Solo ora che ho intravisto la locandina dell’uscita italiana del film, trovo il tempo per spendere due parole su Soul Kitchen, divertente pellicola che ho potuto assaporare – in lingua originale con sottotitoli – nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia. Nella periferia di Amburgo, Zinos, ragazzo di origine greca, gestisce un locale senza molte pretese. Il cibo non è certo prelibato (brutalmente lo definirei junk food), ma gli avventori non si lamentano e anzi si presentano spesso numerosi.
Ma proprio quando tutto sembra essere ben avviato, quando pare che di scossoni ve ne siano stati già a sufficienza, ecco la vita torna prepotentemente a dire la propria e riserva gustose novità: Zinos in pochi giorni è costretto a rivedere tutte le proprie conquiste, dall’amore al lavoro, dalla salute al rapporto con fratello e amici.
Non voglio svelare nulla di più – se raccontassi troppo della trama poi che gusto ci sarebbe? – ma, senza entrare nei particolari, posso dire che il film è una spassosa commedia fatta di gag e di personaggi al limite del surreale che si relazionano tra loro in una società multietnica (alla Kebab for breakfast per intenderci).
La cosa che più mi ha colpito delle pellicola è stata lo stretto rapporto che lega la “crescita” del personaggio principale e al miglioramento delle abilità culinarie, come se, in qualche modo, la trasformarmazione da inserviente di un fastfood a ricercato chef comporti una maturazione anche dal vista umano-sentimentale-sociale capace di rendere Zinos più forte, sicuro e sereno.
Un film, quello di Fatih Akin (Leone d’argento – Gran premio della giuria), semplice, spiritoso (umorismo con retrogusto leggeremenre anglosassone, ritmi veloci e soundtrack accattivante), e, tanto per restare in cucina, leggero come un soufflé. Ideale per digerire il ritorno al lavoro dopo le festività natalizie.