Sfogliavelo, CRM & buoni omaggio by Giovanni Rana

ranaAmo cucinare ma a volte, dopo una giornata lavorativa, ammetto di essere un po’ demotivato e di affrontare i fornelli con distacco e titubanza. Ecco perchè a volte, per sbrigarmi, mi faccio aiutare dai cibi pronti, quelli che in pochi minuti garantiscono un piatto accettabile senza un gran dispendio di grandi fatiche. Giovanni Rana in questo senso, è spesso mio fedele collaboratore, i suoi svogliavelo sono per me una manna dal cielo nei giorni in cui anche solo scegliere il tegame da utilizzare sembra una mission impossible. Non molto tempo fa ho acquistato al supermercato una confezione di ravioli ai quattro formaggi ma tornato a casa ho avuto la spiacevole sorpresa di scoprire della muffa sugli svogliavelo. Estremo disappunto anche considerando la mia cattiva abitudine di acquistare solo l’estremamente indispensabile per la giornata. Per dar adito a tutto il mio “frustrazione” mi sono quasi subito collegato al sito del pastificio veronese e nella sezione contatti ho segnalato la mia “brutta avventura”. Non che mi aspettassi molto, ma volevo mettere un po’ alla prova l’azienda (odio chi mette la mail o un form contatti e poi non risponde tirando il sasso e nascondendo la mano). Volutamente nella mia comuncazione non ero entrato molto nel dettaglio del mio acquisto, non specificando il numero dello scontrino o il punto di vendita. Nonostante lo mio scetticismo però, dopo circa due settimane, ho ricevuto nella mia cassetta della posta (offline intendo) una lettera che mi comunicava il dispiacere del brand per quanto accaduto, offrendomi come segno di “affetto, simpatia e attenzione” due buoni omaggio da utilizzare per l’acquisto di prodotti Rana. Insomma, nulla contro gli “standard per garantire la massima qualità”, ma confesso che nonostante il lavoro più che buono del CRM (cortesia impeccabile), probabilmente quel tipo di prodotto difficilmente avrà una seconda possibilità. Ma non posso non dar atto ad un’azienda che dopo solo un generico messaggio ha deciso non solo di tenere in considerazione la mia segnalazione ma anche di cercare in qualche modo di conservare la mia fiducia. E proprio perchè si tratta della mia “esperienza positiva” nonostante le tante segnalazioni che sono solito fare via mail – sono un inguaribile scontento che ci posso fare – che mi sono sentito quasi in dovere di dedicare un post alla mia piccola storia. Con la speranza che possa rappresentare l’inzio di un nuovo modo di porsi dell’azienda nei confronti del proprio bene più prezioso: i consumatori.

Zero Comments, teoria critica di Internet

zero_commentsZero Comments – Teoria critica di Internet ha da subito attirato la mia attenzione. Il nuovo libro di Geer Lovink è diviso in due macrotematiche: da una parte analizza il cosiddetto Web 2.0 con particolare focus sui blog, e dall’altra affronta l’argomento New Media Art, lo strano connubio tra arte e tecnologia digitale. La parte che mi ha maggiormente interessato è stata la prima. Non me ne vogliano gli esponenti delle ultime esplorazioni di computer e ambienti virtuali, ma i primi capitoli, ricchi di aneddoti e considerazioni circa la blogosfera, sono risultati più affini ai miei interessi (lavorativi e non). Dato per assodato l’assioma di Ian Davis per cui il web 2.0 è “un’attitudine, non una tecnologia“, il testo indaga sull’idelogia del free e sul modo con il quale gli strumenti della Rete stiano modificando l’accesso all’informazione (molto interessante per esempio il fenomeno dei “shocklog” olandesi). Argomenti decisamente complessi ma, almeno per il sottoscritto, di sicuro appeal. Il saggio, tramite una sorta tavola rotonda su carta, affronta la teoria generale del blog, un’analisi che cerca di interpretare la blogosfera e gli utenti che confrontandosi tra loro contribuiscono ad accrescerla di minuto in minuto. Qual è l’impulso che sottende i blog? Nichilismo? Cinismo? Vanità? Contro-cultura o conservatorismo? In che modo i blog determinano il sociale che li circonda? A queste e altre domande il libro tenta di dare un risposta, restando su una sfera prettamente teorica e, forse, alla fine un po’ confusionaria in quanto strutturata come un vasto puzzle di tanti contributi diversi tra i quali è facile perdere il filo (anche perchè le conclusioni vengono spesso lasciate ai lettori). Un libro molto “filosofico” insomma – corredato di Glossario – per adetti ai lavori, interessante ma a tratti di non semplicissima lettura.

Twitterellando per la Capitale

rome_twestivalUn amico ha voluto, quasi a mia insaputa, iscrivermi al Rome Twestival. Non utilizzo Twitter da molto ma considero uno strumento utile e divertente, meno impegnativo di FriendFeed e più costruttivo di Facebook. E così, dopo il lavoro, decido di lasciarmi trascinare da questo minievento digital, dando libero sfogo alla mia sete di tecnologia comunicativa. Il mio prode scudiero nonostante il suo iphone con tanto di navigatore non riesce a destreggiarsi nei vicoli di Campo dei Fiori, continuando a zoomare allargando le dita della mano nel vano tentativo di farmi morire di invidia per il suo touchscreen. Dopo aver vagato un po’ a zonzo, decido di prendere le redini della situazione e impavido fermo una suora chiedendole, con cortesia, di indicarmi “via del pellegrino” (in fondo, chi meglio di lei può saperlo?). Riesco così ad arrivare al luogo prescelto per l’incontro, il cocktailbar Femme. Stringo la mano ai primi arrivati, consegno moocard ai più fortunati (ne porto con me sempre troppo poche) e compilo un foglietto che indica il mio username nel caso qualcuno dei presenti volesse da domani seguire i miei status, attaccandolo con una spilla da balia al maglione. Il tempo passa, si formano dei gruppetti, mangio qualcosa e bevo analcolico-fruttato. Dopo un po’ abbandono con un retrogusto amaro in bocca. Avevo sentito di grandi numeri all’estero e anche in questa occasione la capitale non ha saputo soprendermi piacevolmente. Alla serata sono forse mancati i momenti di condivisione web 2.0 che auspicavo. Per carità, forse è dipeso anche dal mio atteggiamento e dal mio modo di essere – non proprio l’espansività e la loquacità fatte uomo – però in alcuni frangenti mi si è insinuato il dubbio che alla serata avessero partecipato persone che già si conoscevano e che i loro discorsi fossero un po’ troppo web-style, troppo vicini a quelli fatti ogni giorno in Rete nonostante la presenza in carne e ossa offline. Comunque sia, un plauso a chi ha voluto realizzare l’incontro va fatto, diffondere un utilizzo più consapevole di Internet è una missione da elogiare (come quella del CharityWater), soprattutto in Italia dove forse alcuni mezzi sono ancora ad esclusivo appannaggio dei cosiddetti “nerd” (tra i quali, il sottoscritto). In bocca al lupo per le prossime occasioni!

Actimel, rinforzarsi con gusto

buffet2Lo scorso venerdì ho avuto il piacere di partecipare, presso il Nhow di Milano, all’incontro organizzato attorno ad uno dei prodotti di punta di Danone, Actimel, cibo probiotico da utilizzare per rafforzare le difese naturali del proprio organismo. L’evento, occasione di confronto con blogger e utenti di forum, è da inquadrare nella sfera di quella che potremmo chiamare “informazione attiva”. Actimel infatti non rappresenta un nuovo lancio – anche se da non molto la gamma presenta anche yogurt con lo 0,1% di grassi – ma un’iniziativa per spiegare proprietà (e benefici) difficilmente veicolobili attraverso i media classici. In fondo, come ribadito più volte nel corso della serata, la mission prima di Danone è quella di “promuovere la cultura della salute attraverso l’alimentazione” e, considerando che il web può essere immaginato come una discussione in continua evoluzione, allora si può ben comprendere l’attenzione del brand verso il mondo online, sempre più interrogato per trovare risposte ai propri dubbi e al contempo sempre più credibile come fonte informativa. buffet1
E così, grazie alle presentazioni che hanno anticipato il ricco buffet, ho scoperto che il 70% delle nostre difese si trova nell’intestino e che la tematica delle difese naturali non riguarda solo bambini in fase di crescita ma anche gli adulti che a causa di stress, stili di vita intensa e alimentazione non corretta, possono vedere alterato l’equilibrio che sottende un buono stato di salute. E allora largo – anche grazie alla ricca scorta della quale, a fine serata, sono stato fornito – al fermento L. Casei Imunitass di Actimel (prodotto che sinora, confesso, non aveva mai attirato la mia attenzione), che aiuta a mantenere l’equilibrio della flora intestinale favorendo i batteri “buoni” contro l’attacco di microrganismi patogeni che minacciano la salute del nostro corpo.

p.s.=mi permetto, inoltre, di segnalare dal sito ufficiale, la “mappa dell’influenza” e il co-marketing con Norton Internet Security 2009 “contro le minacce esterne”

Loghi d’Italia a Castel Sant’Angelo

loghi_italiaUn logo è il modo con il quale una brand comunica a noi potenziali consumatori la propria essenza, il proprio stile, la propria visione del mondo, le proprie qualità e peculiarità. E’ in qualche modo un occhio, uno spettro dell’anima che ci ammicca e che noi, lasciandoci sedurre, non solo siamo in grado di riconoscere con facilità, ma identifichiamo come sintesi di valori che condiviamo e che vogliamo esternare a chi ci circonda. Per questi motivi, appena ho avuto un momento libero, mi sono precipitato a visitare la mostra Loghi d’Italia – storie nell’arte di eccellere, in quell’incantevole cornice sospesa nel tempo che è Castel Sant’Angelo. Il percorso interattivo è un viaggio artistico-culturale nella creatività imprenditoriale italiana, da alcune delle più antiche aziende nostrane (Peroni, Perugina e Lagostina) ai giorni nostri (Benetton, Guzzini). Tra caroselli e oggetti di design, la mostra fotografa l’evoluzione del messaggio pubblicitario nel corso degli anni. Proprio nei loghi è infatti possibile apprezzare la fusione di arte e cultura, specchio sempre nuovo di una società in continuo mutare. E vedendo le sorpresine del Mulino Bianco, le vecchie trafile della Pasta Barilla, gli episodi con protagonisti La linea, i Caroselli del Caffé Paulista o le prime pubblicità della Vespa, una certa nostalgia non può non affiorare. Il costo per l’accesso al museo potrebbe spaventare ma in fondo la mostra e il luogo nel quale è possibile visitarla appagano appieno il prezzo del biglietto.

Head to Head – Political Portraits

political_portraitsNon nutro molto interesse per la politica, soprattutto per quella nostrana. Dopo aver analizzato e confrontato per un esame universitario gli speech delle campagne elettorali di Clinton e di Blair, ho però scoperto di avere una certa curiosità nei confronti del modo di comunicare le idee e i valori – al di là dell’essere o meno d’accordo sui contenuti dei messaggi politici – dei rappresentanti politici esteri che, almeno ai miei occhi di spettatore non direttamente interessato, paiono meno vittime dello sterile botta e risposta nazionale. L’oggetto del mio interesse si era però sempre limitato al linguaggio verbale, avevo inconsapevolmente lasciato da parte la comunicazione tramite immagini, componente oggi più che mai importante. Una mostra che ho recentemente avuto modo di visitare al Museo del Design di Zurigo – dal titolo Head to Head, Political Portraits – mi ha permesso di approfondire alcune delle tecniche in uso mediante le quale interagire con l’elettorato e trasmettere, attraverso delle locandine, dei messaggi circa la propria visione politica. Un interessantissimo viaggio tra le differenti strategie utilizzate per presentare sé stessi, per tentare di innalzare il proprio prestigio tra il pubblico o per denigrare l’avversario. Sezione di Berlusconi a parte – sin già troppo nota – la mostra si è rivelata un percorso tra alcune delle più noti esponenti del mondo politico, da Hitler a Obama, davvero ben fatto. Due in particolare le figure che hanno attirato la mia attenzione per quell’aspetto entertainment (grazie alle quali la politica si fonde con lo spettacolo e il gossip), del loro modo di porsi nei confronti dei cittadini: Yulia Tymoshenko e Arnold Schwarzenegger, due personaggi in grado – nel bene o nel male non risulta questo per il sottoscritto il nocciolo della questione – di presentare una personale quanto originale immagine del proprio essere e del proprio modo di intendere la funzione pubblica.

Palermo Shooting

palermo_shootingGià dal titolo si può facilmente intuire come Palermo Shooting sia un film sul tema della fotografia e sull’arte di raccontare il mondo per immagini. Non ho potuto quindi, guardando l’ultima fatica di Wenders, non pensare al bellissimo libro di Roland Barthes, La camera chiara, e a quello che lo studioso francese definisce come Spectrum, il bersaglio, l’oggetto della foto: il termine se da una parte richiama la parola spettacolo, dall’altra suggerisce anche “quella cosa vagamente spaventosa che c’è in ogni fotografia […], la raffigurazione della faccia immobile e truccata sotto la quale noi vediamo i morti”. Il protagonista della pellicola è un fotografo abituato a manipolare la realtà che immortala con l’ausilio della sua macchinetta per renderla più gradevole ed efficace, come in una sorta di puzzle nel quale i vari pezzi risultano intercambiali ma la con un’unica esatta combinazione. Una sera però un incontro inaspettato quanto fortuito gli permette di imprimere nella pellicola ciò che per definizione risulta inafferrabile: la morte. Inizia così un turbamento emotivo e psicologico dove sogno e realtà si mescolano sino a confondersi, nel quale l’uomo si interroga sul significato della propria esistenza. A metà strada tra Il posto delle fragole e Il Settimo Sigillo, il film di Wenders scava nell’inconscio dello spettatore e attraverso sequenze oniriche, dialoghi stringati e un ritmo lento, quasi delle riflessioni a voce alta del protagonista della pellicola – che poi a ben vedere si può identificare con l’alter-ego del regista tedesco – alla ricerca di risposte alle questioni profonde con cui l’uomo (e l’artista in primis) si arrovella da sempre. Nel complesso il film riesce però a metà, diventando più una sorta di omaggio al potere insito nella raffigurazione del reale (fissa e in movimento) che una propria interpretazione originale circa il medium “immagine” o dei ragionamenti su “vita e amore” come scritto nella locandina dell’opera cinematografica.

AAA cercasi antispam per Twitter

twitterCon Twitter il microblogging ha conosciuto e sta conoscendo una notevole notorietà. La social messaging utility è utilizzata da uomini politici (BarackObama), sportivi (The_Real_Shaq) e da grandi network (la CNN ad esempio propone un canale che risulta ad oggi seguito da oltre 14.700 di profili) che usano i 140 caratteri a disposizione non solo per rispondere alla domanda “What are you doing?” ma anche per condividere con il proprio network di amici e conoscenti il loro status. Non solo azioni ma anche liberi pensieri o segnalazioni di link e news da diffondere nel web senza troppa fatica anche tramite i cellulari di “ultima generazione”. Insomma un modo veloce per parlare e tenersi aggiornati senza dover entrare troppo nello specifico, il compromesso ideale in un mondo come quello attuale nel quale la comunicazione è sempre più veloce. Il lato oscuro però non è tardato ad arrivare e così lo spam ha lambito anche le coste del micro-blogging sinora solo appena sfiorate dalle selvagge operazioni di marketing che espandendosi di profilo in profilo creando spesso solo un fastidioso rumore. Una delle cose da me maggiormente apprezzate è senza dubbio la possibilità di seguire chiunque voglia per default, senza dover lasciare alcuna richiesta in pending. Questa libertà  si è però dimostrata in diverse occasioni un boomerang, una scorciatoia per profili legati ad agenzie pubblicitarie bramose di farmi conoscere a tutti i costi (anche in lingue a me sconosciute, sob) le loro ultime fantastiche (?!?) iniziative verso le quali nella stragrande maggioranza dei casi risulto non essere per nulla interessato. Personalmente sento questo approccio “dall’alto” come una notevole intrusione del mio spazio comunicativo e non esito a bloccare ogni profilo sospetto. D’altra parte però non demordo e romanticamente continuo a matenere il profilo “aperto” in piena ottica condivisione 2.0 nonostante il continuo crescere di contatti indesiderati. Non mi resta che giocare la carta Babbo Natale e chiedergli di regalarmi un antispam per Twitter…

Ora è certo, sono un blog addicted

addicted_2_bloggingDopo aver scoperto grazie ai test di Facebook su personalità & inclinazioni  il colore che più mi rappresenta, il film che mi indentifica, il lavoro che sarei portato a fare, il personaggio storico che avrei potuto essere, la mia vera squadra del cuore e molti altri aspetti nascosti quanto inaspettati (??) mio carattere, navigando nella Rete alla ricerca di risposte e comprensione del mio io, mi sono imbattuto in How Addicted to Blogging Are You? un test di 14 domande che hanno misurato la mia propensione verso quella nuova formula comunicativa chiamata blog, ormai appendice del mio pensare-ergo-essere. Il dato è inconfutabile, sono portatore sano di quella forma virale che mi porta ad utilizzare e fruire dei blog per leggere e commentare ciò a cui mi interesso. Domande senza risposta continuano a frullarmi nella testa: che conseguenze avrà questa mia attidudine verso i web log?

Sithome, parola agli spettatori del web

sithomeLa scorsa settimana ho partecipato al MediaCamp Roma, una unconference nella quale ho potuto conoscere il progetto Sithome. L’iniziativa ha l’intento di creare una sitcom completamente scritta dagli utenti. Dopo la messa in onda della puntata zero nella quale vengono presentati i protagonisti infatti, lo screttro passa agli spettatori della Rete che saranno liberi di proporre i soggetti delle puntate successive. Niente di complicato anzi: occorre leggere il regolamento e poi scrivere 4-5 righe di spiegazione per far capire come muovere i protagonisti all’interno della casa. Al termine della settimana verrà individuato il soggetto migliore che sarà sviluppato da parte degli autori e poi completato con riprese e montaggio. Insomma un progetto in pieno stile web 2.0 che merita sicuramente una segnalazione se non altro perchè nella sezione “Chi siamo”, indica lo scopo dell’iniziativa come tentativo “diverso e originale in un panorama che non lascia molto spazio ai giovani“. In bocca al lupo, spero di trovare il tempo per contribuire in prima persona con un soggetto.