso regista di Harry a pezzi o di Zelig. Insomma, il film con protagonisti Scarlett Johansson, Javier Bardem e Penelope Cruz non è brutto, ma forse sa un po’ troppo di spot pro-Catalogna (e pro-Fiat/Alfa Romeo), risultando vivace ma, se confrontato con il primo Allen, troppo leggerino. Per carità i momenti di satira non mancano. In particolare due temi del film mi sono piaciuti: da una parte lo sketch circa l’equilibrio di coppia da cercare (e trovare) al di fuori della coppia stessa, in una terza persona capace di diventare l’anello forte del legame in una relazione allargata ma finalmente stabile. E poi il fatto che, in definitiva, nonostante i triangoli amorosi, l’arte, il sole e l’estate, una volta finita la vacanza, alla fine poi torni tutto come prima. Tra l’altro a ben guardare in tutta la pellicola non c’è ombra di coppia “funzionante”: litigi, dubbi, gelosie, tradimenti, rimpianti, ricongiungimenti e allontamenti repentini, rappresentano la “normalità”. Proprio in ciò (e nel richiamo all’arte – nel caso specifico pittorica – come espressione del proprio io) credo risieda la firma di Woody: tra le righe riemerge infatti quel pessimismo cronico verso un rapporto di coppia duraturo che sin dai tempi di Io & Annie il regista di Brooklyn ha trasmesso non solo sullo schermo ma anche nella sua travagliata vita privata.