Nel canale YouTube di Nokia Italia da alcuni giorni è comparso un nuovo breve filmato che, pare, sia un assaggio di un advergame legato al servizio Ovi Maps 3.0. Si tratta di The big escape, una nuova iniziativa grazie alla quale scappare – almeno virtualmente – dai luoghi comuni. Potevo esimermi dal partecipare? Certo che no. Perchè in fondo, benché quanto mi appresto a raccontare sia stato per certi versi traumatico, oggi ricordarlo è anche divertente. Il luogo comune dal quale vorrei fuggire è sintetizzabile nello slogan: “Italiano è sempre buono. Anche all’estero” che ben rende l’idea di ciò che per alcuni giorni sia stato il mio incubo, il martellante pensiero capace di levarmi l’appetito.
Ero in Inghilterra, in una sorta di college per ragazzi stranieri, stavo tentando di rendere meno imbarazzante il mio inglese. Fortunatamente di connazionali non vi era presenza e anzi orami ero diventato, diciamo così, “amico del mondo”, nel senso che avevo stretto amicizia con una ragazzi di ogni etnia e provenienza, dalla Spagna alla Repubblica Ceca, dalla Germania alla Corea. Sono molto delicato per ciò che concerne il cibo ma mi ero ripromesso di accettare il confronto con le altre culture presenti nella scuola: a turno, uno di noi ragazzi sceglieva un locale e tutti insieme andavamo a provare le pietanze offerte come fossimo fini critici culinari. Spesso, per non sfigurare nei confronti degli altri, sceglievamo locali vicini alla loro cultura. Una delle prime volte, forse per dimostrami l’affetto e la stima nei miei confronti (così mi piace pensare), i ragazzi quasi in coro mi proposero un ristorante/pizzeria chiamato “Made in Italy”. Sin dall’ingresso il locale, nonostante il nome, non mi parve traspirasse italianità, ma ascoltando in sottofondo la musica di Vasco e vedendo l’entusiasmo dei miei amici, un po’ mi tranquillizzai. Una volta arrivato il menu però i dubbi svanirono: la cosa più vicina a un piatto nostrano che la lista offriva era una margherita con ananas a pezzi (adorata, tra l’altro, dei miei compagni asiatici). Sorrisi a denti stretti. Alla fine, quando tutti insieme, ci avvicinammo per pagare alla cassa, l’occhio mi cadde sui “cartoni” per le pizze da asporto: nella parte superiore, sotto il nome, c’era una sagoma della penisola italiana. Ma solo della penisola, senza isole.
Uscii ferito nell’orgoglio patriottico e mi ripromisi di evitare quanto più possibile i ristoranti (pseudo)italiani all’estero. Avrei voluto scappare come il protagonista del minitrailer ma vendendo i mei compagni tutto sommato appagati (certo, per chi non è abituato alla nostra cucina, probabilmente anche un piatto di pasta scotta con del ketchup può sembrare una pietanza succulenta) affogai in una buona (e sana) pinta di birra la mia delusione.