Già dal titolo si può facilmente intuire come Palermo Shooting sia un film sul tema della fotografia e sull’arte di raccontare il mondo per immagini. Non ho potuto quindi, guardando l’ultima fatica di Wenders, non pensare al bellissimo libro di Roland Barthes, La camera chiara, e a quello che lo studioso francese definisce come Spectrum, il bersaglio, l’oggetto della foto: il termine se da una parte richiama la parola spettacolo, dall’altra suggerisce anche “quella cosa vagamente spaventosa che c’è in ogni fotografia […], la raffigurazione della faccia immobile e truccata sotto la quale noi vediamo i morti”. Il protagonista della pellicola è un fotografo abituato a manipolare la realtà che immortala con l’ausilio della sua macchinetta per renderla più gradevole ed efficace, come in una sorta di puzzle nel quale i vari pezzi risultano intercambiali ma la con un’unica esatta combinazione. Una sera però un incontro inaspettato quanto fortuito gli permette di imprimere nella pellicola ciò che per definizione risulta inafferrabile: la morte. Inizia così un turbamento emotivo e psicologico dove sogno e realtà si mescolano sino a confondersi, nel quale l’uomo si interroga sul significato della propria esistenza. A metà strada tra Il posto delle fragole e Il Settimo Sigillo, il film di Wenders scava nell’inconscio dello spettatore e attraverso sequenze oniriche, dialoghi stringati e un ritmo lento, quasi delle riflessioni a voce alta del protagonista della pellicola – che poi a ben vedere si può identificare con l’alter-ego del regista tedesco – alla ricerca di risposte alle questioni profonde con cui l’uomo (e l’artista in primis) si arrovella da sempre. Nel complesso il film riesce però a metà, diventando più una sorta di omaggio al potere insito nella raffigurazione del reale (fissa e in movimento) che una propria interpretazione originale circa il medium “immagine” o dei ragionamenti su “vita e amore” come scritto nella locandina dell’opera cinematografica.
scandaloso il trattamento riservato a uno dei grandi del cinema, sia dalla critica, ma soprattutto dai palermitani. io confesso che non l’avevo pi cercato per le critiche negative, ma poi, dopo essere stato a palermo, gli amici che l’hanno visto me l’hanno consigliato, e il film vale assolutamente la pena. è stato difficile trovarlo, questo sì. un film in certe parti “verboso”, ma anche bellissimo in altre. un film che fa riflettere. magari i due protagonisti non sono il massimo, comlpice un doppiaggio imbarazzante, ma dannis hopper varrebbe solo lui il film. e poi c’è la decadenza di una cittè unica, nel bene e nel male… ai palermitati, come era lecito aspettarsi, ovviamente il film non è piaciuto!
non lo boccio del tutto ma non mi sento nemmeno di promuoverlo a pieni voti. e lo dico con un certo rammarico perchè alcuni spunti interessanti la pellicola li offre…