Lo scorso giovedì ho partecipato all’incontro «User generated content 2009: contenuti, pubblicitá, forme partecipative», un forum di discussione organizzato da Current Italia e Warner Home Video che ha avuto luogo alla Casa del Cinema di Roma. Diversi gli ospiti, da Luca Sofri a Marco Pratellesi, da Layla Pavone a Paolo Lorenzoni. Il tema centrale sono stati i contenuti generati dagli utenti e la rivoluzione (sinora potenziale) che potrebbe avvenire nel cambiamento dei modi di produrre e distribuire il materiale informativo (qui inteso in un’accezione decisamente ampia).
Un esempio in questo senso è proprio quello che ha aperto la discussione: l’iniziativa di Current chiamata VCam (Viewer Created Ad Message). In estrema sintesi si tratta di uno spot realizzato dal pubblico. Il brand sponsor concorda gli obiettivi e il brief, mette a disposione del materiale (es. audio), verifica e in caso premia i contributi trasmettendoli e utilizzandoli per comunicare il proprio messaggio.
Resta da capire se questa bramosia di contenuti dal “basso” rappresenti una necessità in quanto la sola pubblicità tradizionale non è più sufficiente o se questo tipo di advertising sia un’astuta mossa per coinvolgere gli utenti risparmiando sui costi (spesso esosi) delle agenzie pubblicitarie.
Certo, come detto da Layla Pavone con il web la relazione con i media si modifica, oggi il consumatore risulta più mobile e dinamico, molto più propenso a una fruizione entertainment che a una fruizione di sola ricerca dell’informazione. Ma forse ha ragione Sofri quando ci invita a riflettere sull’eventualità che un mondo dove tutto e tracciabile, tutto è contato (view, impression, click…), possa portare a un coinvolgimento “economico” degli utenti e a una commercializzazione eccessiva dei prodotti informativi, notizie che assecondano il vouyerismo dell’utente invece di risultare “imparziali” vetrine della realtà del mondo. Forse proprio per questo, nonostante possa risultare bizzarro e anacronistico rispetto al tema dell’incontro, per quanto mi riguarda il contenuto che della serata più mi è rimasto è proprio quello che lo stesso giornalista ha riproposto a proposito di Sara Palin, vice di McCain: “capire la gente non significa essere (inevitabilmente) la gente.”
non ho capito se il tuo è un discorso di privacy, di conoscenza delle idee di ognuno su tutto…o un discorso solo commerciale…
a me interessa il fatto che la libertà e il costo contenuti dei mezzi informatici ci porti infine a una falsa libertà nella vita: cioè essere letti e visti e rintracciabili anche nelle espressioni delle proprie opinioni che possono provocarci a volte più danno che beneficio sarà bene? ogni cosa che diremo non potrà essere usata contro di noi?
l’intento del mio post era riassumere i punti salienti affrontati nella serata in questione. nella mia ottica, per il percorso di studi che ho seguito, il problema non è tanto la mancanza di privacy quanto la possibilità che l’informazione sia imbrigliata in meccanismi che ad oggi non possono prescindere dai gusti degli utenti. il mio incubo, in estrema sintesi, è che le grandi testate per venire incontro ai lettori del web, inizino ad abbandonare i loro spazi di approfondimento sostituendoli gossip e altre frivole “non notizie”.
spero di aver chiarito, grazie per la visita