Sarà il fatto che, come ogni anno, si arriva alle vacanze con il fiatone. Sarà che in fondo, del proprio lavoro, non si è mai soddisfatti pienamente, ci sarebbe sempre qualcosa che potrebbe migliorare nel rapporto con i colleghi, nella retribuzione, nell’orario d’ufficio o nella sede. E poi l’estate, il tempo delle vacanze, è anche il periodo nel quale, fuori dalla routine lavorativa, si ha modo di riflettere sulla propria posizione, sulle proprie aspirazioni e ambizioni di svolta. Ecco perchè quando ho avuto tra le mani Cento Lavori Orrendi, Storie infernali dal mondo del lavoro a cura di Dan Kieran, non ho esitato a leggerlo (il libro tra l’altro è stato utilizzato per il lancio della serie tv Lavori Sporchi in onda su Discovery Channel). Il testo è una raccolta di testimonianze arrivate in più di dieci anni alla rivista The Idler che, come detto nell’introduzione, è una sorta di “fotografia del Mondo Occidentale del Lavoro e dell’enorme differenza che c’è tra ciò che i lavori promettono e quello che poi si rivelano essere davvero.” Tra le pagine si scopre così un mondo di noia, solitudine, colleghi insopportabili, arroganti o squilibrati, di sfruttamenti, esaurimenti, stress e mansioni umilianti e/o alienanti. Una rassegna divertente, imbarazzante e per certi versi anche sconfortante, che in fondo può forse aiutare a considerare a rivalutare il proprio lavoro. Un libro leggero, per l’estate, da gustare in pieno relax godendosi sullo sdraio i racconti delle disavventure altrui.
Me
La mia survey sulle attività social online
Nel precedente post ho presentato l’interessantissimo testo “L’onda anomala” sottolineando come forse l’unica pecca del libro fosse una mancanza di dati sulla realtà italiana. A questo punto mi sono detto: e se provassi a lanciare una survey? Niente di più semplice viste le ormai numerose risorse gratuite presenti in Rete. E così ho registrato un nuovo account su SurveyMonkey e ho riproposto due dei quesiti più interessanti emersi dalla lettura del manuale sul come interagire e collaborare con i consumtori ribelli firmato Li e Bernoff.
domanda 1: Quale di queste attività svolgi almeno una volta al mese?
domanda 2: Quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti servizi?
La ricerca del 2007 di Forrester mostrava, nelle prime tre posizioni, in termini di percentuali, le seguenti attività:
Guardo video prodotti da altri utenti, 29%
Consulto forum o gruppi di discussione online, 28%
Visito siti di social network, 25%
Dai risultati della mia indagine (un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito!), realizzata su un campione di 100 utenti italiani (quelli consentiti da un account free) e pubblicizzata su Twitter, FriendFeed e Facebook, fermo restando le scelte selezionabili – con la sola aggiunta di “uso friendfeed” – sono emersi alcuni fattori differenti.
In generale un maggiore coinvolgimento degli utenti attraverso gli strumenti a disposizione nel web (questo sicuramente è in parte anche dovuto alla particolare tipologia di target che abbiamo colpito, un campione che si è dimostrato essere molto avvezzo alle tecnologie della Rete). Da sottolineare il balzo in avanti legato alla maggiore partecipazione verso i social network in generale, e verso i blog e twitter in particolare. Ecco il podio emerso dall’indagine:
Visito siti di social network, 92%
Guardo video prodotti da altri utenti, 82%
Aggiorno/gestisco un profilo su un sito di social network, 81%
Circa l’altra domanda che si propone di comprendere, con l’avvento dell’era di Internet, quali siano le fonti che gli americani connessi alla Rete ritengono più fidate, più credibili, sempre mantenendo inalterate le risposte possibili, alla domanda “quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti/servizi?” le prime tre posizioni della ricerca americana vedevano nell’ordine:
Opinione di un amico o di un conoscente che fa fruito del prodotto/servizio, 83%
Recensione del prodotto/servizio apparsa su un giornale, una rivista o in tv, 75%
Informazioni pubblicate sul sito del produttore, 69%
I risultati che ho registrato, rispetto alla ricerca di riferimento, sono abbastanza diversi.
Opinione di un amico o di un conoscente che fa fruito del prodotto/servizio, 92.8%
Recensione di un noto esperto, 74.2%
Informazioni pubblicate sul siti basati sulle opinioni degli utenti, 73.2%
Se infatti le opinioni di un amico/conoscente si confermano come “prima scelta” della stragrande maggioranza degli utenti, la credibilità di una recensione apparsa su un giornale, una rivista o in tv subisce un netto calo, passando da un 75% a un 35.7%, relegando tale spazio comunicativo in ultima posizione rispetto alle altre scelte disponibili.
Viceversa scalano posizioni le opzioni che vedono attivamente partecipi gli utenti: le recensioni di blogger passano così dal 30% al 67.4%, le opinioni delle community di utenti dal 50% al 73.2%.
Il Web 2.0 è insomma vivo più che mai ed è sempre più considerato dai potenziali consumatori il territorio primo nel quale reperire (e condividere) informazioni, opinioni, giudizi, una tappa ormai quasi obbligata per vagliare l’acquisto di un bene/servizio.
Il primo Girl Geek non si scorda mai
Lo scorso venerdì sono finalmente riuscito a intrufolarmi al Girl Geek Dinners Milano. Non mi ero fatto molte aspettative, non mi sono affacciato da molto nella blogosfera milanese e quindi non posso certo ambire alla massima notorietà ma la serata è stata comunque in grado di sorprendermi piacevoltemente. Arrivo puntuale, forse troppo. Aspetto un po’, poi mi decido a scendere, il ruolo del divo non mi calza troppo. Tra l’altro di fronte al banchetto principale c’è già una lunga fila di persone pronte ad affollare l’open lounge Fiat. Mi guardo intorno con fare da blogger vissuto e aspetto il mio turno. Mi presento e, dopo un po’ di suspance, ricevo il mio adesivo e i miei regalini (uno su tutti, il tanto agognato monopoli versione BlogStar by MargotMood). Mi mescolo tra la gente, tento di riconoscere qualcuno (le donne hanno tutte il loro badge in zona décolleté quindi per leggere l’indirizzo del blog si rischiano manrovesci che, visto l’appuntamento mondano, decido saggiamente di evitare), sorrido, ordino una caipiroska alla fragola e, magiando qualche stuzzichino, aspetto l’inizio ufficiale delll’incontro. Dopo alcuni minuti, infatti, alcune responsabili “digital” (Barilla, Alfa Romeo, Ducati, Nike e ovviamente Fiat) raccontano i progetti in essere nei social media delle aziende per le quali lavorano e rispondono alle curiosità dei partecipanti alla serata. Una volta terminata la parentesi seria, la parte social entra nel vivo: ci dividiamo in gruppi in base al colore del nostro adesivo e iniziamo in maniera convulsiva a scambiarci moocard e bigliettini da visita tentando di spiegare agli altri chi siamo e cosa facciamo veramente (tutti/e sembrano sempre superinteressati/e). Conosco così sexy writer, traduttrici, musiciste, blogger, di tutto di più. La serata poi continua tra cocktail, estrazioni di premi e chiaccherate varie. Il tempo dei saluti arriva forse troppo presto, una leggera pioggerellina chiude un’occasione di svago diversa che spero possa presto ripetersi.
La pubblicità è servita: incontro con Philip Kotler
Il 17 giugno scorso ho avuto il piacere di partecipare al convegno – organizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano – dal titolo: “La pubblicità è servita“. Guest star dell’incontro (spero di non risultare irrispettoso usando questa espressione), Philip Kotler che, parlando di fronte a una nutrita platea, ha parlato di marketing del 3° millennio, anticipando alcune delle riflessione contenute nel suo ultimo libro (scritto con John A. Caslione) Chaotics. Nonostante la levataccia (le registrazioni al convegno sono partite alle 8.30 anche se poi la discussione è cominciata dopo le 10), poter assistere dal vivo alle analisi di Kotler risulta sempre molto interessante e costruttivo. Dall’intervento è emerso come quello di oggi sia un periodo di “turbolenza” sconvolto da due macrofenomeni: da una parte la globalizzazione e dall’altra la digitalizzazione. In quest’ottica risulta quindi ancora più importante l’aspetto comunicativo-conversazionale del rapporto con il potenziale consumatore online che dovrebbe/potrebbe portare – come ultimo step – alla co-creazione del prodotto, come accaduto con i brand Lego e Harley Davidson. Ciò significa innanzitutto porre maggiore attenzione all’ascolto degli utenti ma anche comprendere come, nel momento di crisi attuale, l’acquisto di auto e, in generale, di beni costosi/complessi, vengano ridotti o procrastinati. Occorre quindi sviluppare un media mix più efficiente in grado di rinnovare, innovare e rendere più “fresh” il marketing. Significativo in questo senso la case history P&G che ha portato negli USA, in un momento non proprio brillante dell’azienda, ad una riorganizzazione pressoché totale: standardizzazione dei prodotti, riduzione del numero di variazioni di prodotto in temini di formati e tipologie, vendita e/o ridimensionamento dei “rami secchi” non più remunerativi. Illuminante, per un attimo ho avuto l’illusione (appagante) di essere (più giovane) in un campus universitario statunitense.
La sola certezza è l’incertezza di tutto
Da molto mi ero ripromesso di leggere Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani. E ora che sono riuscito a finirlo – non è stato facile lo ammetto, non è proprio una lettura semplice – sono felicissimo di averlo fatto. E paradossalmente nutro anche un po’ di invidia. Ovviamente non per lo stato di malattia inteso come “dolore/sofferenza”, ma come step necessario per riflettere sulla propria vita e sui valori della società nella quali si è inseriti. Il punto focale del libro infatti mi pare la critica di un approccio all’esistenza che, sulla scia di un razionalismo scientifico, ha forse tralasciato, nel curare un’infermità come nella vita “normale” di tutti i giorni, l’aspetto meno materiale della cura del proprio corpo. E così, dall’America inizia la ricerca di un iteneriario che, partendo dall’India e arrivando sino alle Filippine, tra medicina classica e alternativa, tra riti, pozioni e meditazione, punti alla ricerca di un nuovo equilibrio, di un’armonia con il proprio io e con gli altri esseri viventi, capaci di rendere ogni momento della propria esistenza la continua scoperta di un universo straordinario con la consapevolezza che la vita e la morte siano in realtà due facce della stessa medaglia. E’ così, tra aneddoti e storie simili a fiabe, il libro commuove e al contempo stupisce per la propria semplicità e profondità, invita alla riflessione, insua dubbi, interrogativi, perplessità. L’unico rischio è quello che una volta arrivati alla fine del testo, guardandosi allo specchio si veda la propria vita come eccessivamente piatta, ripetitiva e materiale. Da assaporare quindi lontani dalla vista di valigie, potrebbe istigare il desiderio di abbandonare tutto e fuggire.
Anch’io al Media Running Challenge
Attenzione, questo è un post autocelebrativo. Sì perchè correre con l’afa e la calura che ieri soffocavano Milano è stata in fin dei conti una piccola-grande impresa degna di nota. Se poi pensiamo che il sottoscritto da sole 3 settimane di stava allenando (due volte a settimana quindi non certo con assiduità), i 5 km percorsi ieri per la corsa promossa dalla Fondazione Coca-Cola HBC Italia sono decisamente una cosa di cui vantarsi. Ok, la corsa non era competitiva, ma l’intero incasso sarà devoluto a In-Oltre, onlus che dà supporto ai ragazzi con disabilità, motivo che mi ha spinto ad aderire da subito all’inziativa (il mio pettorale era il numero 64 su oltre mille iscritti!) rispolverando le scarpette da running da (troppo) tempo relegate inutilizzate nell’armadio. Per essere il secondo “capitolo”, la corsa mi è sembrata davvero ben organizzata: deposito borse, spogliatoi, pettorina con chip, maglia Adidas realizzata ad hoc, pacco gara con omaggi degli sponsor, stretching pre-gara, possibilità di partecipazioni aziendali, pranzo post-corsa offerto da Barilla, insomma una bella occasione per fare attività fisica all’aria aperta (nella sempre spendida cornice di Parco Sempione) aiutando al contempo i meno fortunati. Ho appena letto i dati circa la mia posizione finale: 335esimo su 1200 partecipanti (5 km percorsi in 29 minuti), la corsa è insomma stata un successo. In tutti i sensi.
Sfogliavelo, CRM & buoni omaggio by Giovanni Rana
Amo cucinare ma a volte, dopo una giornata lavorativa, ammetto di essere un po’ demotivato e di affrontare i fornelli con distacco e titubanza. Ecco perchè a volte, per sbrigarmi, mi faccio aiutare dai cibi pronti, quelli che in pochi minuti garantiscono un piatto accettabile senza un gran dispendio di grandi fatiche. Giovanni Rana in questo senso, è spesso mio fedele collaboratore, i suoi svogliavelo sono per me una manna dal cielo nei giorni in cui anche solo scegliere il tegame da utilizzare sembra una mission impossible. Non molto tempo fa ho acquistato al supermercato una confezione di ravioli ai quattro formaggi ma tornato a casa ho avuto la spiacevole sorpresa di scoprire della muffa sugli svogliavelo. Estremo disappunto anche considerando la mia cattiva abitudine di acquistare solo l’estremamente indispensabile per la giornata. Per dar adito a tutto il mio “frustrazione” mi sono quasi subito collegato al sito del pastificio veronese e nella sezione contatti ho segnalato la mia “brutta avventura”. Non che mi aspettassi molto, ma volevo mettere un po’ alla prova l’azienda (odio chi mette la mail o un form contatti e poi non risponde tirando il sasso e nascondendo la mano). Volutamente nella mia comuncazione non ero entrato molto nel dettaglio del mio acquisto, non specificando il numero dello scontrino o il punto di vendita. Nonostante lo mio scetticismo però, dopo circa due settimane, ho ricevuto nella mia cassetta della posta (offline intendo) una lettera che mi comunicava il dispiacere del brand per quanto accaduto, offrendomi come segno di “affetto, simpatia e attenzione” due buoni omaggio da utilizzare per l’acquisto di prodotti Rana. Insomma, nulla contro gli “standard per garantire la massima qualità”, ma confesso che nonostante il lavoro più che buono del CRM (cortesia impeccabile), probabilmente quel tipo di prodotto difficilmente avrà una seconda possibilità. Ma non posso non dar atto ad un’azienda che dopo solo un generico messaggio ha deciso non solo di tenere in considerazione la mia segnalazione ma anche di cercare in qualche modo di conservare la mia fiducia. E proprio perchè si tratta della mia “esperienza positiva” nonostante le tante segnalazioni che sono solito fare via mail – sono un inguaribile scontento che ci posso fare – che mi sono sentito quasi in dovere di dedicare un post alla mia piccola storia. Con la speranza che possa rappresentare l’inzio di un nuovo modo di porsi dell’azienda nei confronti del proprio bene più prezioso: i consumatori.
Davidoff colpisce ancora
Descrivere un profumo e le sensazioni che la fragranza provoca è quasi una mission impossible. La recensione di un eau de toilette rischia infatti di essere limitativa, schiava della lista degli ingredienti che però non può dare l’idea del profumo nel suo complesso, del mix armonico che scaturisce dalla fusione dei singoli componenti. Consapevole di questo ho voluto comunque cimentarmi nella scrittura di un post che potesse, anche in minima parte, avere come proprio oggetto l’ultima fragranza che ho potuto provare. Sono un appassionato di profumi e mi piace l’idea di poterli utilizzare come accessori e/o capi di abbigliamento che mi rappresentano, che testimoniano, almeno in parte, il mio essere. Ecco perché il momento della scelta di un nuovo profumo quindi diventa per me come una sorta di “rito pagano” attraverso il quale cercare una fragranza che mi identifichi e che al contempo sia in grado di entusiasmare il mio stesso olfatto. Ogni nuovo profumo è quindi una scoperta: gustare il momento dell’abbandono alla fragranza e alle sue diverse note è, nel caso questa sia affine ai miei gusti, per me più che appagante. Ammetto di aver conosciuto la linea di prodotti by Davidoff da relativamente poco tempo. Lo scorso autunno, quasi per caso, mi passò tra le mani un campioncino di Adventure (il profumo con testimonial Ewan McGregor), fragranza della quale mi innamorai all’istante tanto da pretendere (!!) il profumo come regalo – non proprio spontaneo – per Natale. Ma Davidoff aveva in serbo per me altre sorprese. Alcuni giorni fa ho infatti potuto gustare il nuovo eau de toilette per l’estate della linea Cool Water (il testimonial in questo caso è l’attore che interpreta il mitico Sawyer in Lost). Il profumo si chiama Cool Summer e mi ha impressionato sin dal primo utilizzo. È un profumo fresco, energetico e intrigante nel suo mix di note di agrumi, violette, artemisia, menta, muschio e toni legnosi come il sandalo e teak. Non posso che ringraziare chi mi ha concesso il piacere e l’onore di provare la confezione di questo profumo per ora ancora “pre-sale” ma che sicuramente una volta in vendita sarà in grado di entusiasmare molti uomini (e anche molte donne, ne sono certo).
Odissea Muxtape
Quasi un anno fa, su consiglio di un’amica, navigando nella Rete alla ricerca di nuovi, accattivanti quanto innovativi siti, ho conosciuto Muxtape, una piattaforma che ha in brevissimo tempo scalato la classifica dei miei spazi della Rete preferiti. Il servizio era semplice quanto intuitivo: l’utente non registrato, visitando l’homepage, visualizzava tanti piccoli quadratini colorati con diversi nomi sui quali (la cui visualizzazione era gestita in maniera random, per cui ogni volta ne camparivano di diversi), cliccando, accedere a delle playlist suggerite in pieno stile web 2.0. La cosa che rendeva particolare il sito è che attraverso Muxtape si potevano ascoltare brani diversissimi, da tutto il mondo (ricordo con simpatia dei pezzi hardcore russi), spesso semisconosciuti o comunque non propriamente “mass-market”. L’iniziativa però, visto anche il successo con la quale la community è cresciuta (ovviamente anche il sottoscritto aveva fatto la sua indie-playlist), ha attirato ben presto le ire di etichette discografiche e varie associazioni statunitensi (una su tutte, la temutissima RIAA) che intravedevano nel servizio un mezzo per alimentare la pirateria e la diffusione di musica in maniera illegale, svincolata dai diritti che solitamente vincolano le tracce. Sono tornato oggi a vedere il sito e ho potuto leggere la lunga storia circa le disavventure di Justin, l’ideatore di Muxtape (il racconto mi ha un po’ ricordato il film Insider) e ho potuto leggere le novità della nuova versione ora in fase di test. Dalle prime indiscrezioni sembra che la nuova piattaforma potrà garantire come agli utenti di ascoltare nuova musica e agli artisti di pubblicare le loro tracce (creandosi dei profili con calendari, foto, commenti…). Spero davvero che il progetto possa proseguire, sono sempre alla ricerca di nuova buona musica.
FUTURISMO 1909-2009 Velocità + Arte + Azione
Ieri ho voluto approfittare di un attimo di relax pre-pasquale per festeggiare i cent’anni del Futurismo visitando la mostra Velocità + Arte + Azione allestita a Palazzo Reale di Milano. Un percorso davvero ricco di opere (alla fine lo ammetto non desideravo che l’ultima sala, per gustarsi appieno l’allestimento occorre molto tempo e molte energie) per uno dei movimenti più vitali che proprio da Milano riuscì a coinvolgere molti artisti italiani ed europei. Dal divisionismo al dinamismo plastico, dall’arte meccanica all’aeropittura, il percorso sintetizza il lo sviluppo del Futurismo dall’ultimo decennio dell’Ottocento al dopoguerra, mostrando alcune delle opere più significative di Boccioni, Carrà, Balla, Depero e gli altri artisti che furono contaminati dalle avanguardie diffuse in primi da Filippo Tommaso Marinetti. Un bel tour de force che mi ha permesso di avere un’idea più ampia rispetto a quanto ricordavo circa il Futurismo e le sue ripercussioni non solo nell’arte pittorica ma anche nel teatro, nell’architettura e nella letteratura. In particolare ha attirato la mia attenzione il fotodinamismo, corrente artistica la cui conoscenza mi sono ripromesso di approfondire (da quanto ho capito, l’avvicinamento del futurismo alla fotografia nasce dal rifiuto di rappresentazioni “passive” mirate a riprodurre cose e persone immobili nello spazio). Solitamente non provo molto interesse per la politica, ma se ora avessi un po’ più di tempo libero e meno stress lavorativo, mi piacerebbe approfondire il legame del movimento futurista con l’azione politica.