La mostra che ho potuto ammirare lo scorso martedì al Palazzo delle Esposizioni di Roma mi ha permesso di conoscere l’arte di Bill Viola, uno dei massimi esponenti di quel genere di artisti contemporanei che si esprimono tramite sequenze video e installazioni che riescono a coinvolgere appieno gli spettatori rendendoli partecipi di un’esperienza che non risulta solamente visiva ma anche (e soprattutto) emotiva. Rallentando il ritmo delle proprie riprese, il tempo si dilata e in questo modo i sensi paiono maggiormente ricettivi, pronti a percepire ogni singolo movimento, ogni singolo cambiamento nel volto di una persona che, pian piano, frame dopo frame, mostra stupore, dolore, rabbia, e che, entrando in contatto con elementi naturali quali il fuoco o l’acqua, pare abbandonare la materialità del proprio corpo. E così volti, mani, sguardi, sospesi in sfondi adimensionali, riflessi su specchi d’acqua immobili paiono fondersi, diventano maschere, espressioni statiche eppure ogni secondo diverse che nella loro silenziosità riescono a comunque a comunicare e a far intraprendere al pubblico che le ammira quel percorso conoscitivo di/su noi stessi che tanto sta a cuore all’artista nato a New York. Un’esperienza impegnativa (alcuni video durano davvero molto, tanto che lo stesso Viola indica in 7 ore il tempo necessario per gustare al meglio la mostra), che sicuramente avrebbe meritato una visione più tranquilla e più libera (ultimo giorno dell’esposizione, notevolissimo afflusso di gente), ma che, almeno per la parte inziale, ho apprezzato molto.