La mostra Roy Lichtenstein – Meditation on Art (sino al 30 maggio alla Triennale di Milano) mi è piaciuta davvero molto. Perchè se prima conoscevo Roy Lichtenstein per le sue immagini tratte dal mondo dei fumetti, ora posso valutare meglio il percorso dell’artista di New York, inquadrandolo il suo sviluppo assolutamente personale di quel filone della Pop Art che Lichtenstein rappresenta con Andy Warhol e Jasper Johns. Il lavoro di Lichtenstein si può, in estrema sintesi, suddividere in due grandi filoni: da una parte l’artista mette in atto un processo di “copia” – da immagini tratte da riviste a quelle di dipinti di altri autori – che, in base a una propria reinterpretazione personale, porta il pittore a trasformare la riproduzione in originale. Dall’altra, con ironia, Lichtenstein attiva una semplificazione estrema del reale che lo circonda trasformando il quotidiano in immagini bidimensionali che richiamano la stampa topografica.
Tra le tante opere esposte (non solo quadri ma anche alcune sculture in bronzo), i dipinti che mi hanno affascinato di più sono le reinterpretazioni del movimento surrealista, donne dalle forme liquide sintetizzate da labbra carnose, biondi capelli e occhi azzurri che richiamano i quadri di Dalì. Anche le riletture di Matisse, Picasso e Monet sono davvero particolari, allo stesso tempo omaggi artistici e tavole velate di sarcasmo. Molto divertenti il dipinto della serie “Imperfect Painting”, un’astrazione geometrica capace di otrepassare il confini rigidi della tela, e “Brushstroke” opera nella quale Lichtenstein dipinge una pennellata, giocando con l’arte e con il pubblico (come aveva in realtà inziato a fare già nel 1962 con “Golf Ball”, il ritratto di una pallina da golf estrapolata da qualsiasi contesto e proposta come puro segno grafico). Da non tralasciare, nella visita alla mostra, la saletta dedicata alle videointerviste che, montate in un filmato di poco più di trenta minuti, regalano una panoramica sulla vita di Lichtenstein tramite le parole delle stesso artista. Chiudo con una citazione di Lichtenstein che ben riassume a sua vena artistica: Art doesn’t transform. It just plain forms.