Forse non tutti se ne sono accorti, ma lo scorso week-end a Roma 70 gallerie e luoghi d’arte hanno lasciato spazio all’arte moderna con vernissage, mostre e incontri con gli artisti (tra l’altro nel sito Roma Contemporary c’è la possibilità di un virtual tour). In extremis sono riuscito a visitare almeno un appuntamento di quelli previsti nella capitale: la mostra Soglie di incertezza all’Instituto Cervantes di Piazza Navona, sedici opere di Ángel Orcajo che spaziono dal 2003 al 2007, visitabili sino al prossimo 17 ottobre. Premetto che non sono un esperto d’arte, ma solo un appassionato di pittura e di qualunque forma d’arte che generi emozione, riflessione, introspezione. Ecco perchè la piccola mostra è riuscita a sorprendermi piacevolmente (non solo per l’ingresso gratuito): mi ha infatti permesso di scoprire un’artista la cui pittura è stata in grado di colpirmi nella inquietudine dei suoi tratti e in quel suo fascino metafisico-surrealista. In particolare un dipinto mi ha stregato: si intitola Un bosco di luci ed enigmi. Ahimè non sono riuscito a trovare un’immagine quindi proverò a descriverlo sommariamente. Si tratta di un quadro che mostra delle croci che rappresantano quasi delle rovine affiancate, sulla destra, a uno sguardo indagatore velato di tristezza. Forse la frase che Orcajo stesso utilizza per descrivere l’opera rende meglio l’idea: “…è sempre latente una bramosia irrefrenabile di decifrare l’enigma di tutto ciò che è esistente.” E’ proprio il concetto a monte della tela che ha saputo appassionarmi sin da subito: l’idea che l’uomo debba sempre trovare un senso, una spiegazione razionale per spiegare tutto ciò che lo circonda infatti mi spaventa. Spesso mi domando se per forza tutto debba avere ai nostri occhi un senso. Credo che il fascino di alcune “cose” che ci circondano sia dato appunto dalla loro patina di inconoscibilità, di unicità, alone di mistero che seduce. Ed è questo il mio approccio all’arte: quando guardo un quadro, ad esempio, non voglio “vivisezionarlo” per capire cosa l’autore avesse in mente mentre delirando lambiva un pennello intriso di colore. Voglio guardarlo per com’è, per così dire “con il cuore” più che con la sola vista, lasciandomi trasportare dalle emozioni che mi suscita. Poco importa se poi il significato originale nelle menta dell’artista sia stato da me completamente frainteso. L’arte per il sottoscritto non è un fine ma un mezzo. Per sognare a occhi aperti.
Molto bello ciò che hai scritto , non ho avuto occasione di vedere la mostra di cui parli , ma dalle tue parole si riesce a capire quale emozione hai provato (conosco quel genere di emozione). Hai ragione e non voler “vivisezionare” un dipinto , ciò toglierebbe quell’alone di mistero di cui parli e che tanto ti affascina ,scoprire ciò che sta dietro ad un quadro ti toglierebbe l’emozione 🙂
(Per me le cose sono un pò diverse )
Scusa l’intromissione , ti auguro una serena giornata .
grazie, ben felice di non essere il solo senza la smania di “capire” tutto 🙂 buona giornata anche a te!
Umby,mi regali una grande sensazione di condivisione.
Amo queste genere di cose,amo il non-compreso più che il leggibile. Come sai ,da sempre affascinata dal surrealismo,arte che tra tutte è la più enigmatica, non posso che essere d’accordo con te.
E ti dirò di più: la non-comprensione di un quadro o un’immagine in generale mi rassicura, mi esenta da un imperativo che sento sempre più pressante: quello di dover capire e comprendere tutto,anche nella vita quotidiana, nel nostro vissuto; l’imperativo di dover essere coerenti o di rendere intelleggibili le proprie intenzioni e decisioni.
Ma perchè? Adoro chi invece lascia spazio alla moltitudine di letture,di significati, contradditori o sconnessi, o al semplice “non senso”. E chi si lascia cadere in questo gioco senza esitazioni.
Se De Chirico o Dalì potessero scorrere su uno schermo il vortice di immagini che generano in me le loro opere, quasi in una semiosi illimitata, sono certa che sarebbero soddisfatti.
grazie per il tuo bel commento 😉