Pinspire, la risposta italiana a Pinterest

Non molto tempo fa avevo presentato in un post le mie prime osservazioni su Pinterest. Il fenomeno da allora – e nel giro di pochissimo tempo – è esploso: le ultime notizie parlano di un incremento di traffico del 429% nell’ultimi tre mesi, tanto che per il settore retail al momento la bacheca social sembra uno strumento più adatatto del colosso Google+.

Il successo si misura anche nella misura in cui l’idea iniziale genera varianti locali. Ed ecco che quasi per caso mi sono imbattuto in Pinspire, un social network del tutto analogo a Pinterest, attualmente in versione beta e la cui iscrizione non necessita di invito: una volta registrati al servizio si possono segnalare nel proprio profilo/bacheca – attraverso delle puntine virtuali, le pin citate nel nome – le immagini che più ci piacciono, organizzandole per categorie. Si possono seguire profili,  essere informati sulla propria attività (i propri album, i pin, i mi piace e le mentions) e interagire nelle varie immagini cliccando mi piace sul cuoricino in alto a destra, commentando o effettuando il repin, una sorta di risegnalazione nel proprio album (la bacheca è formata da tanti album quante solo le categorie con le quali abbiamo deciso di organizzare le nostre immagini preferite).  E’ possibile condivedere le proprie segnalazione e, grazie all’utilizzo della @ nei commenti, anche consigliare l’immagine ad altri membri di Pinspire. L’aspetto probabilmente più interessante anche in questo caso è legato all’associazione tra prodotti – ad esempio di un canale e-commerce – e il bottone Pin It che presenta caratteristiche e funzioni del tutto simili ai pulsanti di Facebook e Twitter e che quindi può contribuire a diffondere e promuovere gli oggetti “vittime” delle pin (e quindi dell’attenzione degli utenti).

La parte Premi non mi è ancora del tutto chiara: la differenza sta nel fatto che gli oggetti “pinnati” hanno il prezzo ma non capisco l’associazione con la parola “premi” (e in ogni caso, rispetto a Pinterest, manca al momento una ricerca dei prodotti in base all’eventuale prezzo segnalato). La cosa particolare è che, nelle note legali, la società di riferimento per Pinspire è una certa Pinpire S.r.l. con sede a Milano. Scegliendo la bandierina italiana compaiono solo utenti “nostrani” – in maggior numero rispetto ai miei inizi su Pinterest – con i quali forse, almeno inizialmente, potrebbe essere più semplice interagire (nella homepage, giusto per farsi un’idea del social network, anche senza essere regisrati al servizio è possibile vedere i contenuti della sezione I più interessanti).

Armati di puntine non ci resta che corredare i nostri album con le immagini che preferiamo: fotogrammi di film, vestiti, dolci o paesaggi, coloriamo il nostro mondo e condividiamone i dettagli che più ci appassionano. Buon divertimento!

Social King 2.0, il web sposa la tv

Con la partenza del Grande Fratello, di Amici e di XFactor si è ufficialmente aperta la stagione dei reality e dei talent show. Il programma musica, nella versione statunitense, permette un interazione diretta dello spettatore tramite twitter: seguendo il profilo @thexfatctorusa mandando un Direct Message, si potrà votare il proprio artista preferito comodamente seduti sul divano o con un semplice click su computer o tramite smartphone.

E in Italia? Un interessante esperimento tra web e tv è quello portato avanti da Social King 2.0, “l’unico programma dedicato ai Social Network e ai suoi protagonisti” in onda su Rai2 (domenica ore 9.20) e RaiGulp (domenica ore 18.25). Scaricando l’applicazione checKinG – nata da una collaborazione tra Rai e Telecom Italia – si può fare il “mobile check-in” in occasione dei vari momenti del programma esprimendo i propri giudizi su video, esibizioni, concorrenti (check-in che ovviamente poi si possono condividere nei social network). Il programma, nel corso della trasmissione, inoltre, mostrerà il codice QR che consentirà di gustarsi online contenuti esclusivi.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=gQCHH9fuMB0&w=440&h=360]

Alla base del programma vi è la sfida, a colpi di web-voti, tra i “wip” (web important person) del programma e gli sfidanti che si possono candidare proprio dalla Rete: attraverso esibizioni di canto, ballo, recitazione, comicità, i concorrenti dovranno riuscire ad attirare l’attenzione del pubblico da casa che potrà scegliere chi far rimanere nella trasmissione e chi estromettere.

Conduttore del programma Ruggero Pasquarelli volto della versione italiana di XFactor prima e di Disney Channel poi.

Il programma, che strizza l’occhio a un pubblico giovane e sempre connesso, è un interessante esperimento di crossmedialità e di sviluppo di un prodotto editoriale, Social King appunto, che prevede come parte integrante il dialogo – tra web e tv – continuo con il pubblico che diventa co-partecipe, in studio dal web e dal web in studio, dello show.

Complimenti a tutti coloro che collaborano al programma e in bocca al lupo per il proseguo delle puntate (la pagina facebook della trasmissione conta già oltre 39.000 fan!).

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Pinterest, la bacheca virtuale ora è anche social

Grazie alla segnalazione di zilvi4 ho scoperto Pinterest, un nuovo social network from Palo Alto, California. Si tratta di un sistema di social bookmarking che nasce sulla scia di digg, reddit o del.icio.us con però alcune peculiarità. L’idea alla base è quella di dare l’opportunità agli utenti di creare della loro bacheche (assolutamente personalizzabili) sulle quali “attaccare” virtualmente delle pin, delle puntine in corrispondenza di contenuti che trovano interessanti e che decidono di condividere (si tratta principalmente di immagini e video).

Io, ad esempio, ho creato – su suggerimento del sistema automatico che segue la registrazione – una categoria chiamata Product I love nella quale ho inserito la pin relativa a un prodotto vintage che ho trovato navigando in Rete (basta entrare nel proprio profilo e cliccare su add o scaricare un plug-in per aggiungere il link direttamente dal browser). Due cose in particolare hanno attirato la mia attenzione: la prima è che di un profilo si possono seguire tutte le bacheche ma si può anche optare per una sola lavagna, seguendo quindi i soli aggiornamenti di una particolare sezione creata da un utente; la seconda è che, nella descrizione, aggiungendo il valore in dollari (esempio $7.00 USD), appare nell’immagine in alto a sinistra una banda con l’indicazione del prezzo. Tra le ricerche dei contenuti infatti c’è anche quella per prezzo (basta scegliere in alto Gifts) che quindi può diventare uno strumento da collegare – come nel mio caso – a etsy o a qualsiasi altro canale di e-commerce, potenzialità da non sottovalutare per i brand come per tutti coloro che cercano un modo semplice e veloce per dare visibilità ai propri prodotti (non sono ancora riuscito a capire se si possa e in caso come inserire i prezzi in euro… e come si riesca ad eliminare la scrittina relativa al prezzo senza dover cancellare la pin ma forse devo semplicemente spendere un po’ più di tempo su Pinterest).

Per il resto funzioni simili agli altri social network dal repin al like, dal commento all’embed. Particolare anche la disposizione orizzontale dei contenuti che permette organizzare le varie segnalazioni in un’unica schermata che raggruppa i contributi dei vari utenti, commenti e like immediatamente visualizzabili.

Scoppierà un nuovo caso di successo? Difficile dirlo ma nonostante la communiy italiana sia ancora ridotta, anche grazie all’applicazione per iPhone, il numero dei/delle pinterest addicted è in costante crescita.

[update: Upim è stata una delle prime realtà italiane ad inserire il pulsante Pin it nelle immagini dei propri prodotti]

La storia di Facebook. Raccontata da Kirkpatrick.

Il libro Miliardari per caso (e poi il sucessivo film The Social Network) ha presentato al grande pubblico una determinata versione di Mark Zuckerberg.

Non ho la fortuna di conoscere personalmente Mark ma credo che i media non corso di questi anni abbiano probabilmente proposto la parte di Zuckerberg che più strizza l’occhio ai caratteri ticipi dei personaggi “da cinema”: astuto, spietato, smanioso di successo è stato dipinto un po’ come una simpatica canaglia, stravagante nei modi quanto determinato nel credere in un progetto che sta rivoluzionando l’idea stessa di web.

Ma ciò non mi bastava, volevo scavare più a fondo nella storia del fondatore di Facebook per capire cosa ci fosse alla base del progetto, quali fossero state le fasi salienti della sua ascesa e – se possibile – quali gli scenari futuri.

Pensavo la mia fosse un’esigenza esagerata ma fortunatamente, grazie a Luca Conti, ho avuto modo di conoscere (dal vivo, con tanto di autografo!) David Kirkpatrick che con il suo Facebook la storia – Mark Zuckerberg e la sfida di una generazione, ha raccontato la “vera” storia dietro il social network più famoso (qui un’anteprima del libro). Vera perchè basata su interviste, racconti, aneddoti verificati, tutti riportati con dovizia di particolari e sfumature che permettono davvero di capire come dietro Facebook non ci sia banalmente un’azienda e il suo amministratore delegato ma milioni di utenti uniti da una precisa visione del mondo.

Una lettura davvero appassionante che parte Harvard e arriva a Wall Street seguendo le tracce di un ragazzino che all’età di diciannove anni fonda una delle startup di maggior successo della storia. Le pagine scorrono e pian piano si delinea in maniera più nitida il progetto Facebbok e non si possono che apprezzare la caparbietà e la determinazione con le quali Mark ha rifiutato facili compromessi puntando inizialmente tutto sulla crescita a discapito del profitto.
Con un unico obiettivo: trasformare, semplificando, le interazioni sociali e in generale la comunicazione online.

Alcune parti mi hanno davvero lasciato a bocca aperta: gli inizi, poi Palo Alto, gli investitori, gli utenti che continuano a crescere, la privacy, l’advertising, la rivalità con Google, il rapporto con Microsoft, le prime critiche, i cambi di personale, tutta una serie di accadimenti che rendono lo stardinario successo di Facebook e del suo fondatore quasi astratti.

L’uomo, l’impresa, il successo recita il libro in copertina. Bello e avvincente complimenti davvero, lettura consigliatissima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spotify, un (nuovo) mondo di musica

E’ di pochi giorni fa la notizia dello sbarco di Spotify negli Stati Uniti grazie ad un accordo con le quattro grandi etichette Universal, Warner, EMI e Sony. L’informazione forse qui da noi non ha avuto molta rilevanza ma a mio modo di vedere è quanto mai degna di nota.

Cos’è Spotify? Il sito ufficiale lo annuncia come una libreria, all-the-music-all-the-time, di oltre 15 milioni di tracce utilizzabile da PC, Mac, da mobile senza bisogno di dowload o di spazio nell’HD (nella versione premium si può anche connettere all’impianto audio di casa attraverso la digital tv). Si tratta semplicemente di registarsi, creare un account e poi condividere liberamente – connettendo ad esempio Spotify con Facebook, qui si parla di un accordo da parecchi milioni di dollari, Sean Parker ex di Napster e Facebook non a caso è board member della società – la propria musica preferita.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=CvYX_P_c__8&w=440&h=390]

Con Spotify si possono creare playlist, creare top list, librerie, comprare musica, accedere al proprio account (e quindi alla propria musica) da qualsiasi computer connesso alla Rete, scoprire nuovi artisti. L’aspetto social è notevolmente spinto: con un click è possibile condividere con i propri amici le nostre tracce (il servizio consente anche l’import dei nostri contatti su facebook) scoprendo anche chi poi ha deciso di ascoltare la nostra playlist.

Spotify ha anche la possilibità, nella sezione “local music”, di caricare i brani della propria collezione di mp3 e, nella versione premium, di ascoltarli anche tramite smartphone (installata l’applicazione lo scambio dei local file tra cellulari via wifi è invece gratuito).

Semplificando, quindi, si tratta di un software – nato in Svezia e lanciato nel febbraio 2009 in Inghilterra – per l’ascolto di musica digitale in streaming peer-to-peer.

Cos’ha di nuovo? Per ascoltare non è necessario l’acquisto.

Il servizio si può usufruire secondo tre modalità: la free che permette di ascoltare delle tracce intervallate da interruzioni pubblicitarie (oggi ad invito) per un massimo di 10 ore mensili (e cinque ascolti per traccia), la unlimited che, previa abbonamento, permette di ascoltare musica illimitata su desktop, e premium anche consente di ascoltare la propria musica preferita anche su dispositivi mobili (5 e 10 dollari mensili i costi).

Il costo degli abbonamenti ad oggi è leggermente più alto rispetto ad iTunes ma la possibilità di accedere ad ogni traccia del vastissimo database di Spotify potrebbe attrarre molti utenti.

E in Italia? Ancora nulla (se non utilizzando espedienti, ai limiti del lecito, per “ingannare” il sistema), per il momento non ci resta che iscriverci a gruppi su facebook tipo We want SPOTIFY in Italy too.

Spotify potrà contribuire a salvare la musica dalla pirateria? I numeri sembrano incoraggianti, sono già 10 miliomi gli utenti registrati (anche se pare che l’aver ridotto da 20 a 10 le ore per mese le ore di libero ascolto abbia ridotto il numero di utilizzatori prima del grande sbarco in America) e molti solo coloro che hanno espresso elogi sul servizio (anche se ovviamente non convince tutti, ecco un articolo non proprio positivo circa il servizio by HBR).

Tra i primi, Billy Corgan ha così scritto su twitter (offrendo anche inviti a Spotify):

I support Spotify for the same reason I supported Napster back in the day! Visionary music models that encourge sharing and artist loyalty. As as artist I believe very deeply that when fans connect with the overall quality and intigrity in ALL our music we prosper, poseurs lose. Loyal fans means new opportunities, new ways of interacting, new partnership in technology and the arts. Freedom from music biz bs.”

L’impresa non è semplice. Ma… in music we trust!

 

 

 

 

 

 

 

Social Network di Marco Massarotto

I social media, nel mio caso, non rappresentano solo motivo di svago, sono parte integrante del mio lavoro. Da quando ho iniziato ad affacciarmi a quella porzione di mondo allora chiamata web 2.0 più di tre anno orsono, moltissime cose sono cambiate. Da allora si sono imposti strumenti quali twitter, facebook e foursquare – giusto per citare alcuni – che nel giro di un arco temporale brevissimo hanno attirato l’attenzione di milioni di utenti e al contempo quella dei brand, desiderosi di sperimentare nuovi canali e nuove modalità comunicative. Ma se alcuni tool possono sembrare di semplicissimo utilizzo, non risulta certo immediato costruire e comunicare identità nelle Rete. Ecco perchè un libro come Social Network di Marco Massarotto (che ringrazio ancora una volta per avermi fornito una copia del testo) non può che essere una lettura consigliata. Dalla storia alla scenario attuale, dagli strumenti alla strategie, il testo raccoglie spunti molto interessanti analizzati in maniera sintetica (abbondano gli elenchi puntati) e con richiami a casi concreti che facilitano la comprensione anche ai non adetti ai lavori. Un sunto di un mondo, quello dei social network, in costante evoluzione ma che tuttavia viene raccontato – anche grazie a un’impaginazione semplice quanto efficace – in maniera puntuale con segnalazioni, note e suggerimenti su eventuali risorse adatte ad approfondire una determinata tematica (io, per esempio, ho trovato molto interessante la parte delle social media policy, una questione che non avevo mai avuto modo di approfondire). Il web è un media “giovane” che, per guadagnare consensi (soprattutto in termini di investimenti pubblicitari), ha bisogno anche di riflessioni come il quella di Marco, buona lettura.

Foursquare atto terzo

In questi ultimi giorni ho seguito con estrema (eccessiva?) curiosità gli sviluppi della nuova versione di foursquare, uno dei social network che utilizzo di più.

L’idea che si passasse da una versione 2.3x a 3.0 già faceva intuire una notevole mole di cambiamenti. Finalmente ieri ho effettuato il tanto atteso download.

Le novità si possono sintetizzare in quattro punti:

1. La sezione “Esplora” mostra un menu veloce con il quale scegliere velocemente diverse “directory” con le quali sono organizzati i vari “place” (cibi, caffè, vita notturna, negozi, arte e divertimento). Scegliendo “cibi”, foursquare visualizzerà diverse sottocategorie in base alle proprie preferenze (per quanto mi riguarda, ad esempio, leggo: italian, pizza, japanese, sushi, ice cream);

2. Rimanendo nella sezione “Esplora” sotto il menu rapido compaiono le “raccomandazioni” dei nostri amici e dell’intera community dei luoghi attorno ai quali ci troviamo (dei “place” visitati da noi, dai nostri amici o semplicemente “popular on foursquare”). Lettura molto più semplice e spazio sempre più rilevante al “passaparola”;

3. Spazio maggiore agli “Specials Nearby”, le promozioni legate ai check-in con maggiore possibilità di azioni di loyalty per i “sindaci” dei vari locali, negozi (sconti, free drink, offerte speciali…);

4. Rinnovata anche la sezione legata al proprio profilo. Oltre al numero di check-in, ai badge e alle mayorship ora c’è anche una barra che mostra i “punti” degli ultimi 7 giorni (c’è anche un goal fissato a 50, chissà a cosa è legato!), la classifica di punti della settimana, categorie più esplorate e “primi posti”, numero di consigli pubblicati. Maggior spazio quindi alla “competizione” tra amici di uno stesso network per incentivare così l’utilizzo sempre più assiduo dell’applicazione.

E’ forse ancora presto per affermare con assoluta certezza che il fenomeno “geolocal” non sia solo una moda passeggera. Ma è interessante notare come foursquare, dopo aver superato i 7 milioni di utilizzatori, continui il proprio sviluppo e punti a diventare uno strumento per un pubblico sempre più ampio di persone. Cercare, offrire consigli sul come organizzare le proprie serate, condividere immagini e commenti diventa sempre più divertente e utile.

INQ Social Mobile, la saga continua

Dopo aver provato INQ1, 3italia mi ha dato l’opportunità di testare il nuovo INQ CHAT 3G (ancora mille grazie!). Una volta aperta la confezione – sempre molto originale – mi trovo davanti gli occhi un cellulare molto diverso da quello della versione precedente, differente nelle dimensioni e nella struttura (INQ CHAT 3G ricorda, come forme, un Blackberry 9000 Bold e un Nokia E71). Le prime cose che noto sono il tasto “selezione” centrale a forma di Q, il tasto “.com” in fondo a destra (che personalmente non trovo utilissimo e che avrei sostituito utilizzando quel pulsante come scorciatoia per la casella vocale il cui accesso non risulta proprio intuitivo) e due strani pulsati laterali (quello dell’accesione e il tasto chiama) sistemati in maniera verticale anzichè nella classica disposizione orizzontale. Il cellulare è leggero e proprio per evitare di romperlo subito, per capire come si apra la parte posteriore dove poter inserire batteria e scheda, impego alcuni minuti in cerca di un tasto che possa aiutarmi nella mia missione, salvo poi scoprire che basta una leggera pressione del palmo per far scorrere verso l’alto il retro del cellulare.
Noto con piacere che il trasformatore prevede la possibilità di ricare la batteria non solo nella classica presa ma anche via usb. Lascio carica il telefonino e appena posso lo accendo. Il caricamento non è proprio immediato ma lo schermo iniziale è molto colorato e le funzioni principali di INQ Chat 3G si intuiscono all’istante. Come per INQ1 anche in questo vengo subito attirato dai widget così vado su strumenti e imposto nella schermata facebook, twitter e google search. Premendo il tasto switcher scorro rapidamente tra le applicazioni principali dell’INQ CHAT 3G, modalità comoda per tenere sempre sotto controllo i widget. I servizi di Internet ci sono tutti: dai già citati facebook e twitter a skype, windows live messanger, il browser (chiamato INQ HUB) e il gestore di feed rss con il quale tenersi aggiornati sui contenuti più recenti pubblicati dai propri siti preferiti. C’è anche la funzione e-mail che consente di leggere (quasi) ovunque i messaggi della propria casella di posta elettronica (per account gmail le mail vengono segnalate appena arrivano nella inbox, per gli altri provider, invece, il controllo è a intervalli regolari).
Anche la rubrica è web 2.0: è infatti possibile importare gli amici di facebook e di skype e fare in modo, che utilizzando la funzione “unire contatti”, i loro dettagli siano sincronizzati con i profili facebook, skype e windows live messanger. In questo modo, scorrendo l’agenda, all’istante si può scoprire quali contatti sono online e magari comunicare in tempo reale.
L’INQ CHAT è dotato di tastiera è QWERTY, bluetooth, fotocamera 3.2 mega pixel, si può utilizzare come modem per un lapatop e, grazie a DoubleTwist (iTunes for Android secondo TechCrunch), può diventare il player della nostra musica preferita.
Un cellulare che ben si adatta alle esigenze di chi cerca uno social-telefonino semplice, essenziale, intuitivo e soprattutto conveniente. Smart phones for all!

Only the brave, la nuova fragranza Diesel

Only the Brave è la nuova frangranza maschile by Diesel il cui lancio mi ha davvero colpito. Il nuovo profumo – presentato un anno fa al Temporare Kunsthalle di Berlino con una festa con 900 ospiti selezionati – vuole comunicare tenacia, coraggio e forza. Come? Con una serie di iniziative multisciplinari.

Partiamo dall’oggetto nel quale è contenuto il profumo, una confezione originale, aggressiva e di impatto più che mai adatta a una fragranza che mescola sapientemente cuoio e ambra con note di limone e violetta. Un vero pugno al conformismo che molte volte finisce per rendere il packaging un elemento non così caratteristico.

Anche i visual pubblicitari, in bianco e nero, a firma del fotografo Planton, trasmettono sguardi ed espressioni di un marcato senso di determinazione e una potente forza interiore. Indipendenza, ritmo, fierezza sono anche le colonne portanti dei video che sembra riproporre moderni James Dean in cerca di riscatto e di vita senza compromessi.

In uno dei video come testimonial compare anche Common, artista hip hop di Chicago assoluto protagonista del Block Party, una jam sessione esclusiva che ha visto alternarsi sul palco numerosi artisti nel cuore di Parigi lo scorso 15 maggio (vedi “trailer” qui sotto). Una sorta di “festa di quartiere” ispirata al Block Party di Dave Chappelle (diventato poi un film di Michel Gondry) che nel 2005 è riuscito a radunare i grandi nomi del’hip hop americano come i The Roots, The Fufees, Kanye West e appunto Common. Un evento gratuito, quello di Diesel a Place Stalingrad, tenuto nascosto sino quasi all’ultimo, quando nella Rete si rincorrevano le più varie versioni circa l’evento.

[dailymotion id=xbrj4l]
Diesel Only the Brave Italy
di ebuzzing

Per quanto riguarda la parte online la nuova fragranza si presenta su differenti canali tra loro collegati: un blog, un canale YoutTube e un profilo Twitter chiamati IsBrave attraverso i quali vengono veicolati contributi su arte, design, moda e costume. Ai social network si affianca il sito ufficiale che, nella sezione “Performance” consente all’utente di immergersi in esperienze “grafiche tridimensionali artistico-sonore” a volte un po’ inquietanti ma davvero particolari (e i cui wallpaper si possono anche scaricare in tre diverse dimensioni) in virtù delle quali è il sito – molto lontano dalla classica landing page di prodotto – è stato segnalato anche da FWA, la raccolta di siti innovativi assolutamente da visitare.

Un lavoro a tutto tondo capace di coinvolgere in maniera profonda l’utente in grado di “vivere”, anche solo in maniera virtuale, il prodotto e le sue peculiarità.

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INQ1, la mia prova del facebookphone

Per far conoscere INQ1, con una bella iniziativa articolata su twitter e friendfeed, la 3 ha distribuito dei cellulari da testare. Anche il sottoscritto, dopo vari tentativi, in zona Cesarini, è riuscito ad aggiudicarsi un telefonino (grazie ancora per l’opportunità!).
Pochissimi giorni dopo la comunicazione della vincita – e dopo la compilazione dei moduli necessari a registrare sim e cellulare – ho ricevuto un bel pacchettino a forma di cubo. Con grande curiosità ho aperto la confezione e ho finalmente potuto avere tra le mie mani l’INQ1, noto anche come facebookphone. La prima cosa che mi ha colpito è come non ci siano manuali. Una decina di card colorate spiegano con semplicità e senza troppi giri di parole le caratteristiche del cellulare. Leggo incuriosito e capisco quali siano i punti di forza del telefonino: la possibilità di poter accedere a Facebook, quella di poter utilizzare Skype, la rubrica con la quale associare ai numeri di telefono le varie identità internet (in questo modo, quando ad esempio si riceve una chiamata, potrà apparire l’immagine del profilo Facebook di chi sta mettendo in contatto con noi), la possibilità di gestire i feed per seguire gli aggiornamenti dei propri siti preferiti e infine quella di configurare dei widget nella pagina iniziale.
Accendo il cellulare, faccio scattare in avanti lo schermo e, scritto il pin, grazie al tasto carosello navigo nel menu rapido del telefonino, scoprendo, oltre alle applicazioni già citate, anche Messanger, Youtube, pianeta 3 (sezione nella quale acquistare giochi, musica e news) e il pulsante “internet” dal quale posso scegliere se accedere a Google Search, Youtube, Yahoo Search, MSN Mobile, MySpace e eBay. Nella home, in alto, trovo preinstallato un widget: inserisco il nome della città in cui mi trovo e vengo informato su meteo e temperature. Scelgo Google per provare il browser e casualmente scopro che lo schermo permette anche la navigazione in orizzontale semplicemente girando il cellulare. Dopo aver disattivato il sistema di scrittura facilitata, scrivo il nomignolo con il quale sono noto online e poi visito il mio blog. Quando premo il tasto Indietro, nella schermata appaiono i livelli di navigazione per cui posso scegliere con estrema facilità se tornare all’inizio del mio percorso o solo indietro di uno step. Poi provo Youtube: vado nella home e scelgo il primo video della lista (“doesn’t mean anything libe from black ball”) salvo poi leggere “not available on mobile”. Passo alla ricerca. Ridisattivo il sistema di scrittura facilitata – strano non si memorizzi la mia preferenza antit9– e scrivo “glass and the gost children smashing pumpkins”. Clicco “watch video” aspetto alcuni secondi per la connessione e poi mi vedo il video (cinque livelli di volume a mio giudizio sono troppo pochi, pur scegliendo il primo livello il volume mi pare troppo alto per gli autoparlanti del cell). Decido di passare al menu del cellulare: decisamente spartano, presenta 12 caselle, dal tasto fotocamera a quello impostazioni, da sveglia a giochi e applicazioni (nemmeno un gioco preinstallato, uffi). Scelgo feed e trovo già inseriti quelli della Gazzetta dello Sport.
Leggendo la user guide del cd, scopro anche come INQ1 permetta di stabilire una connessione Internet ad alta velocità per il computer tramite cavo USB e driver incorporati. Inoltre leggo come il cellulare permetta l’accesso al proprio account Last.fm per ascoltare le canzoni preferite.
Insomma, INQ1 è un cellulare senza molte pretese ma simpatico, piccolo, maneggevole (anche se non leggerissimo), con una fotocamera da 3.2 mega pixel e una buona batteria, per chiunque desideri iniziare a utilizzare un cellulare collegato alla web e ai principali social network senza però spendere troppo e senza dover scegliere un cellulare complesso forse più indicato per chi per lavoro ha la necessità di essere sempre connesso.
Tra l’altro proprio in questi giorni è in commercializzazione INQ Chat, l’evoluzione di INQ1 con tastiera QWERTY, GPS integrato, client Twitter, nuovo software e nuovo design. Piccoli INQ crescono.