Departures: la vita come un viaggio, i viaggi della vita

Spesso mi sono trovato a riflettere sul rapporto che lega la vita al viaggio. Ma mai come dopo aver visto Departures – opera giapponese vincitrice del premio Oscar come migliore film straniero 2009 – ne ho avuto conferma. La pellicola, come anticipa il titolo, racconta le continue “partenze” di Daigo, giovane musicista che improvvisamente, per le difficoltà economiche legate all’orchestra nella quale suona come vioncellista, costretto a rimettersi in gioco tralasciando le proprie aspirazioni di artista.
Senza lavoro decide di lasciare la città e tornare al paese di origine nella vecchia casa di campagna nella quale è cresciuto. Partire per Daigo non significa però solo seguire un futuro di stabilità emotiva quanto economica (sofferta la sequenza della vendita dello strumento musicale a tutti gli effetti ormai parte del suo essere), ma anche scontrarsi con il proprio passato.
La casa è infatti un luogo pregno di ricordi legati all’infanzia e alla vita con i genitori. E a quella delusione mista a rabbia per non essere potuto crescere con il padre che un giorno abbandonò la famiglia senza più dar sue notizie. Abituarsi ai tempi del paesino non è certo semplice e anche dal punto di vista lavorativo, le possibilità non sono poi molte. Scorrendo gli annunci Daigo ne legge uno riferito a una “agenzia di viaggi” che poi scopre essere un luogo di lavoro decisamente particolare. Mi fermo, non voglio dire di più sulla trama, rovinerei la visione a chi ancora non ha avuto modo di gustare questo delicato film giapponese ricco di paesaggi, simbolismi e richiami continui alla dimensione del viaggio: dalle note musicali alla morte, tutto in questo film richiama l’idea di quello spostamento continuo, di quel tragitto che ognuno di noi ogni giorno – in maniera consapevole o meno – è chiamato a compiere. L’idea del viaggio infatti non è solo legata a luoghi fisici diversi, ma a stati d’animo, affetti, stagioni, sentimenti, incontri, che ci guidano e in base i quali ogni giorno ricalibriamo le nostre “bussole”. L’aspetto affascinante del film è però anche quello che, con semplicità, vengono raccontate tante storie tra loro legate da un comune destino che avvicina, allontana, per poi riavvicinare, i vari personaggi, in un susseguirsi di emozioni e di sviluppi imprevisti. Toccante e leggero  come una nota del violoncello che riporta la locandina.

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