Hornby e il tentativo di diventare più buoni

Durante le festività natalizie il libro sul mio comodino è stato “Come diventare più buoni” di Nick Hornby (versione Tea), un romanzo del 2001 ma il cui titolo ha solleticato i miei buoni propositi per l’anno da poco iniziato. Il libro racconta il rapporto travagliato di una coppia, i contrasti, le ipocrisie e le aspirazioni di una famiglia “media” inglese.
Senza svelare troppo sottolineo la bravura nell’autore nel narrare i due (interconnessi) filoni attorno ai quali si sviluppano le varie vicende. Da una parte c’è una donna sino a poco prima irreprensibile che si trova a dover convivere con un marito dispotico con il quale condivide un singolare affiatamento fisico ma verso il quale non riesce a vedere ormai altro che una serie di pretesti per litigare. Dall’altra parte c’è un marito eternamente di malumore che lavorando da casa si occupa dei figli ma che si rapporta con la moglie attraverso invettive e silenzi.
A rompere questo precario equilibrio arrivano due destabilizzanti novità: Katie tradisce il marito il quale, quasi contemporaneamente, modifica il proprio carattere diventando improvvisamente – e a suo modo – devoto al bene altrui.
Katie si trova spiazzata: se la storia con l’amante è conseguenza del rapporto ormai alla frutta con David, quando il destino pare avere ascoltato le sue preghiere, quando il marito ha finalmente cambiato il proprio stile di vita e il proprio modo di porsi nei confronti degli altri, ora che è lei improvvisamente passata dalla parte del torto, cosa succederà? Come potrà uscire dall’empasse che si è venuta a creare? Come dovrà comportarsi non solo nei confronti del marito ma anche dei figli?
L’altro punto di rottura è, come anticipato, la metamorfosi di David che, da crisalide che si nutriva di rabbia e rancore, si trasforma in una stupenda farfalla bramosa di aiutare le persone meno fortunate.
Anche per David però non sarà un cambiamento indolore: la sua bramosia di far del bene spesso è ingenua, utopica, egoistica nel “costringere” i suoi familiari ad adattarsi al suo nuovo status di “buon samaritano”. Senza contare che, la propria nuova predisposizione, deve comunque fare i conti con il tradimento della moglie e i molti pregiudizi da superare sia all’interno che all’esterno della famiglia.
Un libro ben scritto, piacevole, leggero ma che stimola la rifessione, ironico e tagliente allo stesso tempo, che mette a nudo fragilità, sogni e compromessi dei quali ogni ormai quasi quotidianamente siamo testimoni.

Remix, la mia recensione sul libro di Lessig

Una madre riprende il proprio bambino mentre, per la prima volta, inizia a ballare spingendo il proprio girello a ritmo di musica. Il video è divertente e la donna decide di conviderlo con amici e parenti caricandolo su Youtube. Ma dopo alcune settimane qualcuno scrive alla signora minacciando di intentare causa per una riproduzione non autorizzata.
Un ragazzo appassionato di manga, realizza un mashup, unendo come colonna sonora la propria canzone preferita e, per la parte visiva, immagini di una sequenza di scene del fumetto per il quale stravede.
Di questi paradossi e di molti altri aspetti legati al cosiddetto diritto d’autore si occupa il (bel) libro Remix, il futuro del copyright (e delle nuove generazioni) di Lawrence Lessig (fondatore di Creative Commons, l’organizzazione non profit che sostiene la condivisione pubblica di opere creative).
Un testo che cerca di fare il punto sulla situazione statunitense circa il copyright per capire come e se questa forma di tutela applicata con rigore nei media classici possa essere anche riprosta con le medesime modalità nel mondo digitale, territorio virtuale estremamente fluido, vasto e variopinto. Ma lo studio non si ferma a quest’analisi e scava più in profondità proponendo un ripensamento non solo del lato più “legale” del problema che la Rete porta a galla, ma un cambiamento capace di modificare economia, cultura e rapporto tra giovani e istituzioni.
Un libro ricco di aneddoti, riflessioni, suggerimenti per capire meglio la portata dei cambiamenti in atto non solo nell’industria culturale ma anche in tutti quegli atteggiamenti che – condannati o meno dalla legge – sono quasi diventati routine.

p.s.= un sentito ringraziamento a Gianfranco Chicco per avermi dato modo di ricevere una copia del libro

Vita e morte di F., l’esordio di Poppi

vita_e_morte_d_fCon orgoglio e gratitudine oggi spendo due parole per l’opera prima di un mio amico che gentilmente mi ha inviato il suo testo d’esordio poco prima dell’estate. Si tratta di Vita e morte di F. di Fabio I. M. Poppi ed è una sorta di diario tramite il quale protagonista del libro – edito da Boopen – le sue tribolazioni interiori associate al compito che lo vede pedina nello scacchiere del destino di vite altrui.
Un po’ E. A. Poe un po’ Anna Rice, il libro racconta di un uomo travolto da un destino più grande di lui che lo rende strumento e arbitro delle esistenze di alcune avvententi ragazze. Tra paure, angosce e visioni, per sconffiggere l’apatia quotidiana, F. si erge paladino contro il dolore salvo poi cadere esso stesso vittima dei propri obblighi, prigioniero di fatalità, bellezza e sentimenti che, nell’estasi della sua nuova vita come XIX, aveva forse creduto di sconfiggere.
Particolare il rapporto tra lettore e protagonista-narratore, fatto di interrogativi e giudizi sintomi di una mente offuscata dalla propria lucida pazzia e al contempo bisognosa di continue conferme su ciò che è realtà e ciò che invece è immaginazione.
A trovare il pelo nell’uovo si potrebbe forse dire che testo avrebbe necessitato di una più attenta analisi della bozza prima della stampa (qua e là ogni tanto, qualche refuso è scappato), ma è pur sempre un esordio, quindi non mi resta che dire: “in bocca al lupo!” nell’attesa di poter leggere altre fatiche letterarie by Poppi.

[update: a partire dall’estate del 2011 il gruppo Boopen è entrato nel network Photocity dando vita a Photocity Edizioni]

La sola certezza è l’incertezza di tutto

tiziano terzani un altro giro di giostraDa molto mi ero ripromesso di leggere Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani. E ora che sono riuscito a finirlo – non è stato facile lo ammetto, non è proprio una lettura semplice – sono felicissimo di averlo fatto. E paradossalmente nutro anche un po’ di invidia. Ovviamente non per lo stato di malattia inteso come “dolore/sofferenza”, ma come step necessario per riflettere sulla propria vita e sui valori della società nella quali si è inseriti. Il punto focale del libro infatti mi pare la critica di un approccio all’esistenza che, sulla scia di un razionalismo scientifico, ha forse tralasciato, nel curare un’infermità come nella vita “normale” di tutti i giorni, l’aspetto meno materiale della cura del proprio corpo. E così, dall’America inizia la ricerca di un iteneriario che, partendo dall’India e arrivando sino alle Filippine, tra medicina classica e alternativa, tra riti, pozioni e meditazione, punti alla ricerca di un nuovo equilibrio, di un’armonia con il proprio io e con gli altri esseri viventi, capaci di rendere ogni momento della propria esistenza la continua scoperta di un universo straordinario con la consapevolezza che la vita e la morte siano in realtà due facce della stessa medaglia. E’ così, tra aneddoti e storie simili a fiabe, il libro commuove e al contempo stupisce per la propria semplicità e profondità, invita alla riflessione, insua dubbi, interrogativi, perplessità. L’unico rischio è quello che una volta arrivati alla fine del testo, guardandosi allo specchio si veda la propria vita come eccessivamente piatta, ripetitiva e materiale. Da assaporare quindi lontani dalla vista di valigie, potrebbe istigare il desiderio di abbandonare tutto e fuggire.