Il giornalismo digitale secondo Davide Mazzocco

Giornalismo Digitale - Davide MazzoccoTra i testi con i quali ho deciso di ampliare la bibliografia della versione digitale di News(paper) Revolution c’è anche Giornalismo Digitale di Davide Mazzocco, giornalista e scrittore che ho avuto modo di conoscere (anche se di sfuggita) allo scorso Salone del Libro di Torino. La prefazione di Sergio Maistrello (altra new entry della bibliografia del mio libro) non lascia spazio a dubbi sulla bontà del saggio, un testo interessante del quale ho apprezzato soprattutto l’equilibrio, tra aspetti teorici e pratici, scelto nell’affrontare l’evoluzione della comunicazione giornalistica online (non spaventi il sottotitolo Architettura, programmazione, ottimizzazione). Nel libro trovano spazio, infatti, aneddoti legati al lavoro in redazione, testimonianze dirette frutto dell’esperienza dell’autore in piccole-medie testate, spazi che per sopravvivere sono in qualche modo “costretti” a una maggiore intraprendenza nel fare propri gli sviluppi della Rete. Il libro presenta consigli sulla scelta delle immagini, sull’utilizzo dei link esterni ed interni, sulla razionalizzazione del tempo e sull’approccio multitasking, sulla divisione dei compiti in redazione e sull’utilizzo più consapevole di motori di ricerca e social network. Una scrittura semplice e chiara, capitoli brevi, un font utilizzato più che piacevole e delle interviste finali ad alcuni addetti ai lavori che con le loro osservazioni da prospettive differenti fanno da corredo a un libro la cui lettura è sicuramente raccomandata. Per utenti che vogliano conoscere la Rete per informarsi in maniera migliore.

Di politica e giornalismo: l’importanza di intermediari di qualità

© Luce Pinxi/Flick/Getty Images

La nuova tornata elettorale ha portato nuovamente alla mia attenzione una riflessione che da un po’ di tempo a questa parte mi frulla in testa. Gli ultimi accadimenti tra legislatura e urne, infatti, mi paiono aver evidenziato, una volta di più, una certa vicinanza tra Giornalismo e Politica. Mi spiego meglio. Per entrambe queste “istituzioni sociali” alle prese con l’ondata di cambiamenti imposti da web e social network (di linguaggio, di prospettiva, di partecipazione, di relazione, di distribuzione dei contenuti…) molti palesavano tempi duri se non un vero e proprio superamento che avrebbe reso superflui partiti e testate, due degli organi sui quali, a ben vedere, si basano i concetti di democrazia e di libertà.

In realtà, come ho tentato di spiegare nel mio News(paper) Revolution, i nuovi dispositivi sono “solo” degli strumenti. In altre parole, ciò che è importante analizzare non sono unicamente i dettagli tecnici, quanto gli aspetti legati sia al livello di adozione (quanti utenti usano quel determinato strumento?) sia all’utilizzo specifico che gli utenti fanno degli strumenti stessi. In breve, a mio modo di vedere, non vanno confusi fine e mezzo: i device digitali sono nuovi “canali” a nostra disposizione il cui scopo è, ad esempio, quello di farci condividere informazioni in maniera più semplice e rapida.

Pensare che lo strumento in sé possa risolvere problemi o migliorare la vita è, quindi, riduttivo. Il coltello resta dunque dalla parte degli utenti: la Rete, i social network, i blog, gli smartphone hanno carattere “neutro”, acquistano senso solo in virtù del loro utilizzo, di un’audience che se ne serve. Internet non rappresenta “il male” come qualche talkshow vorrebbe far credere, è (ripeto) “solo” uno strumento, che può essere utilizzato in maniera intelligente o meno.

Assodato questo, i proclami che, sia per quel che riguarda il Giornalismo, sia per quanto concerne la Politica, indicavano il Web de facto come via per la Salvezza, risultano quindi sterili. Se infatti possiamo dare per scontata la rivoluzione in atto, difficile è prevedere dove questa ci porterà. La conclusione alla quale sono giunto (forse non sono il primo ma la sento comunque molto mia) è che, vada come vada, per Politica e Giornalismo (ma per molti altri ambiti della vita), indipendentemente dagli strumenti utilizzati, non si possa prescindere da intermediari di qualità.

Possiamo mostrare le riunioni in streaming, tagliare il supporto cartaceo, rendere pubbliche le spese legate all’attività politica o organizzare una testata di soli blogger, la differenza la fanno coloro che deleghiamo a gestire la “cosa pubblica” o informarci sugli accadimenti del mondo.

Sia chiaro, la mia non è la difesa di caste o corporazioni (al termine “giornalista”, per esempio, che mi pare troppo legato all’iscrizione ad un Albo, preferisco di gran lunga gatekeeper) ma un invito, generalizzato, a non focalizzarsi esclusivamente sulle caratteristiche tecniche di nuovi strumenti, ma soprattutto sulla competenza degli attori in gioco. Solo così si potrà garantire un futuro a Giornalismo e Politica.

La Rete non cancella nulla, anzi, accentua il nostro bisogno di validi interlocutori.

Giornalismo e web raccontati con dissacrante lucidità

Strano ma vero, sono ufficialmente un lettore di ebook solo da alcune settimane. Ancora in parte non abituato alla sola lettura in digitale, indeciso su quale titolo acquistare per “rompere il ghiacchio”, ho optato per Il Web e l’arte della manutenzione della notizia, il saggio di Alessandro Gazoia edito da MinimunFax. Si tratta di un approfondito excursus che analizza i cambiamenti in atto nel mondo del giornalismo, portando avanti un interessante parallelismo tra gli sviluppi e il modo di fare informazione nostrano e il “quarto potere” negli Stati Uniti, Paese guida, per tecnologie e sperimentazioni, della rivoluzione apportata alla stampa dalla Rete. Partendo da alcune riflessioni sui cambiamenti del lavoro di giornalista, sul modo di comunicare e partecipare alla vita politica e sociale degli utenti, l’autore ci accompagna alla ricerca del significato dell’informazione (e quindi, in ultima analisi, anche delle chiavi interpretative a nostra disposizione) oggi.
Un libro del quale ho apprezzato in particolar modo due aspetti: da una parte la scelta di non limitarsi ad analizzare le grandi testate ma di raccontare anche i “giornali nativi digitali” e gli spazi più noti specializzati nell’informazione locale. Dall’altra, l’uso di un approccio disincantato (che non lesina critiche) nei confronti del giornalismo italiano, del quale vengono analizzati i tratti distintivi sottolineandone vizi (tanti) e virtù (pochine) che lo contraddistinguono.
Un testo fatto anche di numeri, di tabelle, di raffronti, di link, che consente di avere un’idea quanto mai precisa sulla realtà informativa dei nostri giorni. Insomma, un libro di sicuro interesse che, visto anche il costo irrisorio, è sicuramente da leggere.

Il 2012 visto da Twitter

anno_tweetSono un fanatico di Twitter, ormai è diventata la rassegna stampa alla quale mi rivolgo per scoprire notizie interessanti. Proprio per evitare di perdere tweet ho però in questo giorni deciso di bloccare il numero delle persone che seguo a 200, missione difficilissima perché di utenti che scrivono cose stimolanti sono (per fortuna!) molti, ma ci sto provando (affidandomi anche ai re-tweet di chi seguo), un tetto dovevo metterlo, altrimenti impossibile seguire i profili selezionati in maniera opportuna (sopratutto se per gli aggiornamenti si interroga Twitter solo alcune volte al giorno). In ogni caso, ormai mancano pochi giorni alla fine dell’anno e il periodo nel quale si “tirano le somme” è alle porte. Anche su Twitter. E’ online, infatti, il sito 2012.twitter.com che riassume un anno di cinquettii con il social network di San Francisco, un modo per rileggere i messaggi (foto e testo) salienti, quelli che a tutti gli effetti sono stati in grado di entrare nel cosiddetto mainstream. Sul gradino più alto del podio il Presidente Obama che con il suo “Altri quattro anni” è riuscito a ottenere oltre 810.000 retweet finendo 300.00 volte tra i preferiti. Segue la pop star Justin Bieber, che con un suo sintetico messaggio ha voluto ricordare una giovane fan stroncata da una malattia. Terzo posto per uno sportivo, TJ Lang, guardia dei Green Bay Packers che con un suo tweet ha fomentato le proteste contro un “arbitro di riserva” reo di aver chiamato erroneamente in una azione finale del match contro i Seattle Seahawks (la classe arbitrale non ha pace nemmeno oltreoceano). Per quel che concerne gli eventi, invece, a farla da padrona sono state le olimpiadi in UK (e, nello specifico, il picco massimo si è avuto durante la gara dei 200 metri di Usain Bolt), le elezioni statunitensi e i Video Music Awards di MTV (gli Europei si assestano in quinta posizione, dietro il Super Bowl). Bella anche la sezione delle tematiche più “hot” dell’anno: i Paesi sconvolti da conflitti o da tragici fenomeni naturali, risultano ai primi posti, il Bel Paese balza all’onore delle cronache soprattutto per gli scandali di politica e sport. Con la collaborazione di Vizify è però possibile anche approfondire il proprio anno su Twitter: selezionando “Il tuo anno su Twitter” si potrà scoprire il “golden tweet” il “golden follower” e navigare tra le proprie interazioni più rilevanti (l’analisi si riferisce agli ultimi 3200 messaggi, questo il mio 2012). Nonostante la “sfida a suon di filtri” ora in atto contro Instagram, Twitter si conferma ormai a tutti gli effetti un media, un canale in grado di raccontare il mondo che ci circonda con una chiave di lettura (almeno potenzialmente) alternativa attraverso la quale leggere e interagire con gli altri utenti. Millemila di questi tweet!

La bellissima iniziativa Lexus su Draw Something

Alcuni mesi fa, in preda ad un incredibile entusiasmo, fa avevo presentato Draw Something, l’applicazione che riproponendo su smartphone una sorta di Pictionary (disegno qualcosa che poi un altro utente dovrà indovinare), aveva saputo attirare in brevissimo tempo le attenzioni di Zynga, che acquistò “al volo”, per una cifra attorno ai 200 milioni di dollari, la OMGPOP, realtà newyorkese che aveva sviluppato il gioco. Da allora Draw Something ha subito alcuni restyling, è uscita in versione italiana (con la quale a mio parere ha perso un po’ del suo appeal… forse anche per questo, in un mese l’app ha “perso” 3 milioni di giocatori) e sta tentando di proporsi come canale alternativo per la pubblicità. Se però ad oggi la questione era legata alla visione di video che consentivano di ottenere dei crediti virtuali con i quali acquistare bombe e colori (ricordo, ad esempio, il trailer di Rock of Ages), ho scoperto un’attività davvero particolare portata avanti da Lexus, auto segmento “lusso” di Toyota. In sostanza, per creare il famigerato engagement con gli utenti, Lexus ha chiesto agli utenti – tramite appunto Draw Somenthing – di mettersi alla prova disegnando il brand.
Ne è nata una simpatica galleria che ha fatto registrare molte interazioni. Alla parole di Teri Hill, media manager di Lexus – “Lexus continues to bring innovative advertising through great brand experiences via highly engaged mobile and social platforms” – fanno da specchio quelle di un utente che nella pagina Facebook dell’applicazione, commentando ha scritto: “Personally, I don’t see how pictures of your product that look like they were drawn by retarded children is helping your brand.” Disegnare su iPhone con le dita non è per nulla semplice (sono convinto che i contributi migliori vengano da giocatori su iPad che usano penne capacitive). L’iniziativa però mi è parsa assolutamente degna di nota: l’idea di far “giocare” gli utenti con un brand, senza necessariamente pensare esclusivamente al proprio target di potenziali consumatori, la considero un’ottima occasione per diminuire la distanza tra marca a proprio pubblico, per far parlare (positivamente) di Lexus a prescindere da quale sia la tipologia di auto preferita, e per testare l’efficacia di una campagna del tutto non convenzionale sul mobile. Da ripetere!

Organizzarsi per sopravvivere al mare magnum che è il web

Il mondo informativo negli ultimi anni ha subito notevoli cambiamenti. La funzione, ad esempio, di gatekeeper, di filtro di alcuni mass media appare oggi almeno in parte superata da nuovi strumenti – primo su tutti il web – che permettono da un lato a qualunque utente di diventare un “canale” comunicativo dall’altro consentono ad ognuno di noi di realizzare la propria cornice informativa personalizzata. Non bisogna però cadere nel tranello di pensare che ad un volume superiore di informazioni corrisponda automaticamente un migliore modo di utilizzarle. Ecco perché, in occasione del SOTN di Trieste, presso l’angolo Apogeo, sono stato ben felice di riuscire a strappare una copia di Sopravvivere alle informazioni su Internet – Rimedi all’information overload di Alessandra Farabegoli. Un testo del quale da subito ho apprezzato la semplicità, lo spiccato senso pratico e la sintesi con la quale le diverse necessità vengono affrontate. Il libro è una sorta di manuale di “sopravvivenza” che, inserendosi nel filone dell’alfabetismo digitale, punta a fornirci le dritte per organizzare al meglio il nostro tempo e le risorse (email, notizie, link, note, documenti, password) di cui disponiamo.

Consigli mai banali, presentati in maniera approfondita per rendere la nostra “dieta informativa” più ordinata, più efficace e quindi più facilmente fruibile.

E se, almeno per il sottoscritto, la mission inbox zero resta ancora un miraggio, è anche vero che proprio grazie agli stimoli del libro ho iniziato a organizzare la mia posta dividendola in macrodirectory in base al mittente, ho scaricato Remember the Milk una app gratuita per evitare di dimenticare le mia to do list, ho iniziato a salvare i link degli articoli che mi paiono interessanti ma che non posso leggere subito su Instapaper. Insomma mi sento un utente più smaliziato e meno in balia dell’enorme flusso informativo che ogni giorno sono chiamato a navigare.

Fopping.com, l’e-commerce si veste di social…

Non chiedetemi come ma non molto tempo fa mi sono imbattuto in un marketplace indiano davvero particolare. Si tratta di Fopping.com uno shop online a suo modo geniale. Perché? Offre agli utenti capi di abbigliamento, calzature e accessori a prezzi competitivi con la possibilità di ulteriori ribassi: basta, una volta selezionato ciò che ci interessa, condividere il link al prodotto su Facebook o Twitter guadagnando così dei Fopps, monete virtuali da utilizzare per ottenere un prezzo ancora più conveniente. Visibilità nei canali social in cambio di sconti che, per alcuni prodotti (pochi per la verità), possono anche arrivare sino al 50% della cifra inizialmente proposta (tra l’altro proprio a fine mese si concluderà all’interno di Fopping.com un contest che mette in palio un’Harley 883 per chi arrivi ad accumulare almeno 15.000 Fopps).

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=hzrOXb8aUbI&w=440&h=360]

L’idea alla base del servizio mi pare ottima (anche se, per esempio, una volta ottenuto lo sconto ho cancellato il tweet con il quale avevo condiviso il prodotto di mio interesse pur conservando i Fopps) e potrebbe rappresentare una sorta di avanguardia per quel che concerne il cosiddetto social commerce, acquisti in un ambiente che permette di interagire direttamente o indirettamente con il proprio network ottenendo magari anche quale beneficio. Il futuro è già qui?

Marketing in the Groundswell, il libro giallo del web marketing

Proprio a cavallo della Social Media Week ho terminato la lettura di Marketing in the Groundswell, il piccolo libro di Charlene Li e Josh Bernoff che tenevo da molto tempo (troppo?) sul mio comodino accanto al letto.

Un testo, quello della Harvard Business Press, davvero molto interessante che, pur non essendo recentissimo (è datato 2009) riesce a sintetizzare alcune tra le strategie più attuate online.

Your brand is whatever your customer say it is“: questo l’assunto di partenza che consiglia di ascoltare prima di agire. Un ascolto non solo finalizzato ad individuare la cosiddetta percezione di marca ma anche a capire il cambiamento in atto nel modo di interagire degli utenti con un brand, ad individuare nuovi aspetti influenti agli occhi dei consumatori o a recepire loro eventuali suggerimenti e considerazioni.
Ma come giustamente ricorda il testo, in una conversazione l’aspetto di ascolto, pur importante, non può essere sufficiente, occorre anche instaurare un dialogo. E qui gli autori, con dovizia di esempi pratici, propongono le loro quattro alternative:

  • la realizzazione di un video (potenzialmente) virale (la campagna citata è quella di Blendtec);
  • l’engagement tramite social network e, più in generale, circuiti UGC (si parla già di Facebook ma vengono spesso citati MySpace e siti di review);
  • il blog aziendale;
  • la creazione di una community tramite la quale coinvolgere i propri (potenziali) consumatori (la case in questo caso è quella di beinggirl.com by Procter & Gamble).

Un testo sintetico quanto interessante, ricco di dati e di massime che nonostante la costante evoluzione degli strumenti online restano quanto mai valide ancora oggi sebbene in certi casi vadano chiaramente attualizzate (una delle mie preferite resta questa: “Much of money is spent on television commercials. This is not talking, this is shouting“). Un libro che sin dalle prime pagine mette in chiaro come i processi in atto portino a una radicale rivoluzione dell’intera industria, non solo in ambito comunicativo ma che organizzativo, produttivo e gestionale.

Ecco spiegato forse perchè il richiamo sin dal titolo alle onde (lunghe e profonde), al moto perpetuo che rappresentano oggi gli utenti online con i loro continui scambi di valutazioni e giudizi attorno a prodotti, servizi, iniziative e contenuti. Ormai impossibile ignorarli o considerarli come semplici consumatori passivi da colpire solo con il classico advertising.

 

 

A Milano torna la Social Media Week!

A partire dal prossimo lunedì, a Milano tornerà a pulsare il cuore del mondo digital&web italiano e internazionale. E’ infatti ormai imminente la partenza dell’e-festival che, in occasione della Social Media Week (evento che connette non solo virtualmente in contemporanea 11 metropoli del mondo), dal 19 al 23 settembre, proporrà una serie di appuntamenti l’obiettivo di diffondere e divulgare la cultura digitale. Occasione di confronto quanto mai importante in un Paese come il nostro che ha la necessità colmare il cosiddetto digital divide e di investire in tecnologia per tentare di uscire dalla attuale crisi.

Democratizing Technology è il concetto scelto per riassumere le iniziative legate al “Festival della Rete”: la tecnologia per tutti. Quattro i focus nei quali sono stati raggruppati gli oltre 130 tra convegni, seminiari e incontri: green, safe, smart, qualità (vedi il programma completo).

All’interno dell’ampia agenda dell’e-festival trova spazio anche la prima edizione dello StartUp Festival, un’opportunità unica per presentare la propria startup entrando in contatto con investitori e potenziali partner.

Centro informativo della manifestazione sono i Chiostri dell’Umanitaria in via San Barnaba che, oltre ad essere il centro di coordinamento degli eventi presso le altre location, sarà la sede di molte delle attività in programma.

E proprio di fianco al quartier generale, nei chiostri di San Barbaba (via San Barbana 48), il prossimo 21 settembre dalle 19, sarò sicuramente presente al Late summer social party, aperitivo con dj set. Ci vediamo là, giusto?

Kingdoms Live: quando un rpg diventa applicazione

kingdoms_liveUno dei settori legati alla crescente diffusione degli smartphone che mi interessa di più è quello del gaming. Ho fatto ormai da alcuni mesi di un iPhone il cellulare che utilizzo con maggiore frequenza durante la giornata e, navigando tra le tantissime applicazioni gratuite mi sono deciso tempo fa a scaricarne una prettamente ludica.
Si chiama Kingdoms Live (Storm8 il publisher) ed è quello che in gergo si definisce un MMORPG, un gioco di ruolo online medievale fantasy. In estrema sintesi: si crea un personaggio scegliendo tra tre razze (umano, orco o elfo), si decide la classe (guerriero, mago o ladro) e poi, iniziando a completare le missioni proposte, si guadagno soldi da “investire” in armi, armature, incantesimi per migliorare la forza relativa al proprio profilo, o in costruzioni per aumentare le entrate del proprio villaggio.
Fino a qui nulla di nuovo. Utilizzare l’applicazione online comporta però il poter interagire con gli altri giocatori di tutto il mondo riuniti in un’unica arena virtuale con lo scopo di sfidarsi per raccogliere così punti esperienza (avanzando in questo modo di livello) ma anche di creare un proprio esercito per aumentare le chance di vincere le battaglie e di portare a termine le missioni più redditizie.
L’aspetto accattivante è proprio la possibilità di interagire con potenzialmente tutti gli altri partecipanti online attaccandoli, offrendo delle taglia per la morte di un particolare rivale o anche solo scrivendo un messaggio nella bacheca di un altro giocatore. Il tutto in tempo reale.
Tra l’altro, per il momento, l’applicazione – tra i contenuti più “hot” di iTunes – risulta gratuita (poi dovrebbe costare attorno ai 5 dollari), con la possibilità però di poter acquistare i legend point tramite i quali poter tentare di ottenere speciali equipaggiamenti (immagini quindi ci siano persone che spendono soldi per comprare qualcosa di assolutamente virtuale come dei punti di un gioco virtuale).
L’applicazione è carina, non necessita di una costante presenza online e, nella “ottimizzazione” del profilo del proprio personaggio non risulta banale.
Sono pronto a scommettere che l’idea di gestire un proprio profilo online possa essere una delle carte vincenti che il settore delle applicazioni potrà giocarsi nel futuro più immediato per aumentare il proprio bacino di utenza.

p.s.=ah, nel caso qualcuno volesse aggiungere il mio personaggio virtuale al suo esercito, il mio codice è h695af