Il segreto dei suoi occhi: mille passati, nessun futuro

Il segreto dei suoi occhi è il film che, a sorpresa, è riuscito ad aggiudicarsi la statuetta di miglior pellicola straniera agli Oscar 2010. Girata tra Argentina e Spagna l’opera segna il ritorno nei cinema di Juan José Campanella che, prendendo spunto dall’omonimo libro di Eduardo Sacheri, racconta le vite di un gruppo di persone tra loro accumunate dall’essere entrati in contatto – chi direttamente, chi indirettamente – con il brutale omicidio di una giovane donna.
A ben vedere però i veri protagonisti del film sono da un lato le passioni, dall’altro gli occhi. Le prime governano il nostro agire, sono pulsioni che ci trascinano e che non possiamo costringere in un angolo, fonte di entusiasmo, di bramosia, di dolore e quindi, in sintesi, sinonimo di vita.
I secondi, invece, non rappresentano solo lo “strumento” con il quale noi guardiamo il mondo ma sono lo specchio di come il mondo ci vede, “parlano” di noi ai nostri interlocutori che tramite i nostri occhi riescono a farsi un’idea della nostra indole e del nostro stato d’animo.
Il film diventa allora una sorta di “parata” di sguardi: rabbia, delusione, malinconia, rassegnazione, paura, desiderio, sofferenza, curiosità, stupore sino agli occhi spenti della morte, la pellicola mostra le diverse facce dei personaggi in un intrico di occhi che rapprensentano un arcobaleno di stati d’animo differenti.
Il segreto dei suoi occhi – a metà strada tra drammatico e thriller – è un film forse dal ritmo a tratti un po’ lento ma comunque di piacevole visione, con attori bravi a interpretare i ruoli loro assegnati, una regia essenziale e un filo narrativo via via sempre meno cupo.

Inception, quando il parassita più resistente è un’idea

Sarà per il fatto che da un po’ di tempo non andavo al cinema, sarà perchè l’ho visto in lingua originale (con sottotitoli in italiano), sarà che non avevo alcuna particolare aspettativa, sta di fatto che il nuovo film di Christopher Nolan, Inception, mi è piaciuto davvero molto.
Protagonista del film è Dom Cobb, interpretato da Leonardo DiCaprio, un giovane specializzato nel ricavare informazioni “riservate” attraverso una tecnica che consiste nel entrare nel sogno di un individuo e, dall’interno, scavare nel suo subsconscio.
Il mondo narrato dalla pellicola è quindi quello onirico della mente che, mentre si è addormentati, risulta tuttaltro che sopita e anzi più che mai attiva nel creare ambientazioni artificiali nelle quali dare sfogo a ricordi passati, aspirazioni o surreali fantasie. Un luogo di infinite possibilità ma che un luogo vulnerabile, nel quale, se non si è abiuati alla difesa dei propri segreti, può diventare terra di conquista per esperti manipolatori capaci, agendo nei meandri più profondi della mente, di scavare nelle zone più intime del nostro essere.
Un altro filo conduttore di Inception è il parralellismo tra sogni come aspirazioni della vita e sogni come periodi nei quali, chiudendo gli occhi e liberandoci delle nostre corazze, lasciamo libero sfogo all’immaginazione: la realtà che insegue i sogni, i sogni che seguono la realtà, la realtà come prigione (o rifugio), il sogno come prigione (o rifugio), difficile alle volte individuare la sottile linea che separa questi due mondi (in questo senso la pellicola mi ha in parte ricordato Atto di Forza).
Un film davvero ben riuscito, dal ritmo mai lento, un thriller fantascientifico nel quale la tensione non si abbassa mai nel corso degli oltre 140 minuti della pellicola, degli effetti speciali ben realizzati ma mai eccessivi.
Una storia – quella scritta dalla stesso Nolan – che unisce sogni, frustazioni, sfide impossibili, sentimenti, in un mix per il quale il regista inglese, dopo il successo de Il Cavaliere Oscuro, conferma di essere uno degli artisti del cinema più interessanti da seguire.