Un amico ha voluto, quasi a mia insaputa, iscrivermi al Rome Twestival. Non utilizzo Twitter da molto ma considero uno strumento utile e divertente, meno impegnativo di FriendFeed e più costruttivo di Facebook. E così, dopo il lavoro, decido di lasciarmi trascinare da questo minievento digital, dando libero sfogo alla mia sete di tecnologia comunicativa. Il mio prode scudiero nonostante il suo iphone con tanto di navigatore non riesce a destreggiarsi nei vicoli di Campo dei Fiori, continuando a zoomare allargando le dita della mano nel vano tentativo di farmi morire di invidia per il suo touchscreen. Dopo aver vagato un po’ a zonzo, decido di prendere le redini della situazione e impavido fermo una suora chiedendole, con cortesia, di indicarmi “via del pellegrino” (in fondo, chi meglio di lei può saperlo?). Riesco così ad arrivare al luogo prescelto per l’incontro, il cocktailbar Femme. Stringo la mano ai primi arrivati, consegno moocard ai più fortunati (ne porto con me sempre troppo poche) e compilo un foglietto che indica il mio username nel caso qualcuno dei presenti volesse da domani seguire i miei status, attaccandolo con una spilla da balia al maglione. Il tempo passa, si formano dei gruppetti, mangio qualcosa e bevo analcolico-fruttato. Dopo un po’ abbandono con un retrogusto amaro in bocca. Avevo sentito di grandi numeri all’estero e anche in questa occasione la capitale non ha saputo soprendermi piacevolmente. Alla serata sono forse mancati i momenti di condivisione web 2.0 che auspicavo. Per carità, forse è dipeso anche dal mio atteggiamento e dal mio modo di essere – non proprio l’espansività e la loquacità fatte uomo – però in alcuni frangenti mi si è insinuato il dubbio che alla serata avessero partecipato persone che già si conoscevano e che i loro discorsi fossero un po’ troppo web-style, troppo vicini a quelli fatti ogni giorno in Rete nonostante la presenza in carne e ossa offline. Comunque sia, un plauso a chi ha voluto realizzare l’incontro va fatto, diffondere un utilizzo più consapevole di Internet è una missione da elogiare (come quella del CharityWater), soprattutto in Italia dove forse alcuni mezzi sono ancora ad esclusivo appannaggio dei cosiddetti “nerd” (tra i quali, il sottoscritto). In bocca al lupo per le prossime occasioni!
roma
La banda Baader Meinhof
In occasione della Festa del Cinema di Roma ho potuto vedere in anteprima, pochi giorni prima dell’uscita nelle sale italiane (nella triplice versione in tedesco con sottotitoli in inglese con sottosottotitoli in italiano) il film Der Baader Meinhof komplex (La banda Baader Meinhof). La pellicola racconta la storia della nascita della RAF, un gruppo terroristico che a cavallo degli anni Settanta con le sue azioni scovolse la Germania Occidentale (sempre sul medesimo oggetto, quasi in contemporanea, è stato presentato anche il film Schattenwelt). Il regista Uli Edel narra le vicende di un gruppo di uomini e donne impegnati nel sensibilizzare, con i loro atti, l’opinione pubblica contro il neocolonialismo consumista made in Usa. Lo fa tramite un film che, anche in virtù della durata, risulta tutt’altro che leggero. Tuttavia, forse per evitare di prendere una posizione netta e dar luogo a polemiche, la sceneggiatura pecca un po’ nell’analisi della psiche dei vari componenti del gruppo: molta azione e tensione ma poco spazio ai conflitti interni a ognuno dei protagonisti che forse avrebbero permesso di capire più nel dettaglio da cosa nascesse il disprezzo e risentimento nei confronti dei militanti verso una società nella quale non si riconoscevano. D’altra parte, l’obiettivo di raccontare tutti i fatti accaduti nel decennio di attività della RAF risulta compito improbo e, in ultima analisi, alcune parti sembrano a mio giudizio “romanzate”, troppo lontane dall’ideale di guerriglia urbana e di azione di liberazione che invece immaginavo prima di entrare in sala. La parte che mi ha affascinato di più è stata quella relativa al rapporto tra i fondatori della RAF in regime di isolamento e le generazioni che a loro si ispiravano mettendo in atto una lotta terroristica ugualmenente provocatoria ma, almento da quanto emerge dal film, assai diversa nelle modalità di azione. Una pellicola coraggiosa che però non è riuscita ad entrare nella classifica dei miei film preferiti forse anche in virtù del fatto che la storia, nonostante i possibili parallelismi con le Brigate Rosse, mi è apparsa un lontata, incapace di coinvolgermi appieno.
Pan di Francesco Dimitri
Lo scorso 11 settembre alla libreria Feltrinelli Francesco Dimitri ha presentato il suo ultimo libro dal titolo Pan (edizioni Marsilio), una rivisitazione in chiave moderna (e italiana visto che la storia si svolge proprio a Roma) del Peter Pan di Matthew Barrie.
La Meravigliosa Wendy, il piccolo Michele, Giovanni e il suo sogno di diventare antropologo, Stefano, il padre che prima di ammalarsi studiò a lungo la leggenda dell’Isolachenonc’è, tematica ripresa più avanti dal figlio: questi sono alcuni dei protagonisti di un romanzo particolare che, prendendo spunto da una storia (pseudo)fantasy, racconta di bambini sperduti, di pirati e di esseri soprannaturali che si aggirano seminando violenza e terrore nella capitale. All’ombra del Colosseo infatti, sotto un velo di immobile normalità, a situazioni di routine quotidiana si alternano, come in una favola, diversi accadimenti – alcuni dei quali di forte tragicità – che testimoniano di lotte e scontri tra vecchie e nuove divinità (con gli uomini “normali” non relegati al ruolo di semplici comparse) in un continuo mescolarsi di sogno e realtà. Una lettura singolare, forse non accattivante in maniera costante lungo tutti i capitoli, un testo leggero che lo stesso autore ha definito come “fantastico realistico”, ideale per ravvivare la notte di Halloween.