Italia2013, il racconto collettivo della prima campagna elettorale social

Italia2013 è un progetto nato sul finire del 2012 che si è poi concretizzato in una tag cloud, una “nuvola aggregativa” dei vari contributi degli utenti con la quale è stata raccontata, attraverso la voce degli elettori, la prima campagna social della storia italiana. Un esperimento online dal 25 gennaio (e realizzato in collaborazione con la Scuola Walter Tobagi) che, partendo dall’immenso flusso di informazioni, giudizi, commenti e immagini, è diventato la prima piattaforma indipendente capace di mostrare, in tempo reale, i flussi comunicativi dei social media traendone poi spunto per operazioni di content curation di stampo giornalistico. Il cambio di prospettiva non è da poco: niente agenzia di stampa né media classici, le uniche fonti sono gli utenti, le loro/nostre conversazioni.
Da quella interessantissima esperienza è nato Social Winner, un libro edito da Il Saggiatore (e scaricabile gratuitamente in versione ebook) che raccoglie alcuni degli spunti più originali emersi dal progetto. Dagli hashtag più in voga alla descrizione delle metodologie utilizzate per tentare di interpretare i nostri dialoghi online circa le elezioni, il libro, curato da Riccardo Luna e Marco Pratellesi, racconta di come la Rete abbia giocato un ruolo decisivo nelle elezioni 2013 e di come, forse, proprio una sua sottovalutazione, abbia poi portato a un risultato non preventivato da molti tra giornalisti, opinionisti e sondaggisti.
Da appassionato di comunicazione l’aspetto che ho trovato più interessante è quello relativo all’utilizzo da parte del web da parte ai principali rappresentanti politici: se è vero che proprio grazie alla Rete Grillo e Casaleggio hanno cambiato la partita elettore in Italia, è altrettanto vero che Silvio Berlusconi, nonostante non abbia utilizzato direttamente i social media, è praticamente stato sempre al centro del dibattito, in particolar modo su Twitter, strumento che anche fuori dai confini nazionali ha visto utilizzare hashtag ironici sul Cavaliere.
Se nutro ancora qualche dubbio sul fatto che il web possa ben rappresentare la totalità dell’elettorato italiano (ricordo, ad esempio, molti tweet del mio network con testimonianze di voto a favore di Fare per fermare il declino, forza politica che poi non è riuscita ad avere una propria rappresentanza in parlamento), la Rete è sicuramente (e probabilmente sempre più lo sarà) una cartina al tornasole della cui lettura non ci si può esimere. Esperimenti come quello di Italia2013 non possono che indicare la via e testimoniare, una volta di più, come il web possa essere un’opportunità e non una minaccia per il mondo del giornalismo, complimenti!

#igersmilanonews: l’esperimento continua!

Instagram ha lanciato in questi giorni i feed anche via web. Il social network attorno alla fotografia, nato come applicazione per mobile per iPhone e poi acquistato da Facebook, sta continuando a evolvere senza perdere – almeno per ora – consensi (nel settembre 2012, lo stesso Mark Zuckerberg dichiarò il raggiungimento di quota 100 milioni di utenti per Instagram) e, nella mia personale classifica, è secondo solo a Twitter.

Anche il mio utilizzo sta “maturando”: sono molto più attendo all’utilizzo dei filtri, alla selezione e all’eventuale modifica delle immagini, all’uso degli hashtag e dei titoli. Insomma, anche se agli scatti “felini” non so restitere né trattenere un like, sto tentando di sfruttare la app in maniera intelligente (e, mi piace pensare, costruttiva).

Da questa consapevolezza, come scrivevo alcuni post fa, ho pensato, per il lancio del mio libro (nel quale Instagram è indicato come uno degli strumenti consigliati), di coinvolgere il team Igersmilano (che ringrazio ancora una volta per la disponibilità), per proporre agli appassionati #igersmilanonews, un hashtag pensato per chiunque voglia condividere foto-notizie di interesse pubblico.

L’iniziativa, nonostante i miei timori iniziali e il poco tempo a disposizione, ha avuto un discreto successo. E così, durante la presentazione a Milano del libro, ho avuto il piacere di premiare 3 scatti scelti per la coerenza con quanto avevo proposto alla community.

igersmilanonews_premiazione

Ma la cosa non è finita qui. Quello che è stato una sorta di test è diventato – lo dico con sommo orgoglio – una rubrica settimanale dell’instagramers milano magazine: ogni mercoledì sarà pubblicato uno scatto da me selezionato legato all’hashtag #igersmilanonews. Ieri, per esempio, abbiamo segnalato la foto caricata da @drosha, un’immagine di denuncia di un problema, quello della sicurezza sul lavoro, troppo spesso sottavolutato nel nostro Paese.

Che dire? Seguite IgersMilano e tutte le sue rubriche, utilizzate i diversi hashatag e… in bocca al lupo! igersmilano_magazine

Quando anche il marketing diventa “likeable”

likeable_coverLeggo sempre con molto piacere i testi statunitensi sul web marketing, riescono (spesso) a spiegare con semplicità le potenzialità della Rete basandosi su esperienze dirette e dati oggettivi. Così, quando Luca Conti ha proposto ai suoi follower di Instagram di scegliere un testo, non ho avuto dubbi e ho puntato su un saggio in lingua inglese, Likeable Social Media di Dave Kerpen, libro del 2011 che si focalizza sul passaparola attraverso il cosiddetto social web. Una delle caratteristiche che mi ha fatto apprezzare sin da subito il testo è legata alle esperienze delle quali il libro si serve per trattare i diversi argomenti: non riguardano solo aspetti, diciamo così, lavorativi (in altri testi legate, alle volte, a campagne quasi inarrivabili per investimenti o materiali), ma fa riferimento ad avvenimenti quotidiani con i quali immedesimarsi, da consumatori, con estrema facilità.

Sin dall’introduzione è poi chiaro il focus del libro: ciò che caratterizza il tempo attuale è che oggi i consumatori, felici o meno, possono comunicare le loro opinioni su prodotti, servizi, iniziative e brand con semplicità a un numero consistente di persone: un semplice “like” può creare endorsement, un tweet negativo può influenzare potenzialmente molti utenti. Occorre quindi essere bravi nell’ascolto e nella successiva interazione con il pubblico guidando i consumatori all’azione, facendo cioè in modo che siano loro stessi ad accendere la miccia attorno al contenuto che desideriamo diffondere. In particolare ho apprezzato molto (e non ho resistito, ho subito citato l’autore – CEO di Likeable Media – su Twitter ricevendo immediata risposta) la considerazione: “social media is not an instant win”. La costruzione di relazioni con/tra utenti trascende il concetto del “media” ed entra in un ambiente dall’alta imprevedibilità che, per uscire vincitori, necessita di pazienza (e quindi tempo), abilità, coraggio e disponibilità.

Il libro, come si può facilmente intuire dalla copertina, si concentra principalmente su Facebook, presentando le possibilità di “ingaggio”, i consigli su come rispondere ai commenti (positivi e negativi che siano), sulle modalità di condivisione dei contenuti, sull’integrazione dell’intera esperienza dei consumatori attraverso i social network e sull’utilizzo di questi come canali attraverso i quali veicolare messaggi pubblicitari (nel testo è tuttavia più ripetuto il consiglio di evitare di pensare alla mera vendita nell’approccio ai social media).

Una lettura davvero consigliatissima, fosse anche solo per la sintesi e l’invito all’azione con i quali terminano i capitoli, leggendo il desiderio di testare quanto raccontato a stento si tiene a bada tanto convincenti risultano essere gli argomenti trattati. Well done Dave!

La videochat su Google+ dell’AC Milan #hangoutmassaro

Lo ammetto: tra tutti i miei profili nei social network, lo strumento che uso di meno è Google+. Appena rilasciato ho elemosinato in giro un invito per registrarmi e poi una volta visto il funzionamento, aver tentato di sistemare i miei contatti in cerchie dai nomi stravaganti e aver incollato qualche link per dare maggiore visibilità ai miei post, l’ho abbandonato (ricevendo nonostante la mia inattività molte notifiche su persone che invece mi consideravano nel loro network). Salvo di tanto in tanto tornare scoprendo restyling grafici, la possibilità di utilizzare hashtag e quella di partecipare a video chat. Questa possibilità in particolare ha attirato la mia attenzione si da quando Obama la utilizzò per dialogare con il proprio elettorato. Mai però avevo visto, in Italia, un qualcosa che andasse al di là di un confronto tra “adetti ai lavori”. Alcuni giorni fa ho potuto finalmente assistere a un hangout (questo il nome tecnico) da parte di un brand. Una comunicazione inusuale certo, ma pur sempre legata a un marchio più che a un singolo individuo. Il post lo pubblico oggi, ieri in maniera scaramantica stavo ancora osservando il silenzio stampa (nemmeno questo è servito per far tornare la squadra alla vittoria, sob). Il brand in questione è, infatti, l’AC Milan che ha consentito a tifosi di tutto il mondo (dal Venezuela all’Italia, dall’Inghilterra all’Indonesia) di dialogare con Daniele Massaro, portavoce ufficiale online della squadra su G+ per 30 minuti. Non è stato tutto fluidissimo nella gestione dell’interazione: quella che immagino essere un’addetta stampa aveva preparato un elenco di partecipanti alla conversazione che tramite una sorta di appello venivano chiamati per nome e avevano così modo di porre la loro domanda. Se non ho capito male, molti tra coloro che hanno avuto modo di partecipare via videochat erano in qualche modo associati a siti/fanzine in orbita Milan, quasi fosse una sorta di conferenza stampa pre-gara (tra i “semplici” fan, invece, spiccava il nome di Matteo Tagliariol, schermidore medaglia d’oro alle Olimpidi di Pechino del 2008). Massaro si è dimostrato un istrione in grado di raccontare aneddoti divertenti capaci di divertire ognuno dei protagonisti. Purtroppo il sottoscritto è arrivato tardi all’appuntamento (chissà hanno scelto proprio le 17 come ora di inizio) e si è potuto godere solo la parte finale dell’evento, quanto è bastato però per apprezzare l’opportunità insita nello strumento.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=BvR-fWzmJ94&w=440&h=360]
Ancora una volta il web propone una modalità comunicativa in grado di (quasi) azzerare le distanze tra i vari interlocutori, tutti su uno stesso livello ad alternarsi (leggermente imbarazzati) sullo schermo. Immaginare un testimonial o addirittura un responsabile di prodotto accettare la “sfida” di affrontare il pubblico di consumatori senza filtri, sottoponendosi a curiosità, critiche, delucidazioni risulta utopico? Forse. Ma credo che individuando qualcuno che sappia gestire la comunicazione portandola nei binari a lui/lei più consoni, anche un confronto in videochat su G+ possa essere un’iniziativa dai costi irrisori ma potenzialmente dal buono ritorno. Si tratterebbe di una comunicazione verso una nicchia di consumatori ma resto dell’idea che se il dialogo risulta costruttivo, si crea comunque valore, sia per gli utenti che per il brand. Senza contare l’utilizzo dalla video-chat non tanto sotto l’aspetto meramente comunicativo ma anche come cartina di tornasole per la comprensione del percepito di marca/di prodotto e dei focus sui quali gli utenti concentrano maggiormente lo proprie attenzioni.

OverBlog, l’oltre social della blogosfera

Il termine web-log iniziò ad essere utilizzato a partire dal 1997 (bisognerà aspettare due anni solo perché la parola venga abbreviata in blog!), all’inizio erano liste di link sviluppatesi poi successivamente in diari virtuali sempre più multimediali. Sono passati ormai molti anni e anche grazie ai servizi di gestione gratuiti i blog sono diventati un fenomeno diffuso attirando non solo geek ma anche giornalisti, politici, professori, sportivi e utenti “comuni” desiderosi di dire la propria online. Con l’avvento dei social network – in particolare di strumenti come Twitter e Tumblr – in molti hanno intravisto la fine di quella “bolla” chiamata blogosfera capace di proporsi come spazio alternativo di informazione UGC (o, come direbbe qualche nostalgico delle rivoluzioni liberali, dal basso) e di attirare anche l’attenzione di motori di ricerca e responsabili marketing.
Il mio primo blog risale a metà dei primi anni Duemila quando, da semplice appassionato del web, desideroso di proporre i miei giudizi su film, libri e mostre a una platea potenzialmente enorme aprii un blog su Windows Live Spaces per rendere pubbliche le mie recensioni con la speranza potessero tornare poi utili a qualcuno (decisi di puntare sin da subito sulla condivisione). Evolvendomi come utente e come blogger ho sentito poi l’esigenza di passare su una piattaforma più completa e “professionale” che potesse aiutarmi a rendere il mio spazio una vera e propria vetrina di idee, esperienze, scoperte. E nonostante l’avvento di Facebook e affini la mia passione verso il blog non si è per nulla esaurita, anzi (viceversa il tempo è sempre più tiranno, se riesco a scrivere un post a settimana posso ritenermi soddisfatto).
Nonostante i continui miglioramenti tuttavia, da blogger ultimamente sentivo la necessità di un nuovo rinnovamento, di dare una spolveratina al mio spazio rendendolo più attuale e in sintonia con i tempi. Per questo motivo, da alcuni giorni, ho deciso di testare una nuova piattaforma di blogging, OverBlog. La nuova versione italiana (ancora in beta, rilasciata ad inizio settimana dopo il successo del BlogWorld Expo 2012), presenta quello che a tutti gli effetti potrebbe essere il futuro più prossimo dei blog: il social hub. Il blog, in parole povere, diventa una sorta di raccoglitore di vari contributi multimediali (status, post, foto, video, check-in…), acquisisce cioè una multidimensionalità multicolore che prima con i soli testi linkabili non poteva avere.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=I0yzypzww6w&w=440&h=360]

Basta infatti scegliere di sincronizzare i social network più utilizzati (nel mio caso Twitter e Instagram) ed ecco in un’unica timeline fondersi gli ultimi tweet, le immagini “filtrate”, gli articoli più recenti. Il tutto attivabile in maniera semplice, immediata, con la possibilità di filtrare i propri messaggi (scartando, ad esempio, i re-tweet o le risposte ad altre conversazioni) e di rendere ai lettori la navigazione tra contenuti ricca quanto facile. In attesa della nuova versione (il cui rilascio è previsto dopo l’estate) che supporterà funzioni di revenue share, un’app mobile per lo streaming video, statistiche e nuovi layout grafici, non resta che iniziare a testare le possibilità di questo nuovo social-blog.

Chill, la tua fresca videobacheca

Continua il mio viaggio virtuale sulle piattaforme social che ruotano attorno a contenuti video. Dopo il post di alcune settimane fa su Socialcam e Viddy, oggi spendo due parole su Chill, la mia ultima scoperta sulla scia delle bacheche virtuali in stile Pinterest.
La homepage del sito è molto intuitiva e presenta un’anteprima dettagliata su quanto offerto del social network: la pagina mostra alcuni dei video più visualizzati (le visualizzazioni si devono intendere “interne” al social network) e commentati. Ogni utente può cliccare sul contenuto che lo attira di più (puntando sullo squalo che azzanna qualcosa non si sbaglia mai), vedere il contenuto e la categoria associate, i top video del momento e i related video. Da notare come, alla fine del video, compaia in automatico un conto alla rovescia che avvia il contenuto sucessivo (nel mio caso, Carp Attack).

Se invece si decide di accedere tramite il proprio profilo Facebook, scelti interessi, persone da coinvolgere nel proprio network, “caselle” con la quali organizzare i nostri contenuti, si può iniziare a lavorare sul proprio profilo. E’ infatti possibile personalizzare la propria pagina inserendo una frase rappresentativa piuttosto che immagine di “testata” (random tra quelle disponibili o da noi realizzata). E’ possibile inoltre seguire i profili a noi più affini, risegnalare i loro contenuti, commentarli o sintetizzare con emoticon cioè che pensiamo del video proposto.

Una della caratteristiche più interessanti è il cosiddetto Chill Stash che permette di mettere una sorta di “segnavideo” nel momento in cui, vedendo un particolare contenuto, restassimo comunque folgorati da quello che nella bacheca gli è poco distante senza però avere tempo e modo di vederne più di uno (basta cliccare, restando con il cursore sul video, la “C” in alto a sinistra). Tra l’altro la lista degli “stash” è pubblica per cui ognuno più visualizzare i video che ci siamo segnati ma che ancora non ci siamo gustati per intero.

Anche per Chill è possibile installare nel broswer un plug-in per rendere più semplice l’aggiornamento della bacheca e cariche così facilmente i propri video preferiti di YouTube, Vimeo, Vevo a Hulu (Chill supporto anche le dirette streaming di eventi su Ustream, Livestream…).

La startup di Los Angeles lo scorso agosto ha rinnovato la propria presenza online focalizzandosi sull’aggregazione di video invece di puntare su video visti da gruppi di utenti.

Chill, tra l’altro, è recentemente balzata agli onori delle cronache perché Scott Hurff, il fondatore della piattaforma di condivisione, ha raccolto in un’unica pagina oltre 100 video dedicati a Steve Jobs.

Il video continua ad essere il format in maggiore crescita del web trainato anche dal mobile (anche se al momento Chill non ha ancora lanciato una sua app), sarà interessante cogliere gli sviluppi della Rete anche in relazione alla fruizione dei contenuti video da parte degli utenti.

[update: Chill.com è si è nel corso degli anni trasformata da bacheca video in stile Pinterest a realtà che si occupa della distribuzione di contenuti quali film, commedie e serie ad episodi]

Socialcam e Viddy, c’è vita (social) oltre YouTube

Il traffico video online è in vertiginoso aumento. Gli smartphone ormai offrono fotocamere molto sofisticate e il web propone molte semplici utility per editare con semplicità i propri contenuti. Due applicazioni, in particolare, sono nelle ultime settimane le più chiacchierate, entrambe paragonate, per quel che riguarda la parte video, a Istangram, l’applicazione foto-filtri di maggior successo recentemente acquisita da Facebook.

La prima app è Socialcam. Realizzato un video, gli si associa un titolo, la posizione, il livello di condivisione (pubblico o riservato al proprio network) e poi si passa ad editare il file scegliendo un tema e una musica di sottofondo (se il video lo si gira con l’applicazione è invece possibile scegliere anche un filtro). Fatto questo si scelgono i tag delle persone presenti nel video – e nella community di Socialcam – o i loro indirizzi mail per informarli della pubblicazione e i social network con i quali sincronizzare la diffusione del video. Proprio come Istangram, è possibile in ogni momento seguire il proprio profilo in termini di iscrizioni, iscritti, commenti e tag. E anche su Socialcam è possibile inserire nei commenti degli hashtag per organizzare al meglio i propri contenuti rendendoli più facilmente individuabili anche dagli altri utenti.

La seconda app che segnalo è salita agli onori delle cronache per aver attirato le attenzioni di Mark Zuckerberg (per ora solo come utente, ha caricato un video del proprio cagnolino dal titolo “baby beast” capace di raccogliere oltre 2500 like e oltre 300 commenti in un solo giorno, qualcuno vocifera si sia trattato di una sorta di “prova” in vista di una possibile acquisizione) e di altri personaggi dello start system (da Jay-Z a Biz Stone, da Shakira a Will Smith come investitori del progetto).

Anche in questo caso si tratta di condividere video, per ora solo della durata di masssimo 15 secondi (nel caso il video fosse più lungo se ne può scegliere solo una parte). E forse proprio per questo Viddy mi attira di più, è più semplice condividere e vedere i video altrui (per default si segue un utente chiamato JJ Aguhob seguito da oltre 15 milioni di utenti!).

Scelto il video si possono inserire degli effetti e musica facendo il download, gratuito o a pagamento passando dal marketplace. Nel caso invece lo si voglia girare mediate la app, tramite le opzione avanzate si possono regolare il focus, l’esposizione, bilanciare il bianco, settare il microfono, inserire il timer e modificare il formato del video (4:3 o 16:9).

Il funzionamento di Viddy non è molto dissimile da quello di Socialcam ma la applicazione mi pare decisamente più curata, più semplice, più “professionale”, con un’interfaccia più immediata che permette subito di vedere i video più popolari e quelli appena caricati (mi sono esaltato guardando “Flair on a curb”, il video di un ragazzo che fa una capriola su se stesso con un monopattino) e con una community più attiva. Tra l’altro ho notato come, tra i vari filtri da applicare al video, ci sia anche un Linkin Park Bundle, un bel modo che la band ha scelto per coinvolgere i proprio utenti permettendo loro di personalizzare i propri video con la grafica.

Luci spente, silenzio in sala, ho come l’impressione che questo sia solo l’inizio di un’altra piccola grande rivoluzione che porterà chiunque ad avere (almeno) i suoi 15 secondi di celebrità.

Havaianas reinventa le espadrillas, parte 1

Sono sempre stato un fan delle calzature senza lacci, soprattutto d’estate. Ecco perché, con l’avvicinarsi della bella stagione non vedo l’ora di tornare a calzare quelle che nel mio immaginario sono le scarpe(tte) per eccellenza dell’estate: le espadrillas. Le ho sempre adorate: colorate, semplici, leggere, molto anni ’80, pare che i mocassini in tela dalla suola a corda siano di origine antichissima, tanto amate da essere tra le primissime richieste che sin dal 1800 degli emigrati stabilitisi in America Latina facevano pervenire ai loro cari ancora nel Vecchio Continente.

Per il lancio della nuova collezione, Havaianas – brand noto al pubblico per infradito e espadrillas – ha organizzato una serie di eventi in giro per l’Europa con lo scopo di dimostrare quanto questo tipo di calzature si adattino a qualunque situazione e come, indossandole, in qualche modo possa essere estate tutto l’anno.

Oneri e onori per il sottoscritto che è stato invitato (per le mie performance precedenti?) all’appuntamento di Havainas di Milano: mi sono subito attivato nei canali social per reclutare volenterosi/e che mi accompagnassero alla sessione fotografica che si terrà nella splendida cornice di Parco Sempione nella tarda mattina del prossimo venerdì 9 marzo. Ringrazio sin da ora le ragazze (Elesole e Margotta) che hanno deciso di assecondarmi, ora torno a pensare all’outfit “folle” che dovrò scegliere per la giornata e all’oggetto rappresentativo della mia personalità. Stay tuned!

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PeerIndex, Klout e autorevolezza online…

PeerIndex è uno strumento con il quale misurare il proprio livello di autorevolezza online. Il sistema parte da un assunto molto semplice: non ci può essere autorevolezza senza un pubblico recettivo. E questo lo è nel momento in cui non si limita solo ad ascoltare ma partecipa attivamente alla discussione. Il punteggio di PeerIndex – che va da 1 a 100 – è quindi una sorta di metrica per misurare l’attenzione delle persone che ci seguono.

I parametri alla base del numero assegnato al nostro profilo sono tre: authority, audience, activity:

Authority is the measure of trust; calculating how much others rely on your recommendations and opinion in general and on particular topics […]

Your Audience Score is a normalised indication of your reach taking into account the relative size of your audience to the size of the audiences of others […]

Your Activity Score is the measure of how much you do that is related to the topic communities you are part of […]

Il numero assegnato al mio profilo Twitter è 36 esattamente lo stesso di Klout, altro strumento utilizzato per tentare di valutare il proprio livello di autorevolezza online. Quest’ultimo permette di valutare non solo il canale Twitter ma anche il proprio profilo Facebook, Google+, LinkedIn e Foursquare (si possono connettere anche altri profili social ma che al momento non influenzano il punteggio finale).

Klout ha realizzato una matrice – chiamata appunto Klout’s Influence Matrix – associando dei parametri (sharing, creating, broad, focused, consistent, casual, listening, partecipating) tramite i quali identificare 16 diversi profili di utenti (il mio profilo viene posizionato nel mezzo, leggermente in basso a destra rispetto al centro, come socializer).

Di tale lista – decisamente complessa – ne è stata proposta una versione semplificata che con soli cinque profili riesce a mio avviso nell’intento di proporre un valido modello.

Gli utenti si potrebbero infatti dividere in:

  • The networker (social butterfly): colui che possiede la più grande lista di contatti, conosce tutti e tutti lo conoscono;
  • The opinion leader (thought leader): il più ricercato dai brand, è noto per la sua autorevolezza e credibilità;
  • The discoverer (trendsetter): è il primo ad utilizzare un nuovo strumento, costantemente alla ricerca di nuovi trend da anticipare;
  • The sharer (reporter): distribuisce le notizie amplificando i messaggi più rilevanti;
  • The user (everyday customer): rappresenta il consumatore standard, non possiede un network molto ampio.

Personalmente mi sento vicino al profilo reporter (visto anche il mio alto numero di re-tweet) ma, diciamo così, con ambizioni a quello di trendsetter, almeno per quanto riguardo il mondo dei social media.

Forse però prima di tutte queste considerazioni, bisognerebbe mettersi d’accordo sulla definizione stessa di “influenza/autorevolezza” che certo non va confusa con, ad esempio, la popolarità di un personaggio. Un spunto di riflessione molto interessante è l’articolo When Bieber tops the list, is influence dead? nel quale vengono paragonati Bieber, Obama e Amstrong, personaggi molto diversi e con differenti livelli di popolarità e di influenza.

La vera sfida non risiede nel leggere i feedback dei strumenti quali Klout e PeerIndex ma nel saper leggere, nel saper interpretare correttamente il valore che ci consegnano.

[update: ho trovato altri due strumenti per misurare l’autorevolezza online tramite il proprio profilo Twitter: TweetLevel e Twitter Reach]

Timeline dentro e fuori Facebook

La Timeline è considerata da molti tra gli addetti ai lavori una delle più salienti novità sinora realizzate (e pubblicamente diffuse) dal colosso Facebook. Il nostro nuovo diario ha rivoluzionato il profilo di milioni di utenti generando commenti entusiastici e feroci critiche. Ma da dove nasce l’idea della timeline? Uno dei primi esperimenti commercialmente diffusi risale al 2004 quando Nokia lanciò il progetto Lifeblog, una sorta di diario multimediale (con relativo strumento di gestione dei contenuti per PC) in grado di raccogliere foto, video, suoni, sms e mms creati attraverso il cellulare organizzandoli in base a informazioni quali ora, luogo, tag, descrizione e rendendo i vari contenuti ricercabili. Grazie all’applicazione per computer l’utente poteva inviare a servizi quali LifeLogger, TypePad, LiveJournal e Flickr i propri contenuti.

Il passo successivo, alcuni anni dopo, viene sintetizzato in maniera impeccabile da Paul Buccheit, uno dei fondatori di FriendFeed il servizio poi acquisito da Facebook nel 2009: “FriendFeed is trying to go beyond simply aggregating to actually creating a pleasant social experience around the content.” Credo sia proprio questa la chiave di lettura della timeline: superare il concetto del semplice “hub di status” per proporre i contenuti degli utenti in una veste più social e più facilmente consultabile. Ecco allora la copertina per personalizzare al meglio il nostro spazio, la possibilità di mettere in evidenza i post più popolari, le foto di avvenimenti importanti, le applicazioni più utilizzate.

Ma forse non tutti sanno che il concetto di timeline è stato sviluppato non solo da Facebook e dalla Nokia. Due delle più note alternative all’ultima novità del social network firmato Zuckerberg sono Memolane e Timekiwi.

La prima è una start-up che punta ad essere a superare Facebook in virtù della possibilità di organizzare in una semplice ed elegante timeline non solo post ma molteplici servizi che vanno da Twitter a SoundCloud, da Tripit a Picasa. Il bordo orizzontale in basso della pagina diventa una sorta di righello temporale che si può scorrere visualizzando i vari contenuti organizzati – sviluppo verticale a cascata – per giorno per giorno.

La seconda è invece balzata ultimamente agli onori della cronaca per essere stata acquisita da Overblog (la piattaforma europea più diffusa per aprire blog gratuitamente) e offre la possibilità di creare con semplicità ed immediatezza (non serve registrarsi, basta accedere con il proprio profilo Twitter o Facebook) una timeline intuitiva capace di raccogliere in un unico spazio i più noti social network. Lo sviluppo dello strumento in ottica blog mi pare di notevole interesse, non ci resta che attendere per scoprire quali ulteriori novità proporrà lo sviluppo nell’organizzazione dei nostri contenuti multimediali online secondo l’asse temporale.