I social media, nel mio caso, non rappresentano solo motivo di svago, sono parte integrante del mio lavoro. Da quando ho iniziato ad affacciarmi a quella porzione di mondo allora chiamata web 2.0 più di tre anno orsono, moltissime cose sono cambiate. Da allora si sono imposti strumenti quali twitter, facebook e foursquare – giusto per citare alcuni – che nel giro di un arco temporale brevissimo hanno attirato l’attenzione di milioni di utenti e al contempo quella dei brand, desiderosi di sperimentare nuovi canali e nuove modalità comunicative. Ma se alcuni tool possono sembrare di semplicissimo utilizzo, non risulta certo immediato costruire e comunicare identità nelle Rete. Ecco perchè un libro come Social Network di Marco Massarotto (che ringrazio ancora una volta per avermi fornito una copia del testo) non può che essere una lettura consigliata. Dalla storia alla scenario attuale, dagli strumenti alla strategie, il testo raccoglie spunti molto interessanti analizzati in maniera sintetica (abbondano gli elenchi puntati) e con richiami a casi concreti che facilitano la comprensione anche ai non adetti ai lavori. Un sunto di un mondo, quello dei social network, in costante evoluzione ma che tuttavia viene raccontato – anche grazie a un’impaginazione semplice quanto efficace – in maniera puntuale con segnalazioni, note e suggerimenti su eventuali risorse adatte ad approfondire una determinata tematica (io, per esempio, ho trovato molto interessante la parte delle social media policy, una questione che non avevo mai avuto modo di approfondire). Il web è un media “giovane” che, per guadagnare consensi (soprattutto in termini di investimenti pubblicitari), ha bisogno anche di riflessioni come il quella di Marco, buona lettura.
Tech
LG Optimus One with Google, la mia prova
Lo scorso week-end ho avuto modo di provare LG Optimus One with Google uno dei nuovi cellulari della linea Optimus, la famiglia dei nuovi smartphone LG.
Nonostante non sia un super esperto di telefonini confesso di essere stato molto incuriosito dai test sul cellulare: da utente iPhone volevo conoscere più da vicino il mondo Android e capire in che modo LG fosse riuscita a “sfruttare” la partnership con Google.
Il cellulare – leggero e compatto – ha uno schermo multitouch da 3.2 pollici e una più che buona sensibilità al tocco. Il processore a 600 HZ, la memoria RAM a 512 MB e il sistema operativo Android 2.2 rendono lo smartphone veloce e di utilizzo intuitivo. La collaborazione con Google, inoltre, non poteva non garantire ottime performance anche con i servizi i mobilità quali Gmail, Netlog, YouTube, Google Talk, Google Maps (con anche la funzione Navigatore in versione beta), Google Luoghi e Google Latitude.
Per qualsiasi altra esigenza basta collegarsi all’Android Market che con tantissime applicazioni, in gran parte gratuite, è in grado di soddisfare praticamente qualsiasi necessità (le applicazioni che si decidono di scaricare sono salvate nella micro SD da 2 GIGA inclusa nella confezione).
LG Optimus One with Google legge video in DivX e xVid, registra filmati (video in formao VGA a 30 frame al secondo), è dotato di radio e scatta foto grazie a una fotocamera da a 3 Megapixel in grado di riconoscere sorriso e volto del soggetto ripreso (oltre che a possedere alcune funzione quali macro, ritratto, tramonto…).
Ah, quasi dimenticavo: lo smarphone permette di essere utilizzato anche come hotspot con il quale condividere la connessione wifi con un computer. Merita infine una menzione anche la batteria da 1500 mAh in grado di “reggere”, nonostante l’utilizzo intenso, per un lasso di tempo di assoluto rispetto.
L’unici “nei”, a voler proprio trovare il pelo nell’uovo, sono: assenza del flash per la fotocamera, fruscio nelle chiamate, un po’ di lentezza quando il cell è sollecitato parecchio e la SD troppo “ballerina”.
Il nuovo dispositivo LG Optimum One with Google ha raggiunto il milione di pezzi venduti nel mondo in soli 40 giorni dal lancio a dimostrazione di come sia un prodotto più che valido soprattutto se considerato in rapporto al prezzo con il quale viene posizionato sul mercato (attorno ai 229 euro).
Per scoprire tutti gli altri modelli della linea Optimus (LG Optimus GT, LG Optimus Chic e LG Optimus 7), rimando direttamente al sito ufficiale LG.
Pura pelle rossonera
Con la chiusura del calcio mercato, visti gli ultimi due acquisti e il roboante esordio in campionato, i tifosi del Milan come il sottoscritto possono tornare a sognare di combattare alla pari con le big d’Europa per la conquista dei trofei più ambiti tentando di rispondere ai successi dei “cugini” neroazzurri. Grazie ad Adidas da ieri anch’io ora possiedo un mio feticcio da utilizzare in maniera scaramantica ogni volta che avrò modo di vedere le partite dei ragazzi di Allegri: la maglia dell’AC Milan stagione 2010-11 (eccola qui). Le differenze, rispetto alla edizione dello scorso anno – come si può facilmente intuire dall’immagine “comparativa” che ho velocemente realizzato – non sono poche. Oltre alla scritta del nuovo sponsor, la diversità più evidente è quella delle strisce, trasformatesi in bande nelle nuove t-shirt. Il simbolo Adidas è spostato sulla destra non più al centro e anche nelle maniche si conserva l’alternanza rossonera. Sparito il colletto bianco, la nuova maglia mostra, nella parte interna, un bel logo AC MILAN 1899 tu sei la mia vita e in quella esterna il un sottile tricolore. Anche dal punto di vista “tecnologico” la maglietta presenta succose novità. Grazie a speciali tessuti, all’applicazione di fasce in particolari zone del corpo e alla tecnologia Techfit PowerWeb, promette incrementi su potenza esplosiva, accelerazione e resistenza (riducendo la vibrazione dei muscoli), e un miglioramento della postura grazie ad una maggiore stabilità del baricentro. Last but non least, la nuova maglia è molto più leggera delle precedenti versioni.
Per celebrare il lancio della nuova divisa da gioco del Milan, Adidas ha inoltre sviluppato un minisito interattivo che, uno volta connessi al proprio profilo Facebook, consente di scoprire, tramite dei video girati a Milanello, i segreti della nuova pelle rossonera.
Ora non mi resta che aspettare, dopo la pausa per le partite delle nazionali, il nuovo inzio delle competizioni, sperando che il mio indossare la tshirt nelle occasioni importanti possa portare fortuna ad Ambrosini e gli altri “diavoli”.
Kingdoms Live: quando un rpg diventa applicazione
Uno dei settori legati alla crescente diffusione degli smartphone che mi interessa di più è quello del gaming. Ho fatto ormai da alcuni mesi di un iPhone il cellulare che utilizzo con maggiore frequenza durante la giornata e, navigando tra le tantissime applicazioni gratuite mi sono deciso tempo fa a scaricarne una prettamente ludica.
Si chiama Kingdoms Live (Storm8 il publisher) ed è quello che in gergo si definisce un MMORPG, un gioco di ruolo online medievale fantasy. In estrema sintesi: si crea un personaggio scegliendo tra tre razze (umano, orco o elfo), si decide la classe (guerriero, mago o ladro) e poi, iniziando a completare le missioni proposte, si guadagno soldi da “investire” in armi, armature, incantesimi per migliorare la forza relativa al proprio profilo, o in costruzioni per aumentare le entrate del proprio villaggio.
Fino a qui nulla di nuovo. Utilizzare l’applicazione online comporta però il poter interagire con gli altri giocatori di tutto il mondo riuniti in un’unica arena virtuale con lo scopo di sfidarsi per raccogliere così punti esperienza (avanzando in questo modo di livello) ma anche di creare un proprio esercito per aumentare le chance di vincere le battaglie e di portare a termine le missioni più redditizie.
L’aspetto accattivante è proprio la possibilità di interagire con potenzialmente tutti gli altri partecipanti online attaccandoli, offrendo delle taglia per la morte di un particolare rivale o anche solo scrivendo un messaggio nella bacheca di un altro giocatore. Il tutto in tempo reale.
Tra l’altro, per il momento, l’applicazione – tra i contenuti più “hot” di iTunes – risulta gratuita (poi dovrebbe costare attorno ai 5 dollari), con la possibilità però di poter acquistare i legend point tramite i quali poter tentare di ottenere speciali equipaggiamenti (immagini quindi ci siano persone che spendono soldi per comprare qualcosa di assolutamente virtuale come dei punti di un gioco virtuale).
L’applicazione è carina, non necessita di una costante presenza online e, nella “ottimizzazione” del profilo del proprio personaggio non risulta banale.
Sono pronto a scommettere che l’idea di gestire un proprio profilo online possa essere una delle carte vincenti che il settore delle applicazioni potrà giocarsi nel futuro più immediato per aumentare il proprio bacino di utenza.
p.s.=ah, nel caso qualcuno volesse aggiungere il mio personaggio virtuale al suo esercito, il mio codice è h695af
INQ Social Mobile, la saga continua
Dopo aver provato INQ1, 3italia mi ha dato l’opportunità di testare il nuovo INQ CHAT 3G (ancora mille grazie!). Una volta aperta la confezione – sempre molto originale – mi trovo davanti gli occhi un cellulare molto diverso da quello della versione precedente, differente nelle dimensioni e nella struttura (INQ CHAT 3G ricorda, come forme, un Blackberry 9000 Bold e un Nokia E71). Le prime cose che noto sono il tasto “selezione” centrale a forma di Q, il tasto “.com” in fondo a destra (che personalmente non trovo utilissimo e che avrei sostituito utilizzando quel pulsante come scorciatoia per la casella vocale il cui accesso non risulta proprio intuitivo) e due strani pulsati laterali (quello dell’accesione e il tasto chiama) sistemati in maniera verticale anzichè nella classica disposizione orizzontale. Il cellulare è leggero e proprio per evitare di romperlo subito, per capire come si apra la parte posteriore dove poter inserire batteria e scheda, impego alcuni minuti in cerca di un tasto che possa aiutarmi nella mia missione, salvo poi scoprire che basta una leggera pressione del palmo per far scorrere verso l’alto il retro del cellulare.
Noto con piacere che il trasformatore prevede la possibilità di ricare la batteria non solo nella classica presa ma anche via usb. Lascio carica il telefonino e appena posso lo accendo. Il caricamento non è proprio immediato ma lo schermo iniziale è molto colorato e le funzioni principali di INQ Chat 3G si intuiscono all’istante. Come per INQ1 anche in questo vengo subito attirato dai widget così vado su strumenti e imposto nella schermata facebook, twitter e google search. Premendo il tasto switcher scorro rapidamente tra le applicazioni principali dell’INQ CHAT 3G, modalità comoda per tenere sempre sotto controllo i widget. I servizi di Internet ci sono tutti: dai già citati facebook e twitter a skype, windows live messanger, il browser (chiamato INQ HUB) e il gestore di feed rss con il quale tenersi aggiornati sui contenuti più recenti pubblicati dai propri siti preferiti. C’è anche la funzione e-mail che consente di leggere (quasi) ovunque i messaggi della propria casella di posta elettronica (per account gmail le mail vengono segnalate appena arrivano nella inbox, per gli altri provider, invece, il controllo è a intervalli regolari).
Anche la rubrica è web 2.0: è infatti possibile importare gli amici di facebook e di skype e fare in modo, che utilizzando la funzione “unire contatti”, i loro dettagli siano sincronizzati con i profili facebook, skype e windows live messanger. In questo modo, scorrendo l’agenda, all’istante si può scoprire quali contatti sono online e magari comunicare in tempo reale.
L’INQ CHAT è dotato di tastiera è QWERTY, bluetooth, fotocamera 3.2 mega pixel, si può utilizzare come modem per un lapatop e, grazie a DoubleTwist (iTunes for Android secondo TechCrunch), può diventare il player della nostra musica preferita.
Un cellulare che ben si adatta alle esigenze di chi cerca uno social-telefonino semplice, essenziale, intuitivo e soprattutto conveniente. Smart phones for all!
INQ1, la mia prova del facebookphone
Per far conoscere INQ1, con una bella iniziativa articolata su twitter e friendfeed, la 3 ha distribuito dei cellulari da testare. Anche il sottoscritto, dopo vari tentativi, in zona Cesarini, è riuscito ad aggiudicarsi un telefonino (grazie ancora per l’opportunità!).
Pochissimi giorni dopo la comunicazione della vincita – e dopo la compilazione dei moduli necessari a registrare sim e cellulare – ho ricevuto un bel pacchettino a forma di cubo. Con grande curiosità ho aperto la confezione e ho finalmente potuto avere tra le mie mani l’INQ1, noto anche come facebookphone. La prima cosa che mi ha colpito è come non ci siano manuali. Una decina di card colorate spiegano con semplicità e senza troppi giri di parole le caratteristiche del cellulare. Leggo incuriosito e capisco quali siano i punti di forza del telefonino: la possibilità di poter accedere a Facebook, quella di poter utilizzare Skype, la rubrica con la quale associare ai numeri di telefono le varie identità internet (in questo modo, quando ad esempio si riceve una chiamata, potrà apparire l’immagine del profilo Facebook di chi sta mettendo in contatto con noi), la possibilità di gestire i feed per seguire gli aggiornamenti dei propri siti preferiti e infine quella di configurare dei widget nella pagina iniziale.
Accendo il cellulare, faccio scattare in avanti lo schermo e, scritto il pin, grazie al tasto carosello navigo nel menu rapido del telefonino, scoprendo, oltre alle applicazioni già citate, anche Messanger, Youtube, pianeta 3 (sezione nella quale acquistare giochi, musica e news) e il pulsante “internet” dal quale posso scegliere se accedere a Google Search, Youtube, Yahoo Search, MSN Mobile, MySpace e eBay. Nella home, in alto, trovo preinstallato un widget: inserisco il nome della città in cui mi trovo e vengo informato su meteo e temperature. Scelgo Google per provare il browser e casualmente scopro che lo schermo permette anche la navigazione in orizzontale semplicemente girando il cellulare. Dopo aver disattivato il sistema di scrittura facilitata, scrivo il nomignolo con il quale sono noto online e poi visito il mio blog. Quando premo il tasto Indietro, nella schermata appaiono i livelli di navigazione per cui posso scegliere con estrema facilità se tornare all’inizio del mio percorso o solo indietro di uno step. Poi provo Youtube: vado nella home e scelgo il primo video della lista (“doesn’t mean anything libe from black ball”) salvo poi leggere “not available on mobile”. Passo alla ricerca. Ridisattivo il sistema di scrittura facilitata – strano non si memorizzi la mia preferenza antit9– e scrivo “glass and the gost children smashing pumpkins”. Clicco “watch video” aspetto alcuni secondi per la connessione e poi mi vedo il video (cinque livelli di volume a mio giudizio sono troppo pochi, pur scegliendo il primo livello il volume mi pare troppo alto per gli autoparlanti del cell). Decido di passare al menu del cellulare: decisamente spartano, presenta 12 caselle, dal tasto fotocamera a quello impostazioni, da sveglia a giochi e applicazioni (nemmeno un gioco preinstallato, uffi). Scelgo feed e trovo già inseriti quelli della Gazzetta dello Sport.
Leggendo la user guide del cd, scopro anche come INQ1 permetta di stabilire una connessione Internet ad alta velocità per il computer tramite cavo USB e driver incorporati. Inoltre leggo come il cellulare permetta l’accesso al proprio account Last.fm per ascoltare le canzoni preferite.
Insomma, INQ1 è un cellulare senza molte pretese ma simpatico, piccolo, maneggevole (anche se non leggerissimo), con una fotocamera da 3.2 mega pixel e una buona batteria, per chiunque desideri iniziare a utilizzare un cellulare collegato alla web e ai principali social network senza però spendere troppo e senza dover scegliere un cellulare complesso forse più indicato per chi per lavoro ha la necessità di essere sempre connesso.
Tra l’altro proprio in questi giorni è in commercializzazione INQ Chat, l’evoluzione di INQ1 con tastiera QWERTY, GPS integrato, client Twitter, nuovo software e nuovo design. Piccoli INQ crescono.
Remix, la mia recensione sul libro di Lessig
Una madre riprende il proprio bambino mentre, per la prima volta, inizia a ballare spingendo il proprio girello a ritmo di musica. Il video è divertente e la donna decide di conviderlo con amici e parenti caricandolo su Youtube. Ma dopo alcune settimane qualcuno scrive alla signora minacciando di intentare causa per una riproduzione non autorizzata.
Un ragazzo appassionato di manga, realizza un mashup, unendo come colonna sonora la propria canzone preferita e, per la parte visiva, immagini di una sequenza di scene del fumetto per il quale stravede.
Di questi paradossi e di molti altri aspetti legati al cosiddetto diritto d’autore si occupa il (bel) libro Remix, il futuro del copyright (e delle nuove generazioni) di Lawrence Lessig (fondatore di Creative Commons, l’organizzazione non profit che sostiene la condivisione pubblica di opere creative).
Un testo che cerca di fare il punto sulla situazione statunitense circa il copyright per capire come e se questa forma di tutela applicata con rigore nei media classici possa essere anche riprosta con le medesime modalità nel mondo digitale, territorio virtuale estremamente fluido, vasto e variopinto. Ma lo studio non si ferma a quest’analisi e scava più in profondità proponendo un ripensamento non solo del lato più “legale” del problema che la Rete porta a galla, ma un cambiamento capace di modificare economia, cultura e rapporto tra giovani e istituzioni.
Un libro ricco di aneddoti, riflessioni, suggerimenti per capire meglio la portata dei cambiamenti in atto non solo nell’industria culturale ma anche in tutti quegli atteggiamenti che – condannati o meno dalla legge – sono quasi diventati routine.
p.s.= un sentito ringraziamento a Gianfranco Chicco per avermi dato modo di ricevere una copia del libro
MediaContentsOnDemand: le idee si trasformano in pixel
Mi è stato segnalato un nuovo spazio che, sull’onda di Zooppa e Bootb, punta al diretto coinvolgimento degli utenti in pieno stile Web 2.0. In estrema sintesi, quello di MediaContentsOnDemand, è un servizio di immagini stock su richiesta, una nuova community dedicata a chi realizza e/o necessita di immagini. Da una parte quindi, chi ama la fotografia ha finalmente l’opportunità di lavorare sulle richieste di clienti reali e dall’altra agenzie e aziende possono lanciare un brief e richiedere, attraverso un’interfaccia web intuitiva, le immagini di cui hanno bisogno e che intendono acquistare. 1000 fotografi e 250 professionisti della comunicazione stanno aspettando con impazienza l’apertura del sistema web (che dovrebbe essere operativo sino in fondo dal prossimo 2 marzo), che permetterà loro di proporre e acquistare immagini tagliate su misura per le esigenze sempre più specifiche della comunicazione moderna. Insomma un sistema di fotografia OnDemand, un modo più orientato al consumo di immagini stock, alla fotografia su commissione, utile per meglio gestire i costi e i tempi di produzione ferma restando la qualità. Un punto di contatto tra chi propone l’idea creativa, il concept, e chi poi è chiamato a darne forma tramite una varietà di immagine reali. In attesa di testare nel concreto le possibilità di questo servizio (e di capire se possa avere un forte seguito nonostante Flickr) non mi resta che augurare “in bocca al lupo” a chi cura il progetto.
Twitterellando per la Capitale
Un amico ha voluto, quasi a mia insaputa, iscrivermi al Rome Twestival. Non utilizzo Twitter da molto ma considero uno strumento utile e divertente, meno impegnativo di FriendFeed e più costruttivo di Facebook. E così, dopo il lavoro, decido di lasciarmi trascinare da questo minievento digital, dando libero sfogo alla mia sete di tecnologia comunicativa. Il mio prode scudiero nonostante il suo iphone con tanto di navigatore non riesce a destreggiarsi nei vicoli di Campo dei Fiori, continuando a zoomare allargando le dita della mano nel vano tentativo di farmi morire di invidia per il suo touchscreen. Dopo aver vagato un po’ a zonzo, decido di prendere le redini della situazione e impavido fermo una suora chiedendole, con cortesia, di indicarmi “via del pellegrino” (in fondo, chi meglio di lei può saperlo?). Riesco così ad arrivare al luogo prescelto per l’incontro, il cocktailbar Femme. Stringo la mano ai primi arrivati, consegno moocard ai più fortunati (ne porto con me sempre troppo poche) e compilo un foglietto che indica il mio username nel caso qualcuno dei presenti volesse da domani seguire i miei status, attaccandolo con una spilla da balia al maglione. Il tempo passa, si formano dei gruppetti, mangio qualcosa e bevo analcolico-fruttato. Dopo un po’ abbandono con un retrogusto amaro in bocca. Avevo sentito di grandi numeri all’estero e anche in questa occasione la capitale non ha saputo soprendermi piacevolmente. Alla serata sono forse mancati i momenti di condivisione web 2.0 che auspicavo. Per carità, forse è dipeso anche dal mio atteggiamento e dal mio modo di essere – non proprio l’espansività e la loquacità fatte uomo – però in alcuni frangenti mi si è insinuato il dubbio che alla serata avessero partecipato persone che già si conoscevano e che i loro discorsi fossero un po’ troppo web-style, troppo vicini a quelli fatti ogni giorno in Rete nonostante la presenza in carne e ossa offline. Comunque sia, un plauso a chi ha voluto realizzare l’incontro va fatto, diffondere un utilizzo più consapevole di Internet è una missione da elogiare (come quella del CharityWater), soprattutto in Italia dove forse alcuni mezzi sono ancora ad esclusivo appannaggio dei cosiddetti “nerd” (tra i quali, il sottoscritto). In bocca al lupo per le prossime occasioni!
Le visioni interiori di Bill Viola
La mostra che ho potuto ammirare lo scorso martedì al Palazzo delle Esposizioni di Roma mi ha permesso di conoscere l’arte di Bill Viola, uno dei massimi esponenti di quel genere di artisti contemporanei che si esprimono tramite sequenze video e installazioni che riescono a coinvolgere appieno gli spettatori rendendoli partecipi di un’esperienza che non risulta solamente visiva ma anche (e soprattutto) emotiva. Rallentando il ritmo delle proprie riprese, il tempo si dilata e in questo modo i sensi paiono maggiormente ricettivi, pronti a percepire ogni singolo movimento, ogni singolo cambiamento nel volto di una persona che, pian piano, frame dopo frame, mostra stupore, dolore, rabbia, e che, entrando in contatto con elementi naturali quali il fuoco o l’acqua, pare abbandonare la materialità del proprio corpo. E così volti, mani, sguardi, sospesi in sfondi adimensionali, riflessi su specchi d’acqua immobili paiono fondersi, diventano maschere, espressioni statiche eppure ogni secondo diverse che nella loro silenziosità riescono a comunque a comunicare e a far intraprendere al pubblico che le ammira quel percorso conoscitivo di/su noi stessi che tanto sta a cuore all’artista nato a New York. Un’esperienza impegnativa (alcuni video durano davvero molto, tanto che lo stesso Viola indica in 7 ore il tempo necessario per gustare al meglio la mostra), che sicuramente avrebbe meritato una visione più tranquilla e più libera (ultimo giorno dell’esposizione, notevolissimo afflusso di gente), ma che, almeno per la parte inziale, ho apprezzato molto.