CityDeal, il gruppo di acquisto della tua città

Ho scoperto pochi giorni fa quasi per caso l’esistenza dei gruppi di acquisto, una delle possibili risposte al delicato periodo economico-finanziario che stiamo vivendo. In estrema sintesi, se non ho capito male, si tratta di consumatori che, per risparmiare, si organizzato acquistando all’ingrosso prodotti da distribuire alle proprie famiglie. Cercando nel web maggiori informazioni a riguardo ho poi scoperto che ci esistono anche i cosiddetti G.A.S., gruppo di acquisto solidali che, partendo da un approccio critico al consumo, applicano il principio di equità e solidarietà basando la scelta dei fornitori sulla base dell’impatto ambientale (prodotti biologici o ecologici) piuttosto che sulla tutela dei piccolo produttori locali. Attualmente in Italia, secondo la Rete nazionale di collegamento dei G.A.S., sono oltre 600.
Tra i gruppi di acquisto non solidali, invece, alcuni solo legati al canale dell’e-commerce. Uno di questi è CityDeal. Nato in Germania quattro anni fa, il sistema di web coupon è da poco arrivato anche in Italia e propone ogni giorno sconti per palestre, centri benessere, ristoranti e appuntament legati all’intrattenimento. Il numero, come per qualsiasi altro gruppo di acquisto, fa la forza. Proprio grazie a numerosi utenti è possibile infatti ottenere uno sconto per usufruire di servizi a prezzi contenuti. L’importante è raggiungere il numero minimo di partecipanti entro un determinato arco temporale. Il sito, per incentivare le persone a iscriversi, presenta inoltre una sezione che permette di accumulare degli accrediti per ogni nuovo cliente. Altra particolarità è quella di poter seguire il CityDeal referito alla proprio città sia su Facebook che su Twitter. Il sistema è appena nato ma potenzialmente pare interessante, ne seguirò sicuramente gli sviluppi.

[update: grazie ad una rapidissima espansione CityDeal ha attirato l’attenzione di Groupon, il colosso americano degli acquisti geolocalizzati sul web, che ha acquistato la società il 17 Maggio 2010, i link indicati nel post non risultano più validi]

Digital e Green: due cavalli sui quali scommettere

Alcuni giorni fa ho avuto modo di partecipare a un interessante dibattito dal titolo Digital & Green, due driver per un nuovo modello di agenzia che, prendendo spunto da una delle provocazioni tratte dall’ultimo libro di Diego Masi, Go Green, ha puntato i riflettori sull’attuale modello delle agenzie di comunicazione e su quella che alcuni identificano come loro crisi strutturale.
Tutti i relatori presenti al Bianco Latte si sono dimostrati concordi nell’identificare Digital e Green come potenziali nuovi asset con i quali costruire modelli differenti e potenzialmente più efficaci nella gestione delle risorse.

Parole come “nuovo ordine”, “rivoluzione”, “futuro” sono state utilizzate più volte nel corso della serata. Ma, a ben vedere, forse sono tre i concetti attorno ai quali si stanno realizzando i cambiamenti più significati sia per le aziende che per le realtà che si occupano di comunicazione: sviluppo sostenibile, coerenza (a questo proposito è stato spesso citato il fenomeno del greenwashing) e reputazione. In particolare quest’ultima – come ha suggerito Marco Benatti, presidente FullSIX – e il suo stretto legame con il web, dovrebbero portare l’interazione con i proprio potenziali consumatori a una fase più matura capace di trasformare la Brand Awareness (e le azioni che i brand prendono per salvaguardare la “notorietà” positiva della marca) in Brand Engagement, a quel confronto diretto con gli utenti che internet – mezzo partecipativo per eccellenza come ha ricordato Giancarlo Vergori di Virgilio – permette e che sempre più dovrebbe essere visto come opportunità costruttiva e non come minaccia.

Per quel che concerne il libro – lettura che mi vede ormai alle ultime pagine – posso confermare quanto Go Green sia uno testo stimolante che permette di capire come il “verde” stia diventando il colore dominante e quali implicazioni questo possa comportare sia nel microcosmo della vita di tutti i giorni sia nel macrouniverso della società globale e della finanza. Lontano dall’essere un noioso manuale, con un linguaggio semplice e leggero, capitoli mai troppo lunghi e corredati da molti dati a supporto, Go Green aiuta a comprendere meglio la silente rivoluzione in atto sottolineando come questa non sia solamente legata all’aspetto energetico, al cambiamento climatico, ma come invece stia mettendo tutto in discussione: dai cambiamenti degli stili di vita dei consumatori alla comunicazione, dalla politica all’economia, tutto presto non sarà più come prima. Meglio esserne consapevoli.

Only the brave, la nuova fragranza Diesel

Only the Brave è la nuova frangranza maschile by Diesel il cui lancio mi ha davvero colpito. Il nuovo profumo – presentato un anno fa al Temporare Kunsthalle di Berlino con una festa con 900 ospiti selezionati – vuole comunicare tenacia, coraggio e forza. Come? Con una serie di iniziative multisciplinari.

Partiamo dall’oggetto nel quale è contenuto il profumo, una confezione originale, aggressiva e di impatto più che mai adatta a una fragranza che mescola sapientemente cuoio e ambra con note di limone e violetta. Un vero pugno al conformismo che molte volte finisce per rendere il packaging un elemento non così caratteristico.

Anche i visual pubblicitari, in bianco e nero, a firma del fotografo Planton, trasmettono sguardi ed espressioni di un marcato senso di determinazione e una potente forza interiore. Indipendenza, ritmo, fierezza sono anche le colonne portanti dei video che sembra riproporre moderni James Dean in cerca di riscatto e di vita senza compromessi.

In uno dei video come testimonial compare anche Common, artista hip hop di Chicago assoluto protagonista del Block Party, una jam sessione esclusiva che ha visto alternarsi sul palco numerosi artisti nel cuore di Parigi lo scorso 15 maggio (vedi “trailer” qui sotto). Una sorta di “festa di quartiere” ispirata al Block Party di Dave Chappelle (diventato poi un film di Michel Gondry) che nel 2005 è riuscito a radunare i grandi nomi del’hip hop americano come i The Roots, The Fufees, Kanye West e appunto Common. Un evento gratuito, quello di Diesel a Place Stalingrad, tenuto nascosto sino quasi all’ultimo, quando nella Rete si rincorrevano le più varie versioni circa l’evento.

[dailymotion id=xbrj4l]
Diesel Only the Brave Italy
di ebuzzing

Per quanto riguarda la parte online la nuova fragranza si presenta su differenti canali tra loro collegati: un blog, un canale YoutTube e un profilo Twitter chiamati IsBrave attraverso i quali vengono veicolati contributi su arte, design, moda e costume. Ai social network si affianca il sito ufficiale che, nella sezione “Performance” consente all’utente di immergersi in esperienze “grafiche tridimensionali artistico-sonore” a volte un po’ inquietanti ma davvero particolari (e i cui wallpaper si possono anche scaricare in tre diverse dimensioni) in virtù delle quali è il sito – molto lontano dalla classica landing page di prodotto – è stato segnalato anche da FWA, la raccolta di siti innovativi assolutamente da visitare.

Un lavoro a tutto tondo capace di coinvolgere in maniera profonda l’utente in grado di “vivere”, anche solo in maniera virtuale, il prodotto e le sue peculiarità.

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Oggi Internet si colora di Telethon

Quando mi è stato chiesto di dare il mio (piccolissimo) contributo alla web marathon 2009 non ho esitato nemmeno un secondo. Telethon, in estrema sintesi, è un polo d’innovazione per la ricerca sulle malattie genetiche rare. Da vent’anni raccoglie fondi – soprattutto tramite la tv – e sostiene la ricerca e la cura di malattie che colpiscono per la stragrande maggioranza i più piccoli.
Oggi, 11 dicembre, contemporaneamente alla maratona televisiva Rai, è attiva anche una maratona web: portali, siti, blog e social network tutti uniti per tentare di sensibilizzare la Rete proponendo notizie, approfondimenti, aste online, visti grafiche pensate proprio per le due giornate di Telethon, per segnalare i molti eventi previsti lungo tutta la Penisola. E ovviamente per diffondere banner e widget per la donazione virtuale.
Un’altra bella occasione per dimostrare come il web sia vivo e attivo. Lunga vita alla ricerca e avanti con la raccolta fondi!

INQ1, la mia prova del facebookphone

Per far conoscere INQ1, con una bella iniziativa articolata su twitter e friendfeed, la 3 ha distribuito dei cellulari da testare. Anche il sottoscritto, dopo vari tentativi, in zona Cesarini, è riuscito ad aggiudicarsi un telefonino (grazie ancora per l’opportunità!).
Pochissimi giorni dopo la comunicazione della vincita – e dopo la compilazione dei moduli necessari a registrare sim e cellulare – ho ricevuto un bel pacchettino a forma di cubo. Con grande curiosità ho aperto la confezione e ho finalmente potuto avere tra le mie mani l’INQ1, noto anche come facebookphone. La prima cosa che mi ha colpito è come non ci siano manuali. Una decina di card colorate spiegano con semplicità e senza troppi giri di parole le caratteristiche del cellulare. Leggo incuriosito e capisco quali siano i punti di forza del telefonino: la possibilità di poter accedere a Facebook, quella di poter utilizzare Skype, la rubrica con la quale associare ai numeri di telefono le varie identità internet (in questo modo, quando ad esempio si riceve una chiamata, potrà apparire l’immagine del profilo Facebook di chi sta mettendo in contatto con noi), la possibilità di gestire i feed per seguire gli aggiornamenti dei propri siti preferiti e infine quella di configurare dei widget nella pagina iniziale.
Accendo il cellulare, faccio scattare in avanti lo schermo e, scritto il pin, grazie al tasto carosello navigo nel menu rapido del telefonino, scoprendo, oltre alle applicazioni già citate, anche Messanger, Youtube, pianeta 3 (sezione nella quale acquistare giochi, musica e news) e il pulsante “internet” dal quale posso scegliere se accedere a Google Search, Youtube, Yahoo Search, MSN Mobile, MySpace e eBay. Nella home, in alto, trovo preinstallato un widget: inserisco il nome della città in cui mi trovo e vengo informato su meteo e temperature. Scelgo Google per provare il browser e casualmente scopro che lo schermo permette anche la navigazione in orizzontale semplicemente girando il cellulare. Dopo aver disattivato il sistema di scrittura facilitata, scrivo il nomignolo con il quale sono noto online e poi visito il mio blog. Quando premo il tasto Indietro, nella schermata appaiono i livelli di navigazione per cui posso scegliere con estrema facilità se tornare all’inizio del mio percorso o solo indietro di uno step. Poi provo Youtube: vado nella home e scelgo il primo video della lista (“doesn’t mean anything libe from black ball”) salvo poi leggere “not available on mobile”. Passo alla ricerca. Ridisattivo il sistema di scrittura facilitata – strano non si memorizzi la mia preferenza antit9– e scrivo “glass and the gost children smashing pumpkins”. Clicco “watch video” aspetto alcuni secondi per la connessione e poi mi vedo il video (cinque livelli di volume a mio giudizio sono troppo pochi, pur scegliendo il primo livello il volume mi pare troppo alto per gli autoparlanti del cell). Decido di passare al menu del cellulare: decisamente spartano, presenta 12 caselle, dal tasto fotocamera a quello impostazioni, da sveglia a giochi e applicazioni (nemmeno un gioco preinstallato, uffi). Scelgo feed e trovo già inseriti quelli della Gazzetta dello Sport.
Leggendo la user guide del cd, scopro anche come INQ1 permetta di stabilire una connessione Internet ad alta velocità per il computer tramite cavo USB e driver incorporati. Inoltre leggo come il cellulare permetta l’accesso al proprio account Last.fm per ascoltare le canzoni preferite.
Insomma, INQ1 è un cellulare senza molte pretese ma simpatico, piccolo, maneggevole (anche se non leggerissimo), con una fotocamera da 3.2 mega pixel e una buona batteria, per chiunque desideri iniziare a utilizzare un cellulare collegato alla web e ai principali social network senza però spendere troppo e senza dover scegliere un cellulare complesso forse più indicato per chi per lavoro ha la necessità di essere sempre connesso.
Tra l’altro proprio in questi giorni è in commercializzazione INQ Chat, l’evoluzione di INQ1 con tastiera QWERTY, GPS integrato, client Twitter, nuovo software e nuovo design. Piccoli INQ crescono.

Lista dei desideri 2009: Save this post

Con l’avvicinarsi del Natale torno a proporre – come lo scorso anno – la Lista dei Desideri by Save the Children, l’innovativa soluzione di regalo virtuale e solidale con la quale dare il proprio piccolo-grande contributo per garantire educazione di qualità, per costruire asili comunitari e per migliorare la salute e la nutrizione di bambini dei paesi nei quali di certo le festività non fanno rima con la parola consumismo (qui di fianco l’immagine del nuovo simpatico video circa l’iniziativa).
Come reagirebbero le persone a noi più vicine se ricevessero davvero in regalo uno Yak, 40 polli o magari 100 vaccini? Forse non ne sarebbero entusiaste, l’esatto contrario di quello che proverebbero i bambini che vivono in paesi poveri o in via di sviluppo per i quali questi regali significano la vita stessa.
Nella Lista dei Desideri – per chi ancora non la conoscesse – ci sono regali per tutte le tasche, da 10 a oltre 1.000 euro: da un cesto di cibo (14 euro) a una bicicletta (43 euro), da un vaccino (15 euro) a dei filtri per l’acqua (57 euro). Un modo utile e intelligente per trasformare i regali da futili a utili, aiutando realmente a migliorare la vita di migliaia di bambini. Doni che rendono felici noi, i nostri cari a cui sono rivolti e soprattutto i bambini nei paesi in via di sviluppo.
Per tutti i donatori che acquisteranno un regalo sulla Lista dei Desideri, tra le altre cose, c’è la possibilità di accedere ad un’applicazione che permetterà di prestare il proprio volto e posare insieme al simbolo nonché primo testimonial della campagna, lo Yak, di stampare lo scatto o di condividerlo su Facebook.
Sempre su Facebook è anche possibile compilare un test a cura di Save the Children dal titolo “Scopri il regalo che fa per te”.

Per maggiori info:

http://desideri.savethechildren.it
http://www.facebook.com/savethechildrenitalia
http://twitter.com/SaveChildrenIT
http://www.youtube.com/user/savethechildrenIT

Remix, la mia recensione sul libro di Lessig

Una madre riprende il proprio bambino mentre, per la prima volta, inizia a ballare spingendo il proprio girello a ritmo di musica. Il video è divertente e la donna decide di conviderlo con amici e parenti caricandolo su Youtube. Ma dopo alcune settimane qualcuno scrive alla signora minacciando di intentare causa per una riproduzione non autorizzata.
Un ragazzo appassionato di manga, realizza un mashup, unendo come colonna sonora la propria canzone preferita e, per la parte visiva, immagini di una sequenza di scene del fumetto per il quale stravede.
Di questi paradossi e di molti altri aspetti legati al cosiddetto diritto d’autore si occupa il (bel) libro Remix, il futuro del copyright (e delle nuove generazioni) di Lawrence Lessig (fondatore di Creative Commons, l’organizzazione non profit che sostiene la condivisione pubblica di opere creative).
Un testo che cerca di fare il punto sulla situazione statunitense circa il copyright per capire come e se questa forma di tutela applicata con rigore nei media classici possa essere anche riprosta con le medesime modalità nel mondo digitale, territorio virtuale estremamente fluido, vasto e variopinto. Ma lo studio non si ferma a quest’analisi e scava più in profondità proponendo un ripensamento non solo del lato più “legale” del problema che la Rete porta a galla, ma un cambiamento capace di modificare economia, cultura e rapporto tra giovani e istituzioni.
Un libro ricco di aneddoti, riflessioni, suggerimenti per capire meglio la portata dei cambiamenti in atto non solo nell’industria culturale ma anche in tutti quegli atteggiamenti che – condannati o meno dalla legge – sono quasi diventati routine.

p.s.= un sentito ringraziamento a Gianfranco Chicco per avermi dato modo di ricevere una copia del libro

The big escape by Nokia

cuoco_di_gessoNel canale YouTube di Nokia Italia da alcuni giorni è comparso un nuovo breve filmato che, pare, sia un assaggio di un advergame legato al servizio Ovi Maps 3.0. Si tratta di The big escape, una nuova iniziativa grazie alla quale scappare – almeno virtualmente – dai luoghi comuni. Potevo esimermi dal partecipare? Certo che no. Perchè in fondo, benché quanto mi appresto a raccontare sia stato per certi versi traumatico, oggi ricordarlo è anche divertente. Il luogo comune dal quale vorrei fuggire è sintetizzabile nello slogan: “Italiano è sempre buono. Anche all’estero” che ben rende l’idea di ciò che per alcuni giorni sia stato il mio incubo, il martellante pensiero capace di levarmi l’appetito.
Ero in Inghilterra, in una sorta di college per ragazzi stranieri, stavo tentando di rendere meno imbarazzante il mio inglese. Fortunatamente di connazionali non vi era presenza e anzi orami ero diventato, diciamo così, “amico del mondo”, nel senso che avevo stretto amicizia con una ragazzi di ogni etnia e provenienza, dalla Spagna alla Repubblica Ceca, dalla Germania alla Corea. Sono molto delicato per ciò che concerne il cibo ma mi ero ripromesso di accettare il confronto con le altre culture presenti nella scuola: a turno, uno di noi ragazzi sceglieva un locale e tutti insieme andavamo a provare le pietanze offerte come fossimo fini critici culinari. Spesso, per non sfigurare nei confronti degli altri, sceglievamo locali vicini alla loro cultura. Una delle prime volte, forse per dimostrami l’affetto e la stima nei miei confronti (così mi piace pensare), i ragazzi quasi in coro mi proposero un ristorante/pizzeria chiamato “Made in Italy”. Sin dall’ingresso il locale, nonostante il nome, non mi parve traspirasse italianità, ma ascoltando in sottofondo la musica di Vasco e vedendo l’entusiasmo dei miei amici, un po’ mi tranquillizzai. Una volta arrivato il menu però i dubbi svanirono: la cosa più vicina a un piatto nostrano che la lista offriva era una margherita con ananas a pezzi (adorata, tra l’altro, dei miei compagni asiatici). Sorrisi a denti stretti. Alla fine, quando tutti insieme, ci avvicinammo per pagare alla cassa, l’occhio mi cadde sui “cartoni” per le pizze da asporto: nella parte superiore, sotto il nome, c’era una sagoma della penisola italiana. Ma solo della penisola, senza isole.the_big_escape
Uscii ferito nell’orgoglio patriottico e mi ripromisi di evitare quanto più possibile i ristoranti (pseudo)italiani all’estero. Avrei voluto scappare come il protagonista del minitrailer ma vendendo i mei compagni tutto sommato appagati (certo, per chi non è abituato alla nostra cucina, probabilmente anche un piatto di pasta scotta con del ketchup può sembrare una pietanza succulenta) affogai in una buona (e sana) pinta di birra la mia delusione.

Io, Gavin, i Fiberoctopus e il web 2.0

fiberoctopus[Avviso ai lettori, questo post è autocelebrativo]

Tempo fa – ormai più di tre anni orsono – mi sono imbattuto nel sito di un gruppo di San Diego mai sentito prima di allora, i Fiberoctopus. Mi sono piaciuti da subito, il loro sound malinco-elettronico è stato capace di rapirmi sin dalle prime note e così, in pochi giorni canzoni come Wet Match, She was my hostage, Waiting in heaven e When you dream sono diventati i miei personali tormentoni, canzoni che ascoltavo in loop per ore. Tanto mi ero appassionato alla band che ho (ben) pensato di creare un gruppo su Facebook per tentare di farli conoscere anche ai miei contatti diffondendo così il loro indie-pensiero. Dopo alcuni mesi il gruppo continuava però ad essere formato da pochissime persone (che avevo “pressato”) e così, non senza sconforto, in qualità di ammistratore, decisi di cancellarlo optando per una più pagina più sobria pagina “diventa fan”.
Pochi giorni fa, con mia somma sorpresa/orgoglio, ho ricevuto un messaggio dal frontman della band – Gavin – nel quale mi ringrazia per aver cercato di diffondere la musica dei Fiberoctopus e mi chiede di poter diventare anch’egli amministatore per poter così aggiornare e rendere più accattivante il frutto della mia passione. Pazzesco no? Il leader della band che chiede al sottoscritto di diventare amministratore della sezione fan su Facebook relativa al proprio gruppo, surreale, hi hi.
Dopo due giori di suspance (non potevo dargliela vinta subito, l’occasione era troppo ghiotta), l’ho accettato a bordo, convincendolo anche ad aprire un account su Twitter (oltre a Myspace già attivo) con il quale restare in costante contatto con la band.
Per la serie: “Dio benedica i social network”. E ovviamete anche la musica dei Fiberoctopus.

[spazio segnalazioni] YouNovel, romanzi user generated

younovelPer sfuggire dall’afa d’estate spesso mi rifugio nei mondi immginari dei libri. E, gustando la lettura, mi torna contemporaneamente il desiderio di scrivere. Ecco perchè, di ritorno dalle vacanze, ho ricevuto con piacere la segnalazione via mail di un amico che mi indicava la partenza ufficiale di uno dei suoi ultimi progetti, Younovel. Da quanto ho pouto carpire da una rapida visita al spazio (appena ho un attimo mi registro, promesso), è una nuova community di user generated content lanciata da un gruppo di appassionati sullo stile dei gruppi di “garage friend” americani, soliti confrontarsi sui codici sorgente di programmi e applicazioni. Il lancio, avvenuto non da molto – il numero di utenti pare crescere in maniera costante – è in questa fase diretto al pubblico italiano, inglese e francese: YouNovel punta a riunire coloro che desiderano dare il loro contributo in termini di scrittura collaborativa, che desiderano essere coinvolti in prima persona nella stesura di testi e racconti. Le regole di “ingaggio”, elencate nella homepage, sono molto semplici:

* Puoi scrivere pagine all’interno di romanzi digitali lunghe quanto vuoi;
* Non puoi scrivere una pagina che segua un’altra tua pagina… piuttosto scrivila più lunga;
* Se una pagina non ti piace, puoi scriverne un’altra versione.

Dopo il successo di Wikipedia e i vari esperimenti nei social network, sull’onda della condivisione web 2.0, ecco un’altra risorsa che offre a tutti l’opportunità di esprimersi giocando con la scrittura in un progetto comune potenzialmente accattivante, divertente, costruttivo. Ne uscirà qualcosa di buono? Come si suol dire, ai posteri l’ardua sentenza, le premesse ci sono, non mi resta che fare un grandissimo “in bocca al lupo” al progetto.