Quasi un anno fa, su consiglio di un’amica, navigando nella Rete alla ricerca di nuovi, accattivanti quanto innovativi siti, ho conosciuto Muxtape, una piattaforma che ha in brevissimo tempo scalato la classifica dei miei spazi della Rete preferiti. Il servizio era semplice quanto intuitivo: l’utente non registrato, visitando l’homepage, visualizzava tanti piccoli quadratini colorati con diversi nomi sui quali (la cui visualizzazione era gestita in maniera random, per cui ogni volta ne camparivano di diversi), cliccando, accedere a delle playlist suggerite in pieno stile web 2.0. La cosa che rendeva particolare il sito è che attraverso Muxtape si potevano ascoltare brani diversissimi, da tutto il mondo (ricordo con simpatia dei pezzi hardcore russi), spesso semisconosciuti o comunque non propriamente “mass-market”. L’iniziativa però, visto anche il successo con la quale la community è cresciuta (ovviamente anche il sottoscritto aveva fatto la sua indie-playlist), ha attirato ben presto le ire di etichette discografiche e varie associazioni statunitensi (una su tutte, la temutissima RIAA) che intravedevano nel servizio un mezzo per alimentare la pirateria e la diffusione di musica in maniera illegale, svincolata dai diritti che solitamente vincolano le tracce. Sono tornato oggi a vedere il sito e ho potuto leggere la lunga storia circa le disavventure di Justin, l’ideatore di Muxtape (il racconto mi ha un po’ ricordato il film Insider) e ho potuto leggere le novità della nuova versione ora in fase di test. Dalle prime indiscrezioni sembra che la nuova piattaforma potrà garantire come agli utenti di ascoltare nuova musica e agli artisti di pubblicare le loro tracce (creandosi dei profili con calendari, foto, commenti…). Spero davvero che il progetto possa proseguire, sono sempre alla ricerca di nuova buona musica.