Ho iniziato il mio personalissimo “anno cinematografico” con American Life (o meglio, Away we go), il nuovo film di Sam Mandes, il regista diventato famoso per il suo esordio, il quasi omonimo American Beauty, pellicola che adoro e non mi stanco mai di rivedere (Kevin Spacey for president!).
La storia raccontata è quella di Burt e Verona, due ragazzi sulla trentina che si trovano ad affrontare, da soli, la nascita del loro primo figlio. Raccolte le poche cose che posseggono, intraprendono un viaggio attraverso l’America – con visita anche in Canada – alla ricerca di un tetto ma anche del modello di nucleo famigliare al quale fare riferimento. Nonostante le aspettative però, il percorso si trasforma quasi subito in una serie di disavventure che sconfortano i ragazzi e che minano le loro (poche) certezze: ogni nuovo incontro per Burt e Verona anzichè rassicurarli sembra rendere di volta in volta più irreale la loro idealizzata versione di famiglia e di rapporto genitori figli. Appena arrivati ed è già tempo di ripartire senza mai perdere però la fiducia nel legame straordinario che lega i due protagonisti.
Un film delicato, capace con la sua semplicità di commuovere (un po’ alla Juno tanto per fare un paragone), la storia di due ragazzi che, armati di sogni e buone intenzioni, viaggiano alla ricerca di prove concrete circa il loro progetto di famiglia. Il momento più tenero è, a mio modo di vedere, quando i due, nel giardino del fratello di lui, su uno di quei tappeti elastici che i bambini utilizzano per divertirsi saltando, recitano una serie di promesse, una sorta di “matrimio” ateo, una cerimonia intima che sancisce una volta di più il loro essere coppia. Regia, musiche e fotografia buone, sceneggiatura mai banale, American life è uno di quei film senza alcuna particolare pretesa che riesce a strappare un sorriso e una lacrima insieme. Consigliato per ritrovare il buon umore.