Dal romanzo di Sharnush Parsipur – il cui titolo fa forse un po’ il verso al Men without women di John Ford – a Venezia è stato presentato l’omonimo film di Shirin Neshat, opera prima della nota artista e fotografa iraniana fresca vincitrice del Leone d’argento per la regia in Laguna.
Il film è ambientato nella Teheran della metà degli anni Cinquanta – un periodo di forte subbuglio politico – e racconta la lotta quotidiana di quattro donne tra loro diverse ma unite dal senso di frustrazione, di oppressione, di crescente insoddisfazione verso un destino caustrofobico. La loro vita diventa così la ricerca di una via di fuga – nel film idealizzata in un giardino (l’Eden?) – per scappare da abusi, umiliazioni e sofferenze, nel tentativo di trovare indipendenza e serenità, conforto e calore umano.
Una fotografia impeccabile, un’atmosfera sospesa tra sogni/incubi e realtà, Women without men è un film dal retrogusto triste, delicato ma emozionante, un grido sordo che diventa un inno alla libertà. Da vedere.