Dall’edicola ai tablet: i magazine su Next Issue

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img from goodereder.com

Nel 2011, alla ricerca di modelli di business in grado di garantire un solido futuro al mondo dell’informazione giornalistica online, tre colossi dell’editoria americana (Gannet Company, The New York Company e The Washington Post Company) finanziarono il progetto ONGO, una sorta di aggregatore delle notizie di oltre 50 tra le più seguite testate statunitensi organizzate in 8 sezione tematiche. Nonostante le news fossero presentate senza pubblicità e l’abbonamento mensile fosse sceso rapidamente sino ad arrivare a 1.99 dollari, l’esperimento, dopo poco più di un anno, si concluse, bruciando così i 12 milioni di dollari di finanziamento iniziale.

Se il progetto ONGO non ha dato i frutti sperati, c’è un’altra realtà che invece sta raccogliendo consensi. Si chiama Next Issue, ha uffici a Palo Alto e New York e prima di Natale (il 15 dicembre 2013) renderà il proprio servizio disponibile anche oltre i confini USA, in Canada.

Di cosa si tratta? Next Issue è un’applicazione che permette la lettura di oltre 100 magazine. Frutto della partnership tra Condé Nast, Hearst corporation, Meredith, News Corporation e TimeInc., il sistema permette, previa abbonamento mensile, di avere accesso illimitato alle riviste in catalogo. Una sorta di Spotify dell’informazione periodica. L’utente, armato di iPad, tablet Android o pc/tablet Windows 8, può optare per due tipologie di abbonamento: con 9.9 dollari mese ha a disposizione 97 magazine (da Vanity Fair a Wired, da Fortune a PC Magazine), pagando 14.99 dollari ha accesso a 107 riviste, le mensili più alcune tra i più noti settimanali (Time, People, The New Yorker, Sports Illustrated…). Scegliendo tra le proprie riviste preferite l’utente avrà modo di sfogliarle appositamente impaginate per il supporto in uso, con la pubblicità, ma con la possibilità di visualizzare contenuti speciali quali video, interviste, animazioni grafiche.

Next Issue trattiene per sé il 40% lasciando la restante percentuale dei proventi ai gruppi editoriali.

La componente prezzo mi pare molto interessante: il costo mese richiesto all’utente non è bassissimo se paragonato alle cifre di un abbonamento annuale “su carta” a uno dei magazine che il servizio permette di leggere in versione digitale. Proprio per questo motivo per, diciamo così, ammortizzare la spesa, un utente dovrebbe sfogliare un bel po’ di riviste. Il sistema, infatti, si rivolgere ai lettori “avidi” di informazioni, quelli interessati a pochi e ultra selezionati periodici, probabilmente non sfrutterebbero al meglio il servizio e quindi a Next Issue potrebbero preferire per l’abbonamento alla singola rivista (Wired, per esempio, costa 5 dollari per 6 mesi di edizione cartacea e tablet). Trattandosi principalmente di mensili, poi, l’aggiornamento della bacheca con i propri magazine preferiti si rinnoverà solo ogni 30 giorni.

Il servizio merita di essere tenuto sotto la lente di ingrandimento, rappresenta un interessante esperimento per comprendere meglio le dinamiche del lettore digitale. Anche se, a ben vedere, Next Issue non è altro che un sistema di distribuzione di contenuti cartacei online che pare continuare a rivolgersi a una tipologia di lettore abituato ai tempi e ai modi della carta più che alla dinamicità delle Rete.

Web Car, quando il giornale è in video streaming

Foto: la Stampa

In News(paper) Revolution ho cercato di riassumere i cambiamenti del mondo del giornalismo derivanti dallo sviluppo della comunicazione online. Ho volutamente deciso di circoscrivere il mio approfondimento, la “rivoluzione digitale” che ha modificato in profondità le diverse professionalità legate al mondo dell’informazione non può, infatti, essere ridotta all’elenco delle seppur notevoli ripercussioni legate alla Rete. Ne è testimonianza la nuova vettura in dotazione a la Stampa, un’auto a misura di report digitale. Perché, ormai – altro riflesso della digitalizzazione delle redazioni – distinguere tra carta e altri supporti diventa quasi superfluo. I contenuti di un quotidiano, non molto tempo fa disponibili solamente in versione cartacea, sono oggi fruibili anche attraverso computer, tablet, smartphone e net tv. Le notizie non si diffondono più solamente per via testuale, diventando ogni giorno sempre più variegate, più multimediali, composte non solo da lettere ma da immagini, video e infografiche. Il mondo dell’editoria, pur moltiplicando gli strumenti attraverso i quali raccontare le notizie, è quindi, paradossalmente, più omogeneo: anche i quotidiani comunicano tramite video (addirittura alcuni hanno canali all news non stop), le emittenti televisive non possono rinunciare all’informazione testuale dei propri siti web.
Non deve quindi sorprendere la Web Car de la Stampa, una vettura con la quale il giornale realizza “dirette in video-streaming ovunque sul territorio europeo e avere sempre a disposizione il wi-fi per reportage on-the-road, via satellite”.
Alla base una parabola auto-puntante – un’attrezzatura ridotta all’osso talmente piccola da essere trasportata anche all’interno di un bagaglio da viaggio – un router, un mixer e un pc con i quali gestire riprese, videoconferenze, montaggi video e… addirittura un drone comandabile dal mezzo.
Il battesimo di questo innovativo sistema di trasmissione delle informazioni sarà la mostra del Cinema di Venezia, una partenza soft per scoprire, senza troppi patemi, tutte le potenzialità della nuova risorsa a disposizione del Quarto Potere. Che solo proseguendo sulla strada dell’innovazione potrà costruirsi un futuro.

Bezos acquista il Washington Post, il giornalismo torna a sperare

Photo: Billboard.com

La notizia dell’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos mi ha colto di sprovvista, ero in vacanza fuori Italia e non avevo modo, visto il saltellante wifi dell’albergo dove mi trovavo, di approfondire la questione. Così, una volta tornato a casa, ho cercato di rifarmi leggendo notizie e considerazioni su un’operazione, forse proprio per il clima vacanziero, passata un po’ in sordina nonostante si riferisca al giornale della capitale degli Stati Uniti, conosciuto anche oltreoceano per il Watergate che portò all’impeachment di Nixon.

Il punto di partenza è stata la lettera con la quale, al momento dell’acquisto, il fondatore di Amazon ha voluto rassicurare i dipendenti della testata. Un testo semplice, chiaro, che se da un lato ribadisce il valore del giornale come fulcro degli interessi dei lettori, dall’altra sottolinea come Internet stia trasformando l’intero comparto dell’informazione, accorciando il ciclo delle notizie, erodendo la forza numerica delle fonti di guadagno che sembravano consolidate e dando luogo a una nuova competizione editoriale. Nuove sfide, insomma, che a fronte delle attuali mancate certezze del mercato legato alla stampa, Bezos invita a superare inventando e sperimentando. Nel segno della tradizione dei Graham e mantenendo sempre al centro del progetto (lo ripete) i lettori e le loro esigenze.

Ma perché Bezos ha deciso di acquistare il WaPo? Quale il suo obiettivo?

Sottolineato che, secondo alcune stime, i 250 milioni di dollari versati da Bezos, rappresenterebbero meno dell’1% del capitale del fondatore di Amazon, i maligni individuano questioni di opportunità: la proprietà dello storico quotidiano potrebbe portare in dote contatti influenti della scena politica statunitense utili, forse, per agire indirettamente su questioni molto importanti quali, ad esempio, la tassazione sugli acquisti online.

In fondo, se è vero che Bezos è “ossessionato” dalla customer experience e dai programmi di lungo periodo, è altrettanto vero che il Washington Post, nella propria versione cartacea, nel 2012 abbia fatto registrare perdite per oltre 53 milioni di dollari. La sfida, insomma, appare decisamente impegnativa (lo stesso Bezos, nel novembre dello scorso anno, affermò di prevedere la scomparsa dei giornali di carta entro 20 anni).

Personalmente, però, sono tra coloro che intravedono benefici nell’ingresso nel mondo dell’editoria di una tale personalità. Bezos ha investito in dot company quali Twitter e Airbnb, ed è a capo di Amazon, realtà da anni nel business della creazione e distribuzione dei contenuti che ha fatto la sua fortuna soprattutto grazie all’infrastruttura tecnologica, uno degli aspetti del mondo del giornalismo che necessitano di profonda innovazione.

Con la speranza che Bezos possa portare nuova linfa – in termini di approccio, strategie e soluzioni – al mondo della stampa, in attesa delle prime scelte concrete, non mi resta che annotare quanto accaduto per un eventuale aggiornamento di News(paper) Revolution.

Il giornalismo digitale secondo Davide Mazzocco

Giornalismo Digitale - Davide MazzoccoTra i testi con i quali ho deciso di ampliare la bibliografia della versione digitale di News(paper) Revolution c’è anche Giornalismo Digitale di Davide Mazzocco, giornalista e scrittore che ho avuto modo di conoscere (anche se di sfuggita) allo scorso Salone del Libro di Torino. La prefazione di Sergio Maistrello (altra new entry della bibliografia del mio libro) non lascia spazio a dubbi sulla bontà del saggio, un testo interessante del quale ho apprezzato soprattutto l’equilibrio, tra aspetti teorici e pratici, scelto nell’affrontare l’evoluzione della comunicazione giornalistica online (non spaventi il sottotitolo Architettura, programmazione, ottimizzazione). Nel libro trovano spazio, infatti, aneddoti legati al lavoro in redazione, testimonianze dirette frutto dell’esperienza dell’autore in piccole-medie testate, spazi che per sopravvivere sono in qualche modo “costretti” a una maggiore intraprendenza nel fare propri gli sviluppi della Rete. Il libro presenta consigli sulla scelta delle immagini, sull’utilizzo dei link esterni ed interni, sulla razionalizzazione del tempo e sull’approccio multitasking, sulla divisione dei compiti in redazione e sull’utilizzo più consapevole di motori di ricerca e social network. Una scrittura semplice e chiara, capitoli brevi, un font utilizzato più che piacevole e delle interviste finali ad alcuni addetti ai lavori che con le loro osservazioni da prospettive differenti fanno da corredo a un libro la cui lettura è sicuramente raccomandata. Per utenti che vogliano conoscere la Rete per informarsi in maniera migliore.

Il giornalismo del futuro? Innovazioni dentro e fuori le testate da tenere sottocchio

Lo scorso martedì 28 maggio, in occasione dell’uscita della versione ebook (riveduta e aggiornata) del mio News(paper) Revolution sono stato ospite di Digital Accademia per parlare di giornalismo e social media. Avendo solo due ore a disposizione e dovendo confrontarmi con una platea tutt’altro che sprovveduta ho ripensato la mia presentazione tentando, dopo la prima parte dedicata ad un breve excursus sulla storia del giornalismo online, di individuare 10 caratteristiche del web attorno alle quali le testate si stanno muovendo (o, meglio, si dovrebbero muovere) per rinnovare il mondo dell’editoria.

Ho così individuato una serie di strumenti e iniziative – schematicamente divisi tra innovazioni esterne o interne alle testate – da tenere d’occhio, al di là del numero del loro bacini attuale di utenti attivi, per intravedere (forse) gli ulteriori sviluppi della comunicazione (giornalistica) online.

La grafica non è certo il mio forte, la presentazione è volutamente scarna, ridotta all’osso. Ecco perché, in breve, cerco di sintetizzare ciò che propongo quando, servendomi del ppt, rifletto a voce alta.

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Tra le innovazioni fuori dalle testate ho scelto, a titolo esemplificativo:

Flipboard, NewsWhip, Italia2013.me, Instagram, Storify, Vine, Google+, Storyful e i Social Reader di Facebook.

Tra i progetti più interessanti all’interno delle testate ho invece segnalato:

HuffPost Live, Snow Fall, Live Blogging, Archivi Digitali, Native Advertising, Compendium, PaperPay, JuLiA, Guardian Witness e The Dish.

Flipboard

Con le applicazioni non solo ognuno di noi può filtrare le notizie in base ai propri interessi organizzandole come un magazine, con le ultime versioni può anche condividere il proprio “giornale”, diventando quindi non solo autonomo nell’atto di informarsi ma anche “editore” per altri utenti che con lui condividono l’interesse per determinati argomenti.

NewsWhip

Le risorse che aggregano le notizie più chiacchierate della Rete, che indicizzano i contributi più condivisi, stanno riscuotendo un notevole successo. Analizzare la Rete, individuare i contributi del web più rilevanti diventa sempre più importante.

Italia2013.me

Esperimento di content curation molto interessante che, per raccontare le elezioni, ha utilizzato i cittadini come fonti della notizia.

Instagram

Grazie ad uno smartphone i nostri “racconti per immagini” possono viaggiare nel web e, grazie all’utilizzo di hashtag condivisi, partecipare alle testimonianze degli altri utenti.

Storify

Unire contributi di differenti utenti in un unico flusso al quale aggiungere le proprie osservazioni, fantastico, no?

Vine

Anche con video di soli 6 secondi si può raccontare molto. Un esempio? Le pillole dalle passerelle del WSJ in occasione della New York Fashion Week.

Google+

La videochat rappresenta sicuramente un’opportunità per dialogare in maniera interattiva con altri utenti.

Storyful

Società con sede a Dublino composta da un team di professionisti che monitora i social media catturando immagini e contenuti degli utenti da vendere poi alle testate di tutto il mondo.

Social Reader (di Facebook)

Facebook ha ultimamente modificato l’algoritmo alla base del news feed. Oggi hanno maggiore risalto i soli contenuti che raccolgono condivisioni, like e commenti. E questo ha cambiato le carte in tavola costringendo alcune testate, prima molto attratte dalla possibilità di conquistare fette di audience tra i giovani, a rivedere il loro impegno nel social network di Zuckerberg.

HuffPost Live

Nuovo spazio all’insegna di multimedialità e interattività del pubblico: come suggeriscono dalla testata di Arianna Huffington, una via di mezzo tra YouTube e la CNN.

Snowfall

Esperimento del NYT capace di guadagnarsi non solo l’attenzione tra gli addetti ai lavori ma anche un premio Pulitzer per la capacità di proporre una lettura particolare: il testo (lungo) si arricchisce di video e animazioni interattive.

Live Blogging

Per seguire in tempo realtà lo sviluppo dei grandi avvenimenti, preferibile la struttura snella e dinamica di un live blog.

Native Advertising

Alla ricerca di nuove forme di pubblicità, i quotidiani riscoprono – con alterne fortune – i contenuti sponsorizzati (ne ho parlato anche qui).

Compendium

Una sorta di Pinterest delle notizie di una testata che consente al lettore di raccogliere in una bacheca pubblica i pezzi che ritiene più interessanti da catalogare.

PaperPay

Il giornale di carta venduto tramite la lettura di un codice a barre (ho scritto sul servizio qui).

Guardian Witness

L’applicazione con la quale il Guardian invita i lettori a proporre alla redazione i propri contributi su fatti dei quali sono stati diretti testimoni che potrebbero poi essere ripresi dalla testata.

The Dish

Un blog senza pubblicità né soldi da venture capitalist che chiede ai proprio lettori i fondi per continuare a servire il proprio pubblico. Bella scommessa!

Adoro confrontarmi con chi – anche se non necessariamente un giornalista – la Rete la vive ogni giorno a suo modo, cercando il modo migliore per sopravviverci. La mia è una testimonianza, spero costruttiva, di un mondo in continuo perenne mutamento.

Giornalismo e web raccontati con dissacrante lucidità

Strano ma vero, sono ufficialmente un lettore di ebook solo da alcune settimane. Ancora in parte non abituato alla sola lettura in digitale, indeciso su quale titolo acquistare per “rompere il ghiacchio”, ho optato per Il Web e l’arte della manutenzione della notizia, il saggio di Alessandro Gazoia edito da MinimunFax. Si tratta di un approfondito excursus che analizza i cambiamenti in atto nel mondo del giornalismo, portando avanti un interessante parallelismo tra gli sviluppi e il modo di fare informazione nostrano e il “quarto potere” negli Stati Uniti, Paese guida, per tecnologie e sperimentazioni, della rivoluzione apportata alla stampa dalla Rete. Partendo da alcune riflessioni sui cambiamenti del lavoro di giornalista, sul modo di comunicare e partecipare alla vita politica e sociale degli utenti, l’autore ci accompagna alla ricerca del significato dell’informazione (e quindi, in ultima analisi, anche delle chiavi interpretative a nostra disposizione) oggi.
Un libro del quale ho apprezzato in particolar modo due aspetti: da una parte la scelta di non limitarsi ad analizzare le grandi testate ma di raccontare anche i “giornali nativi digitali” e gli spazi più noti specializzati nell’informazione locale. Dall’altra, l’uso di un approccio disincantato (che non lesina critiche) nei confronti del giornalismo italiano, del quale vengono analizzati i tratti distintivi sottolineandone vizi (tanti) e virtù (pochine) che lo contraddistinguono.
Un testo fatto anche di numeri, di tabelle, di raffronti, di link, che consente di avere un’idea quanto mai precisa sulla realtà informativa dei nostri giorni. Insomma, un libro di sicuro interesse che, visto anche il costo irrisorio, è sicuramente da leggere.

PaperPay, l’app per comprare i giornali cartacei dal telefonino

PaperPay

Concentrato sull’aggiornamento del mio libro – file consegnato all’editore, speriamo a fine mese possa uscire la versione ebook di News(paper) Revolution – ultimamente mi sono focalizzato maggiormente sull’innovazione del web e dei suoi nuovi strumenti per comunicare.
In realtà, nonostante ormai quasi tutte le testate abbiano puntato i loro sforzi sui device digitali, anche la tradizionale “carta”, seppur generalmente in maniera confusa e senza molta convinzione, cerca (affannosamente) di stare al passo con i tempi sposando progetti che, se non fermano il declino, quantomeno cercano di proporre nuovi percorsi da intraprendere.
E’ il caso di PaperPay, l’applicazione per sistemi Android e iOS, lanciata a fine marzo in Inghilterra da Trinity Mirror, la società editrice, tra gli altri, del Daily Mirror e del Sunday Mirror. Di cosa si tratta? Semplice. E’ un applicativo che, scaricato su smartphone, previa registrazione e sottoscrizione di una delle tipologie di abbonamento previste (settimanale, mensile o annuale, con diverse forme di sconto e possibilità di pagare con carta di credito, PayPal o SMS), consente di ottenere un codice a barre personale. Mostrando il quale, recandosi da uno dei 47.000 giornalai aderenti all’iniziativa, poter ritirare la copia cartacea del quotidiano, senza più preoccuparsi di avere spiccioli a sufficienza o di aver dimenticato a casa il portafogli. Ai primi utilizzatori dell’app venivano, inoltre, offerte 5 copie gratis del Daily Mirror e la possibilità di partecipare all’estrazione settimanale di un premio di 100 sterline.
Stando alle parole di Matt Colebourne, direttore del reparto new business del Trinity Mirror, l’applicazione potrebbe aiutare a comprendere il numero esatto di copie cartacee che i lettori desiderano. In un mercato come quello della stampa tradizionale sempre più attento alla voce dei costi (e, quindi, le perdite) – uno degli strateggi più utilizzati, in questo senso è la riduzione della foliazione – sapere quante copie stampare, evitando gli sprechi, potrebbe essere una delle soluzioni valide. Il futuro della carta sarà il print-on-demand?

State of the News Media 2013, alcuni spunti di riflessione

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Da alcuni giorni è online la nuova versione di State of the News Media, lo studio che annualmente Pew Research Center pubblica sul monitoraggio dei principali mezzi di comunicazione statunitensi.

Tra i molti spunti proposti, alcuni relativi ai quotidiani, mi sembrano interessanti.

Gli introiti adv della stampa, nel suo complesso, continuano a decrescere: dal picco raggiunto nel 2005 con oltre 49 milioni di dollari, lo scorso anno, a distanza di 7 anni, il valore è sceso a poco più di 22,5 milioni di dollari, perdendo quindi più della metà delle revenue.

Gli introiti dell’advertising online crescono – del 3% nel solo 2012 – ma non sembrano al momento poter far fronte alla caduta dei ricavi pubblicitari della stampa tradizionale. Se nel 2011 ad ogni dollaro guadagnato dalla pubblicità dei quotidiani online ne corrispondevano 10 persi nell’adv della stampa su carta, nel 2012 il rapporto è peggiorato toccando la quota 1 a 16.

Il calo più vistoso, per quel che riguarda l’adv della stampa su carta, si è avuto tra il 2008 e il 2009 quando in un solo anno gli introiti sono scesi di quasi 10 milioni di dollari.

L’adv online, cresciuto con una buona costanza tra il 2004 e il 2007, sembra aver appiattito la salita degli investimenti, dal 2010 ormai ancorati a quota 3 milioni di dollari.

Tra le voci storicamente più redditizie per i giornali, i cosiddetti “classified ad” (gli annunci a pagamento) sono passati in una dozzina di anni dal garantire alla stampa 20 miliardi di dollari a poco meno di 5 miliardi di dollari nel 2012. In particolare gli introiti legati agli annunci legati al recruitment sono crollati: da soli nel 2000 garantivano alla stampa più di 8 miliardi di dollari che nel 2012 sono diventati poco più di 0,7 (d’altra parte servizi come LinkedIn hanno reso la ricerca di candidati idonei a una determinata posizione lavorativa molto più semplice).

Gli introiti derivanti dalla distribuzione dei quotidiani, contrariamente a quanto forse ci si potrebbe aspettare, sono rimasti bene o male abbastanza costanti nel corso degli ultimi vent’anni. La perdita dei guadagni dalla pubblicità finisce tuttavia per rendere questo “contenimento” non sufficiente a contrastare i segni negativi dell’adv tradizionale.

Osservando i dati aggregati legati all’audience dei siti dei quotidiani statunitensi online, se è vero che crescono i visitatori totali mese (e quindi anche la reach), le loro visite e il tempo che questi trascorrono in media nei siti supera ormai i 4 minuti, è altrettanto vero che il numero di visitatori al giorno registra un calo rispetto al novembre 2011.

Il podio delle testate online più visitate al mondo – in termini di visitatori unici – vede al primo posto il Mail Online, al secondo il New York Times, al terzo il Guardian. La crescita del New York Times è dovuta anche ai 600.000 abbonamenti digitali al quotidiano. Non sorprende, quindi, che proprio il New York Times sia in prima posizione in termini di copie digitali pagate, seguito, negli Stati Uniti, dal Wall Street Journal e dal New York Post. La quota di digital edition di quest’ultima testata è però 5 volte inferiore al quotidiano primo in classifica, un distacco nettissimo tra le prime due posizioni e gli altri giornali.

Gli occupati nelle redazioni, dopo il picco a cavallo degli anni ‘90, dal 2006 al 2009 sono diminuiti di 15.000 unità e anche lo scorso anno, dopo una fase di stabilità, hanno ricominciato a scendere.

Tutte le percentuali di lettura dei quotidiani (del giorno giorno precedente) delle differenti fasce di età nel corso degli anni si sono ridimensionate. In particolare, gli adulti tra i 35-44 anni, dal 2009, hanno subito un notevole diminuzione (ma in generale, negli ultimi 5 anni decrescono meno lentamente solo i giovani 18-34 e gli over 65).

Orizzonte nero? Sicuramente siamo vivendo un periodo di forti cambiamenti ma, come ribadito nelle conclusioni dello studio, nonostante i dati, i quotidiani non sembrano considerati superati dai lettori-utenti, continuano a consevare la loro utilità di sintesi della realtà che circonda ognuno di noi. Una nuova generazione di “addetti ai lavori”, inoltre, sta tentando di utilizzare al meglio le piattaforme digitali facendone parte integrante delle proprie strategie. Resto convinto che internet – e in generale le tutte le nuove piattaforme attraverso le quali oggi le informazioni possono essere veicolate – rappresenti (come spesso ribadisco) un’opportunità più che una minaccia per un comparto rimasto per troppo tempo ancorato a certezze che oggi sembrano quantomai scricchiolanti.