Spotify, un (nuovo) mondo di musica

E’ di pochi giorni fa la notizia dello sbarco di Spotify negli Stati Uniti grazie ad un accordo con le quattro grandi etichette Universal, Warner, EMI e Sony. L’informazione forse qui da noi non ha avuto molta rilevanza ma a mio modo di vedere è quanto mai degna di nota.

Cos’è Spotify? Il sito ufficiale lo annuncia come una libreria, all-the-music-all-the-time, di oltre 15 milioni di tracce utilizzabile da PC, Mac, da mobile senza bisogno di dowload o di spazio nell’HD (nella versione premium si può anche connettere all’impianto audio di casa attraverso la digital tv). Si tratta semplicemente di registarsi, creare un account e poi condividere liberamente – connettendo ad esempio Spotify con Facebook, qui si parla di un accordo da parecchi milioni di dollari, Sean Parker ex di Napster e Facebook non a caso è board member della società – la propria musica preferita.

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Con Spotify si possono creare playlist, creare top list, librerie, comprare musica, accedere al proprio account (e quindi alla propria musica) da qualsiasi computer connesso alla Rete, scoprire nuovi artisti. L’aspetto social è notevolmente spinto: con un click è possibile condividere con i propri amici le nostre tracce (il servizio consente anche l’import dei nostri contatti su facebook) scoprendo anche chi poi ha deciso di ascoltare la nostra playlist.

Spotify ha anche la possilibità, nella sezione “local music”, di caricare i brani della propria collezione di mp3 e, nella versione premium, di ascoltarli anche tramite smartphone (installata l’applicazione lo scambio dei local file tra cellulari via wifi è invece gratuito).

Semplificando, quindi, si tratta di un software – nato in Svezia e lanciato nel febbraio 2009 in Inghilterra – per l’ascolto di musica digitale in streaming peer-to-peer.

Cos’ha di nuovo? Per ascoltare non è necessario l’acquisto.

Il servizio si può usufruire secondo tre modalità: la free che permette di ascoltare delle tracce intervallate da interruzioni pubblicitarie (oggi ad invito) per un massimo di 10 ore mensili (e cinque ascolti per traccia), la unlimited che, previa abbonamento, permette di ascoltare musica illimitata su desktop, e premium anche consente di ascoltare la propria musica preferita anche su dispositivi mobili (5 e 10 dollari mensili i costi).

Il costo degli abbonamenti ad oggi è leggermente più alto rispetto ad iTunes ma la possibilità di accedere ad ogni traccia del vastissimo database di Spotify potrebbe attrarre molti utenti.

E in Italia? Ancora nulla (se non utilizzando espedienti, ai limiti del lecito, per “ingannare” il sistema), per il momento non ci resta che iscriverci a gruppi su facebook tipo We want SPOTIFY in Italy too.

Spotify potrà contribuire a salvare la musica dalla pirateria? I numeri sembrano incoraggianti, sono già 10 miliomi gli utenti registrati (anche se pare che l’aver ridotto da 20 a 10 le ore per mese le ore di libero ascolto abbia ridotto il numero di utilizzatori prima del grande sbarco in America) e molti solo coloro che hanno espresso elogi sul servizio (anche se ovviamente non convince tutti, ecco un articolo non proprio positivo circa il servizio by HBR).

Tra i primi, Billy Corgan ha così scritto su twitter (offrendo anche inviti a Spotify):

I support Spotify for the same reason I supported Napster back in the day! Visionary music models that encourge sharing and artist loyalty. As as artist I believe very deeply that when fans connect with the overall quality and intigrity in ALL our music we prosper, poseurs lose. Loyal fans means new opportunities, new ways of interacting, new partnership in technology and the arts. Freedom from music biz bs.”

L’impresa non è semplice. Ma… in music we trust!

 

 

 

 

 

 

 

Altra riflessione sulla teoria dei mille veri fan…

In occasione del Social Business Forum, nella sessione pomeridiana, è continuato un interessantissimo confronto iniziato dalla riflessione di minimarketing che, alla vigilia dell’incontro, si chiedeva se non fosse ancora valida la teoria secondo la quale sono sufficienti 1.000 fan “veri” piuttosto che cifre enormi di utenti inerti-inutili-indifferenti e se quindi la metrica “delle masse di spettatori” non venisse in qualche modo superata negli ambienti sociali a rete (spero di aver colto nel segno, ecco comunque qui il link dal quale leggere per intero il post di Gianluca).

Al Social Business Forum ero solo spettatore ma tenterò comunque di dare una mia risposta. E lo farò basandomi su due ricerche che ho recentemente letto che ben riassumono l’idea che in questi anni mi sono fatto.
Partiamo dal presupposto che avere 1000 fan tutti pronti a “fare qualcosa per noi” è indubbiamente un traguardo più che considerevole. Ma a mio modo di vedere per avere quella cifra di fan attivi occorre averne in realtà molto di più. Perchè? Perchè, banalmente, gli utenti non hanno tutti la stessa modalità di fruizione dei contenuti e perchè non tutti per dimostrare il loro interesse verso un contenuto interagiscono. E’ in qualche modo fisiologico che vi siano utenti attivi, meno attivi, per nulla attivi.

E qui mi viene in aiuto uno studio recentemente pubblicato dal WOMMA:

There is a 100/10/1 “rule of thumb” with socail services. 1% will create content, 10% will engage with it, and 100% will consume it” Fred Wilson

Ora, tralasciando per un attimo le percentuali, il concetto che mi sembra interessante è quello che la stragrande maggioranza di persone normalmente non partecipa attivamente alle conversazioni ma si limita a osservarle. Anche perchè ci sono strumenti – Twitter e Tumblr su tutti – che rendono possibile la fruizione dei contenuti senze necessità di log-in.
Quindi, in sostanza, se la teoria di sopra dovesse essere esatta, dati 1.000 fan che con un brand interagiscono, quelli totali dovrebbero essere 10.000 (una semplice proporzione: 100*1000/10).

Altra ricerca, stavolta decisamente più bizzarra ma che comunque può servire come spunto di riflessione. Una società chiamata Hitwise ha recentemente pubblicato uno studio in base al quale 1 fan di Facebook corrisponda a 20 visite addizionali al sito del brand:

The figure of 1 fan = 20 extra visits to a website uses a unique methodology that combines Hitwise data with data from social media experts Techlightenment. We took the top 100 retailers ranked in the Hitwise Shopping and Classifieds category and benchmarked visits to those website against the number of fans those brands had on their Facebook page. We then also looked at the propensity for people to search for those retail brands after a visit to Facebook using our Search Sequence tool…

Mi rendo conto di come la teoria, pur basata su “osservazioni empiriche” sia forse difficile da sostere ma anche in questo caso il punto focale mi pare un altro: e se anche i fan “latenti” (o almeno parte di essi) avessero una loro importanza strategica al di fuori del mondo social? Penso alla mia esperienza. Su facebook seguo pochi band e alcune celebrità. Una di queste è Kevin Spacey. In questa pagina, lo ammetto, sono all’apparenza forse “inutile” come direbbe Gianluca: non commento, non metto like, non faccio lo share. Ma leggo. E se qualcosa mi interessa – la partecipazione a un nuovo film o a una nuova opera teatrale – magari cerco di approfondire. E alle volte lo faccio fuori da facebook che mi serve solo come “spunto”.

I social media si basano su persone, su rapporti anche se virtuali. Ma come nella vita “reale” ognuno ha una propria inclinazione: chi sarà più propenso a proporre contenuti, chi a commentarli, chi a controbattere, chi semplicemente ad ascoltare. Anche perchè non si tratta di posizioni “assolute”: un “vero fan” dopo un disguido potrebbe oscurasi. O peggio smettere di essere fan. Così come un utente “passivo” potrebbe di colpo svegliarsi interagendo in maniera continuativa.

Concludo: il vero problema non è a mio parere il numero di fan (più alto il numero di fan, più alto il numero di “veri fan”, no?) che sicuramente non deve essere il solo e unico metro di giudizio. Occorre comprendere piuttosto quanto sia importante lavorare sul cosiddetto interaction rate e quanto possa essere proficuo impegnarsi perchè il rapporto utenti/utenti attivi sia sempre migliore. E’ lo scambio – a più livelli – che rende costruttive le conversazioni. La provocazione ci sta ma non mi scaglierei contro il miraggio dei milioni di fan. Brand come adidas, Vodafone, o Kia non possono accontentarsi di 1000 fan “veri”. Devono puntare a numeri ben più grandi mettendosi in gioco e utilizzando gli strumenti per fare in modo che tutti partecipino attivamente. Con un unico obiettivo: che tutti i consumatori diventino “veri fan”.

Aperol, prosecco, soda. E un po’ di sociologia.

Lo scorso mercoledì ho partecipato a uno spritz party particolare per almeno due motivi. In primo luogo perchè ho potuto assaporare il nuovo Aperol Spritz Home Edition, l’ormai nota bottiglietta arancione (con tappo “easy open” facilissima da aprire) dal contenuto perfettamente dosato – 3 parti di Prosecco D.O.C., 2 parti di Aperol, 1 spruzzo di seltz – per assoporare il momento dello spritz anche tra le mura domestiche.
In seconda istanza perchè nell’occasione è stata presentata un’interessante ricerca che ha puntato i riflettori proprio sulla casa come nuova piazza cittadina. Lo studio – condotto da Francesco Morace di Future Concept Lab – analizzando usi e costumi, passioni e modi di interagire, ha individuato dodici profili, tre delle quali in perfetta sintonia con il nuovo prodotto Campari.
I Linkers, gli Unique Sons e le Sense Girls: tre “idealtipi” differenti per età e attitudini accomunati però dal considerare la casa come spazio per condivedere un’esperienza conviviale con un prodotto semplice, pratico e alla moda come quello dell’aperitivo Aperol.
Più che da apprezzare quindi lo sforzo del brand per capire quali siano i cambiamenti in atto dal punto di vista “sociologico”, quali possano essere le caratteristiche del target di riferimento per un prodotto come lo Spritz home edition e quindi in che modo lo si possa coinvolgere. Perchè, come ha ricordato Morace, “la costruzione dell’identità segue lo sviluppo sociale”, capire – partendo anche dall’analisi del rapporto degli individui con cibi e bevande – come con le nuove tecnologie stanno cambiando il mondo che ci circonda, significa in ultima analisi comprendere meglio come noi stessi stiamo “evolvendo”. Alla salute!

Social Network di Marco Massarotto

I social media, nel mio caso, non rappresentano solo motivo di svago, sono parte integrante del mio lavoro. Da quando ho iniziato ad affacciarmi a quella porzione di mondo allora chiamata web 2.0 più di tre anno orsono, moltissime cose sono cambiate. Da allora si sono imposti strumenti quali twitter, facebook e foursquare – giusto per citare alcuni – che nel giro di un arco temporale brevissimo hanno attirato l’attenzione di milioni di utenti e al contempo quella dei brand, desiderosi di sperimentare nuovi canali e nuove modalità comunicative. Ma se alcuni tool possono sembrare di semplicissimo utilizzo, non risulta certo immediato costruire e comunicare identità nelle Rete. Ecco perchè un libro come Social Network di Marco Massarotto (che ringrazio ancora una volta per avermi fornito una copia del testo) non può che essere una lettura consigliata. Dalla storia alla scenario attuale, dagli strumenti alla strategie, il testo raccoglie spunti molto interessanti analizzati in maniera sintetica (abbondano gli elenchi puntati) e con richiami a casi concreti che facilitano la comprensione anche ai non adetti ai lavori. Un sunto di un mondo, quello dei social network, in costante evoluzione ma che tuttavia viene raccontato – anche grazie a un’impaginazione semplice quanto efficace – in maniera puntuale con segnalazioni, note e suggerimenti su eventuali risorse adatte ad approfondire una determinata tematica (io, per esempio, ho trovato molto interessante la parte delle social media policy, una questione che non avevo mai avuto modo di approfondire). Il web è un media “giovane” che, per guadagnare consensi (soprattutto in termini di investimenti pubblicitari), ha bisogno anche di riflessioni come il quella di Marco, buona lettura.

PUMA, da Social a Social on Tour


Sono un appassionato di sneaker, le scarpette nate come sportive ma oggi diventate parte integrante di un abbigliamento casual.

Nel mio immaginario, tra le incone delle calzature dalla suola di gomma, ci sono sicuramente le PUMA SUEDE nate nel lontano 1971 come alternativa in pelle alla scarpetta indossata da uno dei “play” più forti nella storia dell’NBA, Walt Frazier (soprannominato anche Clyde per il suo modo di portare il cappello).

Adoro le SUEDE anche perchè, pur essendo dei veri e propri must per chi ama un certo tipo di vestiario (e mi verrebbe da dire anche di way of life), nel corso del tempo hanno saputo rinnovarsi senza mai perdere l’originalità del loro stile.

Per rendersene conto basta dare un’occhiata al sito PUMA Online Shop nel quale scoprire un sacco di accattivanti colorazioni. A me personalmente, per esempio, piace molto la nuova combinazione grigia con banda nera, sportiva ma a suo modo anche elegante (limestone grey-black-white-team gold il nome specifico).

Ma è in generale il brand PUMA per intero ad essere entrato in una sorta di vortice “creativo” che ha portato al lancio di un bellissimo progetto: PUMA SOCIAL.

E’ una sorta di community che riunisce tutti gli “atleti della notte”, quelli che finito di studire o di lavorare, si liberano degli abiti formali e si sfidano a biliardo, ping pong, freccette, bowling o karaoke. Un’idea diversa di sport, più democratica e che non si prende sul serio sino in fondo.

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Finalmente la mia attesa di fan PUMA è stata premiata: PUMA SOCIAL da fine a marzo è infatti diventata una serie di eventi che in maniera itinerante gireranno l’Italia da Sud a Nord alla ricerca degli atleti dell’afterhour.

Il meccanismo degli eventi è semplice e organizzato in tre step:

–       step uno, POMERIGGIO ALLO STORE: di fronte al negozio un pickup truck coinvolgerà i passanti con giochi e distribuzione di gadget e flayer-inviti per la serata;

–       step due, APERTIVO TIME: il pickup track si sposta nelle zone degli aperitivi continuando il recruiting degli after hours athlete.

–       step tre, LATE EVENING: in uno dei locali più cool della città si festeggia insieme il PUMA SOCIAL CLUB tra regali, sfide, foto e dj set.

Ecco alcune delle date ad oggi in calendario:

8 APRILE, ore 15/19 POMERIGGIO ALLO STORE al KIDULTS di Torino;

8 APRILE, dalle 22.30 party PUMA SOCIAL CLUB a LA DROGHERIA di Torino;

22 APRILE, ore 15/19 POMERIGGIO ALLO STORE al LONDON di Napoli;

22 APRILE, dalle 22.30 party PUMA SOCIAL CLUB a MIAMI ROOM di Napoli;

6 MAGGIO, ore 15/19 POMERIGGIO ALLO STORE allo SCOUT du Vicenza;

6 MAGGIO, dalle 22.30 party PUMA SOCIAL CLUB all’OVOSODO di Vicenza;

14 MAGGIO, ore 15/19 POMERIGGIO ALLO STORE al PEACOCK di Bologna;

14 MAGGIO, dalle 22.30 party PUMA SOCIAL al LAB 16 di Bologna.

Farò di tutto per non perdere l’appuntamento di Vicenza per tentare così di accappararmi la divisa che mi “spetta” in qualità di PUMA addicted e atleta della notte: il braccialetto per ricevere la t-shirt personalizzata in esclusiva deve essere mio!

Complimenti a PUMA per questa iniziativa davvero molto carina e in assoluta sintonia con il brand e con quello che, almeno per il sottoscritto, rappresenta.

Per tutte le altre info, non resta che visitare PUMA SOCIAL o @ la pagina facebook dalla quale ho “rubato” le foto relative ai primi eventi “nostrani” (speriamo il tour arrivi prima o poi anche a Milano!).

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Foursquare atto terzo

In questi ultimi giorni ho seguito con estrema (eccessiva?) curiosità gli sviluppi della nuova versione di foursquare, uno dei social network che utilizzo di più.

L’idea che si passasse da una versione 2.3x a 3.0 già faceva intuire una notevole mole di cambiamenti. Finalmente ieri ho effettuato il tanto atteso download.

Le novità si possono sintetizzare in quattro punti:

1. La sezione “Esplora” mostra un menu veloce con il quale scegliere velocemente diverse “directory” con le quali sono organizzati i vari “place” (cibi, caffè, vita notturna, negozi, arte e divertimento). Scegliendo “cibi”, foursquare visualizzerà diverse sottocategorie in base alle proprie preferenze (per quanto mi riguarda, ad esempio, leggo: italian, pizza, japanese, sushi, ice cream);

2. Rimanendo nella sezione “Esplora” sotto il menu rapido compaiono le “raccomandazioni” dei nostri amici e dell’intera community dei luoghi attorno ai quali ci troviamo (dei “place” visitati da noi, dai nostri amici o semplicemente “popular on foursquare”). Lettura molto più semplice e spazio sempre più rilevante al “passaparola”;

3. Spazio maggiore agli “Specials Nearby”, le promozioni legate ai check-in con maggiore possibilità di azioni di loyalty per i “sindaci” dei vari locali, negozi (sconti, free drink, offerte speciali…);

4. Rinnovata anche la sezione legata al proprio profilo. Oltre al numero di check-in, ai badge e alle mayorship ora c’è anche una barra che mostra i “punti” degli ultimi 7 giorni (c’è anche un goal fissato a 50, chissà a cosa è legato!), la classifica di punti della settimana, categorie più esplorate e “primi posti”, numero di consigli pubblicati. Maggior spazio quindi alla “competizione” tra amici di uno stesso network per incentivare così l’utilizzo sempre più assiduo dell’applicazione.

E’ forse ancora presto per affermare con assoluta certezza che il fenomeno “geolocal” non sia solo una moda passeggera. Ma è interessante notare come foursquare, dopo aver superato i 7 milioni di utilizzatori, continui il proprio sviluppo e punti a diventare uno strumento per un pubblico sempre più ampio di persone. Cercare, offrire consigli sul come organizzare le proprie serate, condividere immagini e commenti diventa sempre più divertente e utile.

Bar Sport, la community per calciofili Nivea for Men

Non si ha mai troppo tempo per ciò che ci appassiona. Per fortuna però, da ormai ex-tifoso-fanatico a tempo pieno, ho trovato online una community grazie alla quale sfogare le mie frustrazioni da calciatore-allenatore mancato. E’ Bar Sport powered by Nivea for Men, un luogo virtuale nel quale spendere del tempo divertendosi in maniera spensierata.
Il sito presenta molte sezioni tutte interessanti e facili da navigare. Le mie preferite sono quelle contrassegnate dal simbolo “game” (le “attrazioni” per citare il famoso libro di Stefano Benni che porta il nome della community): quante ne sai? che tramite delle domande a tempo permette di mettere alla prova le mie conoscenze calcistiche (sezione nella quale di certo non brillo, con 600 sono al 137esimo posto in classifica, sob); la schedina, sezione nella quale mi vesto da bookmaker e elargisco pronostici sulle varie partite in programma (non banalmente il risultato finale ma anche su quesiti del tipo: “quanti saranno i minuti di recupero concessi nel primo tempo?”); e silver protect che, indossati i guanti, mi vede nei panni del portiere opposto a Seedorf che dal discetto del rigore tenterà di farmi guadagnare meno punti possibile. Questa è la sezione che mi piace di più, vuoi perchè probabilmente qui il mio punteggio è (psuedo)accettabile (6100, 122esima posizione), vuoi perchè “scendere in campo” è davvero intuitivo e i bonus crescenti se si para o devia la palla stuzzicano (punti plus che si azzerano invece se Clarence insacca) a ripetere la sfida più volte nel tentativo di entrare nell’albo d’oro, vincere quindi fantasici premi e vantarsi del proprio punteggio convidivendolo su Facebook.
Scorrendo le varie sezioni, mi sono accorto che in una campeggia la scritta: coming soon. Da quanto ho potuto capire a giorni sarà lanciato nella community un nuovo (video)contest tramite il quale dimostrare il proprio talento creativo. Ma non è tutto. In palio per il vincitore del nuovo concorso non ci sarà solo la partecipazione a una partita a San Siro ma anche l’opportunità di veder proiettato nel maxischermo dello stadio il proprio contributo, wow!
Visto il deludente risutato del Milan di ieri in Champions League non mi resta che tentare di risollevare il mio umore-calcistico con Bar Sport. E magari comprare un prodotto Nivea for Men e tentare la fortuna con le estrazioni, le prime posizioni delle varie classiche mi sembrano al momento irraggiungibili.

Con Donna allo specchio, Tiziano torna a Milano

Lo scorso giovedì 9 dicembre ho avuto il piacere e l’onore di partecipare a un interessantissimo evento. L’occasione era quella della mostra – promossa da Eni Cultura e Comune di Milano – che consente di ammirare, nella sala Alessi di Palazzo Marino (sino al prossimo 6 gennaio), Donna allo specchio, una delle più belle tele firmate Tiziano. Il dipinto, datato 1515, arriva dal Louvre, museo nel quale la fanciulla rappresentata si trova accanto alla più nota “rivale”, in enigmatica bellezza, Gioconda.

Il quadro è circondato da un alone di mistero: non avendo informazioni circa commissioni e primi acquirenti, ed essendoci altre due copie del dipinto (una a Barcellona, una a Praga), l’opera è considerata solitamente un cosiddetto “quadro di genere”, lontana cioè dalla pittura religiosa, mitologica o storica. Altri considerano Donna allo specchio il ritratto di un’amante dell’artista o l’allegoria della Vanità. Dopo aver osservato con cura il quadro, nonostante non sia di certo un esperto, non mi sento di escludere del tutto l’ultima  ipotesi:  la ragazza, immersa nell’autocontemplazione sembra sospesa tra i due specchi: uno, quello convesso, tipicamente utilizzato dai “barbieri”, nel quale si intravede il riflesso di una finestra, e l’altro, rettangolare, nel quale la fanciulla osserva la propria acconciatura. Che rappresentino l’uno il passato e l’altro il futuro, il suo essere al contempo ragazza e promessa sposa? Difficile dirlo. Il particolare della mano sull’ampolla pare però suggerire il desiderio della fanciulla di restare immobile, di resistere, in qualche modo, al destino effimero della bellezza terrena.

Detto della mostra e di come sia un appuntamento da non perdere (a due passi dalla corso dello shopping e per giunta ad ingresso libero), molto belle sono anche le sue molteplici “diramazioni” online.

Donna allo specchio è infatti anche…

– un sito che ospita i contenuti della mostra, dalle ampie sezioni informative ai live streaming dei diversi eventi previsti durante l’esposizione;

– un’applicazione per iPhone/iPad che offre la possibilità di scattare una fotografia, “specchiarla” su diverse superfici
e poi di condividerla su Facebook;

– un minisite, Tiziano a Milano, attraverso il quale contribuire alla costruzione di una gallery che racconta una Milano… riflessa;

– una pagina e un’applicazione Facebook che consente di offrire il proprio volto al quadro di Tiziano;

– un profilo Twitter;

– un canale YouTube nel quale gustarsi altro materiale multimediale.

Non resta che immergersi appieno in ogni singola opportunità legata alla mostra-evento, buon divertimento!
mostra-evento, buon divertimento!

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Anche per il Natale 2010 scelgo Lista dei desideri

Repetita iuvant, anche quest’anno, con l’avvicinarsi del Natale, lancio il mio messaggio alla Rete nel tentativo (speriamo non vano!) di sensibilizzare quante più persone possibile verso la scelta di regali utili. Un vaccino, un albero da frutta, un pallone, uno yak possono contribuire a proteggere il futuro di milioni di bambini in tutto il mondo, perché sprecare questa opportunità?

La Lista dei Desideri Save the Children rappresenta un fantastico modo per trasformare un regalo virtuale in un qualcosa di “concretamente” solidale. Ci sono regali per tutte le tasche, dai 10 agli oltre 1.000 euro: un’occasione per offrire servizi igienico-sanitari, antibiotici, vaccini, zanzariere e acqua potabile ai bambini di Etiopia, Mozambico e di tutti gli altri luoghi afflitti da povertà, conflitti, carestie o disastri naturali.

Complicato? Per nulla. Basta andare nel sito e, navigando nell’ampio assortimento di regali proposto, scegliere uno dei doni – io, per esempio, sono incerto se scegliere “cesto di cibo” o “kit medico” – ed effettuare online la donazione corrispondente. La persona cui si desidera offrire il regalo riceverà una cartolina (elettronica o cartacea con tanto di “certificato di donazione”) a testimonianza di un gesto che, destinato a finanziare uno dei progetti Save the Children, migliorerà l’educazione, l’assistenza sanitaria e quindi, in estrema sintesi, la vita di un bambino.

Ma non è tutto, c’è anche l’opzione lista regali: una volta creata una lista di doni all’interno della sezione Liste per ogni occasione viene assegnato un codice da comunicare ad amici e parenti perché contribuiscano in maniera attiva ad aiutare dei bambini, i più vulnerabili nelle situazioni di difficoltà.

Il sorriso di un bambino è a portata di click, cosa aspettiamo?

Il fenomeno Facebook, dal libro alle sale

Appena saputo dell’uscita anche in Italia del film The Social Network sono corso in libreria ad acquistare il testo di Ben Mezrich alla base della pellicola. Si tratta di Miliardari per caso opera che tenta di ricostruire la genesi di Facebook, dalla stanzetta di uno studentato ad Harvard al successo planetario di una piattaforma – quella ideata da Mark Zuckerberg – che ha cambiato il concetto stesso di Internet. Il libro è una lettura appassionante (finito in poco più di una settimana), una via di mezzo tra una biografia non autorizzata, un romanzo di appendice e un favola che racconta la consacrazione di Mark a un nuovo eroe “digitale”. Una storia che in poche pagine affronta – con un ritmo incalzante – temi quali amicizia, ambizione, genio, sregolatezza, invidia, tradimento e successo, sintetizzando perfettamente molti dei “lati” che contraddistinguono i nostri comportamenti sociali e quindi, in ultimo analisi, noi stessi.
Per capire da dove nasca la rivoluzione forse occorre però fare un passo indietro e spendere due parole sull’organizzazione della vita dei college: al mattino gli studenti seguono le lezioni (il percorso di studi può variare moltissimo da studente a studente, difficile conoscere tutti i compagni dei diversi corsi) e, una volta terminate le lezioni, possono tornare nei loro alloggi, vedersi con gli amici o partecipare agli eventi che offrono i vari “circoli” dei quali fanno parte, gruppi di studenti i più famosi dei quali molto esclusivi (i membri vengono selezionati con “cura” e devono poi superare varie prove per essere ammessi in maniera definitiva) che garantiscono agli “associati” feste, ragazze, fama e aiuto in caso di bisogno. Ma perché non dare a tutti la possibilità di conoscere con immediatezza le persone con le quali si entra in contatto, condividendo con loro i propri gusti, piuttosto che il proprio stato sentimentale, semplificando così di molto la costruzione di una rete sociale e sintetizzandola in un click? Fine dell’oligarchia.
Il libro racconta tutto questo attraverso l’epopea di Zuckerberg che, da nerd in felpa a cappuccio e infradito si trasforma nel CEO di una delle più grosse società del web diventando, nel giro di pochissimi anni, il più giovane miliardario del pianeta.
La versione cinematografica prende spunto dal libro ma in parte trasforma le vicende adattandole al linguaggio tipico dei film: rispetto al testo si punta quasi esclusivamente sulla figura di Mark (Mark vs resto del mondo potrebbe essere il sottotitolo della pellicola) e sul suo egoismo che lo identifica come un ragazzo scaltro quanto “stronzo”. E solo, quasi incapace di mantenere dei rapporti con le altre persone (pare sentirsi a proprio agio solo di fronte allo schermo di un computer). Un ragazzo al quale forse viene chiesto di crescere troppo in fretta ma verso il quale però non si può non provare – almeno guardando il film – simpatia e tenerezza.
Libro e film mi sono entrambi piaciuti ma se dovessi fare il gioco della Torre, sceglierei il testo rispetto alla pellicola, più verosimile (e forse per questo meno “leggero”) e maggiormente in grado di dare un’idea di come siano andate le cose (anche se, non esseondo un ricostruzione ufficiale, molti punti restano al meno in parte oscuri). Attori comunque bravi a calarsi nei diversi ruoli, regia – quella di David Fincher – e sceneggiatura – di Aaron Sorkin – che sono una garanzia e musiche di Trent Raznor che fanno da sfondo a una pellicola che ripercorre, con simpatia (strizzando l’occhio al mondo teen), i retroscena della nascita di Facebook, ormai sdoganato a “fenomeno di massa”.