Havaianas reinventa le espadrillas, parte 1

Sono sempre stato un fan delle calzature senza lacci, soprattutto d’estate. Ecco perché, con l’avvicinarsi della bella stagione non vedo l’ora di tornare a calzare quelle che nel mio immaginario sono le scarpe(tte) per eccellenza dell’estate: le espadrillas. Le ho sempre adorate: colorate, semplici, leggere, molto anni ’80, pare che i mocassini in tela dalla suola a corda siano di origine antichissima, tanto amate da essere tra le primissime richieste che sin dal 1800 degli emigrati stabilitisi in America Latina facevano pervenire ai loro cari ancora nel Vecchio Continente.

Per il lancio della nuova collezione, Havaianas – brand noto al pubblico per infradito e espadrillas – ha organizzato una serie di eventi in giro per l’Europa con lo scopo di dimostrare quanto questo tipo di calzature si adattino a qualunque situazione e come, indossandole, in qualche modo possa essere estate tutto l’anno.

Oneri e onori per il sottoscritto che è stato invitato (per le mie performance precedenti?) all’appuntamento di Havainas di Milano: mi sono subito attivato nei canali social per reclutare volenterosi/e che mi accompagnassero alla sessione fotografica che si terrà nella splendida cornice di Parco Sempione nella tarda mattina del prossimo venerdì 9 marzo. Ringrazio sin da ora le ragazze (Elesole e Margotta) che hanno deciso di assecondarmi, ora torno a pensare all’outfit “folle” che dovrò scegliere per la giornata e all’oggetto rappresentativo della mia personalità. Stay tuned!

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Pinterest + Instagram = Pingram

La pinterestmania continua a diffondersi tanto che non solo, come ho scritto alcune settimane fa, iniziano a comparire i primi cloni del servizio ma c’è anche qualcuno che trova il modo di utilizzare un social network ripensandolo proprio sulla base dell’organizzazione tipica di Pinterest. Si tratta di Pingram progetto – ancora in fase beta – di Gennaro Varriale che unisce Pinterest con Istangram. Come? Pingram cattura i feed da Instagram (i propri , quelli del proprio network, quelli delle foto più popolari) e li propone esattamente come in una bacheca di Pinterest. Al momento l’interazione con i contenuti non è possibile, non si può commentare né gestire le varie immagini sistemandole in diverse “cartelle” (potrebbe essere carina l’idea di utilizzare eventuali tag per gestire in maniera automatica la “profilazione” delle foto). Si può solo utilizzare il tasto Pin it per ripubblicarle nel proprio profilo Pinterest. La navigazione delle immagini però risulta semplice e anche gli eventuali commenti risaltano maggiormente. Sarà interessante seguire gli sviluppi del progetto per capire come saranno affrontati gli aspetti legati al copyright.

Di pochi giorni fa la notizia che Flickr ha disabilitato dal sito la funzione di pinning per le immagini coperte da copyright, come reagirà Instagram all’accesso ai profili dei propri utenti da parte di un sito esterno quale Pingram?

Il tema del copyright è di assoluto rilievo. Come ha fatto giustamente notare Kirsten – appassionata di fotografia e avvocato – nelle condizioni di utilizzo di Pinterest si specifica che le responsabilità dei pin/repin è ad esclusivo carico degli utenti che dovrebbero in linea teorica ottenere l’esplicito permesso dal creatore dell’immagine/del video prima di fare il pin. Questo significa che se un utente caricasse illegalmente qualcosa sulla propria bacheca e per questo dovesse risponderne per vie legali, dovrebbe non solo pagare un proprio avvocato ma saldare anche le spese degli avvocati del servizio. Pin it.

Be Chic, per un Natale glamorous

Il Natale, almeno negli ultimi anni, per il sottoscritto arriva all’improvviso. E mi coglie inesorabilmente impreparato. Per svariati motivi (alcuni a ben vedere indipendenti dalla mia volontà), infatti, mi riduco, per ciò che concerne l’acquisto dei regali per le persone care, ben oltre quella soglia limite che gli inglesi chiamano panic saturday, il sabato che precede le festività natalizie. Quest’anno però ho avuto la fortuna di avere dalla mia un validissimo alleato con il quale ho potuto superare con agilità ed eleganza quell’ostacolo insuperabile che mi sembrava fino a pochi giorni fa la lista dei regali. Si tratta della linea Be Chic, un nuovo marchio di collezioni di bijoux dal design veramente particolare. Braccialetti, collanine, orecchini e spille confezionati in scatolette nere con fiocchettino rosa antico da sapore retrò, gioiellini eleganti dal taglio ironicamente trendy. Appena scoperto il mondo Be Chic mi sono studiato i vari bijoux e alla fine ho optato per due braccialetti (uno argentato con un cuoricino, uno nero con tanto di pendagli sul quali campeggia un gattino nero) e una semplicissima collana con chiama angeli.

Il sito in realtà non presenta solo la collezione di bijoux (prezzi più che accessibili) ma possiede anche proposte make-up e una linea di prodotti per il bagno in vendita nelle migliori profumerie (nella sezione dove siamo, compilando il campo con, ad esempio il CAP, è possibile scoprire i punti vendita Be Chic più vicini). Registrandosi, inoltre, è possibile stilare la propria wishlist.
Quella sorta di give away interno all’ufficio che ho messo in piedi si è rivelato un sucessone e grazie a Be Chic quest’anno potrò vivere i giorni che precedono il Natale in maniera più rilassata. Tanti auguri di buone feste a tutti!

Pay a Blogger Day, il giorno dopo…

Lo scorso 29 novembre è stato il Pay a Blogger Day una bella iniziativa che ha saputo attirare le attenzioni di molti utenti. If you enjoy reading blogs, give a little back – at least one day a year pay a blogger: questa l’idea alla base della campagna che, in estrema sintesi, si proponeva di sensibilizzare i lettori di blog a esprimere il loro apprezzamento verso i contenuti di uno spazio con un’azione concreta capace di superare i semplici commenti, i like e il generico sharing nei vari social network. Quale? Una donazione. O meglio una microdonazione. Ideatori della campagna sono i ragazzi del team di Flattr, realtà di Malmo specializzata nel cosiddetto social micro-payment system che ha elaborato una modalità tramite la quale supportare chi crea contenuti di valore (il termine flatter in inglese significa adulare ma anche donare). Lo strumento è utile sia per gli editori (siano essi blogger, musicisti, programmatori, fotografi, eccetera) che possono aggiungere un bottone tramite il quale raccogliere delle donazioni sia ai lettori che avranno così modo di premiare i loro autori preferiti. Ovviamente la stessa persona può vestire i panni sia del creatore sia quelli del fruitore di contenuti.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=9zrMlEEWBgY&w=440&h=360]

Il funzionamento è davvero elementare: registarsi al sito equivale ad aprire una sorta di conto virtuale nel quale depositare del denaro. Alla fine di ogni mese poi, la quota che l’utente avrà indicato come totale delle sue donazioni, verrà equamente distribuita in base alle volte in cui ha cliccato sul pulsante Flattr dimostrando l’intenzione di riconoscere all’autore del contenuto un piccolo corrispettivo in denaro (l’esempio della torta del video ufficiale qui sopra rende benissimo l’idea).
Da blogger non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione e così mi sono subito registrato al sito e ho fatto in modo di aggiungere, sotto ogni mio post (quindi anche questo), vicino ai tasti di condivisione, anche il bottone Flattr dando così modo ai miei “venticinque lettori”, nel caso volessero premiarmi, l’opportunità di riconoscermi una piccola donazione. Non mi illudo di certo sulle cifre ma sono molto interessato allo sviluppo dello strumento che non propone una sorta di “vendita con libera donazione” come successo, ad esempio, con i Radiohead per l’uscita di In Rainbows ma invece rovescia la prospettiva permettendo al fruitore di esprimere con una microdonazione il proprio apprezzamento verso il materiale proposto comunque free senza alcuna richiesta.
Qualcuno ci tiene a precisare come un blog si aggiorni con contributi audio-foto-video per passione non (solo) per lucro. Ma fare in modo che chi legge possa dimostrare concretamente il gradimento verso l’operato di chi ha realizzato il contenuto, senza alcun obbligo e in maniera decisamente democratica, mi sembra una bella opportunità. Support web great content!

[update: dopo un solo giorno dall’installazione del pulsante flattr ho ricevuto la mia prima donazione, che bello!]

A Milano torna la Social Media Week!

A partire dal prossimo lunedì, a Milano tornerà a pulsare il cuore del mondo digital&web italiano e internazionale. E’ infatti ormai imminente la partenza dell’e-festival che, in occasione della Social Media Week (evento che connette non solo virtualmente in contemporanea 11 metropoli del mondo), dal 19 al 23 settembre, proporrà una serie di appuntamenti l’obiettivo di diffondere e divulgare la cultura digitale. Occasione di confronto quanto mai importante in un Paese come il nostro che ha la necessità colmare il cosiddetto digital divide e di investire in tecnologia per tentare di uscire dalla attuale crisi.

Democratizing Technology è il concetto scelto per riassumere le iniziative legate al “Festival della Rete”: la tecnologia per tutti. Quattro i focus nei quali sono stati raggruppati gli oltre 130 tra convegni, seminiari e incontri: green, safe, smart, qualità (vedi il programma completo).

All’interno dell’ampia agenda dell’e-festival trova spazio anche la prima edizione dello StartUp Festival, un’opportunità unica per presentare la propria startup entrando in contatto con investitori e potenziali partner.

Centro informativo della manifestazione sono i Chiostri dell’Umanitaria in via San Barnaba che, oltre ad essere il centro di coordinamento degli eventi presso le altre location, sarà la sede di molte delle attività in programma.

E proprio di fianco al quartier generale, nei chiostri di San Barbaba (via San Barbana 48), il prossimo 21 settembre dalle 19, sarò sicuramente presente al Late summer social party, aperitivo con dj set. Ci vediamo là, giusto?

Habemus papam, fumata nera

Alla vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II, con un tempismo quasi “divino”, mi sono recato al cinema a vedere Habemus Papam, il nuovo film di Nanni Moretti. Sarò sincero: l’ultimo lavoro del regista di Brunico non mi ha esaltato per nulla. Ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, Moretti, presentando la pellicola, mi aveva incuriosito (anche se, con il senno di poi, la trasmissione ha probabilmente offerto un’anteprima troppo succosa proponendo quasi tutti i punti salienti del film): il solo fatto che il regista affrontasse il tema della religione mi sembrava presagire un umorismo graffiante che a conti fatti, al cinema, poi non ho colto.
L’ironia capace di “pungere” mettendo a nudo vezzi e controsensi della vita, infatti, mi è sembrata essere presente solo in minima parte in Habemus Papam. E così, ad esempio, la sfida “sportiva” tra i cardinali, mi è parsa una surreale parodia più vicina a Vacanze di Natale che Palombella Rossa. Anche la sceneggiatura non mi ha colpito, a tratti irriverente e capace di strappare qualche sorriso in generale non mi ha però convinto per originalità e ritmo. Tutto viene ridicolizzato – la psicoanalisi, la fede, il conclave, le guardie svizzere… – in maniera forse eccessiva per cui alla fine del film si accettano quasi inconsciamente i timori del cardinale Melville ma non si capisce da cosa essi scaturiscano e che cosa nascondano. Il racconto insomma galleggia in superfice senza sviscerare fragilità e dubbi che assalgono il neopapa risultando in definitiva sfuggevole nei confronti del vissuto di un uomo che, inaspettatamente, si trova a dover assecondare onori e oneri del rappresentare (per chi crede, proprio per volere divino), lui fragile e mortale, Dio sulla Terra.
Sopravvalutato.

Alla scoperta dell’omeopatia con Christian Boiron…

Lo scorso 19 aprile ho avuto il piacere di partecipare ad un evento legato al tema dell’omeopatia. Un’occasione, quella organizzata da Boiron Italia, particolare per diversi motivi. In primo luogo perchè l’argomento è uno tra i più dibattuti in Rete e non solo.
Poi perchè non capita tutti i giorni (o per meglio dire, tutte le sere) che non solo un’azienda multinazionale accetti un confronto faccia-a-faccia con i (potenziali) consumatori ma che ospiti dei/delle blogger nella propria sede e ci metta la faccia a tal punto da far partecipare all’iniziativa il presidente in persona – Christian Boiron – pronto a rispondere a tutte le curiosità della “platea”.
Il bilancio della serata? Più che positivo. E non solo per il buonissimo buffet, per la cortesia del personale, la simpatia dei presenti e la stravagante animazione dell’artista della movimentart Gregorio Mancino. Ma soprattutto perchè è stata un’esperienza costruttiva, un’occasione che mi ha permesso di approfondire un tema – quello della salute – che più passano gli anni più mi sta a cuore. Non sono certo un esperto ma dopo l’incontro sono (forse) più consapevole e informato. Ho per esempio imparato che l’omeopatia non si oppone alla medicina ma una delle terapie della medicina, con possibilità e limiti, vantaggi e svantaggi comuni a tutte le altre categorie farmacologiche. Ho appreso che il “padre” dei medicinali omeopatici è Hahnemann, tra i primi farmacotossicologi che in virtù delle sue sperimentazioni – basate su quella che Ippocrate molti anni prima aveva formulato come “legge dei contrari – è anche tra i padri della farmacologia moderna. Ho avuto modo di sapere che anche in virtù della sicurezza dovuta alla dosi infinitesimali e grazie ai costi estremamente bassi, sono oggi più di 300.000 i medici che prescrivono farmaci omeopatici i quali, come per ciò che riguarda la sfera dell’allopatia, sono sottoposti a numerosi controlli che poi portano ad ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio. E soprattutto ho scoperto un uomo – il già citato Christian Boiron – che con molta umiltà e senza alcun imbarazzo ha accettato di rispondere ai dubbi di noi blogger, citando esperienze del proprio vissuto e ammettendo che estrema franchezza che la vera sfida dell’omeopatia e del suo sviluppo è quella relativa alla comprensione della modalità di azione dell’infinitesimale (la diluizione delle sostanze medicinali è uno dei pilastri dell’omeopatia). Non mi dilungo di più. Insomma una serata diversa ma che ricorderò sempre con piacere, grazie!

Foursquare atto terzo

In questi ultimi giorni ho seguito con estrema (eccessiva?) curiosità gli sviluppi della nuova versione di foursquare, uno dei social network che utilizzo di più.

L’idea che si passasse da una versione 2.3x a 3.0 già faceva intuire una notevole mole di cambiamenti. Finalmente ieri ho effettuato il tanto atteso download.

Le novità si possono sintetizzare in quattro punti:

1. La sezione “Esplora” mostra un menu veloce con il quale scegliere velocemente diverse “directory” con le quali sono organizzati i vari “place” (cibi, caffè, vita notturna, negozi, arte e divertimento). Scegliendo “cibi”, foursquare visualizzerà diverse sottocategorie in base alle proprie preferenze (per quanto mi riguarda, ad esempio, leggo: italian, pizza, japanese, sushi, ice cream);

2. Rimanendo nella sezione “Esplora” sotto il menu rapido compaiono le “raccomandazioni” dei nostri amici e dell’intera community dei luoghi attorno ai quali ci troviamo (dei “place” visitati da noi, dai nostri amici o semplicemente “popular on foursquare”). Lettura molto più semplice e spazio sempre più rilevante al “passaparola”;

3. Spazio maggiore agli “Specials Nearby”, le promozioni legate ai check-in con maggiore possibilità di azioni di loyalty per i “sindaci” dei vari locali, negozi (sconti, free drink, offerte speciali…);

4. Rinnovata anche la sezione legata al proprio profilo. Oltre al numero di check-in, ai badge e alle mayorship ora c’è anche una barra che mostra i “punti” degli ultimi 7 giorni (c’è anche un goal fissato a 50, chissà a cosa è legato!), la classifica di punti della settimana, categorie più esplorate e “primi posti”, numero di consigli pubblicati. Maggior spazio quindi alla “competizione” tra amici di uno stesso network per incentivare così l’utilizzo sempre più assiduo dell’applicazione.

E’ forse ancora presto per affermare con assoluta certezza che il fenomeno “geolocal” non sia solo una moda passeggera. Ma è interessante notare come foursquare, dopo aver superato i 7 milioni di utilizzatori, continui il proprio sviluppo e punti a diventare uno strumento per un pubblico sempre più ampio di persone. Cercare, offrire consigli sul come organizzare le proprie serate, condividere immagini e commenti diventa sempre più divertente e utile.

L’eterna lotta tra cigno nero e cigno bianco

Da tempo aspettavo la nuova pellicola di Darren Aronofsky, in assoluto uno dei registi che preferisco. E che, anche questa volta (dopo lo splendido The Wrestler), non ha deluso le mie attese di fan. Il Cigno Nero – questo il titolo del nuovo film da alcuni giorni anche nella sale italiane – è riuscito davvero molto bene. Una regia superlativa, un’attrice protagonista – Natalie Portman – in stato di grazia (bella quanto brava), una sceneggiatura avvincente, un sottofondo musicale che accompagna ogni scena, rendono il film uno dei candidati più accreditati per la vittoria ai prossimi Oscar.
La storia offre, come suggerisce il titolo, una rilettura in chiave moderna de Il lago dei Cigni di Cajkovskj: Nina Sayers, giovane e brillante ballerina, ambisce da anni alla ribalta di un ruolo importante che possa premiare i sacrifici della sua vita interamente dedicata al balletto. Finalmente arriva il suo momento anche se il ruolo assegnatole è molto impegnativo. Nina dovrà infatti interpretare contemporaneamente due ruoli: quello che più le è vicino del cigno bianco, una figura leggiadra, timida, candida come le proprie piume, e quello del cigno nero, il “lato oscuro della danza” per dirla alla George Lucas, un’anima torbida, impulsiva, egoista, provocante, ambiziosa e senza scrupoli. A rendere ancora più gravosa la sfida si aggiunge anche l’arrivo, nella campagnia di ballo, di una nuova ragazza che con i suoi modi incarna appieno il ruolo di alter-ego del cigno bianco. Proprio come ne Il Lago dei Cigni le ragazze si fronteggiano quasi fossero Odette e Odile, lottando per ottenere le grazie del principe Siegfried che nel film non è tanto il primo ballerino dell’opera quanto Thomas Leroy, il “direttore artistico” del New York City Ballet interpretato da Vincent Cassel.
Nella fragile mente di Nina, Odile non è solo una figura in carne e ossa (Lily, interpretata dalla sensuale Mila Kunis) ma anche (e forse soprattutto) un incubo che la perseguita: la paura di non essere “perfetta a sufficienza” per il ruolo tanto agognato diventa una minaccia che si palesa con uno stato di crescente agitazione che trasforma giorno dopo giorno la ragazza, in un crescendo di tensione che la porterà sempre più vicina al cigno nero e al suo fascino “distruttivo”.
Se The Wrestler continua ad essere il mio film preferito diretto da Aronosfky (tra l’altro, The Wrestler e Il Cigno Nero hanno un identico finale: il tripudio del pubblico, non dico altro) è solo perché, oltre ad entusiasmarmi, la pellicola con Mickey Rourke è riuscita anche a commuovermi. Il Cigno Nero resta comunque un film bellissimo capace di riproporre sul palcoscenico ma al contempo anche fuori dal palcoscenico la storia di uno dei più noti e acclamati balletti. Un’opera a metà strada tra dramma e thriller psicologico con tratti di horror che si merita appieno le cinque nomination per i quali è stato proposto agli Oscar 2011. Da non perdere.

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni. Ma non vedrai il regista dei tuoi sogni.

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, ultimo film di Woody Allen, mi ha lasciato perplesso. Forse, come riflettevo alcuni giorni fa, dovrei entrare nell’ordine di idee che ripetere film come Zelig è impresa improba. Ma l’ultima pellicola di Allen non mi ha lasciato nulla: il retrogusto amaro della comicità caustica di Woody ha lasciato il posto, nell’ultimo film, a una storiella ricca di luoghi comuni, poco divertente e povera di colpi di scena.
Nonostante il cast di primo livello – Anthony Hopkins, Naomi Watts, Antonio Banderas, Freida Pinto – l’opera risulta un mix scombussolato di storie parallele che si sviluppano a partire dal tris d’assi amore, attrazione, relazione di coppia.
I personaggi non risultano sino in fondo credibili, di loro viene mostrata solo la parte più superficiale quasi fossero “puro istinto” e forse, anche per questo, la trama non è riuscita a coinvolgermi come invece altri lavori di Allen hanno fatto.
Il film mi ha lasciato talmente indifferente che, una volta uscito dalla sala cinematografica, ho addirittura pensato che uno dei protagonisti, lo scrittore incapace di ripetere il successo del suo esordio letterario, fosse in fondo l’ater-ego del regista. Peccato, avrei avuto proprio bisogno di iniziare l’anno gustandomi l’umorismo cinico del regista di Brooklyn.