Tina Brown e lo strano caso del Newsweek


Lo scorso dicembre, in aeroporto per un viaggio all’estero, in attesa dell’imbarco, gironzolando, entrai in un’edicola, una di quelle con un nutrito numero di riviste internazionali. Nonostante non cercassi nulla di particolare, uscii con un magazine in mano (vedi mio tweet). Era l’ultima copia cartacea del Newsweek sulla cui copertina, una panoramica in bianco e nero di New York, capeggiava la scritta sottoforma di hashtag #lastprintissue. Un passaggio epocale era alle porte: alla vigilia degli 80 anni di “onorato” servizio, il giornale fondato da Thomas J. C. Martyn (precedentemente giornalista di cronaca internazionale per il Time), si apprestava a lasciare la carta per il web. Una sfida, quella della Rete, resasi necessaria (in realtà già annunciata nell’ottobre 2012). Newsweek, infatti, acquistato nel 1961 dal gruppo Washington Post Co. nel corso degli anni vede erodersi l’appeal nei confronti dei lettori tanto che, nel 2010, il settimanale è venduto a Sidney Harman per 1 dollaro (confermo: 1 solo dollaro; ma 47 milioni di dollari di passivo). Di lì a poco lo stesso Harman dà vita a una joint venture con l’InterActiveCorp (IAC) creando così una nuova realtà editoriale capace di unire alla freschezza e alla dinamicità di The Daily Beast, la storia e l’autorevolezza del Newsweek. A capo dell’ambizioso progetto, Tina Brown, acclamata ex-direttrice di Vanity Fair e di The New Yorker. Tutto bene quel che finisce bene? Non proprio. Perché, notizia di questi giorni, Tina Brown ha deciso di lasciare. Eppure nel suo editoriale pubblicato nell’ultimo numero cartaceo di Newsweek, poco più di un anno fa, sembrava avere le idee molto chiare sul panorama dell’editoria, sui difetti del giornalismo e sugli ostacoli da superare per avere successo. Qualcosa sembra, quindi, non tornare. Tanto che qualcuno tra gli addetti ai lavori inizia a chiedersi se sia a rischio la sopravvivenza del Daily Beast, co-creato nel 2008 dalla stessa Brown e da Barry Diller, spazio informativo vincitore nel 2011 e nel 2012 del Webby Award come migliore sito di notizie. Sì perché, se recentemente lo stesso Diller ha ammesso come l’acquisizione del Newsweek sia stato un errore (il “bistrattato” magazine è stato nuovamente venduto lo scorso agosto, alla IBT Media), sembra che anche per sito le cose non vadano benissimo. Secondo Adweek, infatti, se theDailyBeast.com sembra recuperare in termini di traffico e revenue, le perdite per l’anno in corso sono stimate in 12 milioni di dollari. Tempi duri per chi lavora nell’editoria. Ad ogni livello.