Premio Best Viral Video PIVI ai Vegetable G

Due settimane fa ho avuto l’opportunità di calarmi in nei panni di un giudice, assecondando, a mio modo, il “lato oscuro” che mi porta ogni domenica sera a preferire XFactor (per noi senza parabola, in onda su Cielo) al posticipo del campionato di Serie A. In realtà, quello che dovevo valutare non era tanto l’aspetto musicale quanto le caratteristiche della ventina di videoclip arrivati in “finale”, misurandone per ognuno la propensione alla “viralità”. Per calarmi al meglio nella parte, ho ripreso tra le mani la bozza di un libro di prossima uscita (che mi vede tra i co-autori) che si focalizza, parlando di video online, anche su quelle che vengono denominate le “7 regole d’oro”, sette spunti derivanti dall’esperienza diretta nella gestione di campagne di social video advertising, stilate dal team di Ebuzzing. Non si tratta di “verità assolute”, il successo o meno di un contenuto (video come di qualsiasi altro formato) è il risultato di un’equazione a mille variabili, ma di una serie di caratteristiche comuni empiricamente individuate tentando di carpire le peculiarità comuni ad alcune iniziative diventate dei veri e propri tormentoni. Non voglio svelare troppo circa i contenuti del testo (altrimenti l’editore potrebbe arrabbiarsi non poco) ma, come è facilmente intuibile, sintetizzando, si tratta di riuscire ad “ingaggiare” l’utente portandolo a condividere il contenuto grazie, ad esempio, a un forte storytelling (già ne parlavo alcuni post fa) capace di emozionare.
Dopo un’ardua selezione (la difficoltà maggiore è stata quella di non lasciarsi influenzare dei propri gusti musicali che rischiavano di influenzare il giudizio) abbiamo decretato vincitore del primo premio “Best Viral Video Clip” – che sarà consegnato in occasione del PIVI (Premio Italiano Video Clip Indipendente) al MediMex – il video dei Vegetable G, La filastrocca dei nove pianeti [parte II], complimenti ai vincitori e in bocca al lupo per il loro progetto musicale!

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=f1ZkDbjtSog&w=440&h=360]

[ci provo] Promuovere un libro con Storify

Nei ritagli di tempo, da un po’ di mesi a questa parte, sto lavorando a un mio progetto editoriale legato al mondo del giornalismo online. Si tratta di un saggio sulle modalità di approccio alla Rete dei quotidiani, su alcuni dei tratti distintivi del Web (multimedialità, ipertestualità, interattività…) e sul modo con il quale questi vengano sfruttati per diffondere le notizie. Nessuna ambizione di riuscire a “imbrigliare” un mondo – quello online – sempre in continuo mutamento e sviluppo, quanto piuttosto una riflessione su quanto oggi c’è e ha cambiato il modo di comunicare. L’idea mi accompagna da anni, da quando, al termine del mio percorso di studi, iniziai con la tesi ad approfondire l’approccio giornalistico “telematico”. Termine quest’ultimo che oggi, al tempo dei social network, fa quasi tenerezza, ma che all’epoca, rappresentava, almeno per il sottoscritto, un mondo pieno di nuove sfide, di nuovi strumenti, di nuove possibilità. Quelle i cui sviluppi ho tentato di seguire e di mettere nero su bianco prima che tutto venga nuovamente rivoluzionato.
L’editore (persona disponibilissima e che non posso che ringraziare) mi ha però suggerito una sorta di coprifuoco attorno al libro, almeno sino a quando questo non sarà in procinto di essere sugli scaffali (gennaio 2013?). Per cui, negli ultimi giorni, mi sono arrovellato nel tentativo di individuare un metodo per “ingolosire” gli (spero numerosi) interessati all’argomento, senza però svelare troppo.
E così ho deciso di mettere in pratica parte di ciò che ho raccontato, utilizzando uno degli strumenti che ho segnalato a supporto del giornalismo: Storify. Non potendo mostrare ancora nulla del testo, ho preso un bel numero di note (in sostanza link) e le ho raccolte in un flusso di post reso pubblico. Qualcosa di volutamente semplice, un primo passo non troppo elaborato (che, mi rendo conto al momento non sfrutta appieno le potenzialità del servizio), che credo però possa fungere da anteprima rispetto agli spunti individuati nel corso della mia analisi. Chiunque sia interessato, abbia suggerimenti o curiosità non esiti a scrivermi [le mail è sulla pagina about], a presto per nuovi dettagli, stay tuned!

[update: ecco un’anteprima della quarta di copertina …e #nepare hashtag ufficiale]

La videochat su Google+ dell’AC Milan #hangoutmassaro

Lo ammetto: tra tutti i miei profili nei social network, lo strumento che uso di meno è Google+. Appena rilasciato ho elemosinato in giro un invito per registrarmi e poi una volta visto il funzionamento, aver tentato di sistemare i miei contatti in cerchie dai nomi stravaganti e aver incollato qualche link per dare maggiore visibilità ai miei post, l’ho abbandonato (ricevendo nonostante la mia inattività molte notifiche su persone che invece mi consideravano nel loro network). Salvo di tanto in tanto tornare scoprendo restyling grafici, la possibilità di utilizzare hashtag e quella di partecipare a video chat. Questa possibilità in particolare ha attirato la mia attenzione si da quando Obama la utilizzò per dialogare con il proprio elettorato. Mai però avevo visto, in Italia, un qualcosa che andasse al di là di un confronto tra “adetti ai lavori”. Alcuni giorni fa ho potuto finalmente assistere a un hangout (questo il nome tecnico) da parte di un brand. Una comunicazione inusuale certo, ma pur sempre legata a un marchio più che a un singolo individuo. Il post lo pubblico oggi, ieri in maniera scaramantica stavo ancora osservando il silenzio stampa (nemmeno questo è servito per far tornare la squadra alla vittoria, sob). Il brand in questione è, infatti, l’AC Milan che ha consentito a tifosi di tutto il mondo (dal Venezuela all’Italia, dall’Inghilterra all’Indonesia) di dialogare con Daniele Massaro, portavoce ufficiale online della squadra su G+ per 30 minuti. Non è stato tutto fluidissimo nella gestione dell’interazione: quella che immagino essere un’addetta stampa aveva preparato un elenco di partecipanti alla conversazione che tramite una sorta di appello venivano chiamati per nome e avevano così modo di porre la loro domanda. Se non ho capito male, molti tra coloro che hanno avuto modo di partecipare via videochat erano in qualche modo associati a siti/fanzine in orbita Milan, quasi fosse una sorta di conferenza stampa pre-gara (tra i “semplici” fan, invece, spiccava il nome di Matteo Tagliariol, schermidore medaglia d’oro alle Olimpidi di Pechino del 2008). Massaro si è dimostrato un istrione in grado di raccontare aneddoti divertenti capaci di divertire ognuno dei protagonisti. Purtroppo il sottoscritto è arrivato tardi all’appuntamento (chissà hanno scelto proprio le 17 come ora di inizio) e si è potuto godere solo la parte finale dell’evento, quanto è bastato però per apprezzare l’opportunità insita nello strumento.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=BvR-fWzmJ94&w=440&h=360]
Ancora una volta il web propone una modalità comunicativa in grado di (quasi) azzerare le distanze tra i vari interlocutori, tutti su uno stesso livello ad alternarsi (leggermente imbarazzati) sullo schermo. Immaginare un testimonial o addirittura un responsabile di prodotto accettare la “sfida” di affrontare il pubblico di consumatori senza filtri, sottoponendosi a curiosità, critiche, delucidazioni risulta utopico? Forse. Ma credo che individuando qualcuno che sappia gestire la comunicazione portandola nei binari a lui/lei più consoni, anche un confronto in videochat su G+ possa essere un’iniziativa dai costi irrisori ma potenzialmente dal buono ritorno. Si tratterebbe di una comunicazione verso una nicchia di consumatori ma resto dell’idea che se il dialogo risulta costruttivo, si crea comunque valore, sia per gli utenti che per il brand. Senza contare l’utilizzo dalla video-chat non tanto sotto l’aspetto meramente comunicativo ma anche come cartina di tornasole per la comprensione del percepito di marca/di prodotto e dei focus sui quali gli utenti concentrano maggiormente lo proprie attenzioni.

The Waiting, la serie web per il lancio della Nuova Renault Clio #waiting4clio #enigmi4clio

Alcune settimane fa ho parlato dell’importanza dello storytelling nella comunicazione digitale per puntare al coinvolgimento del pubblico online. In questo post, continuando quei ragionamenti, vorrei spendere due parole sulla bella iniziativa proposta da Renault per il lancio della Nuova Clio. Si tratta di una vera e propria serie (dai toni vagamente sci-fi) – The Waiting questo il titolo ad anticipare l’uscita dell’auto prevista per metà mese – con protagonista Luca Argentero per la regia di Igor Borghi (noto aver contribuito ad alcuni episodi di R.I.S. Delitti Imperfetti) e la sceneggiatura di Chiellini, De Marinis, Levati, autori della parodia italiana di Nip/Tuck, Taglie e Cuci.

Tempo rallentato, colori innaturali, linguaggi sconosciuti, strane visioni iniziano ad annebbiare la vista del protagonista, incapace di capire cosa gli stia accadendo. Passano i giorni e le visioni diventano sempre più frequenti e il rapporto con chi lo circonda sempre più distaccato. Ecco il video della quinta e ultima puntata (per partire dalla puntata pilota invece cliccare qui):

La comunicazione di Renault non si è fermata al video. E’ stata creata una vera e propria community online attorno alla nuova auto e all’iniziativa (chiamata waiting4clio), con offerte dedicate a chi si è registrato (offerta limited edition sport, offerta di finanziamento, offerta di supervalutazione),  materiali dal backstage delle riprese e opportunità di sconto per gli acquisti effettuati tra i brand partner (tra i quali Spalding e Philips).

E’ stata inoltre creata una pagina Facebook enigmi4clio attraverso la quale ogni settimana, in corrispondenza del lancio di un nuovo episodio, è stato chiesto agli utenti di trovare, all’interno del video, la soluzione ad un enigma del quale veniva dato un inizio.

Il finale che personalmente avrei dato alla serie? Il protagonista, raggiunta l’auto, avrebbe aperto la portiera e avrebbe visto uscire l’uomo misterioso che, sarcastico, gli avrebbe chiesto: “Vuoi un passaggio?”. Sarebbe quindi scappato correndo veloce tra il traffico. Nella fuga, girando l’angolo di un edificio, si sarebbe trovato una nuova Renault Clio di fronte che, per evitarlo, avrebbe dovuto effettuare una portentosa frenata. Rendendosi conto del pericolo, con lo stridere dei pneumatici sull’asfalto sempre più vicino avrebbe chiuso gli occhi coprendosi quasi istintivamente il volto con le braccia urlando. In preda all’ansia, dopo alcuni secondi di improvviso silenzio, avrebbe aperto di scatto gli occhi ritrovandosi sul proprio letto. Un secondo dopo sarebbe squillato il cellulare e, riconoscendo la voce della segretaria, il protagonista si sarebbe reso conto di essere tornato al primo giorno di visioni. Stavolta, all’invito della sua lei però, avrebbe accettato evitando di isolarsi in una “realtà parallela” e spazzando contemporaneamente via le macabre visioni (per proposte di finali alternativi usate pure i commenti).

Bella iniziativa (e bella anche la nuova Clio!) che spero possa proseguire anche dopo l’uscita dell’automobile in concessionaria.

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Le nuove professioni del Web, per vivere la Rete da protagonisti

Dopo la pausa estiva torno a dare sfogo, tramite il blog, al mio lato più nerd. Ormai un bel po’ di tempo fa ho deciso di fare del web (e dei social media) e delle tecnologie ad esso associate, la mia passione e il mio lavoro. Alle volte però mi sono trovato quasi del tutto impreparato nello spiegare a persone non del settore di cosa mi occupassi (la risposta generica che di solito utilizzavo era: “lavoro nel campo della pubblicità online”). Per fortuna da oggi posso contare su un valido “alleato”. Si tratta del libro Le nuove professione del Web di Giulio Xhaet un testo che presenta con molti dettagli e testimonianze otto profili lavorativi, dal web editor al content curator, dal SEO al reputation manager. Il sottotitolo “fate del vostro talento una professione” non è casuale: il mondo del digital è forse – per ora – una delle poche oasi felici nel mercato dell’advertising. L’entusiasmo però alle volte crea confusione. Per cui ottima l’idea di raccogliere in un libro tutte le informazioni necessarie a capire le peculiarità dei vari profili per dare modo, a chi si voglia affacciare al mondo dell’online, di intuire quale possa fare al proprio caso. Tra l’altro, proprio a questo proposito, carinissima l’idea di individuare attitudini comuni a tutti i profili presentati che si “colorano” con delle stelline in base all’importanza o meno di quella determinata caratteristica per quel tipo di professionalità.

Nonostante la mia breve intervista compaia a pagina 150 nel capitolo dedicato all’All-line Advertiser (ebbene sì, c’è anche la comparsata del sottoscritto), le parti che hanno attirato maggiormente il mio interesse sono state le sezioni dedicate al Community Manager e al Digital PR (dove P sta per People tanto per citare il libro), forse perché più connesse a quello che tutti i giorni è ciò di cui mi occupo.

Per concludere, una nota di merito ai titoli dei vari paragrafi che formano i capitoli, sempre divertenti, e all’idea di inserire a fine capitolo dei QRCode che rimandato al sito creato ad hoc per l’uscita del libro.

Complimenti e buona lettura!

OverBlog, l’oltre social della blogosfera

Il termine web-log iniziò ad essere utilizzato a partire dal 1997 (bisognerà aspettare due anni solo perché la parola venga abbreviata in blog!), all’inizio erano liste di link sviluppatesi poi successivamente in diari virtuali sempre più multimediali. Sono passati ormai molti anni e anche grazie ai servizi di gestione gratuiti i blog sono diventati un fenomeno diffuso attirando non solo geek ma anche giornalisti, politici, professori, sportivi e utenti “comuni” desiderosi di dire la propria online. Con l’avvento dei social network – in particolare di strumenti come Twitter e Tumblr – in molti hanno intravisto la fine di quella “bolla” chiamata blogosfera capace di proporsi come spazio alternativo di informazione UGC (o, come direbbe qualche nostalgico delle rivoluzioni liberali, dal basso) e di attirare anche l’attenzione di motori di ricerca e responsabili marketing.
Il mio primo blog risale a metà dei primi anni Duemila quando, da semplice appassionato del web, desideroso di proporre i miei giudizi su film, libri e mostre a una platea potenzialmente enorme aprii un blog su Windows Live Spaces per rendere pubbliche le mie recensioni con la speranza potessero tornare poi utili a qualcuno (decisi di puntare sin da subito sulla condivisione). Evolvendomi come utente e come blogger ho sentito poi l’esigenza di passare su una piattaforma più completa e “professionale” che potesse aiutarmi a rendere il mio spazio una vera e propria vetrina di idee, esperienze, scoperte. E nonostante l’avvento di Facebook e affini la mia passione verso il blog non si è per nulla esaurita, anzi (viceversa il tempo è sempre più tiranno, se riesco a scrivere un post a settimana posso ritenermi soddisfatto).
Nonostante i continui miglioramenti tuttavia, da blogger ultimamente sentivo la necessità di un nuovo rinnovamento, di dare una spolveratina al mio spazio rendendolo più attuale e in sintonia con i tempi. Per questo motivo, da alcuni giorni, ho deciso di testare una nuova piattaforma di blogging, OverBlog. La nuova versione italiana (ancora in beta, rilasciata ad inizio settimana dopo il successo del BlogWorld Expo 2012), presenta quello che a tutti gli effetti potrebbe essere il futuro più prossimo dei blog: il social hub. Il blog, in parole povere, diventa una sorta di raccoglitore di vari contributi multimediali (status, post, foto, video, check-in…), acquisisce cioè una multidimensionalità multicolore che prima con i soli testi linkabili non poteva avere.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=I0yzypzww6w&w=440&h=360]

Basta infatti scegliere di sincronizzare i social network più utilizzati (nel mio caso Twitter e Instagram) ed ecco in un’unica timeline fondersi gli ultimi tweet, le immagini “filtrate”, gli articoli più recenti. Il tutto attivabile in maniera semplice, immediata, con la possibilità di filtrare i propri messaggi (scartando, ad esempio, i re-tweet o le risposte ad altre conversazioni) e di rendere ai lettori la navigazione tra contenuti ricca quanto facile. In attesa della nuova versione (il cui rilascio è previsto dopo l’estate) che supporterà funzioni di revenue share, un’app mobile per lo streaming video, statistiche e nuovi layout grafici, non resta che iniziare a testare le possibilità di questo nuovo social-blog.

Chill, la tua fresca videobacheca

Continua il mio viaggio virtuale sulle piattaforme social che ruotano attorno a contenuti video. Dopo il post di alcune settimane fa su Socialcam e Viddy, oggi spendo due parole su Chill, la mia ultima scoperta sulla scia delle bacheche virtuali in stile Pinterest.
La homepage del sito è molto intuitiva e presenta un’anteprima dettagliata su quanto offerto del social network: la pagina mostra alcuni dei video più visualizzati (le visualizzazioni si devono intendere “interne” al social network) e commentati. Ogni utente può cliccare sul contenuto che lo attira di più (puntando sullo squalo che azzanna qualcosa non si sbaglia mai), vedere il contenuto e la categoria associate, i top video del momento e i related video. Da notare come, alla fine del video, compaia in automatico un conto alla rovescia che avvia il contenuto sucessivo (nel mio caso, Carp Attack).

Se invece si decide di accedere tramite il proprio profilo Facebook, scelti interessi, persone da coinvolgere nel proprio network, “caselle” con la quali organizzare i nostri contenuti, si può iniziare a lavorare sul proprio profilo. E’ infatti possibile personalizzare la propria pagina inserendo una frase rappresentativa piuttosto che immagine di “testata” (random tra quelle disponibili o da noi realizzata). E’ possibile inoltre seguire i profili a noi più affini, risegnalare i loro contenuti, commentarli o sintetizzare con emoticon cioè che pensiamo del video proposto.

Una della caratteristiche più interessanti è il cosiddetto Chill Stash che permette di mettere una sorta di “segnavideo” nel momento in cui, vedendo un particolare contenuto, restassimo comunque folgorati da quello che nella bacheca gli è poco distante senza però avere tempo e modo di vederne più di uno (basta cliccare, restando con il cursore sul video, la “C” in alto a sinistra). Tra l’altro la lista degli “stash” è pubblica per cui ognuno più visualizzare i video che ci siamo segnati ma che ancora non ci siamo gustati per intero.

Anche per Chill è possibile installare nel broswer un plug-in per rendere più semplice l’aggiornamento della bacheca e cariche così facilmente i propri video preferiti di YouTube, Vimeo, Vevo a Hulu (Chill supporto anche le dirette streaming di eventi su Ustream, Livestream…).

La startup di Los Angeles lo scorso agosto ha rinnovato la propria presenza online focalizzandosi sull’aggregazione di video invece di puntare su video visti da gruppi di utenti.

Chill, tra l’altro, è recentemente balzata agli onori delle cronache perché Scott Hurff, il fondatore della piattaforma di condivisione, ha raccolto in un’unica pagina oltre 100 video dedicati a Steve Jobs.

Il video continua ad essere il format in maggiore crescita del web trainato anche dal mobile (anche se al momento Chill non ha ancora lanciato una sua app), sarà interessante cogliere gli sviluppi della Rete anche in relazione alla fruizione dei contenuti video da parte degli utenti.

[update: Chill.com è si è nel corso degli anni trasformata da bacheca video in stile Pinterest a realtà che si occupa della distribuzione di contenuti quali film, commedie e serie ad episodi]

Havaianas European Tour @ Milan

Un po’ di tempo fa, ai primi caldi raggi di sole, quando avevo ormai deciso fosse arrivata la bella stagione, sono stato protagonista del tour europeo Havainas Origine Collection (ecco cosa scrivevo pochi giorni prima dell’incontro).

Dopo le dovute presentazioni, assegnate le espadrillas (le mie sono davvero originalissime e coloratissime), io e gli/le altri/e blogger invitati per l’occasione ci siamo inoltrati nella splendida cornice di Parco Sempione dove è stata a noi assegnata una piccola videocamera. Posizionati in cerchio, ad ognuno di noi è infatti stato chiesto a turno di “esibirsi” in una qualche acrobazia filmata dagli altri seduti ad “ammirare”, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, l’impegno profuso più che il risultato finale. I diversi girati dalle differenti angolature sono stati poi montati in un bel video che con la tecnica Matrix Effect ha dato vita a un susseguirsi di frame davvero suggestivo, che permette all’occhio di chi guarda di girare intorno alla scena e vederla dai diversi occhi “elettronici” (non infierite sulla mia elasticità nel lanciare saltando, grazie).

Star del video le mitiche espradillas: semplici, adatte a qualsiasi situazione, leggere e resistenti all’acqua sono sinonimo per eccellenza dell’estate tutto l’anno. E quando il week-end nonostante il calendario si preannuncia piovoso non resta che immergersi nella pagina ufficiale di Havaianas, navigare nello store online o a individuare il rivenditore a noi più vicino.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=okAVZMWbLPA&w=440&h=360]

Tornando per un attimo all’evento, all’inizio lo confesso, ero un po’ preoccupato. Ma poi mi sono lasciato andare immaginandomi (già) sulla spiaggia e mi sono gustato la leggerezza che indossare le espadrillas porta sempre con sé. Complimenti per l’iniziativa e grazie ancora a Havaianas per avermi dato l’opportunità di partecipare, buona estate!

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Socialcam e Viddy, c’è vita (social) oltre YouTube

Il traffico video online è in vertiginoso aumento. Gli smartphone ormai offrono fotocamere molto sofisticate e il web propone molte semplici utility per editare con semplicità i propri contenuti. Due applicazioni, in particolare, sono nelle ultime settimane le più chiacchierate, entrambe paragonate, per quel che riguarda la parte video, a Istangram, l’applicazione foto-filtri di maggior successo recentemente acquisita da Facebook.

La prima app è Socialcam. Realizzato un video, gli si associa un titolo, la posizione, il livello di condivisione (pubblico o riservato al proprio network) e poi si passa ad editare il file scegliendo un tema e una musica di sottofondo (se il video lo si gira con l’applicazione è invece possibile scegliere anche un filtro). Fatto questo si scelgono i tag delle persone presenti nel video – e nella community di Socialcam – o i loro indirizzi mail per informarli della pubblicazione e i social network con i quali sincronizzare la diffusione del video. Proprio come Istangram, è possibile in ogni momento seguire il proprio profilo in termini di iscrizioni, iscritti, commenti e tag. E anche su Socialcam è possibile inserire nei commenti degli hashtag per organizzare al meglio i propri contenuti rendendoli più facilmente individuabili anche dagli altri utenti.

La seconda app che segnalo è salita agli onori delle cronache per aver attirato le attenzioni di Mark Zuckerberg (per ora solo come utente, ha caricato un video del proprio cagnolino dal titolo “baby beast” capace di raccogliere oltre 2500 like e oltre 300 commenti in un solo giorno, qualcuno vocifera si sia trattato di una sorta di “prova” in vista di una possibile acquisizione) e di altri personaggi dello start system (da Jay-Z a Biz Stone, da Shakira a Will Smith come investitori del progetto).

Anche in questo caso si tratta di condividere video, per ora solo della durata di masssimo 15 secondi (nel caso il video fosse più lungo se ne può scegliere solo una parte). E forse proprio per questo Viddy mi attira di più, è più semplice condividere e vedere i video altrui (per default si segue un utente chiamato JJ Aguhob seguito da oltre 15 milioni di utenti!).

Scelto il video si possono inserire degli effetti e musica facendo il download, gratuito o a pagamento passando dal marketplace. Nel caso invece lo si voglia girare mediate la app, tramite le opzione avanzate si possono regolare il focus, l’esposizione, bilanciare il bianco, settare il microfono, inserire il timer e modificare il formato del video (4:3 o 16:9).

Il funzionamento di Viddy non è molto dissimile da quello di Socialcam ma la applicazione mi pare decisamente più curata, più semplice, più “professionale”, con un’interfaccia più immediata che permette subito di vedere i video più popolari e quelli appena caricati (mi sono esaltato guardando “Flair on a curb”, il video di un ragazzo che fa una capriola su se stesso con un monopattino) e con una community più attiva. Tra l’altro ho notato come, tra i vari filtri da applicare al video, ci sia anche un Linkin Park Bundle, un bel modo che la band ha scelto per coinvolgere i proprio utenti permettendo loro di personalizzare i propri video con la grafica.

Luci spente, silenzio in sala, ho come l’impressione che questo sia solo l’inizio di un’altra piccola grande rivoluzione che porterà chiunque ad avere (almeno) i suoi 15 secondi di celebrità.

E’ ufficiale, sono Draw Something addicted

In questi giorni la app più chiacchierata è, probabilmente, Istangram la cui versione ora anche per Android sta facendo registrare un notevole tamtam tra i possessori di smartphone. Io personalmente, da snob con iPhone, in realtà mi sono lasciato conquistare da un’altra applicazione: Draw Something.

In estrema sintesi è una app che ripropone in chiave mobile Pictionary: si sceglie una parola, la si interpreta con un disegno e poi si sfida un utente che in base a 12 caratteri da scegliere dovrà indovinare ciò che si è disegnato. Più siamo bravi – a disegnare e a indovinare – più monetine totalizziamo: questo denaro virtuale può essere utilizzato per acquistare nuovi colori o delle “bombe” che permettono di aiutarci a elidere le lettere non legate alla parola da scoprire.

Il gioco ha fatto della sua semplicità di utilizzo – anche per chi non conosce così bene l’inglese – la sua forza tanto che i milioni di download (50 milioni di download in 50 giorni!) hanno saputo attirare le attenzioni del colosso Zynga che con una velocità incredibile ha acquisito OMGPOP per una cifra intorno ai 200 milioni di dollari.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=EjF9rM_8KiI&w=440&h=360]

La prima release del gioco in realtà nasce in flash per desktop – chiamata Draw My Thing, con un timer e una pennina virtuale – ma proprio la versione per device touchscreen ha saputo fare le fortuna della casa di New York (tra l’altro pare che uno degli sviluppatori, Shay Pierce, creatore di Connectrode, si sia rifiutato di passare dalla parte del “diavolo” come lui stesso ha definito il colosso di San Francisco).

Draw Something mi piace un sacco, sto stressando tutti, lo trovo un passatempo intuitivo ed intelligente con il quale sfidare i propri amici (esiste una versione free con pubblicità e una viceversa una a pagamento senza adv). Da visitare la pagina Facebook dedicata all’applicazione che mostra dei disegni incredibili, quasi troppo ben fatti per essere veri (qui sopra un mio modesto Elvis Aaron).
Buon divertimento, mi raccomando non scrivete, limitatevi a disegnare!

[update: aggiornando la app alla versione 1.5.14 i disegni si potranno commentare, salvare, condividere]