Tanti auguri News(paper) Revolution!

Che il tempo passi veloce è risaputo. Ma che sia già trascorso un anno dalla pubblicazione della versione cartacea di News(paper) Revolution (e dal relativo evento di presentazione a Milano) non mi sembra ancora vero.

Molte cose da quel 24 gennaio 2013 sono cambiate, sia a livello personale (lavorativo e non) sia per quel che concerne il mondo dell’informazione online.

Bando alla nostalgia, ecco le tre iniziative che ho pensato di mettere in piedi per festeggiare degnamente la ricorrenza:

1) da oggi 24 gennaio e per una settimana, digitando #nepare l’hashatag ufficiale del testo, nel form “Codice Speciale” che appare nel sito faustolupettieditore.it dopo aver inserito il libro nel carrello, si potrà acquistare il saggio nella sua versione cartacea scontato del 20% – 12 euro anziché 15 – e con 0 spese di spedizione;

2) per l’intera giornata di oggi 24 gennaio la seconda edizione del testo, quella digitale (riveduta, aggiornata e ampliata rispetto alla versione su carta) sarà disponibile su Amazon a metà prezzo (4,99 euro);

3) su Goodreads, per gli utenti registrati, sarà attivo per una settimana un giveaway partecipando al quale tentare di accaparrarsi una delle 3 copie del libro in palio.

Goodreads Book Giveaway

News(paper) revolution. L'informazione online al tempo dei so... by Umberto Lisiero

Enter to win


Ringraziando ancora una volta tutti coloro che hanno supportato il sottoscritto e, direttamente o indirettamente, il libro, prendo fiato ed emozionato spengo la prima candelina.

Buona lettura!

La lunga settimana del lancio di News(paper) Revolution

keep-calm-and-news-paper-revolution

Quella che ormai si sta esaurendo è stata per il sottoscritto una settimana davvero intensa. L’arrivo su Amazon e aNobii del libro, la presentazione del testo alla Digital Accademia (nella surreale cornice di H-FARM, un posto da visitare!), la prima valutazione online (4 stelline su 5, evviva!) e, infine, l’evento di presentazione di ieri sera per l’uscita del libro nelle librerie, un turbine di emozioni, di incontri interessanti, di graditi complimenti. Difficile se non impossibile descrivere “nero su bianco” i giorni passati. Forse, meglio proprorre su Storify una carrellata di immagini e parole per tentare di riassumere, in un unico flusso, i bei ricordi che porterò sempre con me, ancora una volta grazie a tutti coloro che hanno voluto condivedere con me la gioia legata al sogno diventato News(paper) Revolution.

Premio Best Viral Video PIVI ai Vegetable G

Due settimane fa ho avuto l’opportunità di calarmi in nei panni di un giudice, assecondando, a mio modo, il “lato oscuro” che mi porta ogni domenica sera a preferire XFactor (per noi senza parabola, in onda su Cielo) al posticipo del campionato di Serie A. In realtà, quello che dovevo valutare non era tanto l’aspetto musicale quanto le caratteristiche della ventina di videoclip arrivati in “finale”, misurandone per ognuno la propensione alla “viralità”. Per calarmi al meglio nella parte, ho ripreso tra le mani la bozza di un libro di prossima uscita (che mi vede tra i co-autori) che si focalizza, parlando di video online, anche su quelle che vengono denominate le “7 regole d’oro”, sette spunti derivanti dall’esperienza diretta nella gestione di campagne di social video advertising, stilate dal team di Ebuzzing. Non si tratta di “verità assolute”, il successo o meno di un contenuto (video come di qualsiasi altro formato) è il risultato di un’equazione a mille variabili, ma di una serie di caratteristiche comuni empiricamente individuate tentando di carpire le peculiarità comuni ad alcune iniziative diventate dei veri e propri tormentoni. Non voglio svelare troppo circa i contenuti del testo (altrimenti l’editore potrebbe arrabbiarsi non poco) ma, come è facilmente intuibile, sintetizzando, si tratta di riuscire ad “ingaggiare” l’utente portandolo a condividere il contenuto grazie, ad esempio, a un forte storytelling (già ne parlavo alcuni post fa) capace di emozionare.
Dopo un’ardua selezione (la difficoltà maggiore è stata quella di non lasciarsi influenzare dei propri gusti musicali che rischiavano di influenzare il giudizio) abbiamo decretato vincitore del primo premio “Best Viral Video Clip” – che sarà consegnato in occasione del PIVI (Premio Italiano Video Clip Indipendente) al MediMex – il video dei Vegetable G, La filastrocca dei nove pianeti [parte II], complimenti ai vincitori e in bocca al lupo per il loro progetto musicale!

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=f1ZkDbjtSog&w=440&h=360]

La videochat su Google+ dell’AC Milan #hangoutmassaro

Lo ammetto: tra tutti i miei profili nei social network, lo strumento che uso di meno è Google+. Appena rilasciato ho elemosinato in giro un invito per registrarmi e poi una volta visto il funzionamento, aver tentato di sistemare i miei contatti in cerchie dai nomi stravaganti e aver incollato qualche link per dare maggiore visibilità ai miei post, l’ho abbandonato (ricevendo nonostante la mia inattività molte notifiche su persone che invece mi consideravano nel loro network). Salvo di tanto in tanto tornare scoprendo restyling grafici, la possibilità di utilizzare hashtag e quella di partecipare a video chat. Questa possibilità in particolare ha attirato la mia attenzione si da quando Obama la utilizzò per dialogare con il proprio elettorato. Mai però avevo visto, in Italia, un qualcosa che andasse al di là di un confronto tra “adetti ai lavori”. Alcuni giorni fa ho potuto finalmente assistere a un hangout (questo il nome tecnico) da parte di un brand. Una comunicazione inusuale certo, ma pur sempre legata a un marchio più che a un singolo individuo. Il post lo pubblico oggi, ieri in maniera scaramantica stavo ancora osservando il silenzio stampa (nemmeno questo è servito per far tornare la squadra alla vittoria, sob). Il brand in questione è, infatti, l’AC Milan che ha consentito a tifosi di tutto il mondo (dal Venezuela all’Italia, dall’Inghilterra all’Indonesia) di dialogare con Daniele Massaro, portavoce ufficiale online della squadra su G+ per 30 minuti. Non è stato tutto fluidissimo nella gestione dell’interazione: quella che immagino essere un’addetta stampa aveva preparato un elenco di partecipanti alla conversazione che tramite una sorta di appello venivano chiamati per nome e avevano così modo di porre la loro domanda. Se non ho capito male, molti tra coloro che hanno avuto modo di partecipare via videochat erano in qualche modo associati a siti/fanzine in orbita Milan, quasi fosse una sorta di conferenza stampa pre-gara (tra i “semplici” fan, invece, spiccava il nome di Matteo Tagliariol, schermidore medaglia d’oro alle Olimpidi di Pechino del 2008). Massaro si è dimostrato un istrione in grado di raccontare aneddoti divertenti capaci di divertire ognuno dei protagonisti. Purtroppo il sottoscritto è arrivato tardi all’appuntamento (chissà hanno scelto proprio le 17 come ora di inizio) e si è potuto godere solo la parte finale dell’evento, quanto è bastato però per apprezzare l’opportunità insita nello strumento.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=BvR-fWzmJ94&w=440&h=360]
Ancora una volta il web propone una modalità comunicativa in grado di (quasi) azzerare le distanze tra i vari interlocutori, tutti su uno stesso livello ad alternarsi (leggermente imbarazzati) sullo schermo. Immaginare un testimonial o addirittura un responsabile di prodotto accettare la “sfida” di affrontare il pubblico di consumatori senza filtri, sottoponendosi a curiosità, critiche, delucidazioni risulta utopico? Forse. Ma credo che individuando qualcuno che sappia gestire la comunicazione portandola nei binari a lui/lei più consoni, anche un confronto in videochat su G+ possa essere un’iniziativa dai costi irrisori ma potenzialmente dal buono ritorno. Si tratterebbe di una comunicazione verso una nicchia di consumatori ma resto dell’idea che se il dialogo risulta costruttivo, si crea comunque valore, sia per gli utenti che per il brand. Senza contare l’utilizzo dalla video-chat non tanto sotto l’aspetto meramente comunicativo ma anche come cartina di tornasole per la comprensione del percepito di marca/di prodotto e dei focus sui quali gli utenti concentrano maggiormente lo proprie attenzioni.

Havaianas European Tour @ Milan

Un po’ di tempo fa, ai primi caldi raggi di sole, quando avevo ormai deciso fosse arrivata la bella stagione, sono stato protagonista del tour europeo Havainas Origine Collection (ecco cosa scrivevo pochi giorni prima dell’incontro).

Dopo le dovute presentazioni, assegnate le espadrillas (le mie sono davvero originalissime e coloratissime), io e gli/le altri/e blogger invitati per l’occasione ci siamo inoltrati nella splendida cornice di Parco Sempione dove è stata a noi assegnata una piccola videocamera. Posizionati in cerchio, ad ognuno di noi è infatti stato chiesto a turno di “esibirsi” in una qualche acrobazia filmata dagli altri seduti ad “ammirare”, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, l’impegno profuso più che il risultato finale. I diversi girati dalle differenti angolature sono stati poi montati in un bel video che con la tecnica Matrix Effect ha dato vita a un susseguirsi di frame davvero suggestivo, che permette all’occhio di chi guarda di girare intorno alla scena e vederla dai diversi occhi “elettronici” (non infierite sulla mia elasticità nel lanciare saltando, grazie).

Star del video le mitiche espradillas: semplici, adatte a qualsiasi situazione, leggere e resistenti all’acqua sono sinonimo per eccellenza dell’estate tutto l’anno. E quando il week-end nonostante il calendario si preannuncia piovoso non resta che immergersi nella pagina ufficiale di Havaianas, navigare nello store online o a individuare il rivenditore a noi più vicino.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=okAVZMWbLPA&w=440&h=360]

Tornando per un attimo all’evento, all’inizio lo confesso, ero un po’ preoccupato. Ma poi mi sono lasciato andare immaginandomi (già) sulla spiaggia e mi sono gustato la leggerezza che indossare le espadrillas porta sempre con sé. Complimenti per l’iniziativa e grazie ancora a Havaianas per avermi dato l’opportunità di partecipare, buona estate!

Articolo sponsorizzato

La mia trasferta a Lione presso i laboratori Boiron

Il mio medico ultimamente mi ha invitato a provare una tintura madre di tarassaco (quello che in dialetto è chiamato anche pisacàn poiché ai bambini veniva detto che se lo avessero colto, avrebbero bagnato il letto la notte), pianta nota per il suo effetto drenante e depurativo delle vie epatiche.

Coincidenza ha voluto che poco dopo aver iniziato la mia “cura” fossi invitato da Boiron a visitare – con altre cinque blogger – i due stabilimenti di Lione per scoprire il “dietro le quinte” circa la preparazione dei farmaci omeopatici. Non sono un esperto ma tenterò comunque di raccontare, grazie agli appunti che ho diligentemente preso durante la mattinata di visite, ciò che ho potuto scoprire. In Italia, ad oggi, i prodotti omeopatici non contengono indicazioni terapeutiche e posologia quindi ero davvero curioso di conoscere il processo di lavorazione.

Il primo stabilimento visitato è stato quello di Sainte Foy Les Lyon: dopo un cordialissimo benvenuto (con tanto di foto di gruppo), indossati camice, cuffietta e copriscarpe (oltre all’auricolare per la traduzione simultanea in italiano), abbiamo iniziato la visita.

Negli stabilimenti Boiron si lavorano 1.400 ceppi di origine vegetale, 1.100 di origine minerale/chimica, 500 di origine animale/biologica.

Il primo passo è quello del controllo dei materiali in entrata – i cosiddetti ceppi – che, prima di iniziare il processo di diluizione liquida (con alcool a 70° in atmosfera protetta), vengono scrupolosamente analizzati e, una volta passato il vaglio degli esperti, sono etichettati con un codice a barre essenziale per la loro tracciabilità.

I produttori che forniscono Boiron sono – se non ho capito male – una quarantina il cui materiale, per il 20% è rappresentato da piante fresche; da sottolineare come, sui 1.400 ceppi di origine vegetale utilizzati, un centinaio derivino da culture biologiche in quanto non più esistenti.

Le piante vengono pulite, sminuzzate, pesate e spostate nella cosiddetta “area alcolica” per la fase di macerazione (in una soluzione idro-alcolica) seguita, dopo 12-21 giorni, dalla decantazione e successivamente dall’estrazione della tintura madre tramite filtraggio. Il processo prosegue poi con una “fase quarantena” per analisi e con lo step finale: la diluizione. I numeri dell’omeopatia esprimono diluizioni invece di concentrazioni: una parte della tintura madre viene messa in un flacone insieme a 99 parti di acqua o alcol: si ha così una diluizione 1/100. Il liquido viene poi dinamizzato: il flacone viene agitato verticalmente per un determinato numero di volte ottenendo la prima diluizione centesimale.

Negli stabilimenti di Messimy, invece, abbiamo avuto modo di seguire la produzione e il confezionamento delle compresse i cui granuli sono composti dal 15% da lattosio e per l’85% da saccarosio. Alcune materie prime di origine minerale, chimica o animale sono infatti insolubili in un liquido. Per questo motivo vengono triturate e inserite nei granuli o nei globuli. Sono necessari 10 gg per ottenere un globulo (1,8 mm) e 15 gg per ottenere un granulo (3 mm), i granuli troppo grandi per la lavorazione non vengono smaltiti ma usati, dagli apicoltori, per gli alveari delle api.

Anche in questo caso si parte dal pesare la materia prima, segue la fase chiamata riconciliazione, poi la diluizione con il principio attivo, la granulazione, l’essiccazione, la calibratura. Dopo questa fase c’è la compressione con l’eliminazione delle polveri, un nuovo controllo qualità (massa, durezza, spessore…) e poi l’impacchettamento tramite una macchina le cui cellule memorizzano le informazioni dei vari lotti di prodotto e che vengono pulite da cima a fondo ogni 7 ore (nei due stabilimenti non erano ammesse le fotocamere ma qui si possono vedere alcuni video che illustrano le fasi di produzione dei medicinali).

Dell’intero processo mi ha colpito l’estrema attenzione alla qualità dalla prima all’ultima fase. In particolar modo nei confronti delle materie prime il cui approvvigionamento non segue il “mercato” ma il susseguirsi delle stagioni. Tutti gli ambienti di lavoro sono estremamente puliti, gli addetti (molti dei quali impegnati in scrupolosi controlli) sono stati molto cortesi nonostante alle volte fossimo un po’ di intralcio, le campagne attorno ai laboratori sono bucoliche con animali al pascolo e grandi distese gialle di colza, insomma un viaggio breve ma intenso, che mi permette oggi di guardare la boccetta di tarassaco con maggiore consapevolezza. Un ringraziamento doveroso a Boiron (Italia che ci ha accompagnato e che ha reso possibile la cosa, Francia per averci ospitati e guidati tra le linee di produzione), un saluto alla città di Lione che nonostante il tempo non proprio sereno, ci ha offerto squarci davvero graziosi e un “a presto” alle fantastiche compagne di viaggio (nonsolokawaii, cupofbrain, ideamamma e bebefacile).

Camparisoda “vola” sul Fuorisalone

Anche quest’anno ho risposto con molto entusiasmo all’invito di Campari per quella che è ormai la classica anteprima al Fuorisalone: il Camparitivo in Triennale. Appuntamento reso ancora più sentito visti gli 80 anni che Camparisoda festeggia: l’esordio nel mercato italiano del primo prodotto monodose, perfetto mix di Campari e seltz, dalla bottiglietta a calice rovesciato by Depero risale infatti al 1932.
E oggi come allora Campari è sinonimo di un interessantissimo connubio tra arte e largo consumo. Dalla Design Week milanese del 2009 prosegue infatti la collaborazione tra il brand e Matteo Ragni che quest’anno si articola – giusto per mantenere un linguaggio vicino all’architettura – secondo tre diversi assi. Il primo è quello legato alla reinterpretazione della bottiglietta Camparisoda che il giovane architetto e designer milanese ha “vestito di un elegante abito”, una texture a decoro geometrico che si può toccare con mano nella special edition disponibile per bar e grande distribuzione della scorso mese di marzo.
Il secondo asse è Learn to Fly, la nuova installazione del Camparitivo in Triennale con la quale Ragni ha lanciato il suo “augurio verso chi si sta affacciando alla vita e al mondo del lavoro”; il terzo asse è per me quello forse più accattivante: GATE3 Temporary Studio. Di cosa si tratta? Di una sorta di officina creativa nella quale chi possiede talento può, affacciandosi al mondo del lavoro, mettersi alla prova nello spazio che ha l’ambizione di diventare uno studio temporaneo gestito da Matteo Ragni. Un luogo – a sentire le parole dello stesso Ragni – vivo, che ospiterà workshop di ricerca per grandi brand e nel quale far nascere idee, spunti, riflessioni capaci di innovare. Il primo marchio ad accettare la “sfida” è stato proprio Campari che lancerà a breve il primo workshop i cui risultati poi saranno ospitati all’interno della Galleria del gruppo.

Non resta che stappare una bottiglietta Camparisoda e brindare insieme a questa serie di stupende iniziative legate alla cultura e al mondo dei giovani: cincin e… in bocca al lupo!

Giornata FAI, prenditi cura di te

Per chi non avesse ancora piani per il week-end segnalo la Giornata FAI di Primavera, giunta quest’anno alla sua 20a edizione. Si tratta dell’iniziativa che vede protagonisti beni di interesse artistico, culturale, naturalistico aperti eccezionalmente al pubblico. Quest’anno, tra l’altro, il FAI è sostenuto anche da Garnier, brand storico del gruppo L’Oréal in un connubio che ha la bellezza come punto di incontro: come il FAI mette l’accento sul nostro incredibile (e spesso sottovalutato) patrimonio, così Garnier con i propri prodotti punta a rende la bellezza accessibile a tutti, in un parallelismo che – passatemi il paragone – vede i nostri capelli e la nostra pelle come beni preziosi da valorizzare.
A Milano, sbirciando tra i luoghi proposti, hanno attirato la mia attenzione la Banca di Italia – per la prima volta aperta al pubblico – la Biblioteca Civica di Palazzo Sormani Andreani, i Laboratori Scala Ansaldo con i loro 60.000 costumi di scena e Palazzo Lombardia, con la sua torre di 39 piani che non ho ancora avuto modo di visitare.
Buon week-end, sosteniamo il FAI con un sms e visitando almeno uno dei 670 luoghi d’arte e natura aperti oggi e domani in esclusiva in tutte le Regioni italiane.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=8t_2YWR_ok8&w=440&h=360]

Quel che resta dei Pumpkins…

Recensire un concerto degli Smashing Pumpkins – la mia band preferita – è per il sottoscritto impresa ardua. Non solo perchè, nonostante tutto, la gioia di vederli suonare dal vivo (o per meglio dire, di sentire suonare dal vivo Billy Corgan, ultimo “superstite” della band) è sempre moltissima sia perchè mi è difficile non lasciare spazio alla gratudine nei confronti di un gruppo che è stato e continua ad essere la colonna sonora della mia vita. Mi sforzerò, comunque, di essere obiettivo.
Da dove partire? Iniziamo dalla tracklist, un mix di vecchie tracce (come le definisco io, early beginnings) e di quelle canzoni che coinfluiranno nel nuovo lavoro, Oceania, in uscita la prossima primavera.
Premessa: sono da poco uscite le ri-edizioni dei primi due album della band (Gish e Siamese Dream, disco quest’ultimo che amo alla follia), per forza di cose il tour ha tentato di trainare le vendite delle nuove edizioni proponendo al pubblico dei pezzi “storici” lasciando da parte le famose ballate di pumpkinsiana memoria conosciute ai più (anche perchè magari associate a videoclip musicali). Questo può forse in parte spiegare l’assenza di una partecipazione “corposa” da parte del pubblico verso canzoni non solitamente parte del reportorio live della band e spesso accompagnate da interminabili soli di “chitarre disorte” (scelta molto Nineteens, un salto indietro agli anni più psicadelici del gruppo). Partenza lieve con le nuove tracce Quasar e Panapticon. Ma poi piede sull’acceleratore con il trittico Starla, Geek U.S.A., Muzzle che mi fa subito perdere la voce. E poi ancora vecchi brani – per tra i quali brilla secondo me il delirio sonoro di Silverf**k – intervvallate dalle canzoni ancora inedite. Tutto scorre senza infamia nÈ lode sino all’atto finale dello show nel quale Corgan riaccende l’entusismo dei presenti proponendo nell’ordine: Tonight, tonight, For Martha, Zero e Bullet with Butterfly Wings. Improvvisamente tutti cantano, tutti si muovono all’unisono, tutti urlano, il forum sembra ribollire di energia. Tutto troppo bello: chiudo gli occhi e volo indietro con gli anni. Rivedo gli Smashing Pumpkins prima della serie di eccessi legati all’abuso di eronina (che portò alla morte del tastierista Jonathan Melvoin e a far rischiare al batterista Jimmy Chamberlin una fine analoga) che portarono la band nel giro di pochissimo dai trionfi mondiali al rischio di una fine prematura. Billy indossa la sua t-shirt Zero, James Iha di lato, con una camicia di raso e il suo enigmatico sorriso orientale tra il divertito e il sarcastico, D’Arcy dalla parte opposta suonando in maniera sensuale il basso agita i suoi capelli biondo-ossigenato, Jimmy nonostante il volto “consumato” suona divinamente la batteria senza troppo scomporsi. Un secondo dilatatosi nel tempo. Poi però riapro gli occhi. E sul palco dei quattro vedo solo lui, Corgan. Circondato da volti semisconosciuti. E per un attimo mi pare di assistere a uno di quei concerti nei quali la coverband ha come guest-star della serata uno dei membri del gruppo al quale si ispira.
Gli Smashing Pumpkins di oggi non sono e non possono essere quelli di ieri (il batterista è poco più che maggiorenne, in pratica ha la stessa età del primo album della band), meglio farcene una ragione. Sono cambiati loro, sono cambiato io, il mondo intero è cambiato molto dai tempi del pluripremiato Mellon Collie and Infinite Sadness, doppio album con il quale formazione di Chicago ha conosciuto fama mondiale. La nostalgia c’è stata e c’è tuttora verso un glorioso passato destinato (molto probabilmente) a non ripetersi. Ma in definita il concerto non mi è dispiaciuto: il nuovo materiale non mi entusiasma, le date del tour europeo mi sono parse da subito una serie ravvicinatissima (quanto, immagino, massacrante) di esibizioni, Corgan è rimasto il solo a credere nel progetto ma la tracklist è stata a suo modo originale (forse influenzata da una sorta di sondaggio lanciato nella pagina ufficiale su facebook della band): ammetto di aver temuto quel peggio che fortunamente poi non ha avuto seguito. Lunga vita alle Zucche allora. Fantastiche, non spappolate, mi raccomando.

Pay a Blogger Day, il giorno dopo…

Lo scorso 29 novembre è stato il Pay a Blogger Day una bella iniziativa che ha saputo attirare le attenzioni di molti utenti. If you enjoy reading blogs, give a little back – at least one day a year pay a blogger: questa l’idea alla base della campagna che, in estrema sintesi, si proponeva di sensibilizzare i lettori di blog a esprimere il loro apprezzamento verso i contenuti di uno spazio con un’azione concreta capace di superare i semplici commenti, i like e il generico sharing nei vari social network. Quale? Una donazione. O meglio una microdonazione. Ideatori della campagna sono i ragazzi del team di Flattr, realtà di Malmo specializzata nel cosiddetto social micro-payment system che ha elaborato una modalità tramite la quale supportare chi crea contenuti di valore (il termine flatter in inglese significa adulare ma anche donare). Lo strumento è utile sia per gli editori (siano essi blogger, musicisti, programmatori, fotografi, eccetera) che possono aggiungere un bottone tramite il quale raccogliere delle donazioni sia ai lettori che avranno così modo di premiare i loro autori preferiti. Ovviamente la stessa persona può vestire i panni sia del creatore sia quelli del fruitore di contenuti.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=9zrMlEEWBgY&w=440&h=360]

Il funzionamento è davvero elementare: registarsi al sito equivale ad aprire una sorta di conto virtuale nel quale depositare del denaro. Alla fine di ogni mese poi, la quota che l’utente avrà indicato come totale delle sue donazioni, verrà equamente distribuita in base alle volte in cui ha cliccato sul pulsante Flattr dimostrando l’intenzione di riconoscere all’autore del contenuto un piccolo corrispettivo in denaro (l’esempio della torta del video ufficiale qui sopra rende benissimo l’idea).
Da blogger non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione e così mi sono subito registrato al sito e ho fatto in modo di aggiungere, sotto ogni mio post (quindi anche questo), vicino ai tasti di condivisione, anche il bottone Flattr dando così modo ai miei “venticinque lettori”, nel caso volessero premiarmi, l’opportunità di riconoscermi una piccola donazione. Non mi illudo di certo sulle cifre ma sono molto interessato allo sviluppo dello strumento che non propone una sorta di “vendita con libera donazione” come successo, ad esempio, con i Radiohead per l’uscita di In Rainbows ma invece rovescia la prospettiva permettendo al fruitore di esprimere con una microdonazione il proprio apprezzamento verso il materiale proposto comunque free senza alcuna richiesta.
Qualcuno ci tiene a precisare come un blog si aggiorni con contributi audio-foto-video per passione non (solo) per lucro. Ma fare in modo che chi legge possa dimostrare concretamente il gradimento verso l’operato di chi ha realizzato il contenuto, senza alcun obbligo e in maniera decisamente democratica, mi sembra una bella opportunità. Support web great content!

[update: dopo un solo giorno dall’installazione del pulsante flattr ho ricevuto la mia prima donazione, che bello!]