Digital e Green: due cavalli sui quali scommettere

Alcuni giorni fa ho avuto modo di partecipare a un interessante dibattito dal titolo Digital & Green, due driver per un nuovo modello di agenzia che, prendendo spunto da una delle provocazioni tratte dall’ultimo libro di Diego Masi, Go Green, ha puntato i riflettori sull’attuale modello delle agenzie di comunicazione e su quella che alcuni identificano come loro crisi strutturale.
Tutti i relatori presenti al Bianco Latte si sono dimostrati concordi nell’identificare Digital e Green come potenziali nuovi asset con i quali costruire modelli differenti e potenzialmente più efficaci nella gestione delle risorse.

Parole come “nuovo ordine”, “rivoluzione”, “futuro” sono state utilizzate più volte nel corso della serata. Ma, a ben vedere, forse sono tre i concetti attorno ai quali si stanno realizzando i cambiamenti più significati sia per le aziende che per le realtà che si occupano di comunicazione: sviluppo sostenibile, coerenza (a questo proposito è stato spesso citato il fenomeno del greenwashing) e reputazione. In particolare quest’ultima – come ha suggerito Marco Benatti, presidente FullSIX – e il suo stretto legame con il web, dovrebbero portare l’interazione con i proprio potenziali consumatori a una fase più matura capace di trasformare la Brand Awareness (e le azioni che i brand prendono per salvaguardare la “notorietà” positiva della marca) in Brand Engagement, a quel confronto diretto con gli utenti che internet – mezzo partecipativo per eccellenza come ha ricordato Giancarlo Vergori di Virgilio – permette e che sempre più dovrebbe essere visto come opportunità costruttiva e non come minaccia.

Per quel che concerne il libro – lettura che mi vede ormai alle ultime pagine – posso confermare quanto Go Green sia uno testo stimolante che permette di capire come il “verde” stia diventando il colore dominante e quali implicazioni questo possa comportare sia nel microcosmo della vita di tutti i giorni sia nel macrouniverso della società globale e della finanza. Lontano dall’essere un noioso manuale, con un linguaggio semplice e leggero, capitoli mai troppo lunghi e corredati da molti dati a supporto, Go Green aiuta a comprendere meglio la silente rivoluzione in atto sottolineando come questa non sia solamente legata all’aspetto energetico, al cambiamento climatico, ma come invece stia mettendo tutto in discussione: dai cambiamenti degli stili di vita dei consumatori alla comunicazione, dalla politica all’economia, tutto presto non sarà più come prima. Meglio esserne consapevoli.

Happy Pills, gli antitodi zuccherosi alla vita

Un vecchio proverbio recita: “l’Epifania tutte le feste si porta via“. Amara verità. Per fortuna però quest’anno avrò modo di addolcire un po’ il rietro al lavoro e alla vita di tutti i giorni. Come? Niente calza della befana ma un piccolo barattolino trasparente – che vagamente ricorda quello utilizzato per analisi mediche – con una precisa indicazione: “to relieve boredom“.
Tutto si deve far risalire a quando, camminando per le viuzze del centro di Barcellona (vicino alla fermata della metro Jaume I se non ricordo male), mi sono imbattuto in un negozietto alquanto singolare nel quale campeggiava la scritta: Happy Pills.
Non ho saputo resistere, la curiosità è stata troppa e così sono entrato per cercare di capire di cosa si trattasse. Di primo acchito mi è sembrato un negozio di caramelle solo un po’ particolare, ben presto mi sono reso conto che definirlo così sarebbe stato riduttivo: in piena esaltazione zuccherina, ho preso un contenitore (ho scelto quello “basic” da 3 euro) e con frenesia ho iniziato a riempirlo con le caramelle mi varie, da quelle a forma di dentiera “vampiresca” a quelle a forma di cervello, dalle classiche bottigliette gommose alle liquerizie colorate. Mi sono poi avvicinato alle etichette e ho scelto quella “against monday“, mi sono recato alla cassa e una ragazza, con tanto di camice bianco, ha chiuso il mio flaconcino come fosse un vero e proprio medicinale, attaccandoci l’etichetta che avevo scelto. Una volta gustate le buonissime caramelle ho cercato maggiori informazioni circa la brillante idea che sottende Happy Pills: ho così scoperto che l’ispirazione è frutto dei designer dello Studio MM di Barcellona (l’immagine sopra è presa proprio dalla sezione “proyectos” del sito di grafica, design e architettura), una moderna quanto esilarante versione di farmacia senza controindicazioni, dove ai soliti toni rossi e un po’ cupi si sostituiscono scaffali di colorate “compresse” golose e scritte rosa shocking. Design da leccarsi le dita.

Oggi Internet si colora di Telethon

Quando mi è stato chiesto di dare il mio (piccolissimo) contributo alla web marathon 2009 non ho esitato nemmeno un secondo. Telethon, in estrema sintesi, è un polo d’innovazione per la ricerca sulle malattie genetiche rare. Da vent’anni raccoglie fondi – soprattutto tramite la tv – e sostiene la ricerca e la cura di malattie che colpiscono per la stragrande maggioranza i più piccoli.
Oggi, 11 dicembre, contemporaneamente alla maratona televisiva Rai, è attiva anche una maratona web: portali, siti, blog e social network tutti uniti per tentare di sensibilizzare la Rete proponendo notizie, approfondimenti, aste online, visti grafiche pensate proprio per le due giornate di Telethon, per segnalare i molti eventi previsti lungo tutta la Penisola. E ovviamente per diffondere banner e widget per la donazione virtuale.
Un’altra bella occasione per dimostrare come il web sia vivo e attivo. Lunga vita alla ricerca e avanti con la raccolta fondi!

Remix, la mia recensione sul libro di Lessig

Una madre riprende il proprio bambino mentre, per la prima volta, inizia a ballare spingendo il proprio girello a ritmo di musica. Il video è divertente e la donna decide di conviderlo con amici e parenti caricandolo su Youtube. Ma dopo alcune settimane qualcuno scrive alla signora minacciando di intentare causa per una riproduzione non autorizzata.
Un ragazzo appassionato di manga, realizza un mashup, unendo come colonna sonora la propria canzone preferita e, per la parte visiva, immagini di una sequenza di scene del fumetto per il quale stravede.
Di questi paradossi e di molti altri aspetti legati al cosiddetto diritto d’autore si occupa il (bel) libro Remix, il futuro del copyright (e delle nuove generazioni) di Lawrence Lessig (fondatore di Creative Commons, l’organizzazione non profit che sostiene la condivisione pubblica di opere creative).
Un testo che cerca di fare il punto sulla situazione statunitense circa il copyright per capire come e se questa forma di tutela applicata con rigore nei media classici possa essere anche riprosta con le medesime modalità nel mondo digitale, territorio virtuale estremamente fluido, vasto e variopinto. Ma lo studio non si ferma a quest’analisi e scava più in profondità proponendo un ripensamento non solo del lato più “legale” del problema che la Rete porta a galla, ma un cambiamento capace di modificare economia, cultura e rapporto tra giovani e istituzioni.
Un libro ricco di aneddoti, riflessioni, suggerimenti per capire meglio la portata dei cambiamenti in atto non solo nell’industria culturale ma anche in tutti quegli atteggiamenti che – condannati o meno dalla legge – sono quasi diventati routine.

p.s.= un sentito ringraziamento a Gianfranco Chicco per avermi dato modo di ricevere una copia del libro

[spazio segnalazioni] YouNovel, romanzi user generated

younovelPer sfuggire dall’afa d’estate spesso mi rifugio nei mondi immginari dei libri. E, gustando la lettura, mi torna contemporaneamente il desiderio di scrivere. Ecco perchè, di ritorno dalle vacanze, ho ricevuto con piacere la segnalazione via mail di un amico che mi indicava la partenza ufficiale di uno dei suoi ultimi progetti, Younovel. Da quanto ho pouto carpire da una rapida visita al spazio (appena ho un attimo mi registro, promesso), è una nuova community di user generated content lanciata da un gruppo di appassionati sullo stile dei gruppi di “garage friend” americani, soliti confrontarsi sui codici sorgente di programmi e applicazioni. Il lancio, avvenuto non da molto – il numero di utenti pare crescere in maniera costante – è in questa fase diretto al pubblico italiano, inglese e francese: YouNovel punta a riunire coloro che desiderano dare il loro contributo in termini di scrittura collaborativa, che desiderano essere coinvolti in prima persona nella stesura di testi e racconti. Le regole di “ingaggio”, elencate nella homepage, sono molto semplici:

* Puoi scrivere pagine all’interno di romanzi digitali lunghe quanto vuoi;
* Non puoi scrivere una pagina che segua un’altra tua pagina… piuttosto scrivila più lunga;
* Se una pagina non ti piace, puoi scriverne un’altra versione.

Dopo il successo di Wikipedia e i vari esperimenti nei social network, sull’onda della condivisione web 2.0, ecco un’altra risorsa che offre a tutti l’opportunità di esprimersi giocando con la scrittura in un progetto comune potenzialmente accattivante, divertente, costruttivo. Ne uscirà qualcosa di buono? Come si suol dire, ai posteri l’ardua sentenza, le premesse ci sono, non mi resta che fare un grandissimo “in bocca al lupo” al progetto.

Coraggio, libertà e sberleffo a Palazzo Reale

ForattiniLo scorso week-end vagando alla ricerca di qualcosa di interessante da visitare al riparo dal caldo, mi sono trovato a passare davanti a Palazzo Reale e a notare, divertito, un centauro con le sembianze di Forattini. E’ infatti in corso a Milano (dal 3 luglio al 27 settembre 2009) una bella mostra a ingresso gratuito su Giorgio Forattini, storico vignettista che dagli anni Settenta rilegge a suo modo la scena – soprattutto quella politica – nazionale e internazionale. Sono un suo fan sin da bambino – in famiglia si leggeva Panorama – ed è grazie a lui, alle sue caricature e alle sue provocazioni che conservo un minimo di interesse per la politica nostrana (che, certo, di spunti per la satira ne regala parecchi, sob). Entrando, pensavo la mostra fosse la classica raccolta di schizzi su cornice e invece, con mia sorpresa, il percorso offre opere che, lasciata al carta, si animano diventando gigantografie e oggetti tridimensionali. Personalmente adoro l’antropoformizzazione (mamma che parolone) di alcuni personaggi quali “bruco” Veltroni, “ciappi” Ciampi, “topolino” Amato, capaci con pochi tratti di essere estremamente comunicativi. La rassegna mi ha anche permesso di riflettere sulla libertà di satira (vedi querela di D’Alema a Forattini con richiesta di risarcimento di tre miliardi delle vecchie lire, poi ritirata), sull’abilità/dovere di disegnare anche in momenti tragici, e, infine, sul fatto che alcuni vezzi del nostro paese si ripetano ciclicamente proprio come alcune vignette che mostrano personaggi diversi ma in situazioni molto molto simili tra loro. Un bel viaggio quello della mostra, grazie al quale rileggere, con il sorriso sulle labbra, gli ultimi 40 anni della nostra vita politica e sociale, raccontati da una delle matite più irreventi. Complimenti e lunga vita alla satira!

La mia survey sulle attività social online

online_surveyNel precedente post ho presentato l’interessantissimo testo “L’onda anomala” sottolineando come forse l’unica pecca del libro fosse una mancanza di dati sulla realtà italiana. A questo punto mi sono detto: e se provassi a lanciare una survey? Niente di più semplice viste le ormai numerose risorse gratuite presenti in Rete. E così ho registrato un nuovo account su SurveyMonkey e ho riproposto due dei quesiti più interessanti emersi dalla lettura del manuale sul come interagire e collaborare con i consumtori ribelli firmato Li e Bernoff.

domanda 1: Quale di queste attività svolgi almeno una volta al mese?

domanda 2: Quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti servizi?

La ricerca del 2007 di Forrester mostrava, nelle prime tre posizioni, in termini di percentuali, le seguenti attività:

Guardo video prodotti da altri utenti, 29%
Consulto forum o gruppi di discussione online, 28%
Visito siti di social network, 25%

Dai risultati della mia indagine (un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito!), realizzata su un campione di 100 utenti italiani (quelli consentiti da un account free) e pubblicizzata su Twitter, FriendFeed e Facebook, fermo restando le scelte selezionabili – con la sola aggiunta di “uso friendfeed” – sono emersi alcuni fattori differenti.
In generale un maggiore coinvolgimento degli utenti attraverso gli strumenti a disposizione nel web (questo sicuramente è in parte anche dovuto alla particolare tipologia di target che abbiamo colpito, un campione che si è dimostrato essere molto avvezzo alle tecnologie della Rete). Da sottolineare il balzo in avanti legato alla maggiore partecipazione verso i social network in generale, e verso i blog e twitter in particolare. Ecco il podio emerso dall’indagine:

Visito siti di social network, 92%
Guardo video prodotti da altri utenti, 82%
Aggiorno/gestisco un profilo su un sito di social network, 81%

Circa l’altra domanda che si propone di comprendere, con l’avvento dell’era di Internet, quali siano le fonti che gli americani connessi alla Rete ritengono più fidate, più credibili, sempre mantenendo inalterate le risposte possibili, alla domanda “quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti/servizi?” le prime tre posizioni della ricerca americana vedevano nell’ordine:

Opinione di un amico o di un conoscente che fa fruito del prodotto/servizio, 83%
Recensione del prodotto/servizio apparsa su un giornale, una rivista o in tv, 75%
Informazioni pubblicate sul sito del produttore, 69%

I risultati che ho registrato, rispetto alla ricerca di riferimento, sono abbastanza diversi.

Opinione di un amico o di un conoscente che fa fruito del prodotto/servizio, 92.8%
Recensione di un noto esperto, 74.2%
Informazioni pubblicate sul siti basati sulle opinioni degli utenti, 73.2%

Se infatti le opinioni di un amico/conoscente si confermano come “prima scelta” della stragrande maggioranza degli utenti, la credibilità di una recensione apparsa su un giornale, una rivista o in tv subisce un netto calo, passando da un 75% a un 35.7%, relegando tale spazio comunicativo in ultima posizione rispetto alle altre scelte disponibili.
Viceversa scalano posizioni le opzioni che vedono attivamente partecipi gli utenti: le recensioni di blogger passano così dal 30% al 67.4%, le opinioni delle community di utenti dal 50% al 73.2%.
Il Web 2.0 è insomma vivo più che mai ed è sempre più considerato dai potenziali consumatori il territorio primo nel quale reperire (e condividere) informazioni, opinioni, giudizi, una tappa ormai quasi obbligata per vagliare l’acquisto di un bene/servizio.

L’Onda anomala e il web partecipativo

L'onda anomalaPremessa: un sentito ringraziamento a Gianfranco Chicco per avermi dato modo di ricevere una copia de L’Onda anomala, Interagire e collaborare con i consumatori ribelli, versione italiana del celebre Winning in a word trasformed by social tecnhologies (di Li e Bernoff) che, nonostante i buoni propositi, avevo potuto leggere solo in parte.
Le prime pagine del testo dell’Harvard Business sono un vero crescendo: dagli aneddoti della “sfida” tra Digg e gli operatori dell’industria cinematografica attorno al formato HD-DVD al racconto del effetto Straisand, il primo capitolo è un susseguirsi di osservazioni che sottolineano come internet non sia una piccola isola lontana dal business e dalla realtà sociale, ma anzi come l’insieme degli utenti rappresenti ormai una vera e propria onda anomala, capace di utilizzare le tecnologie e i nuovi strumenti a disposizione nelle Rete per trovare (e generare) informazioni in maniera autonoma. Ma non solo. Online, conversando con altri utenti nelle community come nei social network, le persone ogni istante ridefiniscono – in base a ciò che scovano nel web – il significato che danno ai vari brand con i quali entrano ogni giorno in contatto. Così, ad esempio, una recensione non proprio positiva di un prodotto/servizio scritta da un blogger, può essere commentata dagli utenti, può venir ripresa nelle prime posizioni dai motori di ricerca, condivisa nei vari social network e quindi può (potenzialmente) essere diffusa a un numero di persone ampissimo. Per le aziende si rende quindi sempre più importante non solo l’ascolto delle dinamiche online ma anche la partecipazione attiva per interagire in maniera costruttiva con i potenziali consumatori e meglio gestire la propria presenza nel web (e magari entrare in contatto diretto con quei consumatori che si dimostrano fan accaniti del prodotto/servizio).
Il libro presenta molte interessanti case history, affrontando con dovizia di particolari i tre macro obiettivi che ogni strategia oggi dovrebbe seguire: ascoltare, parlare, mobilitare. Non mancano poi i suggerimenti (ad esempio l’ormai celebre processo POST) sul come una realtà possa maturare il proprio approccio con i consumatori che fruiscono dei nuovi media digitali. Un libro davvero interessante insomma, scritto in primis per responsabili marketing/comunicazione di aziende ma indicato anche a tutti coloro che, come il sottoscritto, lavorano nell’ottica di conversare con gli utenti e di coinvolgerli attorno a un nuovo prodotto/servizio.
L’unica pecca, forse, è quella che i dati presentati, pur interessanti, non fotografano la realtà italiana (ecco perchè alcune settimane fa avevo lanciato una survey…), della quale possiamo solo immaginare il grado reale di penetrazione della Rete. A ben vedere anche i dati relativi agli States non sono proprio recentissimi (2006/07) ma danno comunque l’idea dei trend e ai vari profili del/nel web e certo non minano la credibilità di un testo frutto di analisi e di interazioni con migliaia di clienti.

La pubblicità è servita: incontro con Philip Kotler

Chaotics - KotlerIl 17 giugno scorso ho avuto il piacere di partecipare al convegno – organizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano – dal titolo: “La pubblicità è servita“. Guest star dell’incontro (spero di non risultare irrispettoso usando questa espressione), Philip Kotler che, parlando di fronte a una nutrita platea, ha parlato di marketing del 3° millennio, anticipando alcune delle riflessione contenute nel suo ultimo libro (scritto con John A. Caslione) Chaotics. Nonostante la levataccia (le registrazioni al convegno sono partite alle 8.30 anche se poi la discussione è cominciata dopo le 10), poter assistere dal vivo alle analisi di Kotler risulta sempre molto interessante e costruttivo. Dall’intervento è emerso come quello di oggi sia un periodo di “turbolenza” sconvolto da due macrofenomeni: da una parte la globalizzazione e dall’altra la digitalizzazione. In quest’ottica risulta quindi ancora più importante l’aspetto comunicativo-conversazionale del rapporto con il potenziale consumatore online che dovrebbe/potrebbe portare – come ultimo step – alla co-creazione del prodotto, come accaduto con i brand Lego e Harley Davidson. Ciò significa innanzitutto porre maggiore attenzione all’ascolto degli utenti ma anche comprendere come, nel momento di crisi attuale, l’acquisto di auto e, in generale, di beni costosi/complessi, vengano ridotti o procrastinati. Occorre quindi sviluppare un media mix più efficiente in grado di rinnovare, innovare e rendere più “fresh” il marketing. Significativo in questo senso la case history P&G che ha portato negli USA, in un momento non proprio brillante dell’azienda, ad una riorganizzazione pressoché totale: standardizzazione dei prodotti, riduzione del numero di variazioni di prodotto in temini di formati e tipologie, vendita e/o ridimensionamento dei “rami secchi” non più remunerativi. Illuminante, per un attimo ho avuto l’illusione (appagante) di essere (più giovane) in un campus universitario statunitense.

Incontro con l’art senza Testa

incontro con sergio mascheroniLo scorso sabato ho avuto il piacere (e l’onore) di partecipare a un incontro dal titolo “Comunicazione e Immagine” organizzato da Florilegio Ars Factory presso la Fabbrica del Vapore. Guest star del dibattito, Sergio Mascheroni, storico Art Director dell’agenzia Armando Testa, famoso per le campagne Martini (il mitico “No Martini No Party”), Gabetti, De Agostini… Un incontro davvero piacevole nel quale Mascheroni ha raccontato la propria esperienza in agenzia e le differenze con il suo attuale stato lavorativo di “freelance”, narrando alcuni aneddoti interessanti circa il proprio lavoro e la vita in agenzia (pare che il testimonial indicato per Martini inizialmente non fosse George Clooney ma Jack Nicholson) e alcuni riflessioni sul cliente ideale dal punto di vista lavorativo, sui progetti creativi “al tempo del web”, sull’organigramma operativo di un’agenzia e sulla nuova passione della regia. Mascheroni ha infatti scritto e diretto il film dal titolo: “Il cielo sotto la polvere“, pellicola indipendente girata a Milano – un gospel movie italiano – con la partecipazione di Ornella Vanoni. E’ incredibile quanto l’oretta di confronto insieme con domande, spezzoni video e testimonianze, si sia come dilatata nel tempo dando vita ad un incontro davvero interessantissimo, pregno di spunti e motivi di riflessione. Così, alla fine, nel momento del brindisi, impacciato e intontito da tanti stimoli costruttivi non ho saputo che dire: “Complimenti e in bocca al lupo per la carriera da regista”. Sorry.