Quel che resta dei Pumpkins…

Recensire un concerto degli Smashing Pumpkins – la mia band preferita – è per il sottoscritto impresa ardua. Non solo perchè, nonostante tutto, la gioia di vederli suonare dal vivo (o per meglio dire, di sentire suonare dal vivo Billy Corgan, ultimo “superstite” della band) è sempre moltissima sia perchè mi è difficile non lasciare spazio alla gratudine nei confronti di un gruppo che è stato e continua ad essere la colonna sonora della mia vita. Mi sforzerò, comunque, di essere obiettivo.
Da dove partire? Iniziamo dalla tracklist, un mix di vecchie tracce (come le definisco io, early beginnings) e di quelle canzoni che coinfluiranno nel nuovo lavoro, Oceania, in uscita la prossima primavera.
Premessa: sono da poco uscite le ri-edizioni dei primi due album della band (Gish e Siamese Dream, disco quest’ultimo che amo alla follia), per forza di cose il tour ha tentato di trainare le vendite delle nuove edizioni proponendo al pubblico dei pezzi “storici” lasciando da parte le famose ballate di pumpkinsiana memoria conosciute ai più (anche perchè magari associate a videoclip musicali). Questo può forse in parte spiegare l’assenza di una partecipazione “corposa” da parte del pubblico verso canzoni non solitamente parte del reportorio live della band e spesso accompagnate da interminabili soli di “chitarre disorte” (scelta molto Nineteens, un salto indietro agli anni più psicadelici del gruppo). Partenza lieve con le nuove tracce Quasar e Panapticon. Ma poi piede sull’acceleratore con il trittico Starla, Geek U.S.A., Muzzle che mi fa subito perdere la voce. E poi ancora vecchi brani – per tra i quali brilla secondo me il delirio sonoro di Silverf**k – intervvallate dalle canzoni ancora inedite. Tutto scorre senza infamia nÈ lode sino all’atto finale dello show nel quale Corgan riaccende l’entusismo dei presenti proponendo nell’ordine: Tonight, tonight, For Martha, Zero e Bullet with Butterfly Wings. Improvvisamente tutti cantano, tutti si muovono all’unisono, tutti urlano, il forum sembra ribollire di energia. Tutto troppo bello: chiudo gli occhi e volo indietro con gli anni. Rivedo gli Smashing Pumpkins prima della serie di eccessi legati all’abuso di eronina (che portò alla morte del tastierista Jonathan Melvoin e a far rischiare al batterista Jimmy Chamberlin una fine analoga) che portarono la band nel giro di pochissimo dai trionfi mondiali al rischio di una fine prematura. Billy indossa la sua t-shirt Zero, James Iha di lato, con una camicia di raso e il suo enigmatico sorriso orientale tra il divertito e il sarcastico, D’Arcy dalla parte opposta suonando in maniera sensuale il basso agita i suoi capelli biondo-ossigenato, Jimmy nonostante il volto “consumato” suona divinamente la batteria senza troppo scomporsi. Un secondo dilatatosi nel tempo. Poi però riapro gli occhi. E sul palco dei quattro vedo solo lui, Corgan. Circondato da volti semisconosciuti. E per un attimo mi pare di assistere a uno di quei concerti nei quali la coverband ha come guest-star della serata uno dei membri del gruppo al quale si ispira.
Gli Smashing Pumpkins di oggi non sono e non possono essere quelli di ieri (il batterista è poco più che maggiorenne, in pratica ha la stessa età del primo album della band), meglio farcene una ragione. Sono cambiati loro, sono cambiato io, il mondo intero è cambiato molto dai tempi del pluripremiato Mellon Collie and Infinite Sadness, doppio album con il quale formazione di Chicago ha conosciuto fama mondiale. La nostalgia c’è stata e c’è tuttora verso un glorioso passato destinato (molto probabilmente) a non ripetersi. Ma in definita il concerto non mi è dispiaciuto: il nuovo materiale non mi entusiasma, le date del tour europeo mi sono parse da subito una serie ravvicinatissima (quanto, immagino, massacrante) di esibizioni, Corgan è rimasto il solo a credere nel progetto ma la tracklist è stata a suo modo originale (forse influenzata da una sorta di sondaggio lanciato nella pagina ufficiale su facebook della band): ammetto di aver temuto quel peggio che fortunamente poi non ha avuto seguito. Lunga vita alle Zucche allora. Fantastiche, non spappolate, mi raccomando.

Spotify, un (nuovo) mondo di musica

E’ di pochi giorni fa la notizia dello sbarco di Spotify negli Stati Uniti grazie ad un accordo con le quattro grandi etichette Universal, Warner, EMI e Sony. L’informazione forse qui da noi non ha avuto molta rilevanza ma a mio modo di vedere è quanto mai degna di nota.

Cos’è Spotify? Il sito ufficiale lo annuncia come una libreria, all-the-music-all-the-time, di oltre 15 milioni di tracce utilizzabile da PC, Mac, da mobile senza bisogno di dowload o di spazio nell’HD (nella versione premium si può anche connettere all’impianto audio di casa attraverso la digital tv). Si tratta semplicemente di registarsi, creare un account e poi condividere liberamente – connettendo ad esempio Spotify con Facebook, qui si parla di un accordo da parecchi milioni di dollari, Sean Parker ex di Napster e Facebook non a caso è board member della società – la propria musica preferita.

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Con Spotify si possono creare playlist, creare top list, librerie, comprare musica, accedere al proprio account (e quindi alla propria musica) da qualsiasi computer connesso alla Rete, scoprire nuovi artisti. L’aspetto social è notevolmente spinto: con un click è possibile condividere con i propri amici le nostre tracce (il servizio consente anche l’import dei nostri contatti su facebook) scoprendo anche chi poi ha deciso di ascoltare la nostra playlist.

Spotify ha anche la possilibità, nella sezione “local music”, di caricare i brani della propria collezione di mp3 e, nella versione premium, di ascoltarli anche tramite smartphone (installata l’applicazione lo scambio dei local file tra cellulari via wifi è invece gratuito).

Semplificando, quindi, si tratta di un software – nato in Svezia e lanciato nel febbraio 2009 in Inghilterra – per l’ascolto di musica digitale in streaming peer-to-peer.

Cos’ha di nuovo? Per ascoltare non è necessario l’acquisto.

Il servizio si può usufruire secondo tre modalità: la free che permette di ascoltare delle tracce intervallate da interruzioni pubblicitarie (oggi ad invito) per un massimo di 10 ore mensili (e cinque ascolti per traccia), la unlimited che, previa abbonamento, permette di ascoltare musica illimitata su desktop, e premium anche consente di ascoltare la propria musica preferita anche su dispositivi mobili (5 e 10 dollari mensili i costi).

Il costo degli abbonamenti ad oggi è leggermente più alto rispetto ad iTunes ma la possibilità di accedere ad ogni traccia del vastissimo database di Spotify potrebbe attrarre molti utenti.

E in Italia? Ancora nulla (se non utilizzando espedienti, ai limiti del lecito, per “ingannare” il sistema), per il momento non ci resta che iscriverci a gruppi su facebook tipo We want SPOTIFY in Italy too.

Spotify potrà contribuire a salvare la musica dalla pirateria? I numeri sembrano incoraggianti, sono già 10 miliomi gli utenti registrati (anche se pare che l’aver ridotto da 20 a 10 le ore per mese le ore di libero ascolto abbia ridotto il numero di utilizzatori prima del grande sbarco in America) e molti solo coloro che hanno espresso elogi sul servizio (anche se ovviamente non convince tutti, ecco un articolo non proprio positivo circa il servizio by HBR).

Tra i primi, Billy Corgan ha così scritto su twitter (offrendo anche inviti a Spotify):

I support Spotify for the same reason I supported Napster back in the day! Visionary music models that encourge sharing and artist loyalty. As as artist I believe very deeply that when fans connect with the overall quality and intigrity in ALL our music we prosper, poseurs lose. Loyal fans means new opportunities, new ways of interacting, new partnership in technology and the arts. Freedom from music biz bs.”

L’impresa non è semplice. Ma… in music we trust!

 

 

 

 

 

 

 

Le Gru, tra shopping e musica

Dopo il risultato delle elezioni amministrative e dei referendum in molti centri abitati si è (finalmente) tornati a discutere dello sviluppo del territorio e di come sia possibile armonizzare ambiente e urbanizzazione. Da questo punto di vista un esempio costruttivo arriva dalla provincia di Torino: shopville LE GRU. La realtà di Grugliasco non è solo un centro commerciale (con personal shopping, styling e gifting). E’ infatti uno spazio che comprende 180 esercizi commerciali (tra i quali anche un benzinaio!) e 24 fra bar, ristoranti e fast food ma è anche un’area polifunzionale utilizzata per eventi culturali e di intrattenimento. Iniziative a sfondo sociale, incontri con le scuole e gli enti locali, laboratori per bambini (Grulandia, il parco di divertimenti per i più piccoli con tanto di sale nelle quali festeggiare il proprio compleanno con gli amichetti) trovano così un unico spazio nel quale aggregare persone di diverse età e passioni.

L’area eventi è però nota agli appassionati di musica soprattutto per GruVillage, il palcoscenico che ogni estate vede esibirsi artisti internazionali.

Quest’anno, per gli amanti dell’indie e del rock, da non perdere l’unica data italiana dei Ok Go (quelli del video tormentone sui tapis roulant) mercoledì 20 giugno. Anche la data del concerto di Peter Hook, bassista e colonna prima dei Joy Division poi dei New Order (ma anche dei forse meno noti Revenge e Monaco) mi intraga molto. Da poco è uscito il disco del progetto The Light dal titolo 1102/2011 un EP di cover della band inglese e non nascondo mi piacerebbe molto ascoltare le riletture di brani quali Atmosphere, New Dawn Fades e Insight.

Tornando al centro Le Gru – dodato anche di propria stazione radio disponibile anche in streaming – forse l’unico aspetto per rendere lo shopping center ancora più accattivante potrebbe essere quello di impegnarsi sul fronte del risparmio energetico e sull’utilizzo di tecnologie a basso impatto ambientale – come, ad esempio, dei pannelli solari – per così sensibilizzare i consumatori e diventare ancora di più un punto di riferimento per la comunità.

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That’s Opera Talent: bella chance per musici e cantanti d’opera amatoriali

Quando frequentavo le superiori (ormai un bel po’ di tempo fa) tra i banchi di scuola, per abbattere la noia di alcune lezioni, ogni tanto tiravo fuori dall’astuccio una sorpresina Kinder a forma di bisonte (con delle rotelline al posto delle zampette che fanno muovere le mascelle) e mi esibivo, come ventriloquo, in Nessun Dorma dalla Turandot di Puccini, dando voce (e anima?) all’animaletto di plastica. Oggi un contest ha riportato alla mia attenzione la musica lirica, non esattamente una mia passione ma comunque un’arte che mi emoziona. E’ That’s Opera Talent, il primo concorso online per scoprire nuovi cantanti lirici e musicisti classici. Nell’ambito del Puccini Festival 2010 è onair da alcune settimane una competizione artistica – promossa da Ricordi & C., Ministero delle Gioventù e Ministero dei Beni Culturali – finalizzata ad aiutare i cantanti d’opera e i musicisti classici amatoriali nelle loro carriere, fornendo l’opportunità di gareggiare per potersi esibire nella presentazione dal vivo della Madama Butterfly e vincere gli altri premi indicati nel regolamento. La cavalcata di Susan Boyle vi ha esaltato? Allora non vi resta che scaricare musiche e spartiti, esercitarvi nei gorgheggi o affinare la vostra abilità con uno strumento, riprendere la vostra esibizione da solista e caricare il video nel canale che Youtube ha dedicato all’iniziativa, la cui iscrizione è gratuita. Quasi quasi ci provo anch’io, vado subito a ripassare l’Addio fiorito asil del terzo atto, quando Pinkerton, accompagnato da Kate – giovane donna sposata negli Stati Uniti – è alla ricerca del figlio (suo e di Cio-cio-san) che vorrebbe portare con sé per fornirgli un’educazione “occidentale”. In bocca al lupo a tutti coloro che (spero numerosi vista la bella e originale iniziativa) si avvicineranno al mondo dell’opera e della musica classica, ci vediamo su Youtube!

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Spaghetti Western Orchestra reinterpreta Ennio Morricone

Ho avuto la fortuna di potermi gustare una delle esibizioni del tour mondiale che sta portando in giro per il mondo la Spaghetti Western Orchestra, cinque musicisti-attori-rumoristi (australiani se non ricordo male) che hanno deciso di reinterpretare, in maniera particolare quanto coinvolgente, alcuni dei più grandi successi firmati Ennio Morricone, dalle musiche de Il buono, il brutto, il cattivo a Per un pugno di dollari, da C’era una volta il West a Per qualche dollaro in più. Uno spettacolo nello spettacolo (ho sempre sognato utiilizzare questa espressione!) perchè non solo la performance è guidata da un “narratore” ma gli strumenti utilizzati sono i più diversi: bottiglie di birra, campanacci di legno per mucche, mazzo di carte, registratore a bobine, rami e ramoscelli, lattine a corda sono solo alcuni dei cento “arnesi” utilizzati per suonare e rendere ancora più singolare l’atmosfera dello show (la musica è infatti anche suonata in stile Foley: i rumori, come in alcune produzioni cinematografiche, derivano cioè dall’utilizzo di oggetti quotidiani fatti suonare come effetti sonori).
Tra i protagonisti assoluti della serata una citazione doverosa per il theremin, il più antico strumento musicale elettronico: composto da due antenne, si suona avvicinando e allontanando le mani e facendo così variare il suono a metà strada tra un violino e un timbro vocale molto acuto.
Difficile descrive le sensazioni provate – a un certo punto ci si trova tutti insieme a canticchieri divertiti – una serata davvero emozionante, una di quelle in cui esci e la musica continua a risuonarti nelle orecchie per giorni (tanananana-ua-ua-ua).

Io, Gavin, i Fiberoctopus e il web 2.0

fiberoctopus[Avviso ai lettori, questo post è autocelebrativo]

Tempo fa – ormai più di tre anni orsono – mi sono imbattuto nel sito di un gruppo di San Diego mai sentito prima di allora, i Fiberoctopus. Mi sono piaciuti da subito, il loro sound malinco-elettronico è stato capace di rapirmi sin dalle prime note e così, in pochi giorni canzoni come Wet Match, She was my hostage, Waiting in heaven e When you dream sono diventati i miei personali tormentoni, canzoni che ascoltavo in loop per ore. Tanto mi ero appassionato alla band che ho (ben) pensato di creare un gruppo su Facebook per tentare di farli conoscere anche ai miei contatti diffondendo così il loro indie-pensiero. Dopo alcuni mesi il gruppo continuava però ad essere formato da pochissime persone (che avevo “pressato”) e così, non senza sconforto, in qualità di ammistratore, decisi di cancellarlo optando per una più pagina più sobria pagina “diventa fan”.
Pochi giorni fa, con mia somma sorpresa/orgoglio, ho ricevuto un messaggio dal frontman della band – Gavin – nel quale mi ringrazia per aver cercato di diffondere la musica dei Fiberoctopus e mi chiede di poter diventare anch’egli amministatore per poter così aggiornare e rendere più accattivante il frutto della mia passione. Pazzesco no? Il leader della band che chiede al sottoscritto di diventare amministratore della sezione fan su Facebook relativa al proprio gruppo, surreale, hi hi.
Dopo due giori di suspance (non potevo dargliela vinta subito, l’occasione era troppo ghiotta), l’ho accettato a bordo, convincendolo anche ad aprire un account su Twitter (oltre a Myspace già attivo) con il quale restare in costante contatto con la band.
Per la serie: “Dio benedica i social network”. E ovviamete anche la musica dei Fiberoctopus.

Odissea Muxtape

muxtapeQuasi un anno fa, su consiglio di un’amica, navigando nella Rete alla ricerca di nuovi, accattivanti quanto innovativi siti, ho conosciuto Muxtape, una piattaforma che ha in brevissimo tempo scalato la classifica dei miei spazi della Rete preferiti. Il servizio era semplice quanto intuitivo: l’utente non registrato, visitando l’homepage, visualizzava tanti piccoli quadratini colorati con diversi nomi sui quali (la cui visualizzazione era gestita in maniera random, per cui ogni volta ne camparivano di diversi), cliccando, accedere a delle playlist suggerite in pieno stile web 2.0. La cosa che rendeva particolare il sito è che attraverso Muxtape si potevano ascoltare brani diversissimi, da tutto il mondo (ricordo con simpatia dei pezzi hardcore russi), spesso semisconosciuti o comunque non propriamente “mass-market”. L’iniziativa però, visto anche il successo con la quale la community è cresciuta (ovviamente anche il sottoscritto aveva fatto la sua indie-playlist), ha attirato ben presto le ire di etichette discografiche e varie associazioni statunitensi (una su tutte, la temutissima RIAA) che intravedevano nel servizio un mezzo per alimentare la pirateria e la diffusione di musica in maniera illegale, svincolata dai diritti che solitamente vincolano le tracce. Sono tornato oggi a vedere il sito e ho potuto leggere la lunga storia circa le disavventure di Justin, l’ideatore di Muxtape (il racconto mi ha un po’ ricordato il film Insider) e ho potuto leggere le novità della nuova versione ora in fase di test. Dalle prime indiscrezioni sembra che la nuova piattaforma potrà garantire come agli utenti di ascoltare nuova musica e agli artisti di pubblicare le loro tracce (creandosi dei profili con calendari, foto, commenti…). Spero davvero che il progetto possa proseguire, sono sempre alla ricerca di nuova buona musica.

Dada, the Music Movement

dada_musicDada Music Movement è una grande community musicale che offre ai propri iscritti moltissime possibilità. La registrazione è gratuita e permette di navigare in uno spazio interattivo e dinamico dove ascoltare (full streaming) e scaricare musica in abbonamento (drm free, con contenuti anche per il cellulare) ma anche nel quale è possibile, creando un proprio profilo e interrogando il database dei tanti iscritti, cercare nuove amicizie per scambiare messaggi e opinioni sui propri artisti preferiti. La piattaforma Dada Music Movement consente inoltre di creare all’interno dei propri personal space un forum, un blog e una sezione per upload di foto e video. La tecnologia alla base dello spazio Dada.net offre una modularità e flessibilità che consentono di personalizzare le singole funzioni in maniera semplice e intuitiva (oltre a numerosi widget il proprio spazio si può arricchire anche con friend$, il programma gratuito basato su Google AdSense; carina anche l’idea della scelta di una canzone per esprimere il proprio mood). A proposito di musica, navigando tra i contenuti proposti (forse sarebbe stato utile realizzare un motore di ricerca più “intelligente” che, in caso di errore di battitura, aiuti l’utente… alcuni artisti mancano, di altri ci sono ci sono solo cover tributo… e poi Smashing Pumpkins e The Smashing Pumpkins non sono due artisti diversi), per rendere più appealing il mio personal space ho stilato una mia compilation – non una classifica sia chiaro – 15 brani da ascoltare appena svegliati la mattina per riprendere contatto con il mondo e scollarsi di dosso l’inevitabile stanchezza. Avrei voluto inserire direttamente il Dada Player con la mia playlist qui nel mio blog: dopo aver personalizzato colori e formato del box è bastato cliccare su Includi nel tuo blog per ottenere con facilità il codice da importare nel template ma versione gratuita in uso non ama Jave e Flash, sob. Poco male, ecco i brani che mi sento di proporre, buon ascolto a tutti!

1. Today, Smashing Pumpkins
2. No Surprise, Radiohead
3. Breakthru, Queen
4. Life On Mars?, David Bowie
5. Do You Realize?, Flaming Lips
6. The Scientist, Coldplay
7. Pulp, Disco 2000
8. The End Has No End, Strokes
9. Wonderwall, Oasis
10. Maybe Tomorrow, Stereophonics
11. Everlong, Foo Fighters
12. Coffe and Tv, Blur
13. Buddy Holly, Weezer
14. Bohemiam Like You, Dandy Warhols
15. Erase Rewind, Cardigans

p.s.= leggendo in maniera approfondita ho scoperto che attraverso Dada è possibile scaricare anche sms informativi by RCS (Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, Astra e Novella 2000…)