La pecora nera, il manicomio raccontato attraverso gli occhi di un bambino

La pecora nera di Ascanio Celestini – libro, spettacolo radiofonico e poi anche piece teatrale – è un film drammatico che racconta la vita di un bambino che, per vicissitudini varie, si trova a crescere in un manicomio della periferia romana a cavallo tra gli anni (i favolosi anni) Sessanta e Settanta. Un ragazzino che, a ben guardare, forse non matura mai, restando nella sua piccola sfera di cristallo fatta di cantilene, amici immaginari e confortanti ritualità. Un bambino fragile la cui unica colpa, probabilmente, è di venir considerato, come recita il titolo, la pecora nera, il capro espiatorio sul quale abbattere i fallimenti di una famiglia dissestata.
Per scappare da un vita di emerginazione e incomprensione non resta allora che affidarsi alle “istituzioni” e, nello specifico, a quel (non)luogo chiamato manicomio, un rifugio ospitale popolato da ombre che vagano urlando per i corridoi e che, con un po’ di immaginazione, possono essere visti come “santi”, innocui vittime della a-normalità che li discrimina.
Un incontro però può cambiare tutto e, dal passato, risveglia nostalgie e rimpianti repressi, incontrollabili pulsioni verso una vita che avrebbe potuto essere ma che invece non è stata. E che, dopo quella sorta di miraggio, torna triste e sola.
Io che t’ho fatto ti disfo, come ti faccio ti disfo. Pio pio pio…

 

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