Know More, l’esperimento semiserio del Washington Post

knowmore_wapo

Img: http://knowmore.washingtonpost.com

Quando mi capita di parlare in pubblico di web e comunicazione [a proposito, per chi ancora non lo sapesse, domani presenterò News(paper) Revolution a La Fiera delle Parole], uno dei punti sui quali insisto maggiormente è quello relativo alla mia convinzione che, proprio in virtù del mare magnum che è il web, la funzione di “filtro” sia necessaria per non rischiare di perdere la bussola.
A tal proposito cito spesso l’esempio di Compendium, il progetto del New York Times in virtù del quale gli utenti possono organizzare una sorta di bacheca (Pinterest docet) con i contenuti della testata che reputano più interessanti, da condividere con amici e conoscenti (il primo filtro è il giornalista, il secondo, ancora più accurato, è il lettore).
E’ di questi giorni un’iniziativa analoga del Washington Post, forse più “scanzonata”, più semplice ma non per questo non degna di nota.
Lo spazio al quale faccio riferimento è Know More, una riproposizione in salsa blog (trae origine dal Wonkblog) di una bacheca virtuale nella quale però i contenuti sono per la stragrande maggioranza esterni alla testata. Foto, video, grafici sintetizzati con un titolo accattivante che, se cliccati, si aprono a tutto schermo mostrando ai lati due bottoni: No more e Know more. Se si sceglie l’opzione di sinistra (la prima) il contenuto scompare dalla bacheca, se si opta per la seconda si viene rimandati alla fonte dell’informazione. Chi sceglie cosa pubblicare? Una miniredazione composta, al momento, da Dylan Matthews e Ezra Klein. Quest’ultima, presentando l’iniziativa ha sottolineato come lo scopo sia quello di stimolare nei lettori l’approfondimento, un supporto agli articoli interessanti ma non costruiti abbastanza bene da essere trovati dal pubblico. L’aspetto singolare è che mentre solitamente le iniziative editoriali puntano a incrementare il tempo speso entro i propri “confini”, il successo di Know More si misurerà nel numero di utenti che sceglieranno di lasciare lo spazio per leggere altrove. Sintetico e audace, da seguire.

Rispondi