I film coreani mi affascinano anche (e forse soprattutto) perché non riesco mai a capirli appieno, c’è sempre qualcosa, qualche particolare, qualche messaggio, che sfugge alla mia comprensione. Non tutto ai miei occhi appare avere un senso e questa mancanza di logicità a tutto tondo mi appaga.
Fatta questa premessa, appena ho saputo della proiezione di Poetry al tradizionale cinema all’aperto estivo, non ho saputo resistere.
Il film – opera di Lee Chang-dong premiata a Cannes – ha come protagonista Mija, un’anziana signora che, divisa tra un lavoro part time come badante e la cura del nipote, riscopre una delle sue passioni giovanili, la poesia, iscrivendosi a un corso per provetti poeti.
La vita tranquilla della signora viene però sconvolta da due avvenimenti improvvisi che ne scuotono le giornate e che riesce ad affrontare proprio grazie al proprio nuovo hobby. Anche se inizialmente non trova un metodo per riportare su carta i propri sentimenti, le proprie emozioni (forse troppo a lungo sopite), Mija alla fine risulta in grado di dar voce a quello che molti, parlando della pellicola, hanno chiamato l’invisibile (non voglio svelare troppo circa la trama e i suoi risvolti).
La particolarità del film che più ho apprezzato è stata quella relativa al completo rovesciamento delle parti tra nonna e nipote rispetto alle mie aspettative: la prima molto è più “ingenuamente pura” la cui vita è dettata da continui gesti d’amore e di apprezzamento (nei confronti degli altri, della natura, della vita in generale), il secondo invece, burbero, e menefreghista, sospeso tra la tv, il computer e i propri amici, pare capace di apprezzare solo ciò che è immediato e l’effimero.
Per la protagonista del film non si può che provare simpatia e al contempo tenerezza: una donna fragile, sola ad affrontare una vita difficile, gli acciacchi dell’età che avanza e che si trova ad accudire un nipote con il quale non riesce ad instaurare un dialogo. E che proprio grazie alla poesia riscopre la riflessione e quel “non dare mai per scontato” che le permette di accettare e superare le avversità quasi i versi siano un modo di vedere e assaporare la vita nonostante il dolore che essa spesso può procurare. Un film semplice ma che anche grazie all’ottima interpretazione di Yu Junghee e alla delicata regia di Chang-dong regala emozionanti scorci… di poesia.