Toronto Star, quando il paywall non è sinonimo di successo

Img: jpress.journalism.ryerson.ca

Oggetto delle riflessioni condivise nel blog sono spesso grandi testate, gruppi editoriali che possiedono ingenti risorse per finanziare la ricerca di approcci innovativi alla Rete. Quella che mi appresto a sintetizzare è invece una di quelle storie che, pur di secondo piano rispetto ai nomi altisonanti del “quarto potere”, offre indubbiamente spunti interessanti da valutare.

Nell’estate del 2013 il quotidiano più diffuso in Canada, il Toronto Star, a seguito del rinnovamento del design del proprio sito di inizio anno, introduce il paywall.
Consentendo di leggere solo 10 articoli gratis al mese, il giornale della Toronto Corp. punta, con gli abbonamenti, a recuperare i mancati introiti della pubblicità a stampa, di giorno in giorno sempre più in declino. Non si tratta di una “barriera” rigida: restano visibili gratuitamente a tutti gran parte degli articoli della homepage oltre ai video e, per utenti che mensilmente rinnovano, con un pagamento automatico, il proprio abbonamento al cartaceo, risulta un interessante servizio aggiuntivo a spese zero. A livello promozionale, tra l’altro, il primo mese di abbonamento è offerto a 0,99 centesimi, che poi diventano 9,99 dollari ogni trenta giorni.

Per la scena canadese la strada intrapresa dal Toronto Star non è una novità. Il paywall è infatti già stato precedentemente adottato da altri giornali molti diffusi nel Paese quali, ad esempio, il National Post e il Globe and Mail, anche se con differenti tipologie di prezzo e offerta.

Qualcosa però non va secondo i piani e così, a poco più di un anno e mezzo di distanza dal lancio, il Toronto Star torna sui propri passi informando gli utenti che il paywall dal 1° aprile non sarà più attivo e che tutti i contenuti della testata torneranno fruibili gratuitamente anche da tablet e mobile. Non si è trattato di un pesce di aprile – come forse qualcuno inizialmente ha pensato – ma, come recita la nota ai lettori, di un aggiustamento della strategia digitale messo in atto dalla testata per venire incontro alle tante richieste da parte di lettori e inserzionisti.

In realtà la decisione non è avvenuta in modo improvviso: già dallo scorso novembre il gruppo proprietario del giornale canadese, analizzando i dati di bilancio (digital revenue con segno meno) aveva annunciato il cambio di rotta che dal paywall avrebbe poi portato – con nuovi ingenti investimenti – a una rinnovata applicazione per tablet (sviluppata in collaborazione con il giornale di Montreal in lingua francese, La Presse) pensata per incentivare una lettura più interattiva, multimediale e multicanale da parte degli utenti.

Ai pochi (maledetti?) e subito, il giornale ha preferito tornare ad adottare un modello finalizzato ad allargare quanto più possibile il bacino di lettori (strizzando indirettamente l’occhio alla pubblicità), puntando in particolare sui giovani utenti, sicuramente più affini a tablet e social network che a un abbonamento a un giornale.

 

[update: Star Touch, quando il tablet vince sul paywall]

Rispondi