Alpitourworld.com: vacanze web, qualità Alpitour

Alpitourworld.comL’estate è definitivamente iniziata, il desiderio di vacanze inizia a farsi pressante e quindi non resta che accendere il computer, armarsi di pazienza e perdere gli occhi online alla ricerca di offerte particolarmente vantaggiose. Il desiderio di relax, l’entusiasmo verso la potenziale lontananza dall’ufficio non deve però offuscare la nostra attenzione al momento dell’acquisto. Il web infatti pullula di offerte “specchietto” con le quali catturare l’entusiamo di chi brama un viaggio. Per esempio, andando in uno dei siti più noti per la prenotazione di viaggi e hotel, ho trovato un’offerta per il Mar Rosso per 7 giorni, due adulti: la prima schermata mostrava 419 euro, l’ultima, quella del pagamento, 3.429 euro. Gulp, il prezzo è lievitato con oneri aggiuntivi vari dei quali spesso non si capisce nemmeno bene a cosa si riferiscano (proprio per questo motivo alcune agenzie viaggi sono finite sotto la lente dell’Antitrust per “pratiche commerciali scorrette”).

Tra i portali viaggi che si distinguono in maniera positiva per la loro trasparenza c’è invece Alpitourworld.com, che a breve realizzerà un restyling grafico rendendo ancora più semplice la navigazione tra le tante offerte proposte. Tre le novità principali del nuovo spazio, online dalle prime settimane di luglio: un canale Twitter grazie al quale essere informati sulle ultime iniziative del più grande gruppo turistico italiano; Jeans, un tour operator virtuale che grazie a un modello di business studiato per il web e alle sinergie del Gruppo Alpitour punta a contenere i costi offrendo prodotti di qualità con la garanzia del prezzo bloccato dopo l’acquisto; Alpituner, un agente di viaggio virtuale in grado di guidare le scelte del cliente nella definizione e nella costruzione di un pacchetto vacanza (volo+alloggio+trasferimenti+assistenza+assicurazioni +tasse+visti…) fornendo in pochi secondi per ogni struttura o volo selezionato tutte le combinazioni di vendita possibili a prezzo finito complessivo di tutte le spese e per tutti i partecipanti.

Molto accattivanti anche le offerte Last Minute (aggiornate ogni venerdì per valide per la settimana successiva) per le quali, se potessi, partirei subito (anche le offerte VolaGiovane non sono per nulla male, ma i 25 anni ormai li ho passati da un po’, sob). Da sottolineare anche l’elasticità offerta per i pagamenti, che possono essere spezzettati dando un anticipo del 10% con carta di credito e poi saldando il restante 90% tramite bonifico bancario o recandosi in un’agenzia di viaggio. Insomma, l’Alpitourword.com si conferma ancora di più come uno dei portali travel di miglior successo, capace di offrire un ventaglio molto ricco di possibilità (Francorosso, Villaggi Bravo, Volando, Karambola…) nel pieno rispetto della trasparenza nei prezzi e dell’assistenza al viaggiatore.

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Il diario struggente di un ragazzo qualsiasi

L’opera struggente di un formidabile genio è un libro leggero e la cui lettura scorre veloce. E’ una sorta di diario autobiografico dell’autore – Dave Eggers – giovane investito, nel giro di pochi mesi, da un destino che lo proeitta in una nuova città, con la responsabilità di dover crescere il fratellino Toph e con il sogno di “Might” una rivista fondata con degli amici che punta a dare voce a una generazione.
Il libro gioca costantemente tra l’ironico e il tragico proponendo la figura di un ventenne come campione dei ragazzi di oggi cresciuti tra MTv e consolle, cibi pronti e ambizioni di successo.
Le parti più divertenti sono quelle legate alla strategia educativa adottata da Dave nei confronti del fratellino che con lui vive: è combattuto tra la propria indole indipendente e l’impostazione severa datagli a suo tempo dai genitori, perennemente alla ricerca di un compromesso per non apparire – agli occhi di chi non conoscendo la storia della sua famiglia lo scambia per il padre di Toph – troppo severo ma nemmeno troppo “hippy”.
I tentativi – sgangherati – di essere una figura modello e le paure che ogni volta in cui non può occuparsi direttamente del fratello scatenano contemporaneamente ilarità e tenerezza.
Forse l’unica pecca è quella della mancanza di una trama ben precisa: proprio come un diario le pagine del libro non hanno un filo conduttore ben dettagliato: incontri, viaggi, pensieri, avvenimenti si susseguono quasi completamente in ordine sparso dando (quasi) l’idea di un disegno per nulla definitivo nel quale i vari personaggi si muovono in costante evoluzione e con attori non protagonisti che entrano e escono continuamente dalla scena senza dover necessariamente contare qualcosa nello sviluppo del racconto. L’aspetto legato alla “genio” richiamato dal titolo, a mio modo di vedere, è forse una sorta di iperbole che sottolinea come in realtà il sopravvivere alla quotidiana “normalità” sia impresa tutt’altro che scontata e banale, soprattutto quando la vita, come nel caso di Dave, sembra accanirsi mettendoci di continuo alla prova.

p.s.= ho scoperto che nel 2008 Dave Eggers ha collaborato con il regista Spike Jonze alla stesura della sceneggiatura del film Nel paese delle creature selvagge

Armando Testa, il design(er) delle idee

La retrospettiva su Armando Testa al Padiglione di Arte Contemporanea celebra il maestro “povero ma moderno” raccontando tramite stampe, oggetti, bozzetti e disegni la creatività e l’ironia della fantasia di colui che ha saputo cambiare il volto della pubblicità italiana.
Testa è infatti stato l’artefice di una rivoluzione partita dal basso, dai due emisferi della curiosità da un lato e della semplicità dall’altro, dal desiderio di sperimentare, di giocare con le immagini riuscendo a coniugare sperimentazioni artistiche e marketing, impatto espressivo e immediatezza.
Basta pensare all’astrazione della sfera e della semisfera di Punt e Mes o ai personaggi conici di Paulista, Caballero Misterioso e Carmecita, immagini capaci di vivere su manifesti come in televisione, trasformatisi da marchi in vere propri icone.
Ma la rassegna consente anche di scoprire Armando Testa in una dimensione più intima. Quella delle fotografie a spaghetti, prosciutto, verdure, scatti realizzati quasi per dare un nuovo senso al cibo oggetto delle “fredde” campagne pubblicitarie. Quella dei disegni, degli appunti e degli schizzi che fuggono alla riproducibilità dei messaggi visivi dell’advertising. Quella dei bozzetti per le campagne pubblicitarie orientate al sociale, tratti di pura inventiva realizzata a mano.
A fare da cornice alla mostra da non perdere il documentario con la regia di Pappi Corsicato dedicato ad Armando Testa, vincitore del premio della critica al Festival di Venezia 2009, una carrellata di battute, racconti, testimonzianze per scorrere l’attività di un uomo che partendo da apprendista compositore in una tipografia è diventato un poliedrico artista di fama internazionale.

La lieta storia del grifone tornato a volare

In un momento come quello attuale c’è più che mai bisogno di belle storie, del racconto di episodi che possano infonderci un po’ di ottimismo. Non essendo un appassionato di motori solo ora sono venuto a conoscenza della vicenda legata a Saab, la storica industria automobilistica – in realtà nata come Svenska Aeroplan AktieBolaget, società per azioni aeroplani svedesi – che in questi anni ha dovuto affrontare parecchie turbolenze. Ma, come in una sorta di fiaba Disney in chiave moderna (il seguito di Cars Motori Ruggenti?), le vicende terminano con un lieto fine. Il glorioso marchio sull’orlo del baratro viene salvato da tutti i propri fan che, organizzatisi in movimenti – per l’Italia, per esempio, il SaabWay Club ha organizzato l’evento Italiano “Save Saab” all’Autodromo della Franciacorta – capaci di sensibilizzare il grande pubblico sulla gestione (forse non proprio oculata) dal marchio da parte del gruppo americano General Motors. Tanto affetto poteva rimanere non corrisposto? Ovviamente no. Ed ecco così che la “rivolta popolare” (che ha fatto registrare anche la partecipazione in prima linea del governo svedese) è stata in grado di accendere l’interesse della casa olandese Spyker che inizia una estenuante trattativa che porta, a fine gennaio, a ufficializzare l’accordo che porta alla nascita di una nuova compagnia indipendente da GM. La casa del grifone è salva e può così tornare a volare (per la serie: “…e vissero tutti felici e contenti“). Tanto che poi la “nuova” Saab decide di realizzare una campagna di comunicazione per ringraziare tutti gli appassionati che hanno contribuito a far nascere la casa automobilistica una seconda volta. Ecco quindi un video, un sito, un concorso (chiamato Saab Your Mind) e una pagina Facebook per testimoniare la vicinanza del brand al proprio pubblico di estimatori. Viva le favole a lieto fine! E viva anche le aziende capaci di adoperarsi per fare in modo che i propri consumatori si sentano parte integrante di quella grande famiglia chiamata brand.

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Roy Lichtenstein e le sue colorate riflessioni sull’arte

La mostra Roy Lichtenstein – Meditation on Art (sino al 30 maggio alla Triennale di Milano) mi è piaciuta davvero molto. Perchè se prima conoscevo Roy Lichtenstein per le sue immagini tratte dal mondo dei fumetti, ora posso valutare meglio il percorso dell’artista di New York, inquadrandolo il suo sviluppo assolutamente personale di quel filone della Pop Art che Lichtenstein rappresenta con Andy Warhol e Jasper Johns. Il lavoro di Lichtenstein si può, in estrema sintesi, suddividere in due grandi filoni: da una parte l’artista mette in atto un processo di “copia” – da immagini tratte da riviste a quelle di dipinti di altri autori – che, in base a una propria reinterpretazione personale, porta il pittore a trasformare la riproduzione in originale. Dall’altra, con ironia, Lichtenstein attiva una semplificazione estrema del reale che lo circonda trasformando il quotidiano in immagini bidimensionali che richiamano la stampa topografica.
Tra le tante opere esposte (non solo quadri ma anche alcune sculture in bronzo), i dipinti che mi hanno affascinato di più sono le reinterpretazioni del movimento surrealista, donne dalle forme liquide sintetizzate da labbra carnose, biondi capelli e occhi azzurri che richiamano i quadri di Dalì. Anche le riletture di Matisse, Picasso e Monet sono davvero particolari, allo stesso tempo omaggi artistici e tavole velate di sarcasmo. Molto divertenti il dipinto della serie “Imperfect Painting”, un’astrazione geometrica capace di otrepassare il confini rigidi della tela, e “Brushstroke” opera nella quale Lichtenstein dipinge una pennellata, giocando con l’arte e con il pubblico (come aveva in realtà inziato a fare già nel 1962 con “Golf Ball”, il ritratto di una pallina da golf estrapolata da qualsiasi contesto e proposta come puro segno grafico). Da non tralasciare, nella visita alla mostra, la saletta dedicata alle videointerviste che, montate in un filmato di poco più di trenta minuti, regalano una panoramica sulla vita di Lichtenstein tramite le parole delle stesso artista. Chiudo con una citazione di Lichtenstein che ben riassume a sua vena artistica: Art doesn’t transform. It just plain forms.

Kontroversen: a Vienna tra fotografia, etica e giustizia

In uno dei miei ultimi viaggi ho potuto scoprire un angolo di Vienna – nella parte a sud rispetto al centro città – nel quale si trova un complesso di case costruite dall’architetto Friedensreich Hundertwasser che mi ha in qualche modo riportato alla mente, almeno dall’esterno,  le stupende abitazioni realizzate da Gaudì a Barcellona.
Una di queste è oggi un museo – il Kunst Haus Wien – con un graziosissimo ristorantino all’aperto in piccolo giardino nel quale consumare, nel pieno relax, specialità viennesi.
Sino al 20 giugno 2010, per chi si trovasse a passare dalle parti di Radetzkyplatz, consiglio vivamente la mostra Controversies – The Law, Ethics and Photograhpy, un intenso percorso fotografico attraverso 90 scatti grazie ai quali lasciarsi trosportare dall’intensità di alcune delle opere di fotografi quali, solo per citarne alcuni, Man Ray, Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, Oliviero Toscani e Robert Mapplethorpe.
Nel silenzio delle sale si può contemplare la natura controversa di alcune immagini e toccare con mano il labile confine tra libertà individuale, manipolazione, censura.
Le immagini fotografiche sin dal loro “esordio” hanno scatenato – e ancora scatenano – accesi dibattiti perchè alle volte solleticano le sensibili corde della moralità.
Lungi dal voler imporre dei limiti alla libertà di espressione, la mostra però solleva degli interrogativi stimolando delle risposte non sempre così semplici da dare: fino a dove si possono spingere i pubblicitari nelle loro provocazioni? Sino a che punto un fotogiornalista può documentare la sofferenza rimanendo una sorta di spettatore invisibile? Come si può preservare il rispetto e la dignità della persona immortalata? Esistono dei “parametri” in base ai quali stabilire lo status artistico di un fotografo?

Una rassegna davvero bella, consigliatissima a tutti, che mi ha fatto apprezzare una volta di più il fascino delle immagini fisse, il loro potere, la loro audacia, la perfetta sintesi che rappresentano.

Departures: la vita come un viaggio, i viaggi della vita

Spesso mi sono trovato a riflettere sul rapporto che lega la vita al viaggio. Ma mai come dopo aver visto Departures – opera giapponese vincitrice del premio Oscar come migliore film straniero 2009 – ne ho avuto conferma. La pellicola, come anticipa il titolo, racconta le continue “partenze” di Daigo, giovane musicista che improvvisamente, per le difficoltà economiche legate all’orchestra nella quale suona come vioncellista, costretto a rimettersi in gioco tralasciando le proprie aspirazioni di artista.
Senza lavoro decide di lasciare la città e tornare al paese di origine nella vecchia casa di campagna nella quale è cresciuto. Partire per Daigo non significa però solo seguire un futuro di stabilità emotiva quanto economica (sofferta la sequenza della vendita dello strumento musicale a tutti gli effetti ormai parte del suo essere), ma anche scontrarsi con il proprio passato.
La casa è infatti un luogo pregno di ricordi legati all’infanzia e alla vita con i genitori. E a quella delusione mista a rabbia per non essere potuto crescere con il padre che un giorno abbandonò la famiglia senza più dar sue notizie. Abituarsi ai tempi del paesino non è certo semplice e anche dal punto di vista lavorativo, le possibilità non sono poi molte. Scorrendo gli annunci Daigo ne legge uno riferito a una “agenzia di viaggi” che poi scopre essere un luogo di lavoro decisamente particolare. Mi fermo, non voglio dire di più sulla trama, rovinerei la visione a chi ancora non ha avuto modo di gustare questo delicato film giapponese ricco di paesaggi, simbolismi e richiami continui alla dimensione del viaggio: dalle note musicali alla morte, tutto in questo film richiama l’idea di quello spostamento continuo, di quel tragitto che ognuno di noi ogni giorno – in maniera consapevole o meno – è chiamato a compiere. L’idea del viaggio infatti non è solo legata a luoghi fisici diversi, ma a stati d’animo, affetti, stagioni, sentimenti, incontri, che ci guidano e in base i quali ogni giorno ricalibriamo le nostre “bussole”. L’aspetto affascinante del film è però anche quello che, con semplicità, vengono raccontate tante storie tra loro legate da un comune destino che avvicina, allontana, per poi riavvicinare, i vari personaggi, in un susseguirsi di emozioni e di sviluppi imprevisti. Toccante e leggero  come una nota del violoncello che riporta la locandina.

Il Design Week si tinge di rosso Campari Soda

Tra le location più originali del Salone del Mobile appena terminato, un posto di assoluto rilievo spetta sicuramente al Camparitivo in Triennale, lo spazio pensato e progettato Matteo Ragni – che, dallo scorso anno, collabora con Campari – tramite il quale l’architetto ha voluto ripensare usi e costumi legati all’aperitivo.

La location in questione, per gli appassionati di design ma non solo, è una sorpresa continua. Tra i tanti arredi originali si possono ammirare: Fortunata, la lampada che Matteo Ragni ha disegnato giocando con i triangoli con i quali Depero, nell’ormai lontano 1932, inventò la formula stilistica del Campari Soda; Camparina, la sedia modellata per assecondare le esigenze sia del cliente (che pur seduto può muoversi con la massima libertà) che del barista (che può impilare le sedie senza alcuna fatica); il bancone del bar con dei riflessi “digitali”, la parte centrale del tavolino che ruota in stile “nastro trasportatore di sushi” per meglio condividere bevande e stuzzichini; gli specchi che ricoprono le colonne e che riflettono il verde del Parco Sempione e gli ospiti del bar; bottigliette di Campari Soda che, una volta svuotate, diventano parte di originali bicchiere con i quali sorseggiare l’aperitivo, stringendo tra le mani un pezzo di storia del design; l’enorme “lampadario” all’ingresso che, giocando sul concetto di pianeta rosso, richiama contemporaneamente Marte e Campari Soda.

Dulcis in fundo Futuro Meraviglioso, dieci porte – visibili da dieci “telescopi” la cui forma richiama ancora una volta quella della bottiglia pensata da Depero – che proiettano Campari nel futuro, nel 2160, giocando così con la ricorrenza dei 150 anni che l’azienda festeggia proprio quest’anno.

Scoprire questo particolare angolo di Milano con le parole dello stesso Matteo Ragni in qualità di Cicerone è stata davvero un’esperienza suggestiva, un sentito ringraziamento a Campari che ha voluto coinvolgere alcuni blogger – tra i quali il sottoscritto – nella preview del giorno precedente l’inizio ufficiale del Salone del Mobile 2010 (fantastico anche “telescopio da meditazione” che è stato offerto come gadget, uno strumento “per guadare lontano, dentro se stessi”).

Termianato il Salone resta sempre un po’ di nostalgia per la fine di una settimana che rende Milano un’eclettica capitale europea, un crogiuolo di lingue e volti di nazionalità differenti. Quest’anno però, a rendere meno “doloroso” il concludersi degli eventi legati al Fuorisalone, si potrà per fortuna contare sul Camparitivo in Triennale che rimarrà attivo per tutta la stagione estiva.

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Alice in Wonderland, le mie opinioni

Con Alice in Wonderland Tim Burton ha voluto sfidare se stesso. Il suo intento infatti era quello di rispettare l’essenza romanzo di Lewis Carroll portando sul grande schermo lo spirito e l’immaginario surreale del testo. Impresa non da poco. Appena uscito mi sono precipitato al cinema per vedere la nuova versione Disney ma ne sono rimasto in parte deluso. Così mi sono rifugiato in libreria e ho acquistato l’ormai classico di Carrol nella sua versione completa Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio. A termine della lettura però la situazione non è affatto migliorata, anzi forse il mio scetticismo nei confronti della pellicola è aumentato. Per carità, nulla da dire sulla regia, la cosa che poco mi convince è la sceneggiatura. Se infatti l’obiettivo era quello di allontanarsi dalle versioni precedenti creando una versione di impatto – per usare le parole di Burton stesso – beh, a mio parere la cosa non è riuscita appieno. Il film non è stato in grado di calarmi completamente nella dimensione del sogno, non è stato in grado di trascinarmi nel mondo fantastico ricco di personaggi e ambientazioni diverse che invece si è materializzato nella mia mente leggendo l’omonimo libro. Nonostante apprezzi Depp, ad esempio, il ruolo del personaggio del Cappellaio Matto, seppur ben caratterizzato, mi è parso troppo centrale rispetto alla storia narrata dal testo nel quale la sua presenza risulta marginale (leggendo il libro il Cappellaio non mi è sembrato per nulla coraggioso). Tra l’altro, il personaggio più “positivo” del libro, quello di cui Alice si ricorderà anche tornata alla realtà, è il Cavaliere Bianco alter ego di Caroll. Il film presenta dei nuovi personaggi rispetto alla versione a cartoni animati Disney ma nonostante tutto, a parte l’età della protagonista (in questo senso si potrebbe forse parlare di sequel del classico Alice), non si distacca poi molto dai precedenti remake. I continui cambiamenti di paesaggio tipici della partita a scacchi di Attraverso lo Specchio non ci sono, come non vengono richiamate tutta quella serie di operazioni eseguite al contrario (prima distribuire le fette di torta e poi tagliare il dolce) che rendono il mondo al di là dello specchio quanto mai singolare. Mancano personaggi quali Humpty Dumpty (l’uovo in bilico sul muro), la Finta Tartaruga, la Duchessa che avrebbero potuto rendere la pellicola più originale. Insomma, in ultima analisi, forse si è resa la storia un po’ troppo epica con il riferimento al Grafobrancio e al Ciciarampa (scherzando ho scritto su twitter che a tratti mi è sembrato di vedere “Il signore degli Anelli”), perchè poi, a ben notare, nel testo il Pedone Bianco Alice “sconfigge” entrambe le regine diventando, in undici mosse, loro pari.
Anche il personaggio della protagonista a dirla tutta non mi ha esaltato: certo Alice nel libro è cortese, educata, con un notevole istinto pratico ma nonostante la tenera età dimostra comunque un caratterino niente male capace di ribattere colpo su colpo agli strambi figuri che incontra nel corso della sua avventura. Ovviamente, almeno nella versione italiana, si perde anche il linguaggio poetico ricco di parodie e paradossi che la versione in lingua originale offre al lettore. Concludo sottolineando come anche il fatto che per risparmiare sui costi la produzione abbia deciso di convertire in tridimensionale scene girate con la tecnica tradizionale non mi abbia particolarmente entusiasmato.
Insomma se l’idea di fondo era quella di trasformare in immagini un testo di Caroll l’opera di Burton non mi sembra, diciamo così, quella definitiva. Per carità, resta comunque un film di piacevole visione ma dal regista di Ed Wood e Big Fish (dimenticando il suo remake de Il pianeta delle Scimmie), mi sarei aspettato qualcosa di più spettacolare.

That’s Opera Talent: bella chance per musici e cantanti d’opera amatoriali

Quando frequentavo le superiori (ormai un bel po’ di tempo fa) tra i banchi di scuola, per abbattere la noia di alcune lezioni, ogni tanto tiravo fuori dall’astuccio una sorpresina Kinder a forma di bisonte (con delle rotelline al posto delle zampette che fanno muovere le mascelle) e mi esibivo, come ventriloquo, in Nessun Dorma dalla Turandot di Puccini, dando voce (e anima?) all’animaletto di plastica. Oggi un contest ha riportato alla mia attenzione la musica lirica, non esattamente una mia passione ma comunque un’arte che mi emoziona. E’ That’s Opera Talent, il primo concorso online per scoprire nuovi cantanti lirici e musicisti classici. Nell’ambito del Puccini Festival 2010 è onair da alcune settimane una competizione artistica – promossa da Ricordi & C., Ministero delle Gioventù e Ministero dei Beni Culturali – finalizzata ad aiutare i cantanti d’opera e i musicisti classici amatoriali nelle loro carriere, fornendo l’opportunità di gareggiare per potersi esibire nella presentazione dal vivo della Madama Butterfly e vincere gli altri premi indicati nel regolamento. La cavalcata di Susan Boyle vi ha esaltato? Allora non vi resta che scaricare musiche e spartiti, esercitarvi nei gorgheggi o affinare la vostra abilità con uno strumento, riprendere la vostra esibizione da solista e caricare il video nel canale che Youtube ha dedicato all’iniziativa, la cui iscrizione è gratuita. Quasi quasi ci provo anch’io, vado subito a ripassare l’Addio fiorito asil del terzo atto, quando Pinkerton, accompagnato da Kate – giovane donna sposata negli Stati Uniti – è alla ricerca del figlio (suo e di Cio-cio-san) che vorrebbe portare con sé per fornirgli un’educazione “occidentale”. In bocca al lupo a tutti coloro che (spero numerosi vista la bella e originale iniziativa) si avvicineranno al mondo dell’opera e della musica classica, ci vediamo su Youtube!

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