Premessa: un sentito ringraziamento a Gianfranco Chicco per avermi dato modo di ricevere una copia de L’Onda anomala, Interagire e collaborare con i consumatori ribelli, versione italiana del celebre Winning in a word trasformed by social tecnhologies (di Li e Bernoff) che, nonostante i buoni propositi, avevo potuto leggere solo in parte.
Le prime pagine del testo dell’Harvard Business sono un vero crescendo: dagli aneddoti della “sfida” tra Digg e gli operatori dell’industria cinematografica attorno al formato HD-DVD al racconto del effetto Straisand, il primo capitolo è un susseguirsi di osservazioni che sottolineano come internet non sia una piccola isola lontana dal business e dalla realtà sociale, ma anzi come l’insieme degli utenti rappresenti ormai una vera e propria onda anomala, capace di utilizzare le tecnologie e i nuovi strumenti a disposizione nelle Rete per trovare (e generare) informazioni in maniera autonoma. Ma non solo. Online, conversando con altri utenti nelle community come nei social network, le persone ogni istante ridefiniscono – in base a ciò che scovano nel web – il significato che danno ai vari brand con i quali entrano ogni giorno in contatto. Così, ad esempio, una recensione non proprio positiva di un prodotto/servizio scritta da un blogger, può essere commentata dagli utenti, può venir ripresa nelle prime posizioni dai motori di ricerca, condivisa nei vari social network e quindi può (potenzialmente) essere diffusa a un numero di persone ampissimo. Per le aziende si rende quindi sempre più importante non solo l’ascolto delle dinamiche online ma anche la partecipazione attiva per interagire in maniera costruttiva con i potenziali consumatori e meglio gestire la propria presenza nel web (e magari entrare in contatto diretto con quei consumatori che si dimostrano fan accaniti del prodotto/servizio).
Il libro presenta molte interessanti case history, affrontando con dovizia di particolari i tre macro obiettivi che ogni strategia oggi dovrebbe seguire: ascoltare, parlare, mobilitare. Non mancano poi i suggerimenti (ad esempio l’ormai celebre processo POST) sul come una realtà possa maturare il proprio approccio con i consumatori che fruiscono dei nuovi media digitali. Un libro davvero interessante insomma, scritto in primis per responsabili marketing/comunicazione di aziende ma indicato anche a tutti coloro che, come il sottoscritto, lavorano nell’ottica di conversare con gli utenti e di coinvolgerli attorno a un nuovo prodotto/servizio.
L’unica pecca, forse, è quella che i dati presentati, pur interessanti, non fotografano la realtà italiana (ecco perchè alcune settimane fa avevo lanciato una survey…), della quale possiamo solo immaginare il grado reale di penetrazione della Rete. A ben vedere anche i dati relativi agli States non sono proprio recentissimi (2006/07) ma danno comunque l’idea dei trend e ai vari profili del/nel web e certo non minano la credibilità di un testo frutto di analisi e di interazioni con migliaia di clienti.
Il primo Girl Geek non si scorda mai
Lo scorso venerdì sono finalmente riuscito a intrufolarmi al Girl Geek Dinners Milano. Non mi ero fatto molte aspettative, non mi sono affacciato da molto nella blogosfera milanese e quindi non posso certo ambire alla massima notorietà ma la serata è stata comunque in grado di sorprendermi piacevoltemente. Arrivo puntuale, forse troppo. Aspetto un po’, poi mi decido a scendere, il ruolo del divo non mi calza troppo. Tra l’altro di fronte al banchetto principale c’è già una lunga fila di persone pronte ad affollare l’open lounge Fiat. Mi guardo intorno con fare da blogger vissuto e aspetto il mio turno. Mi presento e, dopo un po’ di suspance, ricevo il mio adesivo e i miei regalini (uno su tutti, il tanto agognato monopoli versione BlogStar by MargotMood). Mi mescolo tra la gente, tento di riconoscere qualcuno (le donne hanno tutte il loro badge in zona décolleté quindi per leggere l’indirizzo del blog si rischiano manrovesci che, visto l’appuntamento mondano, decido saggiamente di evitare), sorrido, ordino una caipiroska alla fragola e, magiando qualche stuzzichino, aspetto l’inizio ufficiale delll’incontro. Dopo alcuni minuti, infatti, alcune responsabili “digital” (Barilla, Alfa Romeo, Ducati, Nike e ovviamente Fiat) raccontano i progetti in essere nei social media delle aziende per le quali lavorano e rispondono alle curiosità dei partecipanti alla serata. Una volta terminata la parentesi seria, la parte social entra nel vivo: ci dividiamo in gruppi in base al colore del nostro adesivo e iniziamo in maniera convulsiva a scambiarci moocard e bigliettini da visita tentando di spiegare agli altri chi siamo e cosa facciamo veramente (tutti/e sembrano sempre superinteressati/e). Conosco così sexy writer, traduttrici, musiciste, blogger, di tutto di più. La serata poi continua tra cocktail, estrazioni di premi e chiaccherate varie. Il tempo dei saluti arriva forse troppo presto, una leggera pioggerellina chiude un’occasione di svago diversa che spero possa presto ripetersi.
La pubblicità è servita: incontro con Philip Kotler
Il 17 giugno scorso ho avuto il piacere di partecipare al convegno – organizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano – dal titolo: “La pubblicità è servita“. Guest star dell’incontro (spero di non risultare irrispettoso usando questa espressione), Philip Kotler che, parlando di fronte a una nutrita platea, ha parlato di marketing del 3° millennio, anticipando alcune delle riflessione contenute nel suo ultimo libro (scritto con John A. Caslione) Chaotics. Nonostante la levataccia (le registrazioni al convegno sono partite alle 8.30 anche se poi la discussione è cominciata dopo le 10), poter assistere dal vivo alle analisi di Kotler risulta sempre molto interessante e costruttivo. Dall’intervento è emerso come quello di oggi sia un periodo di “turbolenza” sconvolto da due macrofenomeni: da una parte la globalizzazione e dall’altra la digitalizzazione. In quest’ottica risulta quindi ancora più importante l’aspetto comunicativo-conversazionale del rapporto con il potenziale consumatore online che dovrebbe/potrebbe portare – come ultimo step – alla co-creazione del prodotto, come accaduto con i brand Lego e Harley Davidson. Ciò significa innanzitutto porre maggiore attenzione all’ascolto degli utenti ma anche comprendere come, nel momento di crisi attuale, l’acquisto di auto e, in generale, di beni costosi/complessi, vengano ridotti o procrastinati. Occorre quindi sviluppare un media mix più efficiente in grado di rinnovare, innovare e rendere più “fresh” il marketing. Significativo in questo senso la case history P&G che ha portato negli USA, in un momento non proprio brillante dell’azienda, ad una riorganizzazione pressoché totale: standardizzazione dei prodotti, riduzione del numero di variazioni di prodotto in temini di formati e tipologie, vendita e/o ridimensionamento dei “rami secchi” non più remunerativi. Illuminante, per un attimo ho avuto l’illusione (appagante) di essere (più giovane) in un campus universitario statunitense.
Incontro con l’art senza Testa
Lo scorso sabato ho avuto il piacere (e l’onore) di partecipare a un incontro dal titolo “Comunicazione e Immagine” organizzato da Florilegio Ars Factory presso la Fabbrica del Vapore. Guest star del dibattito, Sergio Mascheroni, storico Art Director dell’agenzia Armando Testa, famoso per le campagne Martini (il mitico “No Martini No Party”), Gabetti, De Agostini… Un incontro davvero piacevole nel quale Mascheroni ha raccontato la propria esperienza in agenzia e le differenze con il suo attuale stato lavorativo di “freelance”, narrando alcuni aneddoti interessanti circa il proprio lavoro e la vita in agenzia (pare che il testimonial indicato per Martini inizialmente non fosse George Clooney ma Jack Nicholson) e alcuni riflessioni sul cliente ideale dal punto di vista lavorativo, sui progetti creativi “al tempo del web”, sull’organigramma operativo di un’agenzia e sulla nuova passione della regia. Mascheroni ha infatti scritto e diretto il film dal titolo: “Il cielo sotto la polvere“, pellicola indipendente girata a Milano – un gospel movie italiano – con la partecipazione di Ornella Vanoni. E’ incredibile quanto l’oretta di confronto insieme con domande, spezzoni video e testimonianze, si sia come dilatata nel tempo dando vita ad un incontro davvero interessantissimo, pregno di spunti e motivi di riflessione. Così, alla fine, nel momento del brindisi, impacciato e intontito da tanti stimoli costruttivi non ho saputo che dire: “Complimenti e in bocca al lupo per la carriera da regista”. Sorry.
La sola certezza è l’incertezza di tutto
Da molto mi ero ripromesso di leggere Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani. E ora che sono riuscito a finirlo – non è stato facile lo ammetto, non è proprio una lettura semplice – sono felicissimo di averlo fatto. E paradossalmente nutro anche un po’ di invidia. Ovviamente non per lo stato di malattia inteso come “dolore/sofferenza”, ma come step necessario per riflettere sulla propria vita e sui valori della società nella quali si è inseriti. Il punto focale del libro infatti mi pare la critica di un approccio all’esistenza che, sulla scia di un razionalismo scientifico, ha forse tralasciato, nel curare un’infermità come nella vita “normale” di tutti i giorni, l’aspetto meno materiale della cura del proprio corpo. E così, dall’America inizia la ricerca di un iteneriario che, partendo dall’India e arrivando sino alle Filippine, tra medicina classica e alternativa, tra riti, pozioni e meditazione, punti alla ricerca di un nuovo equilibrio, di un’armonia con il proprio io e con gli altri esseri viventi, capaci di rendere ogni momento della propria esistenza la continua scoperta di un universo straordinario con la consapevolezza che la vita e la morte siano in realtà due facce della stessa medaglia. E’ così, tra aneddoti e storie simili a fiabe, il libro commuove e al contempo stupisce per la propria semplicità e profondità, invita alla riflessione, insua dubbi, interrogativi, perplessità. L’unico rischio è quello che una volta arrivati alla fine del testo, guardandosi allo specchio si veda la propria vita come eccessivamente piatta, ripetitiva e materiale. Da assaporare quindi lontani dalla vista di valigie, potrebbe istigare il desiderio di abbandonare tutto e fuggire.
Anch’io al Media Running Challenge
Attenzione, questo è un post autocelebrativo. Sì perchè correre con l’afa e la calura che ieri soffocavano Milano è stata in fin dei conti una piccola-grande impresa degna di nota. Se poi pensiamo che il sottoscritto da sole 3 settimane di stava allenando (due volte a settimana quindi non certo con assiduità), i 5 km percorsi ieri per la corsa promossa dalla Fondazione Coca-Cola HBC Italia sono decisamente una cosa di cui vantarsi. Ok, la corsa non era competitiva, ma l’intero incasso sarà devoluto a In-Oltre, onlus che dà supporto ai ragazzi con disabilità, motivo che mi ha spinto ad aderire da subito all’inziativa (il mio pettorale era il numero 64 su oltre mille iscritti!) rispolverando le scarpette da running da (troppo) tempo relegate inutilizzate nell’armadio. Per essere il secondo “capitolo”, la corsa mi è sembrata davvero ben organizzata: deposito borse, spogliatoi, pettorina con chip, maglia Adidas realizzata ad hoc, pacco gara con omaggi degli sponsor, stretching pre-gara, possibilità di partecipazioni aziendali, pranzo post-corsa offerto da Barilla, insomma una bella occasione per fare attività fisica all’aria aperta (nella sempre spendida cornice di Parco Sempione) aiutando al contempo i meno fortunati. Ho appena letto i dati circa la mia posizione finale: 335esimo su 1200 partecipanti (5 km percorsi in 29 minuti), la corsa è insomma stata un successo. In tutti i sensi.
Il mio Party 10 e Lode
Lo scorso venerdì ho avuto il piacere di partecipare, nella splendida cornice di Villa Necchi Campiglio (una location, giusto per rimanere in tema, da 10 e lode!), all’evento organizzato per presentare, in maniera diversa e informale, i nuovi frullati by Chiquita. Una serata piacevole per un’inizitiva legata a tre macrotematiche: gusto, grazie a un buffet davvero fornito, simpatico mix tra cucina tradizionale e sperimentazioni nouvelle cusine (cito su tutti il riso alle fragole e gli spiedini con frutta e formaggi), benessere, in virtù dell’area shiatsu e della nutrizionista presente “in sala” e tendenze con il Knit Point, lo spazio interviste/computer/wifi e la “zona aperitivo” nella quale rinfrescarsi all’aperto con un con cocktail ammirando lo splendido giardino e l’invitante piscina illuminata. Circa il prodotto, ho “testato” il frullato Lampone – Melograno ed ecco le mie considerazioni: buono, sano, fatto con sola frutta e forse per questo un po’ difficile da bere tutto d’un sorso (personalmente avrei realizzato una confezione più ridotta e pratica, anche perchè in tutta sincerità, se fossi assetato, il frullato non sarebbe la prima cosa a venirmi in mente per placare la sete). L’aspetto wiki è forse quello che, almeno ai miei occhi, è un po’ mancato: si sono – inevitabilmente – creati tanti piccoli microgruppetti ma nessun momento (introduzione della serata a parte) di larga partecipazione e condivisione e, per un blogger neomilanese con sempre grandi aspettative come il sottoscritto, compilare a fine serata la scheda “suggerimenti” è risultato a ben vedere un po’ riduttivo. [la mia foto ha immortalato xlthlx con Miss Chiquita]
Motionflow Contest, ci sarò!
Mi è stato oggi comunicato l’indirizzo dell’ultimo video che chiarisce un po’ il “mistero” che aveva alimentato la curiosità di appassionati calciofili e di acrobati di football freestyle. Il velo è stato tolto e ora sono (finalmente) trapelati maggiori dettagli circa il Motionflow Contest, l’evento che si terrà all’Ippodromo del Galoppo di Milano il prossimo giovedì 21 maggio. Nella serata 200 palleggiatori si esibiranno per contendersi un ruolo da protagonista nella prossima campagna di comunicazione di Sony (7 di loro saranno saranno infatti selezionati da una giuria presieduta dal trio delle meraviglie Baresi, Massaro e Kakà). Ahimè, il calcetto su campi di cemento ha reso le mie caviglie frigili come cristalli, ma per fortuna, anche senza dover caricare un video con le mie magie (sono più un giocatore di contenimento e ripartenze), mi sono potuto registrare al sito dell’iniziativa per poter partecipare come pubblico. E chissà non riesca a strappare anche qualche scatto ai miei paladini rossoneri (e magari una anche al mitico Bruno Longhi che si occuperà del commento tecnico).
Sfogliavelo, CRM & buoni omaggio by Giovanni Rana
Amo cucinare ma a volte, dopo una giornata lavorativa, ammetto di essere un po’ demotivato e di affrontare i fornelli con distacco e titubanza. Ecco perchè a volte, per sbrigarmi, mi faccio aiutare dai cibi pronti, quelli che in pochi minuti garantiscono un piatto accettabile senza un gran dispendio di grandi fatiche. Giovanni Rana in questo senso, è spesso mio fedele collaboratore, i suoi svogliavelo sono per me una manna dal cielo nei giorni in cui anche solo scegliere il tegame da utilizzare sembra una mission impossible. Non molto tempo fa ho acquistato al supermercato una confezione di ravioli ai quattro formaggi ma tornato a casa ho avuto la spiacevole sorpresa di scoprire della muffa sugli svogliavelo. Estremo disappunto anche considerando la mia cattiva abitudine di acquistare solo l’estremamente indispensabile per la giornata. Per dar adito a tutto il mio “frustrazione” mi sono quasi subito collegato al sito del pastificio veronese e nella sezione contatti ho segnalato la mia “brutta avventura”. Non che mi aspettassi molto, ma volevo mettere un po’ alla prova l’azienda (odio chi mette la mail o un form contatti e poi non risponde tirando il sasso e nascondendo la mano). Volutamente nella mia comuncazione non ero entrato molto nel dettaglio del mio acquisto, non specificando il numero dello scontrino o il punto di vendita. Nonostante lo mio scetticismo però, dopo circa due settimane, ho ricevuto nella mia cassetta della posta (offline intendo) una lettera che mi comunicava il dispiacere del brand per quanto accaduto, offrendomi come segno di “affetto, simpatia e attenzione” due buoni omaggio da utilizzare per l’acquisto di prodotti Rana. Insomma, nulla contro gli “standard per garantire la massima qualità”, ma confesso che nonostante il lavoro più che buono del CRM (cortesia impeccabile), probabilmente quel tipo di prodotto difficilmente avrà una seconda possibilità. Ma non posso non dar atto ad un’azienda che dopo solo un generico messaggio ha deciso non solo di tenere in considerazione la mia segnalazione ma anche di cercare in qualche modo di conservare la mia fiducia. E proprio perchè si tratta della mia “esperienza positiva” nonostante le tante segnalazioni che sono solito fare via mail – sono un inguaribile scontento che ci posso fare – che mi sono sentito quasi in dovere di dedicare un post alla mia piccola storia. Con la speranza che possa rappresentare l’inzio di un nuovo modo di porsi dell’azienda nei confronti del proprio bene più prezioso: i consumatori.
Sono pigr e post for money
Nei giorni di festa del Fuorisalone, camminando per via Tortona mi è capitato tra le mani un sottobicchiere sul quale campeggiava la scritta “Post for money?”. Incuriosito ho prontamente intascato il cartoncino ripromettendomi di visitare quanto prima lo spazio ufficiale legato all’iniziativa. Finalmente ho trovato del tempo per visitare il sito: Sono pigr risulta “minimal”, una struttura molto semplice nella quale campeggia la scritta “il primo blog/post for money dedicato al design che premia chi ne parla bene“. In estrema sintesi ogni mese viene lanciata una tematica sulla quale dire la propria. Gli utenti registrati alla community possono inserire i loro contributi circa l’oggetto del “dibattito” del mese (es. “cos’è vecchio, cos’è nuovo?), il miglior “post” si aggiudica 250 euro e le royalty della pubblicazione annuale che premierà i 12 migliori testi (peccato non poter leggere il regolamento completo prima di registrarsi!). L’idea sembra carina anche se in realtà lo slogan “post for money” è un po’ forviante: si tratta infatti, da quanto mi è parso di capire, di una sorta di contest che premia la migliore riflessione non tutti testi pubblicati dagli utenti. Comunque sia ben venga qualsiasi tipo di confronto (costruttivo) sul design non limitato ai soli “adetti ai lavori”, capace di appassionare anche semplice “simpatizzate” come il sottoscritto (tra l’altro carina l’idea che i contributi possano essere non solo testuali ma legati a concept o artwork).