Il mio medico ultimamente mi ha invitato a provare una tintura madre di tarassaco (quello che in dialetto è chiamato anche pisacàn poiché ai bambini veniva detto che se lo avessero colto, avrebbero bagnato il letto la notte), pianta nota per il suo effetto drenante e depurativo delle vie epatiche.
Coincidenza ha voluto che poco dopo aver iniziato la mia “cura” fossi invitato da Boiron a visitare – con altre cinque blogger – i due stabilimenti di Lione per scoprire il “dietro le quinte” circa la preparazione dei farmaci omeopatici. Non sono un esperto ma tenterò comunque di raccontare, grazie agli appunti che ho diligentemente preso durante la mattinata di visite, ciò che ho potuto scoprire. In Italia, ad oggi, i prodotti omeopatici non contengono indicazioni terapeutiche e posologia quindi ero davvero curioso di conoscere il processo di lavorazione.
Il primo stabilimento visitato è stato quello di Sainte Foy Les Lyon: dopo un cordialissimo benvenuto (con tanto di foto di gruppo), indossati camice, cuffietta e copriscarpe (oltre all’auricolare per la traduzione simultanea in italiano), abbiamo iniziato la visita.
Negli stabilimenti Boiron si lavorano 1.400 ceppi di origine vegetale, 1.100 di origine minerale/chimica, 500 di origine animale/biologica.
Il primo passo è quello del controllo dei materiali in entrata – i cosiddetti ceppi – che, prima di iniziare il processo di diluizione liquida (con alcool a 70° in atmosfera protetta), vengono scrupolosamente analizzati e, una volta passato il vaglio degli esperti, sono etichettati con un codice a barre essenziale per la loro tracciabilità.
I produttori che forniscono Boiron sono – se non ho capito male – una quarantina il cui materiale, per il 20% è rappresentato da piante fresche; da sottolineare come, sui 1.400 ceppi di origine vegetale utilizzati, un centinaio derivino da culture biologiche in quanto non più esistenti.
Le piante vengono pulite, sminuzzate, pesate e spostate nella cosiddetta “area alcolica” per la fase di macerazione (in una soluzione idro-alcolica) seguita, dopo 12-21 giorni, dalla decantazione e successivamente dall’estrazione della tintura madre tramite filtraggio. Il processo prosegue poi con una “fase quarantena” per analisi e con lo step finale: la diluizione. I numeri dell’omeopatia esprimono diluizioni invece di concentrazioni: una parte della tintura madre viene messa in un flacone insieme a 99 parti di acqua o alcol: si ha così una diluizione 1/100. Il liquido viene poi dinamizzato: il flacone viene agitato verticalmente per un determinato numero di volte ottenendo la prima diluizione centesimale.
Negli stabilimenti di Messimy, invece, abbiamo avuto modo di seguire la produzione e il confezionamento delle compresse i cui granuli sono composti dal 15% da lattosio e per l’85% da saccarosio. Alcune materie prime di origine minerale, chimica o animale sono infatti insolubili in un liquido. Per questo motivo vengono triturate e inserite nei granuli o nei globuli. Sono necessari 10 gg per ottenere un globulo (1,8 mm) e 15 gg per ottenere un granulo (3 mm), i granuli troppo grandi per la lavorazione non vengono smaltiti ma usati, dagli apicoltori, per gli alveari delle api.
Anche in questo caso si parte dal pesare la materia prima, segue la fase chiamata riconciliazione, poi la diluizione con il principio attivo, la granulazione, l’essiccazione, la calibratura. Dopo questa fase c’è la compressione con l’eliminazione delle polveri, un nuovo controllo qualità (massa, durezza, spessore…) e poi l’impacchettamento tramite una macchina le cui cellule memorizzano le informazioni dei vari lotti di prodotto e che vengono pulite da cima a fondo ogni 7 ore (nei due stabilimenti non erano ammesse le fotocamere ma qui si possono vedere alcuni video che illustrano le fasi di produzione dei medicinali).
Dell’intero processo mi ha colpito l’estrema attenzione alla qualità dalla prima all’ultima fase. In particolar modo nei confronti delle materie prime il cui approvvigionamento non segue il “mercato” ma il susseguirsi delle stagioni. Tutti gli ambienti di lavoro sono estremamente puliti, gli addetti (molti dei quali impegnati in scrupolosi controlli) sono stati molto cortesi nonostante alle volte fossimo un po’ di intralcio, le campagne attorno ai laboratori sono bucoliche con animali al pascolo e grandi distese gialle di colza, insomma un viaggio breve ma intenso, che mi permette oggi di guardare la boccetta di tarassaco con maggiore consapevolezza. Un ringraziamento doveroso a Boiron (Italia che ci ha accompagnato e che ha reso possibile la cosa, Francia per averci ospitati e guidati tra le linee di produzione), un saluto alla città di Lione che nonostante il tempo non proprio sereno, ci ha offerto squarci davvero graziosi e un “a presto” alle fantastiche compagne di viaggio (nonsolokawaii, cupofbrain, ideamamma e bebefacile).