Con Alice in Wonderland Tim Burton ha voluto sfidare se stesso. Il suo intento infatti era quello di rispettare l’essenza romanzo di Lewis Carroll portando sul grande schermo lo spirito e l’immaginario surreale del testo. Impresa non da poco. Appena uscito mi sono precipitato al cinema per vedere la nuova versione Disney ma ne sono rimasto in parte deluso. Così mi sono rifugiato in libreria e ho acquistato l’ormai classico di Carrol nella sua versione completa Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio. A termine della lettura però la situazione non è affatto migliorata, anzi forse il mio scetticismo nei confronti della pellicola è aumentato. Per carità, nulla da dire sulla regia, la cosa che poco mi convince è la sceneggiatura. Se infatti l’obiettivo era quello di allontanarsi dalle versioni precedenti creando una versione di impatto – per usare le parole di Burton stesso – beh, a mio parere la cosa non è riuscita appieno. Il film non è stato in grado di calarmi completamente nella dimensione del sogno, non è stato in grado di trascinarmi nel mondo fantastico ricco di personaggi e ambientazioni diverse che invece si è materializzato nella mia mente leggendo l’omonimo libro. Nonostante apprezzi Depp, ad esempio, il ruolo del personaggio del Cappellaio Matto, seppur ben caratterizzato, mi è parso troppo centrale rispetto alla storia narrata dal testo nel quale la sua presenza risulta marginale (leggendo il libro il Cappellaio non mi è sembrato per nulla coraggioso). Tra l’altro, il personaggio più “positivo” del libro, quello di cui Alice si ricorderà anche tornata alla realtà, è il Cavaliere Bianco alter ego di Caroll. Il film presenta dei nuovi personaggi rispetto alla versione a cartoni animati Disney ma nonostante tutto, a parte l’età della protagonista (in questo senso si potrebbe forse parlare di sequel del classico Alice), non si distacca poi molto dai precedenti remake. I continui cambiamenti di paesaggio tipici della partita a scacchi di Attraverso lo Specchio non ci sono, come non vengono richiamate tutta quella serie di operazioni eseguite al contrario (prima distribuire le fette di torta e poi tagliare il dolce) che rendono il mondo al di là dello specchio quanto mai singolare. Mancano personaggi quali Humpty Dumpty (l’uovo in bilico sul muro), la Finta Tartaruga, la Duchessa che avrebbero potuto rendere la pellicola più originale. Insomma, in ultima analisi, forse si è resa la storia un po’ troppo epica con il riferimento al Grafobrancio e al Ciciarampa (scherzando ho scritto su twitter che a tratti mi è sembrato di vedere “Il signore degli Anelli”), perchè poi, a ben notare, nel testo il Pedone Bianco Alice “sconfigge” entrambe le regine diventando, in undici mosse, loro pari.
Anche il personaggio della protagonista a dirla tutta non mi ha esaltato: certo Alice nel libro è cortese, educata, con un notevole istinto pratico ma nonostante la tenera età dimostra comunque un caratterino niente male capace di ribattere colpo su colpo agli strambi figuri che incontra nel corso della sua avventura. Ovviamente, almeno nella versione italiana, si perde anche il linguaggio poetico ricco di parodie e paradossi che la versione in lingua originale offre al lettore. Concludo sottolineando come anche il fatto che per risparmiare sui costi la produzione abbia deciso di convertire in tridimensionale scene girate con la tecnica tradizionale non mi abbia particolarmente entusiasmato.
Insomma se l’idea di fondo era quella di trasformare in immagini un testo di Caroll l’opera di Burton non mi sembra, diciamo così, quella definitiva. Per carità, resta comunque un film di piacevole visione ma dal regista di Ed Wood e Big Fish (dimenticando il suo remake de Il pianeta delle Scimmie), mi sarei aspettato qualcosa di più spettacolare.