E’ arrivato un Natale carico di… specie da adottare

Di solito in questo periodo dell’anno sono solito pubblicare appelli alle donazioni verso realtà che si occupano di aiutare i più deboli e sfortunati.

Quest’anno però lo spunto per la segnalazione mi è arrivato da una dichiarazione letta alcuni giorni fa da parte dell’attuale CEO di The Coca-Cola Company che spiegava come dal mese di novembre, almeno in America, l’ormai storica lattina rossa si sarebbe colorata di bianco per la nuova campagna, realizzata in collaborazione con il WWF (3 milioni di dollari la donazione dell’azienda di bibite gassate) per la ricerca e la conservazione dell’orso polare, icona utilizzata da Coca-Cola sin dal 1922.

Indagando un po’ più a fondo ho scoperto inoltre che, in collaborazione con 7-Eleven, Coca-Cola ha distribuito nei fastfood dei bicchieri bianchi con un QR Code che richiama un’applicazione – Snowball Effect, purtroppo non scaricabile da noi – con la quale sfidare gli amici a suon di palle di neve e donare ulteriori fondi al WWF.

E in Italia, cosa possiamo fare? Anche nel nostro Paese il WWF è attivo con una campagna che sensibilizza su temi quali la distruzione degli habitat naturali, i cambiamenti climatici e il bracconaggio che rischiano di far scomparire per sempre dal nostro pianete animali quali tigri, orsi, elefanti, panda, oranghi e molti altri animali (una delle ultime dichiarazioni della IUCN, l’Unione Internazionale per la salvaguardia della natura, da questo punto di vista è allarmante: un quarto dei mammiferi è a rischio estinzione).

adozioni

Dare il proprio contributo è molte semplice: basta andare nella sezione Adozioni del sito del WWF Italia scegliere una delle dodici specie simbolo (ci sono anche tre specie italiane) e devolvere quanto ci sembra opportuno per fare in modo che la ONG-Onlus possa essere sempre più agguerrita nel contrastare il commerciali illegale e nell’aumentare il numero delle riserve naturali.

Le tipologie di donazioni sono tre: la donazione semplice (a partire da 30 euro), l’azione con peluche (peluche WWF realizzati senza PVC, a partire da 50 euro) e l’adozione Trio dedicata alla salvaguardia di quattro grandi habitat condivisi da più specie a rischio. Il trittico italiano propone orso bruno, lupo e delfino: con una donazione a partire da 125 euro, si riceveranno tre peluche e tre kit con planisfero e certificati personalizzabili.

Per chi volesse essere a impatto zero anche nella proprio donazione, inoltre, è possibile scegliere l’adozione digitale I WWF you che consentirà di ricevere uno sfondo per il desktop e  uno screensaver.

Tutto può essere anche una originale idea regalo: potremmo infatti realizzare una ecard che verrà consegnata il giorno da noi scelto al destinatario del nostro dono.

Forse è un po’ prematuro scambiarsi gli auguri di Natale. Ma non siamo certo in anticipo per augurare ai nostri “amici animali” un futuro migliore. Anche grazie al nostro aiuto, noi che troppo spesso siamo stati per loro – e continuiamo ad esserlo – una minaccia.

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Tommy Hilfiger: in preppy we trust

Lo scorso lunedì ho avuto il piacere di partecipare all’evento Find your Preppy Pin with Tommy Hilfiger TH 1090/S, serata nella quale sono stati presentati i nuovi occhiali unisex, geometrici, di “tendenza Eighties”, realizzati per la griffe da Safilo.

La particolarità degli occhiali – oltre la leggerezza e la struttura su aste iniettate senza anima metallica che se scaldate si possono piegare per farle aderire meglio alle nostre forme – sono appunto delle pin, una sorta di spillette magnetiche che, posizionate sul simbolino Tommy nell’asticella vicino alle lenti, consentono di rendere personalizzare l’occhiale. Quattro le varianti: il fenicottero rosa per uno stile glamour, lo stemma Hilfiger per stile sport-chic, i mini occhiali da sole per uno stile scanzonatamente ironico e il teschio (da subito la mia pin preferita) per uno stile rock anticonformista.

Ma esattamente cos’è lo stile preppy? Il termine (letteralmente: figlio di papà) nasce in America negli anni Cinquanta e viene associato ai giovani che frequentano i college privati. La cultura preppy nel corso degli anni è diventata sinonimo di uniformi, pantaloni e camicie a strisce, stemmi, motti latini, scherzi goliardici, Country Club e feste in piscina, un’identità che ancora oggi continua a ispirare la moda. Anche online.

Sì perché andando nella pagina facebook di Tommy Hilfiger e cliccando sull’applicazione The preppy point of view si possono indossare virtualmente gli occhiali grazie alla realtà aumentata. Come? Semplicissimo! Basta diventare fan del brand (mettendo like alla pagina), scaricare un plug-in, accendere la webcam, centrare il proprio volto e poi scegliere gli occhiali preferiti che appariranno sull’immagine riflessa sullo schermo (sarà poi possibile scattare una foto e condividerla con gli amici).

Bellissimi gli occhiali, originale lo stile preppy (sportivo, vintage ma comunque elegante) e molto simpatica l’applicazione facebook. Grazie Tommy!

Videogiochi e informazione: in Italia a che punto siamo?

Lo scorso sabato, da appassionato di videogiochi, ho fatto una capatina al Games Week occasione nella quale sono anche riuscito a partecipare a un interessante dibattito attorno al tema della (dis)informazione sui videogiochi in Italia.
Promotore dell’incontro, il movimento contro la disinformazione sui videogiochi, gruppo nato spontaneamente (ma che nel giro di breve tempo ha saputo riunire oltre 13mila fan su facebook) in seguito ad alcuni servizi giornalistici che hanno messo in relazione – con troppa sufficienza – fatti di cronaca ai videogames.
Il videogioco, come ricordato nel corso della tavola rotonda che ha visto partecipare professionisti appartenenti a diverse realtà (da Multiplayer.it a Wired, da Evereye.it a TgCom), si può a tutti gli effetti definire come un medium. Che non è certo (l’unica) causa dei mali della società. Capita però spesso che i media tradizionali spinti dal sensazionalismo più che da spunti di riflessione costruttiva, spolverino il binomio violenza-videogioco. Ecco quindi i telespettatori imbattersi in un servizio, come quello mandato in onda dal TG1, nel quale si sottolinea la vicinanza tra Andres Breivik – tristemente famoso per gli attentati a Oslo – e il mondo dei videogiochi violenti (mettendo tra le altre cose in un unico calderone sparatutto e RPG).
Ecco allora più che azzeccata la provocazione di Matteo Bordone: “La stragrande maggioranza degli assassini – almeno in Italia – è battezzata ma non si innesca in noi certo un rapporto di causa e effetto tra questo e il loro crimine”.
Verso il mondo dei videogiochi, tuttavia, permangono molti pregiudizi nonostante il mercato del gaming sia in notevole crescita (nel 2010 sono stati venduti 33 videogiochi e 5 console al minuto secondo AESVI). Questo – almeno secondo quanto è emerso nelle conferenza – in parte perchè nelle redazioni, nelle testate giornalistiche, manca un “esperto di videogiochi” che abbia esperienza per informare in maniera corretta (come invece esiste l’esperto di cinema). Vuoi perchè non esiste nel nostro Paese un organo come Gamers’ Voice che in UK difende i diritti dei giocatori dando il proprio concreto contributo a media e istituzioni. O perchè si crede che il mondo dei videogiochi sia “qualcosa per bambini” quando – almeno negli USA, come ha ricordato Antonio Dini de IlSole24Ore – l’età media del giocatore è di 37 anni.
E infine forse anche perchè mentre in altre espressione della creatività la violenza non è deprecata (anzi ormai nel cinema, per esempio, sembra quasi del tutto sdoganata), in un mezzo giovane come quello dei videogiochi, non è ancora accettata.
Il movimento insomma avrà il suo bel da fare, non posso che fare un caloroso in bocca al lupo a tutti coloro che si stanno occupando della crescita del gruppo e della contemporanea sensibilizzazione dei consumatori (oltre chiaramente ai complimenti per l’idea).
Mi piacerebbe però non fosse un qualcosa di legato solo alla denuncia di enventuali atti di disinformazione ma che potesse fungere da osservatorio permanente sul mondo dei videogiochi e contemporaneamente punto di riferimento per tutti coloro che, affascinati dal gaming, vogliano scoprire qualcosa di più della semplice lista circa le ultime imperdibili uscite.

Social King 2.0, il web sposa la tv

Con la partenza del Grande Fratello, di Amici e di XFactor si è ufficialmente aperta la stagione dei reality e dei talent show. Il programma musica, nella versione statunitense, permette un interazione diretta dello spettatore tramite twitter: seguendo il profilo @thexfatctorusa mandando un Direct Message, si potrà votare il proprio artista preferito comodamente seduti sul divano o con un semplice click su computer o tramite smartphone.

E in Italia? Un interessante esperimento tra web e tv è quello portato avanti da Social King 2.0, “l’unico programma dedicato ai Social Network e ai suoi protagonisti” in onda su Rai2 (domenica ore 9.20) e RaiGulp (domenica ore 18.25). Scaricando l’applicazione checKinG – nata da una collaborazione tra Rai e Telecom Italia – si può fare il “mobile check-in” in occasione dei vari momenti del programma esprimendo i propri giudizi su video, esibizioni, concorrenti (check-in che ovviamente poi si possono condividere nei social network). Il programma, nel corso della trasmissione, inoltre, mostrerà il codice QR che consentirà di gustarsi online contenuti esclusivi.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=gQCHH9fuMB0&w=440&h=360]

Alla base del programma vi è la sfida, a colpi di web-voti, tra i “wip” (web important person) del programma e gli sfidanti che si possono candidare proprio dalla Rete: attraverso esibizioni di canto, ballo, recitazione, comicità, i concorrenti dovranno riuscire ad attirare l’attenzione del pubblico da casa che potrà scegliere chi far rimanere nella trasmissione e chi estromettere.

Conduttore del programma Ruggero Pasquarelli volto della versione italiana di XFactor prima e di Disney Channel poi.

Il programma, che strizza l’occhio a un pubblico giovane e sempre connesso, è un interessante esperimento di crossmedialità e di sviluppo di un prodotto editoriale, Social King appunto, che prevede come parte integrante il dialogo – tra web e tv – continuo con il pubblico che diventa co-partecipe, in studio dal web e dal web in studio, dello show.

Complimenti a tutti coloro che collaborano al programma e in bocca al lupo per il proseguo delle puntate (la pagina facebook della trasmissione conta già oltre 39.000 fan!).

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Pinterest, la bacheca virtuale ora è anche social

Grazie alla segnalazione di zilvi4 ho scoperto Pinterest, un nuovo social network from Palo Alto, California. Si tratta di un sistema di social bookmarking che nasce sulla scia di digg, reddit o del.icio.us con però alcune peculiarità. L’idea alla base è quella di dare l’opportunità agli utenti di creare della loro bacheche (assolutamente personalizzabili) sulle quali “attaccare” virtualmente delle pin, delle puntine in corrispondenza di contenuti che trovano interessanti e che decidono di condividere (si tratta principalmente di immagini e video).

Io, ad esempio, ho creato – su suggerimento del sistema automatico che segue la registrazione – una categoria chiamata Product I love nella quale ho inserito la pin relativa a un prodotto vintage che ho trovato navigando in Rete (basta entrare nel proprio profilo e cliccare su add o scaricare un plug-in per aggiungere il link direttamente dal browser). Due cose in particolare hanno attirato la mia attenzione: la prima è che di un profilo si possono seguire tutte le bacheche ma si può anche optare per una sola lavagna, seguendo quindi i soli aggiornamenti di una particolare sezione creata da un utente; la seconda è che, nella descrizione, aggiungendo il valore in dollari (esempio $7.00 USD), appare nell’immagine in alto a sinistra una banda con l’indicazione del prezzo. Tra le ricerche dei contenuti infatti c’è anche quella per prezzo (basta scegliere in alto Gifts) che quindi può diventare uno strumento da collegare – come nel mio caso – a etsy o a qualsiasi altro canale di e-commerce, potenzialità da non sottovalutare per i brand come per tutti coloro che cercano un modo semplice e veloce per dare visibilità ai propri prodotti (non sono ancora riuscito a capire se si possa e in caso come inserire i prezzi in euro… e come si riesca ad eliminare la scrittina relativa al prezzo senza dover cancellare la pin ma forse devo semplicemente spendere un po’ più di tempo su Pinterest).

Per il resto funzioni simili agli altri social network dal repin al like, dal commento all’embed. Particolare anche la disposizione orizzontale dei contenuti che permette organizzare le varie segnalazioni in un’unica schermata che raggruppa i contributi dei vari utenti, commenti e like immediatamente visualizzabili.

Scoppierà un nuovo caso di successo? Difficile dirlo ma nonostante la communiy italiana sia ancora ridotta, anche grazie all’applicazione per iPhone, il numero dei/delle pinterest addicted è in costante crescita.

[update: Upim è stata una delle prime realtà italiane ad inserire il pulsante Pin it nelle immagini dei propri prodotti]

Marketing in the Groundswell, il libro giallo del web marketing

Proprio a cavallo della Social Media Week ho terminato la lettura di Marketing in the Groundswell, il piccolo libro di Charlene Li e Josh Bernoff che tenevo da molto tempo (troppo?) sul mio comodino accanto al letto.

Un testo, quello della Harvard Business Press, davvero molto interessante che, pur non essendo recentissimo (è datato 2009) riesce a sintetizzare alcune tra le strategie più attuate online.

Your brand is whatever your customer say it is“: questo l’assunto di partenza che consiglia di ascoltare prima di agire. Un ascolto non solo finalizzato ad individuare la cosiddetta percezione di marca ma anche a capire il cambiamento in atto nel modo di interagire degli utenti con un brand, ad individuare nuovi aspetti influenti agli occhi dei consumatori o a recepire loro eventuali suggerimenti e considerazioni.
Ma come giustamente ricorda il testo, in una conversazione l’aspetto di ascolto, pur importante, non può essere sufficiente, occorre anche instaurare un dialogo. E qui gli autori, con dovizia di esempi pratici, propongono le loro quattro alternative:

  • la realizzazione di un video (potenzialmente) virale (la campagna citata è quella di Blendtec);
  • l’engagement tramite social network e, più in generale, circuiti UGC (si parla già di Facebook ma vengono spesso citati MySpace e siti di review);
  • il blog aziendale;
  • la creazione di una community tramite la quale coinvolgere i propri (potenziali) consumatori (la case in questo caso è quella di beinggirl.com by Procter & Gamble).

Un testo sintetico quanto interessante, ricco di dati e di massime che nonostante la costante evoluzione degli strumenti online restano quanto mai valide ancora oggi sebbene in certi casi vadano chiaramente attualizzate (una delle mie preferite resta questa: “Much of money is spent on television commercials. This is not talking, this is shouting“). Un libro che sin dalle prime pagine mette in chiaro come i processi in atto portino a una radicale rivoluzione dell’intera industria, non solo in ambito comunicativo ma che organizzativo, produttivo e gestionale.

Ecco spiegato forse perchè il richiamo sin dal titolo alle onde (lunghe e profonde), al moto perpetuo che rappresentano oggi gli utenti online con i loro continui scambi di valutazioni e giudizi attorno a prodotti, servizi, iniziative e contenuti. Ormai impossibile ignorarli o considerarli come semplici consumatori passivi da colpire solo con il classico advertising.

 

 

A Milano torna la Social Media Week!

A partire dal prossimo lunedì, a Milano tornerà a pulsare il cuore del mondo digital&web italiano e internazionale. E’ infatti ormai imminente la partenza dell’e-festival che, in occasione della Social Media Week (evento che connette non solo virtualmente in contemporanea 11 metropoli del mondo), dal 19 al 23 settembre, proporrà una serie di appuntamenti l’obiettivo di diffondere e divulgare la cultura digitale. Occasione di confronto quanto mai importante in un Paese come il nostro che ha la necessità colmare il cosiddetto digital divide e di investire in tecnologia per tentare di uscire dalla attuale crisi.

Democratizing Technology è il concetto scelto per riassumere le iniziative legate al “Festival della Rete”: la tecnologia per tutti. Quattro i focus nei quali sono stati raggruppati gli oltre 130 tra convegni, seminiari e incontri: green, safe, smart, qualità (vedi il programma completo).

All’interno dell’ampia agenda dell’e-festival trova spazio anche la prima edizione dello StartUp Festival, un’opportunità unica per presentare la propria startup entrando in contatto con investitori e potenziali partner.

Centro informativo della manifestazione sono i Chiostri dell’Umanitaria in via San Barnaba che, oltre ad essere il centro di coordinamento degli eventi presso le altre location, sarà la sede di molte delle attività in programma.

E proprio di fianco al quartier generale, nei chiostri di San Barbaba (via San Barbana 48), il prossimo 21 settembre dalle 19, sarò sicuramente presente al Late summer social party, aperitivo con dj set. Ci vediamo là, giusto?

Goodbye Mamma, strumenti e consigli per cervelli in fuga

Quante volte tornati dalla vacanze abbiamo riflettuto tra noi dicendo: “tornassi indietro, un’esperienza di studio/lavoro lì, non mi sarebbe proprio dispiaciuta”? Ancora in pieno trauma da ritorno-ferie, ho (ri)scoperto quasi per caso su twitter il progetto Goodbye Mamma e ho così approfittato della disponibilità di Giulio Sovran – ideatore e coordinatore di Goodbye Mamma – per farmi raccontare un po’ la genesi dell’idea a monte dell’iniziativa.

Goodbye Mamma è in primis un libro se non erro: come si potrebbe riassumere? Presentaci a ruota libera il progetto…

Goodbye Mamma non è un libro, o almeno, non solo! E’ nato come tale trasformandosi e crescendo in altre direzioni (ancora in fase di sviluppo…): un sito web, un’applicazione per Iphone, un concetto virale diffuso tramite i social; una serie di video tematizzati sull’italiano all’estero Vs il “mammone” italiano; una possibile trasformazione televisiva in direzione docureality… chissà quanto altro ancora!

Solitamente raccontiamo (parlo al plurale perché io non sono altro che un portavoce) Goodbye Mamma come un progetto crossmediale nato dall’idea di aiutare gli italiani a lasciare il proprio paese. L’Italia ha sempre meno da offrire in termini di meritocrazia e flessibilità. Decidere di vivere all’estero porta ad una profonda crescita a livello individuale e professionale, generando un’importante spinta all’ottimismo. All’estero si ha spesso il privilegio di potere scegliere chi essere, di acquisire sicurezze che diventano forza e energia, contro la rassegnazione e la disillusione della nostra società italiana.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=IyONMu8HMWA&w=440&h=390]

Goodbye Mamma è una guida capace di fornire metodi concreti per aiutare a realizzare numerosi percorsi all’estero. Il nostro compito è quello di dare una bussola a tutti coloro che hanno la curiosità e la carica di mettersi in gioco in un Paese straniero, ma non sanno bene come. Dire Goodbye Mamma non implica una fuga azzardata dal paese natio o tristi e definitivi addii. Significa piuttosto sperimentare una realtà nuova fuori dal nido originario: la vita all’estero e le sue enormi possibilità. Il nostro punto di arrivo è quindi un mondo variopinto, ricco di spunti e stimoli.

Goodbye Mamma è un libro che insegna un “metodo” per lasciare l’Italia. La società-mondo offre oggi opportunità per tutti, calibrate sulle aspettative, gli interessi e i gusti di ognuno. Tanti sono i percorsi di vita e d’identità da scegliere per noi abitanti del “villaggio globale”: ormai quasi tutti i luoghi sono raggiungibili in ventiquattr’ore e viaggiare a costi contenuti non è l’eccezione ma la regola. Internet e la sua rete semplificano operazioni da sempre laboriose e complicate. Trovare un lavoro, una casa, nuovi amici, oppure parlare coi nostri cari rimasti in Italia sono azioni che si possono compiere senza nemmeno uscire di casa, in modo semplice e veloce.
Pianificazione, dedizione e forza di volontà sono gli elementi chiave per realizzare l’obiettivo di lasciare l’Italia. Il libro mette insieme consigli e regole di carattere generale, oltre a raccogliere una serie di storie ed esempi pratici di “chi ce l’ha fatta”, completate da una lista di utili riferimenti bibliografici.
Invece i link e le infinite informazioni pratiche offerte dal web non saranno inserite nel libro ma verranno selezionate e rese disponibili on line, dove si potranno consultare grazie all’intuitivo motore di ricerca del sito.

Il sito internet è lo strumento sempre aggiornato, di supporto al libro. Andare all’estero necessita di un metodo che, grazie all’esperienza di più persone, si è potuto astrarre e concettualizzare in un numero finito di pagine. Ma la via pratica per partire oggi è il web. Quindi un libro cartaceo è oggi uno strumento limitato se preso come prodotto finito. Il sito è il portale direttamente connesso al libro che fornirà soluzioni pratiche (link diretti ai principali siti strutturati in un motore di ricerca apposito) al futuro migrante. Da un lato potrà capire “COSA” fare, leggendo i libro e carpendone tutta l’esperienza trasmessa dal team di Goodbye Mamma, necessario per chiarirsi le idee; dall’altro il web dirà “COSA” fare, e “DOVE” cercare: internet è oggi una galassia infinita d’informazioni, di storie, di esperienze vissute, come districarsi quindi? Il nostro motore di ricerca “Goodbye Finder” permetterà di andare a cercare nel dettaglio solo le informazioni desiderate, scegliendo una direzione precisa.
I social network sono invece il nostro strumento di comunicazione con coloro che desiderano espatriare. Dal nucleo iniziale dei 20 “Goodbye Mammoni” (gli autori ufficiali del libro), si sono aggiunte altre persone attive nel network, in grado di trascinare il gruppo fornendo informazioni importanti e utili ai nuovi utenti, con grande professionalità e conoscenze, condividendo l’ideale di condivisione delle informazioni di Goodbye Mamma (per avere maggiori info consiglio di cliccare sulla pagina e sul gruppo su facebook).
Il network, nato qualche mese fa come per gioco (per vedere il richiamo del progetto sui social), sta crescendo di giorno in giorno a grandi ritmi, dandoci enormi soddisfazioni.

Infine due parole sul team: Goodbye Mamma non è una persona o un individuo, ma un gruppo coeso d’italiani sparsi per il mondo che condividono l’ideale di poter cambiare le cose, di poter utilizzare la propria esperienza acquisita all’estero per migliorare l’Italia, o almeno è quello che provano fare. Goodbye Mamma è un team variegato e multiforme: vi fanno parte persone che hanno deciso di lasciare l’Italia con rabbia, senza alcun desiderio di tornarci, scoprendo a volte con stupore che all’estero si nascondono spesso dei paradisi impensabili. Altri lo hanno fatto con spirito più riflessivo, mettendo sui piatti della bilancia la qualità della vita e la possibilità di vivere in maniera dignitosa nel proprio paese, finendo col preferire l’estero. C’è chi invece ha colto un’occasione lavorativa arrivata al momento giusto, portando con sé, oltre all’opportunità professionale, la possibilità di scoprire come si lavora e si vive altrove.
Ma un po’ di Goodbye Mamma si trova anche in Italia: c’è chi è partito ed è poi tornato con convinzione, chi, invece, una volta rientrato sta disperatamente cercando di ripetere il piacere provato in passato e di partire nuovamente: per dove? Spesso non importa. Non manca, infine, chi sogna la partenza ma non trova il coraggio di cambiar vita per i forti legami che lo spingono a rimanere in Italia.

Cosa aggiungere se non complimenti per l’inziativa e in bocca al lupo per il suo sviluppo! Fermo restando che noi “rimasti” speriamo che il nostro Paese possa presto tornare ad accogliere – senza rimpianti – chi ha deciso di provare a trovare la propria fortuna, almeno inizialmente, altrove.

 

 

La storia di Facebook. Raccontata da Kirkpatrick.

Il libro Miliardari per caso (e poi il sucessivo film The Social Network) ha presentato al grande pubblico una determinata versione di Mark Zuckerberg.

Non ho la fortuna di conoscere personalmente Mark ma credo che i media non corso di questi anni abbiano probabilmente proposto la parte di Zuckerberg che più strizza l’occhio ai caratteri ticipi dei personaggi “da cinema”: astuto, spietato, smanioso di successo è stato dipinto un po’ come una simpatica canaglia, stravagante nei modi quanto determinato nel credere in un progetto che sta rivoluzionando l’idea stessa di web.

Ma ciò non mi bastava, volevo scavare più a fondo nella storia del fondatore di Facebook per capire cosa ci fosse alla base del progetto, quali fossero state le fasi salienti della sua ascesa e – se possibile – quali gli scenari futuri.

Pensavo la mia fosse un’esigenza esagerata ma fortunatamente, grazie a Luca Conti, ho avuto modo di conoscere (dal vivo, con tanto di autografo!) David Kirkpatrick che con il suo Facebook la storia – Mark Zuckerberg e la sfida di una generazione, ha raccontato la “vera” storia dietro il social network più famoso (qui un’anteprima del libro). Vera perchè basata su interviste, racconti, aneddoti verificati, tutti riportati con dovizia di particolari e sfumature che permettono davvero di capire come dietro Facebook non ci sia banalmente un’azienda e il suo amministratore delegato ma milioni di utenti uniti da una precisa visione del mondo.

Una lettura davvero appassionante che parte Harvard e arriva a Wall Street seguendo le tracce di un ragazzino che all’età di diciannove anni fonda una delle startup di maggior successo della storia. Le pagine scorrono e pian piano si delinea in maniera più nitida il progetto Facebbok e non si possono che apprezzare la caparbietà e la determinazione con le quali Mark ha rifiutato facili compromessi puntando inizialmente tutto sulla crescita a discapito del profitto.
Con un unico obiettivo: trasformare, semplificando, le interazioni sociali e in generale la comunicazione online.

Alcune parti mi hanno davvero lasciato a bocca aperta: gli inizi, poi Palo Alto, gli investitori, gli utenti che continuano a crescere, la privacy, l’advertising, la rivalità con Google, il rapporto con Microsoft, le prime critiche, i cambi di personale, tutta una serie di accadimenti che rendono lo stardinario successo di Facebook e del suo fondatore quasi astratti.

L’uomo, l’impresa, il successo recita il libro in copertina. Bello e avvincente complimenti davvero, lettura consigliatissima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le lezioni di Schweppes per migliorare l’appeal della propria voce

Uno dei miei sogni nel cassetto è quello di diventare un doppiatore. Ho sempre pensato che doppiare un film fosse, facendolo bene, in fondo come recitare. Solo, dietro un microfono. Certo dovrei seguire un po’ di lezioni di dizione, ad oggi forse mi potrei proporre solo per il ruolo di voce di Carl Carlson dei Simpons.
Ma fortunatamente ho trovato online qualcosa che può aiutarmi a fare un po’ di pratica. Si tratta dell’applicazione facebook Improve your Schweppes appeal. Una divertente serie di lezioni per migliorare il fascino della propria voce e attirare le persone come “api al miele”.
Accesa la webcam e attivato il microfono bisognerà dimostrare passione e tecnica per superare brillantemente i tre livelli (oltre il test iniziale) che portano al fatidico punteggio finale. Le prove sono più complicate di quanto sembrino all’apparenza. Per carità nulla di impossibile ma si vuole puntare ad una alta percentuale complessiva occorre porre molta attenzione a tono e ritmo della propria parlata.
Al countdown infatti dovremmo ripetere la frase il nostro “mentore” – Guy Gadbois – facendo in modo che la vostra voce segua quanto più possibile i grafici indicati.

La prima delle tre prove per quanto mi riguarda risulta la più ostica, quella che più pregiudica il mio risultato finale. Mi incarto sempre nella parte iniziale della frase e finisco per guadagnarmi un bel “deprimente” (non esattamente la sensualità del rumore dello stappo di una bottiglietta Schweppes).
Ma poi mi riprendo e nonostante tutto alla fine bene o male riesco comunque a diventare la secondo persona più Schweppesy del mondo. Almeno secondo il mio insegnate (mi pare quasi di dover doppiare Il discorso del re, ecco qui sotto il video introduttivo dell’iniziativa).

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=nFYyKyZ7Olo&w=440&h=390]

Un’applicazione simpatica con la quale giocare a sfidare i propri amici e scoprire in che misura la nostra voce possa essere considerata un’arma di seduzione. Personalmente al primo tentativo ho raggiunto quota 58%, vetta superata di pochissimo (59%) nonostante i successivi tentativi. E voi?

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