Altra riflessione sulla teoria dei mille veri fan…

In occasione del Social Business Forum, nella sessione pomeridiana, è continuato un interessantissimo confronto iniziato dalla riflessione di minimarketing che, alla vigilia dell’incontro, si chiedeva se non fosse ancora valida la teoria secondo la quale sono sufficienti 1.000 fan “veri” piuttosto che cifre enormi di utenti inerti-inutili-indifferenti e se quindi la metrica “delle masse di spettatori” non venisse in qualche modo superata negli ambienti sociali a rete (spero di aver colto nel segno, ecco comunque qui il link dal quale leggere per intero il post di Gianluca).

Al Social Business Forum ero solo spettatore ma tenterò comunque di dare una mia risposta. E lo farò basandomi su due ricerche che ho recentemente letto che ben riassumono l’idea che in questi anni mi sono fatto.
Partiamo dal presupposto che avere 1000 fan tutti pronti a “fare qualcosa per noi” è indubbiamente un traguardo più che considerevole. Ma a mio modo di vedere per avere quella cifra di fan attivi occorre averne in realtà molto di più. Perchè? Perchè, banalmente, gli utenti non hanno tutti la stessa modalità di fruizione dei contenuti e perchè non tutti per dimostrare il loro interesse verso un contenuto interagiscono. E’ in qualche modo fisiologico che vi siano utenti attivi, meno attivi, per nulla attivi.

E qui mi viene in aiuto uno studio recentemente pubblicato dal WOMMA:

There is a 100/10/1 “rule of thumb” with socail services. 1% will create content, 10% will engage with it, and 100% will consume it” Fred Wilson

Ora, tralasciando per un attimo le percentuali, il concetto che mi sembra interessante è quello che la stragrande maggioranza di persone normalmente non partecipa attivamente alle conversazioni ma si limita a osservarle. Anche perchè ci sono strumenti – Twitter e Tumblr su tutti – che rendono possibile la fruizione dei contenuti senze necessità di log-in.
Quindi, in sostanza, se la teoria di sopra dovesse essere esatta, dati 1.000 fan che con un brand interagiscono, quelli totali dovrebbero essere 10.000 (una semplice proporzione: 100*1000/10).

Altra ricerca, stavolta decisamente più bizzarra ma che comunque può servire come spunto di riflessione. Una società chiamata Hitwise ha recentemente pubblicato uno studio in base al quale 1 fan di Facebook corrisponda a 20 visite addizionali al sito del brand:

The figure of 1 fan = 20 extra visits to a website uses a unique methodology that combines Hitwise data with data from social media experts Techlightenment. We took the top 100 retailers ranked in the Hitwise Shopping and Classifieds category and benchmarked visits to those website against the number of fans those brands had on their Facebook page. We then also looked at the propensity for people to search for those retail brands after a visit to Facebook using our Search Sequence tool…

Mi rendo conto di come la teoria, pur basata su “osservazioni empiriche” sia forse difficile da sostere ma anche in questo caso il punto focale mi pare un altro: e se anche i fan “latenti” (o almeno parte di essi) avessero una loro importanza strategica al di fuori del mondo social? Penso alla mia esperienza. Su facebook seguo pochi band e alcune celebrità. Una di queste è Kevin Spacey. In questa pagina, lo ammetto, sono all’apparenza forse “inutile” come direbbe Gianluca: non commento, non metto like, non faccio lo share. Ma leggo. E se qualcosa mi interessa – la partecipazione a un nuovo film o a una nuova opera teatrale – magari cerco di approfondire. E alle volte lo faccio fuori da facebook che mi serve solo come “spunto”.

I social media si basano su persone, su rapporti anche se virtuali. Ma come nella vita “reale” ognuno ha una propria inclinazione: chi sarà più propenso a proporre contenuti, chi a commentarli, chi a controbattere, chi semplicemente ad ascoltare. Anche perchè non si tratta di posizioni “assolute”: un “vero fan” dopo un disguido potrebbe oscurasi. O peggio smettere di essere fan. Così come un utente “passivo” potrebbe di colpo svegliarsi interagendo in maniera continuativa.

Concludo: il vero problema non è a mio parere il numero di fan (più alto il numero di fan, più alto il numero di “veri fan”, no?) che sicuramente non deve essere il solo e unico metro di giudizio. Occorre comprendere piuttosto quanto sia importante lavorare sul cosiddetto interaction rate e quanto possa essere proficuo impegnarsi perchè il rapporto utenti/utenti attivi sia sempre migliore. E’ lo scambio – a più livelli – che rende costruttive le conversazioni. La provocazione ci sta ma non mi scaglierei contro il miraggio dei milioni di fan. Brand come adidas, Vodafone, o Kia non possono accontentarsi di 1000 fan “veri”. Devono puntare a numeri ben più grandi mettendosi in gioco e utilizzando gli strumenti per fare in modo che tutti partecipino attivamente. Con un unico obiettivo: che tutti i consumatori diventino “veri fan”.

Il vero lusso è il tempo

Ho conosciuto Helen Nonini non molto tempo fa. E sono subito rimasto colpito dalla particolarità della sua persona (ecco una delle sue ultime videointerviste). Ecco perchè quando poi ho saputo che di lì a poco avrebbe pubblicato un libro – da lei scritto e “interpretato” – mi sono subito impegnato per recuperarne un copia.
Professione Problem Solver, questo il titolo dell’opera prima di Helen, racconta le avventure lavorative (e non) di H., un’affascinante quanto elengante donna chiamata ad assecondare in maniera pressochè immediata le richieste di aiuto più disparate (alle volte veri e propri capricci, dalla richiesta di cibi esotici al desiderio di partecipare a eventi esclusivi) che clienti da tutto il mondo le sottopongono via BlackBerry. Insomma la versione femminile del Winston Wolf di tarantiniana memoria. Un lavoro cinico, senza orari prestabili, sempre diverso, basato sulla dimestichezza con il web e la “cura” delle relazioni di persone che, ognuna a suo modo, possono rappresentare la giusta chiave per risolvere un problema.
La cosa divertente del libro è però il paradosso che si rivela scorrendo le pagine: il problem solver, persona votata alla risoluzione dei problemi altrui, riuscirà a trovare valide soluzioni anche per superare dubbi e difficoltà della propria vita?
Professione problem solver si legge tutto d’un fiato e, nella scrittura a mio parere restituisce appieno la schematicità, l’essere “minimal” e senza fronzoli tipici di un perfetto problem solver. Un testo che è anche lo specchio delle “stranezze” del nostro tempo legate soprattutto al mondo del lusso e alle sue manie, al continuo bisogno di “stupire” che lo alimenta dall’interno. E al perenne di bisogno di risparmiare tempo. Complimenti!

Aperol, prosecco, soda. E un po’ di sociologia.

Lo scorso mercoledì ho partecipato a uno spritz party particolare per almeno due motivi. In primo luogo perchè ho potuto assaporare il nuovo Aperol Spritz Home Edition, l’ormai nota bottiglietta arancione (con tappo “easy open” facilissima da aprire) dal contenuto perfettamente dosato – 3 parti di Prosecco D.O.C., 2 parti di Aperol, 1 spruzzo di seltz – per assoporare il momento dello spritz anche tra le mura domestiche.
In seconda istanza perchè nell’occasione è stata presentata un’interessante ricerca che ha puntato i riflettori proprio sulla casa come nuova piazza cittadina. Lo studio – condotto da Francesco Morace di Future Concept Lab – analizzando usi e costumi, passioni e modi di interagire, ha individuato dodici profili, tre delle quali in perfetta sintonia con il nuovo prodotto Campari.
I Linkers, gli Unique Sons e le Sense Girls: tre “idealtipi” differenti per età e attitudini accomunati però dal considerare la casa come spazio per condivedere un’esperienza conviviale con un prodotto semplice, pratico e alla moda come quello dell’aperitivo Aperol.
Più che da apprezzare quindi lo sforzo del brand per capire quali siano i cambiamenti in atto dal punto di vista “sociologico”, quali possano essere le caratteristiche del target di riferimento per un prodotto come lo Spritz home edition e quindi in che modo lo si possa coinvolgere. Perchè, come ha ricordato Morace, “la costruzione dell’identità segue lo sviluppo sociale”, capire – partendo anche dall’analisi del rapporto degli individui con cibi e bevande – come con le nuove tecnologie stanno cambiando il mondo che ci circonda, significa in ultima analisi comprendere meglio come noi stessi stiamo “evolvendo”. Alla salute!

Groupalia, tutto un altro coupon

Lo scorso 7 giugno ho avuto il piacere e l’onore di partecipare al primo compleanno di Groupalia, il sito web specializzato nella vendita – tramite coupon che consentono sconti anche del 90% – di servizi per tempo libero e shopping, fondata in Spagna il 4 maggio 2010 e che oggi solo in Italia può contare su oltre 2 milioni di clienti, 2.000 partner in 19 città italiane e circa 400.000 coupon erogati. Numeri davvero impressionanti (come quelli del fatturato, 100 milioni di euro solo nel nostro Paese) se consideriamo la scarsa diffusione dell’e-commerce in Italia.

La serata è inziata con una sorta di bilancio tracciato da Andrea Gualtieri – Country Manager Groupalia – che ha delineato la realtà nostrana della società raccontando alcuni casi di successo e annunciando in anteprima alcune succose novità: due nuove partnership con B4 Hotels e Samsung Italia (i nuovi Galaxy Tab 10.1 avranno preinstallata l’applicazione di Groupalia per Android); un nuovo pay-off, “tutta un’altra vita” che ho richiamato nel titolo del post; Groupalia Care, un servizio gratuito che permette di ricevere rimborsi per i coupon non utilizzati.

Finita la parte più “istituzionale”, la serata è entrata nel vivo. All’arrivo, infatti, ero stato “perquisito” da degli “agenti” che domandami se avessi con me il passaporto, a mia risposta negativa, mi avevano invitato a registrarmi e a ritirare un press kit davvero particolare. Oltre alla cartella stampa, infatti, la borsa conteneva un passaporto firmato United Nations of Groupalia e una “mazzetta” di soldi anch’essi firmati Groupalia.

In un’altra stanza erano infatti presenti diversi angoli che riassumevano i “mondi imperdibili” nei quali opera Groupalia e che, tramite un timbro a mo’ di visto e un pagamento con il cash Groupalia, consentivano di vivere diverse esperienze: dai viaggi nella Garfagnana – una ragazza presentava tutte le varie occasioni di villeggiatura della zona – ai sushi/drink molecolari della ristorazione, dal benessere con tanto di massaggio con olio di mandorla alla mano al divertimento con Kinect per concludere con la sezione prodotti nella quale verdersi realizzare un carinissimo bouquet.

Davvero una bella serata, organizzatissima (come ho scritto su twitter, con wifi grautita, hashtag dell’evento, schermo con presenza social) e, nonostante la pioggia che ha permesso di godere solo per alcuni minuti la spendida visuale dalla terrazza, assolutamente ben riuscita. Ancora auguri, complimenti e mille di questi compleanni!

Alla scoperta dell’omeopatia con Christian Boiron…

Lo scorso 19 aprile ho avuto il piacere di partecipare ad un evento legato al tema dell’omeopatia. Un’occasione, quella organizzata da Boiron Italia, particolare per diversi motivi. In primo luogo perchè l’argomento è uno tra i più dibattuti in Rete e non solo.
Poi perchè non capita tutti i giorni (o per meglio dire, tutte le sere) che non solo un’azienda multinazionale accetti un confronto faccia-a-faccia con i (potenziali) consumatori ma che ospiti dei/delle blogger nella propria sede e ci metta la faccia a tal punto da far partecipare all’iniziativa il presidente in persona – Christian Boiron – pronto a rispondere a tutte le curiosità della “platea”.
Il bilancio della serata? Più che positivo. E non solo per il buonissimo buffet, per la cortesia del personale, la simpatia dei presenti e la stravagante animazione dell’artista della movimentart Gregorio Mancino. Ma soprattutto perchè è stata un’esperienza costruttiva, un’occasione che mi ha permesso di approfondire un tema – quello della salute – che più passano gli anni più mi sta a cuore. Non sono certo un esperto ma dopo l’incontro sono (forse) più consapevole e informato. Ho per esempio imparato che l’omeopatia non si oppone alla medicina ma una delle terapie della medicina, con possibilità e limiti, vantaggi e svantaggi comuni a tutte le altre categorie farmacologiche. Ho appreso che il “padre” dei medicinali omeopatici è Hahnemann, tra i primi farmacotossicologi che in virtù delle sue sperimentazioni – basate su quella che Ippocrate molti anni prima aveva formulato come “legge dei contrari – è anche tra i padri della farmacologia moderna. Ho avuto modo di sapere che anche in virtù della sicurezza dovuta alla dosi infinitesimali e grazie ai costi estremamente bassi, sono oggi più di 300.000 i medici che prescrivono farmaci omeopatici i quali, come per ciò che riguarda la sfera dell’allopatia, sono sottoposti a numerosi controlli che poi portano ad ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio. E soprattutto ho scoperto un uomo – il già citato Christian Boiron – che con molta umiltà e senza alcun imbarazzo ha accettato di rispondere ai dubbi di noi blogger, citando esperienze del proprio vissuto e ammettendo che estrema franchezza che la vera sfida dell’omeopatia e del suo sviluppo è quella relativa alla comprensione della modalità di azione dell’infinitesimale (la diluizione delle sostanze medicinali è uno dei pilastri dell’omeopatia). Non mi dilungo di più. Insomma una serata diversa ma che ricorderò sempre con piacere, grazie!

Leggere e scrivere nell’epoca dei nuovi media…

Il mio pallino ultimamente – lo confesso – è il Kindle, l’ormai celebre ebook di Amazon. Amo leggere i libri e la loro fisicità, annuso le pagine, faccio le “orecchie” negli angoli in alto come promemoria di ciò che più mi colpisce. Ma non posso nascondere la curiosità verso un supporto che sinora ho toccato con mano solo in rarissime occasioni.
Ecco perchè quando – in virtù della mia rapidità – l’account twitter di Apogeo mi ha dato l’opportunità di ricevere una copia omaggio de Il testo digitale di Alessandra Anichini non ho potuto che esserne felice (grazie ancora!).
Il mio non è solo un desiderio da digital-addicted. La fruizione degli ebook suscita il mio interesse anche da un punto di vista sociaologico diciamo così, in qualità di osservatore e appassionato del mondo media-editoria.
Già prima di leggere il libro della Anichini, infatti, mi ero chiesto se e in caso in che modo i nuovi strumenti digitali “in mobilità” – dagli smartphone ai tab, dagli ebook ai sempri più piccoli notebook – potessero poi influire nel nostro modo di “consumare testi”.
Il testo digitale mi ha permesso di approfondire più nel dettaglio origini e sviluppi dei libri, di quelli oggetti che nel tempo, come sottolinea già dall’indice l’autrice, si sono trasformati da testi per pensare a testi da esplorare e condividere.
Multimedialità, ipertestulità e scrittura collaborativa – per citarne solo tre – sono alcune delle accezioni che hanno modificato il concetto stesso di testo variando anche noi lettori, parte attiva indubbiamente coinvolta nella metamorfosi in corso.
Dalla stele dell’antica Mesapotamia ai giorni nostri molto è cambiato. Conoscere, almeno per sommi capi, i progressi fatti attorno ai concetti di scrittura e linguaggio non è solo un modo per capire il presente ma anche una solida base per tentare di comprendere scenari e implicazioni future.
Tutto questo è sintetizzato ne Il testo digitale, con chiarezza, semplicità e con abbondanza di esempi.
L’unico rammarico è quello di non averlo potuto leggere su un ebook. Buona lettura!

Bar Sport, la community per calciofili Nivea for Men

Non si ha mai troppo tempo per ciò che ci appassiona. Per fortuna però, da ormai ex-tifoso-fanatico a tempo pieno, ho trovato online una community grazie alla quale sfogare le mie frustrazioni da calciatore-allenatore mancato. E’ Bar Sport powered by Nivea for Men, un luogo virtuale nel quale spendere del tempo divertendosi in maniera spensierata.
Il sito presenta molte sezioni tutte interessanti e facili da navigare. Le mie preferite sono quelle contrassegnate dal simbolo “game” (le “attrazioni” per citare il famoso libro di Stefano Benni che porta il nome della community): quante ne sai? che tramite delle domande a tempo permette di mettere alla prova le mie conoscenze calcistiche (sezione nella quale di certo non brillo, con 600 sono al 137esimo posto in classifica, sob); la schedina, sezione nella quale mi vesto da bookmaker e elargisco pronostici sulle varie partite in programma (non banalmente il risultato finale ma anche su quesiti del tipo: “quanti saranno i minuti di recupero concessi nel primo tempo?”); e silver protect che, indossati i guanti, mi vede nei panni del portiere opposto a Seedorf che dal discetto del rigore tenterà di farmi guadagnare meno punti possibile. Questa è la sezione che mi piace di più, vuoi perchè probabilmente qui il mio punteggio è (psuedo)accettabile (6100, 122esima posizione), vuoi perchè “scendere in campo” è davvero intuitivo e i bonus crescenti se si para o devia la palla stuzzicano (punti plus che si azzerano invece se Clarence insacca) a ripetere la sfida più volte nel tentativo di entrare nell’albo d’oro, vincere quindi fantasici premi e vantarsi del proprio punteggio convidivendolo su Facebook.
Scorrendo le varie sezioni, mi sono accorto che in una campeggia la scritta: coming soon. Da quanto ho potuto capire a giorni sarà lanciato nella community un nuovo (video)contest tramite il quale dimostrare il proprio talento creativo. Ma non è tutto. In palio per il vincitore del nuovo concorso non ci sarà solo la partecipazione a una partita a San Siro ma anche l’opportunità di veder proiettato nel maxischermo dello stadio il proprio contributo, wow!
Visto il deludente risutato del Milan di ieri in Champions League non mi resta che tentare di risollevare il mio umore-calcistico con Bar Sport. E magari comprare un prodotto Nivea for Men e tentare la fortuna con le estrazioni, le prime posizioni delle varie classiche mi sembrano al momento irraggiungibili.

Armando Testa, il design(er) delle idee

La retrospettiva su Armando Testa al Padiglione di Arte Contemporanea celebra il maestro “povero ma moderno” raccontando tramite stampe, oggetti, bozzetti e disegni la creatività e l’ironia della fantasia di colui che ha saputo cambiare il volto della pubblicità italiana.
Testa è infatti stato l’artefice di una rivoluzione partita dal basso, dai due emisferi della curiosità da un lato e della semplicità dall’altro, dal desiderio di sperimentare, di giocare con le immagini riuscendo a coniugare sperimentazioni artistiche e marketing, impatto espressivo e immediatezza.
Basta pensare all’astrazione della sfera e della semisfera di Punt e Mes o ai personaggi conici di Paulista, Caballero Misterioso e Carmecita, immagini capaci di vivere su manifesti come in televisione, trasformatisi da marchi in vere propri icone.
Ma la rassegna consente anche di scoprire Armando Testa in una dimensione più intima. Quella delle fotografie a spaghetti, prosciutto, verdure, scatti realizzati quasi per dare un nuovo senso al cibo oggetto delle “fredde” campagne pubblicitarie. Quella dei disegni, degli appunti e degli schizzi che fuggono alla riproducibilità dei messaggi visivi dell’advertising. Quella dei bozzetti per le campagne pubblicitarie orientate al sociale, tratti di pura inventiva realizzata a mano.
A fare da cornice alla mostra da non perdere il documentario con la regia di Pappi Corsicato dedicato ad Armando Testa, vincitore del premio della critica al Festival di Venezia 2009, una carrellata di battute, racconti, testimonzianze per scorrere l’attività di un uomo che partendo da apprendista compositore in una tipografia è diventato un poliedrico artista di fama internazionale.

La lieta storia del grifone tornato a volare

In un momento come quello attuale c’è più che mai bisogno di belle storie, del racconto di episodi che possano infonderci un po’ di ottimismo. Non essendo un appassionato di motori solo ora sono venuto a conoscenza della vicenda legata a Saab, la storica industria automobilistica – in realtà nata come Svenska Aeroplan AktieBolaget, società per azioni aeroplani svedesi – che in questi anni ha dovuto affrontare parecchie turbolenze. Ma, come in una sorta di fiaba Disney in chiave moderna (il seguito di Cars Motori Ruggenti?), le vicende terminano con un lieto fine. Il glorioso marchio sull’orlo del baratro viene salvato da tutti i propri fan che, organizzatisi in movimenti – per l’Italia, per esempio, il SaabWay Club ha organizzato l’evento Italiano “Save Saab” all’Autodromo della Franciacorta – capaci di sensibilizzare il grande pubblico sulla gestione (forse non proprio oculata) dal marchio da parte del gruppo americano General Motors. Tanto affetto poteva rimanere non corrisposto? Ovviamente no. Ed ecco così che la “rivolta popolare” (che ha fatto registrare anche la partecipazione in prima linea del governo svedese) è stata in grado di accendere l’interesse della casa olandese Spyker che inizia una estenuante trattativa che porta, a fine gennaio, a ufficializzare l’accordo che porta alla nascita di una nuova compagnia indipendente da GM. La casa del grifone è salva e può così tornare a volare (per la serie: “…e vissero tutti felici e contenti“). Tanto che poi la “nuova” Saab decide di realizzare una campagna di comunicazione per ringraziare tutti gli appassionati che hanno contribuito a far nascere la casa automobilistica una seconda volta. Ecco quindi un video, un sito, un concorso (chiamato Saab Your Mind) e una pagina Facebook per testimoniare la vicinanza del brand al proprio pubblico di estimatori. Viva le favole a lieto fine! E viva anche le aziende capaci di adoperarsi per fare in modo che i propri consumatori si sentano parte integrante di quella grande famiglia chiamata brand.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=nOBT1PfwDEA&color1=0xb1b1b1&color2=0xd0d0d0&hl=it_IT&feature=player_detailpage&fs=1]

CityDeal, il gruppo di acquisto della tua città

Ho scoperto pochi giorni fa quasi per caso l’esistenza dei gruppi di acquisto, una delle possibili risposte al delicato periodo economico-finanziario che stiamo vivendo. In estrema sintesi, se non ho capito male, si tratta di consumatori che, per risparmiare, si organizzato acquistando all’ingrosso prodotti da distribuire alle proprie famiglie. Cercando nel web maggiori informazioni a riguardo ho poi scoperto che ci esistono anche i cosiddetti G.A.S., gruppo di acquisto solidali che, partendo da un approccio critico al consumo, applicano il principio di equità e solidarietà basando la scelta dei fornitori sulla base dell’impatto ambientale (prodotti biologici o ecologici) piuttosto che sulla tutela dei piccolo produttori locali. Attualmente in Italia, secondo la Rete nazionale di collegamento dei G.A.S., sono oltre 600.
Tra i gruppi di acquisto non solidali, invece, alcuni solo legati al canale dell’e-commerce. Uno di questi è CityDeal. Nato in Germania quattro anni fa, il sistema di web coupon è da poco arrivato anche in Italia e propone ogni giorno sconti per palestre, centri benessere, ristoranti e appuntament legati all’intrattenimento. Il numero, come per qualsiasi altro gruppo di acquisto, fa la forza. Proprio grazie a numerosi utenti è possibile infatti ottenere uno sconto per usufruire di servizi a prezzi contenuti. L’importante è raggiungere il numero minimo di partecipanti entro un determinato arco temporale. Il sito, per incentivare le persone a iscriversi, presenta inoltre una sezione che permette di accumulare degli accrediti per ogni nuovo cliente. Altra particolarità è quella di poter seguire il CityDeal referito alla proprio città sia su Facebook che su Twitter. Il sistema è appena nato ma potenzialmente pare interessante, ne seguirò sicuramente gli sviluppi.

[update: grazie ad una rapidissima espansione CityDeal ha attirato l’attenzione di Groupon, il colosso americano degli acquisti geolocalizzati sul web, che ha acquistato la società il 17 Maggio 2010, i link indicati nel post non risultano più validi]