Il vero lusso è il tempo

Ho conosciuto Helen Nonini non molto tempo fa. E sono subito rimasto colpito dalla particolarità della sua persona (ecco una delle sue ultime videointerviste). Ecco perchè quando poi ho saputo che di lì a poco avrebbe pubblicato un libro – da lei scritto e “interpretato” – mi sono subito impegnato per recuperarne un copia.
Professione Problem Solver, questo il titolo dell’opera prima di Helen, racconta le avventure lavorative (e non) di H., un’affascinante quanto elengante donna chiamata ad assecondare in maniera pressochè immediata le richieste di aiuto più disparate (alle volte veri e propri capricci, dalla richiesta di cibi esotici al desiderio di partecipare a eventi esclusivi) che clienti da tutto il mondo le sottopongono via BlackBerry. Insomma la versione femminile del Winston Wolf di tarantiniana memoria. Un lavoro cinico, senza orari prestabili, sempre diverso, basato sulla dimestichezza con il web e la “cura” delle relazioni di persone che, ognuna a suo modo, possono rappresentare la giusta chiave per risolvere un problema.
La cosa divertente del libro è però il paradosso che si rivela scorrendo le pagine: il problem solver, persona votata alla risoluzione dei problemi altrui, riuscirà a trovare valide soluzioni anche per superare dubbi e difficoltà della propria vita?
Professione problem solver si legge tutto d’un fiato e, nella scrittura a mio parere restituisce appieno la schematicità, l’essere “minimal” e senza fronzoli tipici di un perfetto problem solver. Un testo che è anche lo specchio delle “stranezze” del nostro tempo legate soprattutto al mondo del lusso e alle sue manie, al continuo bisogno di “stupire” che lo alimenta dall’interno. E al perenne di bisogno di risparmiare tempo. Complimenti!

Social Network di Marco Massarotto

I social media, nel mio caso, non rappresentano solo motivo di svago, sono parte integrante del mio lavoro. Da quando ho iniziato ad affacciarmi a quella porzione di mondo allora chiamata web 2.0 più di tre anno orsono, moltissime cose sono cambiate. Da allora si sono imposti strumenti quali twitter, facebook e foursquare – giusto per citare alcuni – che nel giro di un arco temporale brevissimo hanno attirato l’attenzione di milioni di utenti e al contempo quella dei brand, desiderosi di sperimentare nuovi canali e nuove modalità comunicative. Ma se alcuni tool possono sembrare di semplicissimo utilizzo, non risulta certo immediato costruire e comunicare identità nelle Rete. Ecco perchè un libro come Social Network di Marco Massarotto (che ringrazio ancora una volta per avermi fornito una copia del testo) non può che essere una lettura consigliata. Dalla storia alla scenario attuale, dagli strumenti alla strategie, il testo raccoglie spunti molto interessanti analizzati in maniera sintetica (abbondano gli elenchi puntati) e con richiami a casi concreti che facilitano la comprensione anche ai non adetti ai lavori. Un sunto di un mondo, quello dei social network, in costante evoluzione ma che tuttavia viene raccontato – anche grazie a un’impaginazione semplice quanto efficace – in maniera puntuale con segnalazioni, note e suggerimenti su eventuali risorse adatte ad approfondire una determinata tematica (io, per esempio, ho trovato molto interessante la parte delle social media policy, una questione che non avevo mai avuto modo di approfondire). Il web è un media “giovane” che, per guadagnare consensi (soprattutto in termini di investimenti pubblicitari), ha bisogno anche di riflessioni come il quella di Marco, buona lettura.

Leggere e scrivere nell’epoca dei nuovi media…

Il mio pallino ultimamente – lo confesso – è il Kindle, l’ormai celebre ebook di Amazon. Amo leggere i libri e la loro fisicità, annuso le pagine, faccio le “orecchie” negli angoli in alto come promemoria di ciò che più mi colpisce. Ma non posso nascondere la curiosità verso un supporto che sinora ho toccato con mano solo in rarissime occasioni.
Ecco perchè quando – in virtù della mia rapidità – l’account twitter di Apogeo mi ha dato l’opportunità di ricevere una copia omaggio de Il testo digitale di Alessandra Anichini non ho potuto che esserne felice (grazie ancora!).
Il mio non è solo un desiderio da digital-addicted. La fruizione degli ebook suscita il mio interesse anche da un punto di vista sociaologico diciamo così, in qualità di osservatore e appassionato del mondo media-editoria.
Già prima di leggere il libro della Anichini, infatti, mi ero chiesto se e in caso in che modo i nuovi strumenti digitali “in mobilità” – dagli smartphone ai tab, dagli ebook ai sempri più piccoli notebook – potessero poi influire nel nostro modo di “consumare testi”.
Il testo digitale mi ha permesso di approfondire più nel dettaglio origini e sviluppi dei libri, di quelli oggetti che nel tempo, come sottolinea già dall’indice l’autrice, si sono trasformati da testi per pensare a testi da esplorare e condividere.
Multimedialità, ipertestulità e scrittura collaborativa – per citarne solo tre – sono alcune delle accezioni che hanno modificato il concetto stesso di testo variando anche noi lettori, parte attiva indubbiamente coinvolta nella metamorfosi in corso.
Dalla stele dell’antica Mesapotamia ai giorni nostri molto è cambiato. Conoscere, almeno per sommi capi, i progressi fatti attorno ai concetti di scrittura e linguaggio non è solo un modo per capire il presente ma anche una solida base per tentare di comprendere scenari e implicazioni future.
Tutto questo è sintetizzato ne Il testo digitale, con chiarezza, semplicità e con abbondanza di esempi.
L’unico rammarico è quello di non averlo potuto leggere su un ebook. Buona lettura!

Il fenomeno Facebook, dal libro alle sale

Appena saputo dell’uscita anche in Italia del film The Social Network sono corso in libreria ad acquistare il testo di Ben Mezrich alla base della pellicola. Si tratta di Miliardari per caso opera che tenta di ricostruire la genesi di Facebook, dalla stanzetta di uno studentato ad Harvard al successo planetario di una piattaforma – quella ideata da Mark Zuckerberg – che ha cambiato il concetto stesso di Internet. Il libro è una lettura appassionante (finito in poco più di una settimana), una via di mezzo tra una biografia non autorizzata, un romanzo di appendice e un favola che racconta la consacrazione di Mark a un nuovo eroe “digitale”. Una storia che in poche pagine affronta – con un ritmo incalzante – temi quali amicizia, ambizione, genio, sregolatezza, invidia, tradimento e successo, sintetizzando perfettamente molti dei “lati” che contraddistinguono i nostri comportamenti sociali e quindi, in ultimo analisi, noi stessi.
Per capire da dove nasca la rivoluzione forse occorre però fare un passo indietro e spendere due parole sull’organizzazione della vita dei college: al mattino gli studenti seguono le lezioni (il percorso di studi può variare moltissimo da studente a studente, difficile conoscere tutti i compagni dei diversi corsi) e, una volta terminate le lezioni, possono tornare nei loro alloggi, vedersi con gli amici o partecipare agli eventi che offrono i vari “circoli” dei quali fanno parte, gruppi di studenti i più famosi dei quali molto esclusivi (i membri vengono selezionati con “cura” e devono poi superare varie prove per essere ammessi in maniera definitiva) che garantiscono agli “associati” feste, ragazze, fama e aiuto in caso di bisogno. Ma perché non dare a tutti la possibilità di conoscere con immediatezza le persone con le quali si entra in contatto, condividendo con loro i propri gusti, piuttosto che il proprio stato sentimentale, semplificando così di molto la costruzione di una rete sociale e sintetizzandola in un click? Fine dell’oligarchia.
Il libro racconta tutto questo attraverso l’epopea di Zuckerberg che, da nerd in felpa a cappuccio e infradito si trasforma nel CEO di una delle più grosse società del web diventando, nel giro di pochissimi anni, il più giovane miliardario del pianeta.
La versione cinematografica prende spunto dal libro ma in parte trasforma le vicende adattandole al linguaggio tipico dei film: rispetto al testo si punta quasi esclusivamente sulla figura di Mark (Mark vs resto del mondo potrebbe essere il sottotitolo della pellicola) e sul suo egoismo che lo identifica come un ragazzo scaltro quanto “stronzo”. E solo, quasi incapace di mantenere dei rapporti con le altre persone (pare sentirsi a proprio agio solo di fronte allo schermo di un computer). Un ragazzo al quale forse viene chiesto di crescere troppo in fretta ma verso il quale però non si può non provare – almeno guardando il film – simpatia e tenerezza.
Libro e film mi sono entrambi piaciuti ma se dovessi fare il gioco della Torre, sceglierei il testo rispetto alla pellicola, più verosimile (e forse per questo meno “leggero”) e maggiormente in grado di dare un’idea di come siano andate le cose (anche se, non esseondo un ricostruzione ufficiale, molti punti restano al meno in parte oscuri). Attori comunque bravi a calarsi nei diversi ruoli, regia – quella di David Fincher – e sceneggiatura – di Aaron Sorkin – che sono una garanzia e musiche di Trent Raznor che fanno da sfondo a una pellicola che ripercorre, con simpatia (strizzando l’occhio al mondo teen), i retroscena della nascita di Facebook, ormai sdoganato a “fenomeno di massa”.

Fiori per Algernon… e anche per Charlie

Non mi capita spesso di “divorare” libri in quattro giorni, di venir preso tantamente tanto dalla voglia di conoscere gli sviluppi di una storia da non riuscire a staccarmi dalle pagine di un romanzo. Fiori per Algernon di Daniel Keyes è uno di quei testi, uno di quei libri che mi ha rapito e trascinato. La storia vede per protagonista Charlie Gordon, un ragazzo “difficile”, deriso e abbandonato dai suoi stessi genitori per via delle sue difficoltà cognitive e per la sua scarsa memoria. Un’operazione però cambia tutto e consente in poco tempo a ridicolo Charlie di triplicare il quoziente di intelligenza e di superare tutti in arguzia e conoscenza. Suo alter-ego al laboratorio è Algernon, un piccolo roditore sottoposto come Charlie a un esperimento che lo ho reso abilissimo nei labirinti con i quali viene messa alla prova la sua intelligenza. La sete di sapere di Charlie cresce velocemente, i progressi nella scrittura e nella lettura veloce sono sbalorditivi, persino l’espressione del suo volto si modifica con il trascorrere dei giorni che seguono l’intervento. Di pari passo cambia però anche la percezione che egli stesso ha nei propri confronti e in riferimento a coloro che sino ad allora lo hanno circondato. Il passato, con l’aumentare dell’intelligenza, pian piano riaffiora: Charlie rielabora così tutti gli anni sino ad allora trascorsi lottando con i fantasmi di una vita dura, povera negli gioie e negli affetti. In lui inoltre, con passare dei giorni, l’apprezzamento nei confronti di coloro che lo hanno reso (finalmente) intelligente muta in disprezzo per uomini che in lui vedono solo una cavia o un trofeo e non un individuo degno di rispetto, nonostante tutto, anche prima dell’intervento.
Come cambierà il carattere di Charlie? Riuscirà la sola intelligenza a colmare la fragilità emotiva del ragazzo? Quale sarà il prezzo da pagare per essere diventato in pochissimo tempo uno degli uomini più intelligenti al mondo?
Un libro davvero bello, scritto nel 1959 ma ancora fresco e capace di coinvolgere, giustamente considerato da molti uno dei più bei racconti brevi di fantascenza.

p.s.= l’episodio HOMR della stagione 11 dei Simpson, con protagonista Homer, si ispira proprio a Fiori per Algernon

La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo

La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo è un libro di Audrey Niffengger che ha saputo, con il suo titolo, attirare da subito la mia attenzione. Protagonista del libro è Henry, uomo che, in virtù di un “disturbo” sconosciuto, si differenzia dalla normalità delle persone per la propria capacità di viaggiare nel tempo, di lasciare per alcuni minuti la realtà nella quale vive per catapultarsi in un tempo, sempre a lui legato, ma che rappresenta il passato o futuro di quella che è stata o sarà la sua vita. Di solito in questo suo giocare con le lancette dell’orologio resta un puro spettatore nascosto a osservare le prospettive di fatti già vissuti o succose anteprime circa avvenimenti che lo vedranno coinvolto con il passare del tempo. In uno dei viaggi Henry però si ritrova, senza vestiti – questo uno dei punti dolenti delle sue perenigrazioni lungo l’asse temporale – nel prato della casa di una giovanissima Clare: lei ha sei anni, lui trentasei, iniziano a parlare e, vinte le reciproche paure, cominciano ad instaurare quel rapporto di complicità che poi diventerà concreto quandi i due, entrambi ventenni, si incontranno in una biblioteca. I viaggi tuttavia non finiranno. E con loro non si esauriranno nemmeno le difficoltà, i timori e i mille interrogativi connessi ad un’esistenza sempre in sospeso tra passato, presente e futuro. Una vita che quindi diventa ancora di più tante vite, ognuna con il proprio fardello, la malinconia e al contempo la rabbia per non aver poter fermare il tempo una volta per tutte. Con una persona abituata a vivere non solo nel presente, a non avere certezze se non l’incertezza e l’instabilità della propria persona si può porre in essere un rapporto costruttivo? Il libro parla proprio di questa sfida, del modo diverso ma in fondo unito da un comune sentimento, di (soprav)vivere le tante vite di Henry, i suoi viaggi nel tempo e la sua incapacità di essere solo “ora”, raccontando contemporanemente i sentimenti e le riflessioni di chi si trova a vivere in prima persona l’esperienza del viaggio nel tempo e di chi invece non può che assistere inerme al continuo apparire e scomparire di colui con il quale si è deciso di vivere.
Il libro – come ho potuto notare su aNobii – riesce perfettamente nell’intento di dividere il pubblico di lettori: da una parte chi si lascia trasportare trovando il romanzo di assoluto rilievo, dall’altro chi invece sottolinea come la storia sia troppo melensa e irreale. Tra queste due opposte visioni mi pongo nel mezzo: il testo è di piacevole lettura e grossomodo scorrevole. Bello anche il continuo racconto in doppia prospettiva Henry-Clare. Ma in effetti forse sul finale la storia corre molto, tante cose rimangono in sospeso altre invece si euriscono senza una spiegazione che giustifichi appieno l’accaduto. Ma il mistero va da sé in trame del genere non può essere ignorato.

p.s.= Nel 2009 è stato realizzato un adattamento cinematografico del romanzo, diretto da Robert Schwentke, intitolato Un amore all’improvviso

Il diario struggente di un ragazzo qualsiasi

L’opera struggente di un formidabile genio è un libro leggero e la cui lettura scorre veloce. E’ una sorta di diario autobiografico dell’autore – Dave Eggers – giovane investito, nel giro di pochi mesi, da un destino che lo proeitta in una nuova città, con la responsabilità di dover crescere il fratellino Toph e con il sogno di “Might” una rivista fondata con degli amici che punta a dare voce a una generazione.
Il libro gioca costantemente tra l’ironico e il tragico proponendo la figura di un ventenne come campione dei ragazzi di oggi cresciuti tra MTv e consolle, cibi pronti e ambizioni di successo.
Le parti più divertenti sono quelle legate alla strategia educativa adottata da Dave nei confronti del fratellino che con lui vive: è combattuto tra la propria indole indipendente e l’impostazione severa datagli a suo tempo dai genitori, perennemente alla ricerca di un compromesso per non apparire – agli occhi di chi non conoscendo la storia della sua famiglia lo scambia per il padre di Toph – troppo severo ma nemmeno troppo “hippy”.
I tentativi – sgangherati – di essere una figura modello e le paure che ogni volta in cui non può occuparsi direttamente del fratello scatenano contemporaneamente ilarità e tenerezza.
Forse l’unica pecca è quella della mancanza di una trama ben precisa: proprio come un diario le pagine del libro non hanno un filo conduttore ben dettagliato: incontri, viaggi, pensieri, avvenimenti si susseguono quasi completamente in ordine sparso dando (quasi) l’idea di un disegno per nulla definitivo nel quale i vari personaggi si muovono in costante evoluzione e con attori non protagonisti che entrano e escono continuamente dalla scena senza dover necessariamente contare qualcosa nello sviluppo del racconto. L’aspetto legato alla “genio” richiamato dal titolo, a mio modo di vedere, è forse una sorta di iperbole che sottolinea come in realtà il sopravvivere alla quotidiana “normalità” sia impresa tutt’altro che scontata e banale, soprattutto quando la vita, come nel caso di Dave, sembra accanirsi mettendoci di continuo alla prova.

p.s.= ho scoperto che nel 2008 Dave Eggers ha collaborato con il regista Spike Jonze alla stesura della sceneggiatura del film Nel paese delle creature selvagge

Digital e Green: due cavalli sui quali scommettere

Alcuni giorni fa ho avuto modo di partecipare a un interessante dibattito dal titolo Digital & Green, due driver per un nuovo modello di agenzia che, prendendo spunto da una delle provocazioni tratte dall’ultimo libro di Diego Masi, Go Green, ha puntato i riflettori sull’attuale modello delle agenzie di comunicazione e su quella che alcuni identificano come loro crisi strutturale.
Tutti i relatori presenti al Bianco Latte si sono dimostrati concordi nell’identificare Digital e Green come potenziali nuovi asset con i quali costruire modelli differenti e potenzialmente più efficaci nella gestione delle risorse.

Parole come “nuovo ordine”, “rivoluzione”, “futuro” sono state utilizzate più volte nel corso della serata. Ma, a ben vedere, forse sono tre i concetti attorno ai quali si stanno realizzando i cambiamenti più significati sia per le aziende che per le realtà che si occupano di comunicazione: sviluppo sostenibile, coerenza (a questo proposito è stato spesso citato il fenomeno del greenwashing) e reputazione. In particolare quest’ultima – come ha suggerito Marco Benatti, presidente FullSIX – e il suo stretto legame con il web, dovrebbero portare l’interazione con i proprio potenziali consumatori a una fase più matura capace di trasformare la Brand Awareness (e le azioni che i brand prendono per salvaguardare la “notorietà” positiva della marca) in Brand Engagement, a quel confronto diretto con gli utenti che internet – mezzo partecipativo per eccellenza come ha ricordato Giancarlo Vergori di Virgilio – permette e che sempre più dovrebbe essere visto come opportunità costruttiva e non come minaccia.

Per quel che concerne il libro – lettura che mi vede ormai alle ultime pagine – posso confermare quanto Go Green sia uno testo stimolante che permette di capire come il “verde” stia diventando il colore dominante e quali implicazioni questo possa comportare sia nel microcosmo della vita di tutti i giorni sia nel macrouniverso della società globale e della finanza. Lontano dall’essere un noioso manuale, con un linguaggio semplice e leggero, capitoli mai troppo lunghi e corredati da molti dati a supporto, Go Green aiuta a comprendere meglio la silente rivoluzione in atto sottolineando come questa non sia solamente legata all’aspetto energetico, al cambiamento climatico, ma come invece stia mettendo tutto in discussione: dai cambiamenti degli stili di vita dei consumatori alla comunicazione, dalla politica all’economia, tutto presto non sarà più come prima. Meglio esserne consapevoli.

Ti con zero: la scoperta di Italo Calvino

Ho da pochi giorni finito la lettura di un libro regalatomi per Natale (quanto vorrei avere più tempo da dedicare alla lettura!) che mi ha permesso di (ri)scoprire Italo Calvino e alcuni dei suoi racconti. Appena aperto l’indice sono stato immediatamente attirato dal titolo relativo all’ultima storia, una rilettura de Il Conte di Montecristo, l’opera di Dumas che rappresenta uno dei miei libri preferiti. E così, confesso, avrei quasi voluto iniziare il libro alla rovescia, partendo dalla fine come nei manga. Ma ho poi desistito iniziando così a leggere la prima parte del libro. Che mi ha subito preso: i convolgenti racconti di Qfwfq, entità prima da cui tutto è poi scaturito che, ripercorrendo il corso dell’esistenza, narra dell’origine della vita sulla Terra, dell’evoluzione degli esseri viventi mi hanno affascinato sin dalle prime righe. La seconda parte di questi primi capitoli – una sorta di continuum con la precedente raccolta di racconti dal titolo Le Cosmicomiche – risultano davvero ben scritte e pensate. Pagina dopo pagina vengono affrontati i tre passaggi fondamentali nascita, amore e morte ma con un approccio singolare quanto avvincente. Si parte da una cellula – appunto Qfwfq – che poi attraverso una serie di processi arriva a doversi confrontare con un mondo in continuo mutamento e contraddistinto da una crescente complessità nel quale, quasi all’improvviso, spunta Priscilla. E allora tutto cambia, diventa palese la discontinuità: da organismi tutti unicellulari uguali tra loro si passa alle spugne, fughi e polipi. E poi meduse, vegetali, fiori e tutte le altre forme di vita, un trionfo della diversità sino ad arrivare a noi “duplicati” (di esseri umani) sempre diversi. Righe di poetica fantasia dalle quali traspare l’impeto della vita e, al contempo, il carattere finito dell’essere unico che rappresentiamo.
Anche la parte che da il nome alla raccolta – Ti con zero – risulta di gradevole lettura di attimi che, grazie ai pensieri “a più dimensioni” legati alle varie possibilità connesse allo sviluppo di ogni singolo istante, si espandono quasi all’infinito. Ma la prima parte è forse più accattivante. Incollato alle pagine, le le parole mi hanno riportato alla mente Fantasia e, nello specifico, l’episodio La Sagra della Primavera di Igor Stravinskij.

Hornby e il tentativo di diventare più buoni

Durante le festività natalizie il libro sul mio comodino è stato “Come diventare più buoni” di Nick Hornby (versione Tea), un romanzo del 2001 ma il cui titolo ha solleticato i miei buoni propositi per l’anno da poco iniziato. Il libro racconta il rapporto travagliato di una coppia, i contrasti, le ipocrisie e le aspirazioni di una famiglia “media” inglese.
Senza svelare troppo sottolineo la bravura nell’autore nel narrare i due (interconnessi) filoni attorno ai quali si sviluppano le varie vicende. Da una parte c’è una donna sino a poco prima irreprensibile che si trova a dover convivere con un marito dispotico con il quale condivide un singolare affiatamento fisico ma verso il quale non riesce a vedere ormai altro che una serie di pretesti per litigare. Dall’altra parte c’è un marito eternamente di malumore che lavorando da casa si occupa dei figli ma che si rapporta con la moglie attraverso invettive e silenzi.
A rompere questo precario equilibrio arrivano due destabilizzanti novità: Katie tradisce il marito il quale, quasi contemporaneamente, modifica il proprio carattere diventando improvvisamente – e a suo modo – devoto al bene altrui.
Katie si trova spiazzata: se la storia con l’amante è conseguenza del rapporto ormai alla frutta con David, quando il destino pare avere ascoltato le sue preghiere, quando il marito ha finalmente cambiato il proprio stile di vita e il proprio modo di porsi nei confronti degli altri, ora che è lei improvvisamente passata dalla parte del torto, cosa succederà? Come potrà uscire dall’empasse che si è venuta a creare? Come dovrà comportarsi non solo nei confronti del marito ma anche dei figli?
L’altro punto di rottura è, come anticipato, la metamorfosi di David che, da crisalide che si nutriva di rabbia e rancore, si trasforma in una stupenda farfalla bramosa di aiutare le persone meno fortunate.
Anche per David però non sarà un cambiamento indolore: la sua bramosia di far del bene spesso è ingenua, utopica, egoistica nel “costringere” i suoi familiari ad adattarsi al suo nuovo status di “buon samaritano”. Senza contare che, la propria nuova predisposizione, deve comunque fare i conti con il tradimento della moglie e i molti pregiudizi da superare sia all’interno che all’esterno della famiglia.
Un libro ben scritto, piacevole, leggero ma che stimola la rifessione, ironico e tagliente allo stesso tempo, che mette a nudo fragilità, sogni e compromessi dei quali ogni ormai quasi quotidianamente siamo testimoni.