Web Marketing: questione di metodo, il mio nuovo ebook

E’ da ieri disponibile nelle librerie digitali Web Marketing: questione di metodo, il mio ebook pubblicato da 40k per la collana Bees.

Fugo subito ogni dubbio: non si tratta della “guida definitiva al successo in Rete”, non offre ricette per ammaliare gli utenti né è un manuale di kotleriana memoria che esamina a fondo i principi del marketing reinterpretandoli alla luce della complessità di web e social media.

Molto più semplicemente, l’ebook è una riflessione sulla mia esperienza nella promozione online, con pochissimo budget e molte idee. Mi verrebbe da dire una “riflessione a voce alta” perché poi, come già scritto, tutto è nato da un invito ricevuto in occasione di un evento di formazione che mi ha dato modo di riflettere sui punti salienti della strategia da me adottata. Prepando le slide ho in qualche modo tirato le fila della mia “campagna” online accorgendomi che, nel dare il titolo alle diverse fasi del processo seguito per il lancio su web del libro, ero riuscito – in maniera quasi inconsapevole – ad identificare un approccio alla promozione online. Non sono tanto le singole scelte ad essere interessanti, ma piuttosto le modalità con le quali ho affrontato la sfida di far conoscere a quante più persone possibili il mio saggio.
Le parole di sintesi, sistemate in ordine “di apparizione”, sono diventate un mesostico (una variante del più noto acrostico) che ha portato in primo piano la parola CAPIRE.

mesostico

La lista di parole tentava quindi di dirmi qualcosa, mi invitava a “capire”, a scoprire il nesso tra le diverse fasi.

Ci ho riflettuto un po’ e alla fine sono arrivato alla conclusione che ciò che credevo un approccio poteva essere assunto a metodo: un procedimento messo in opera in vista di uno scopo. Quello di promuovere “qualcosa” – un libro, un prodotto, un’iniziativa – su web.

Arrivato a questo risultato, forte dell’entusiasmo generato dal racconto della mia “storia” in alcune occasioni pubbliche, mi sono convinto che le conclusioni alle quali ero giunto dovevano essere condivise in maniera più diffusa. E così, di getto, ho iniziato a riversare su carta le mie osservazioni che, in versione riveduta e corretta, hanno portato all’ebook.

Buona lettura!

p.s.= ho già provveduto ad inserire l’ebook anche su aNobii e su Goodreads

Promuovere gli ebook, il mio intervento su #nepare

Nella giornata di ieri ho avuto l’onore di partecipare, in qualità di relatore, al primo corso dedicato agli editori digitali promosso da Simplicissimus Book Farm. Un intervento, a chiusura della giornata di formazione dedicata agli ebook, che mi ha dato modo di raccontare alcune delle iniziative da me attivate nella Rete a supporto di News(paper) Revolution.

Una semplice carrellata di suggerimenti (non volevo certo infierire dopo ore e ore di attenzione massima) che mi sono sentito di condividere nella mia duplice veste di autore e di “stratega” della promozione online del libro. Immagino non sia una situazione usuale, ma in virtù della mia esperienza con web e social media, l’editore (Fausto Lupetti che ringrazio per avermi messo in contatto con gli organizzatori del corso), al momento del lancio del saggio, mi ha lasciato carta bianca offrendomi massima libertà di azione.

Quando gli investimenti pubblicitari sono di tasca propria e si utilizzano per “spingere” il frutto del proprio lavoro, di ore passate davanti alla schermo di un computer, la responsabilità insita nella sfida di utilizzare al meglio le poche risorse disponibili è ancora più sentita.

La promozione del libro continua (il prossimo 19 novembre presenterò il testo su Second Life) ma, dopo alcuni mesi dall’uscita, era forse tempo di stilare un primo bilancio. La presentazione, in questo senso, è stata una buona occasione per vagliare aspettative, difficoltà incontrare, miglioramenti apportati in corsa e nuove nozioni apprese.

Non si tratta di soluzioni tecniche che garantiscono il successo, ma di 6 semplici step che rappresentano l’approccio al web che mi sento di consigliare.

Ringraziando ancora una volta chi mi ha dato modo di parlare della mia esperienza (e, di riflesso, del mio libro), resto a disposizione per eventuali curiosità o suggerimenti.

[update: l’intervento di cui sopra è diventato un ebook, Web Marketing: questione di metodo]

Il giornalismo del futuro? Innovazioni dentro e fuori le testate da tenere sottocchio

Lo scorso martedì 28 maggio, in occasione dell’uscita della versione ebook (riveduta e aggiornata) del mio News(paper) Revolution sono stato ospite di Digital Accademia per parlare di giornalismo e social media. Avendo solo due ore a disposizione e dovendo confrontarmi con una platea tutt’altro che sprovveduta ho ripensato la mia presentazione tentando, dopo la prima parte dedicata ad un breve excursus sulla storia del giornalismo online, di individuare 10 caratteristiche del web attorno alle quali le testate si stanno muovendo (o, meglio, si dovrebbero muovere) per rinnovare il mondo dell’editoria.

Ho così individuato una serie di strumenti e iniziative – schematicamente divisi tra innovazioni esterne o interne alle testate – da tenere d’occhio, al di là del numero del loro bacini attuale di utenti attivi, per intravedere (forse) gli ulteriori sviluppi della comunicazione (giornalistica) online.

La grafica non è certo il mio forte, la presentazione è volutamente scarna, ridotta all’osso. Ecco perché, in breve, cerco di sintetizzare ciò che propongo quando, servendomi del ppt, rifletto a voce alta.

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Tra le innovazioni fuori dalle testate ho scelto, a titolo esemplificativo:

Flipboard, NewsWhip, Italia2013.me, Instagram, Storify, Vine, Google+, Storyful e i Social Reader di Facebook.

Tra i progetti più interessanti all’interno delle testate ho invece segnalato:

HuffPost Live, Snow Fall, Live Blogging, Archivi Digitali, Native Advertising, Compendium, PaperPay, JuLiA, Guardian Witness e The Dish.

Flipboard

Con le applicazioni non solo ognuno di noi può filtrare le notizie in base ai propri interessi organizzandole come un magazine, con le ultime versioni può anche condividere il proprio “giornale”, diventando quindi non solo autonomo nell’atto di informarsi ma anche “editore” per altri utenti che con lui condividono l’interesse per determinati argomenti.

NewsWhip

Le risorse che aggregano le notizie più chiacchierate della Rete, che indicizzano i contributi più condivisi, stanno riscuotendo un notevole successo. Analizzare la Rete, individuare i contributi del web più rilevanti diventa sempre più importante.

Italia2013.me

Esperimento di content curation molto interessante che, per raccontare le elezioni, ha utilizzato i cittadini come fonti della notizia.

Instagram

Grazie ad uno smartphone i nostri “racconti per immagini” possono viaggiare nel web e, grazie all’utilizzo di hashtag condivisi, partecipare alle testimonianze degli altri utenti.

Storify

Unire contributi di differenti utenti in un unico flusso al quale aggiungere le proprie osservazioni, fantastico, no?

Vine

Anche con video di soli 6 secondi si può raccontare molto. Un esempio? Le pillole dalle passerelle del WSJ in occasione della New York Fashion Week.

Google+

La videochat rappresenta sicuramente un’opportunità per dialogare in maniera interattiva con altri utenti.

Storyful

Società con sede a Dublino composta da un team di professionisti che monitora i social media catturando immagini e contenuti degli utenti da vendere poi alle testate di tutto il mondo.

Social Reader (di Facebook)

Facebook ha ultimamente modificato l’algoritmo alla base del news feed. Oggi hanno maggiore risalto i soli contenuti che raccolgono condivisioni, like e commenti. E questo ha cambiato le carte in tavola costringendo alcune testate, prima molto attratte dalla possibilità di conquistare fette di audience tra i giovani, a rivedere il loro impegno nel social network di Zuckerberg.

HuffPost Live

Nuovo spazio all’insegna di multimedialità e interattività del pubblico: come suggeriscono dalla testata di Arianna Huffington, una via di mezzo tra YouTube e la CNN.

Snowfall

Esperimento del NYT capace di guadagnarsi non solo l’attenzione tra gli addetti ai lavori ma anche un premio Pulitzer per la capacità di proporre una lettura particolare: il testo (lungo) si arricchisce di video e animazioni interattive.

Live Blogging

Per seguire in tempo realtà lo sviluppo dei grandi avvenimenti, preferibile la struttura snella e dinamica di un live blog.

Native Advertising

Alla ricerca di nuove forme di pubblicità, i quotidiani riscoprono – con alterne fortune – i contenuti sponsorizzati (ne ho parlato anche qui).

Compendium

Una sorta di Pinterest delle notizie di una testata che consente al lettore di raccogliere in una bacheca pubblica i pezzi che ritiene più interessanti da catalogare.

PaperPay

Il giornale di carta venduto tramite la lettura di un codice a barre (ho scritto sul servizio qui).

Guardian Witness

L’applicazione con la quale il Guardian invita i lettori a proporre alla redazione i propri contributi su fatti dei quali sono stati diretti testimoni che potrebbero poi essere ripresi dalla testata.

The Dish

Un blog senza pubblicità né soldi da venture capitalist che chiede ai proprio lettori i fondi per continuare a servire il proprio pubblico. Bella scommessa!

Adoro confrontarmi con chi – anche se non necessariamente un giornalista – la Rete la vive ogni giorno a suo modo, cercando il modo migliore per sopravviverci. La mia è una testimonianza, spero costruttiva, di un mondo in continuo perenne mutamento.

Giornalismo e web raccontati con dissacrante lucidità

Strano ma vero, sono ufficialmente un lettore di ebook solo da alcune settimane. Ancora in parte non abituato alla sola lettura in digitale, indeciso su quale titolo acquistare per “rompere il ghiacchio”, ho optato per Il Web e l’arte della manutenzione della notizia, il saggio di Alessandro Gazoia edito da MinimunFax. Si tratta di un approfondito excursus che analizza i cambiamenti in atto nel mondo del giornalismo, portando avanti un interessante parallelismo tra gli sviluppi e il modo di fare informazione nostrano e il “quarto potere” negli Stati Uniti, Paese guida, per tecnologie e sperimentazioni, della rivoluzione apportata alla stampa dalla Rete. Partendo da alcune riflessioni sui cambiamenti del lavoro di giornalista, sul modo di comunicare e partecipare alla vita politica e sociale degli utenti, l’autore ci accompagna alla ricerca del significato dell’informazione (e quindi, in ultima analisi, anche delle chiavi interpretative a nostra disposizione) oggi.
Un libro del quale ho apprezzato in particolar modo due aspetti: da una parte la scelta di non limitarsi ad analizzare le grandi testate ma di raccontare anche i “giornali nativi digitali” e gli spazi più noti specializzati nell’informazione locale. Dall’altra, l’uso di un approccio disincantato (che non lesina critiche) nei confronti del giornalismo italiano, del quale vengono analizzati i tratti distintivi sottolineandone vizi (tanti) e virtù (pochine) che lo contraddistinguono.
Un testo fatto anche di numeri, di tabelle, di raffronti, di link, che consente di avere un’idea quanto mai precisa sulla realtà informativa dei nostri giorni. Insomma, un libro di sicuro interesse che, visto anche il costo irrisorio, è sicuramente da leggere.

Native advertising e brand journalism: quando il giornalismo online incontra la pubblicità

Da alcune settimane sono immerso nell’aggiornamento di News(paper) Revolution che, a grande richiesta, uscirà a breve anche in versione ebook (UPDATE: la versione digitale, ampliata e aggiornata, è uscita alla fine del mese di maggio).

Uno degli approfondimenti al quale ho deciso di dare spazio nella nuova edizione del mio libro, è quello relativo al cosiddetto native advertising. Ecco, di seguito, un estratto della parte dedicata alla forma di pubblicità che gli editori stanno iniziando a testare.

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Uno dei nuovi formati pubblicitari online che gli editori stanno iniziando ad adottare è il cosiddetto native advertising.

L’idea di base è semplice: in ultima analisi, anche l’advertising può rappresentare una notizia; se non riesce ad esserlo, allora probabilmente il contenuto pubblicitario non ha poi così tanta rilevanza.

Degli esempi di formati legati al native adv sono le Sponsored Story di Facebook e i Promoted Tweet di Twitter: contenuti brandizzati integrati direttamente nell’esperienza dei social media piuttosto che posizionati nei classici spazi riservati alla pubblicità online.

In qualche modo, quindi, il native advertising è una rivisitazione “in salsa web/social” dei redazionali (advertorial) presenti nei quotidiani stampati. Con il native adv i lettori possono fruire di contenuti sponsorizzati interattivi che puntano alla condivisione, operazione questa che la pubblicità tabellare di solito non consente. E’ un modo di comunicare con un linguaggio che, sfruttando appieno le peculiarità della Rete, la creatività e lo storytelling, può essere recepito in maniera costruttiva dagli utenti e superare la “cecità” dei lettori verso alcuni dei formati attualmente in uso online.

Quasi tutte le campagne di native advertising nascono dalla collaborazione diretta tra editori e brand, senza l’intermediazione delle agenzie. Sono proprio le testate, infatti, a conoscere meglio di chiunque altro gli standard da adottare, il profilo dei propri lettori e i “segreti” per fare in modo che questi contribuiscano a diffondere ad amici e colleghi i contenuti informativi.

Uno dei primi esperimenti di native advertising è stato realizzato dal magazine statunitense The Atlantic con un post sponsorizzato su Scientology pubblicato il 14 gennaio 2013. Probabilmente anche a causa dell’oggetto dell’articolo, l’iniziativa scatenò un acceso dibattito online, non sempre così benevolo nei confronti della testata (che, alcuni giorni dopo, ammise di aver commesso qualche errore di valutazione nella ricerca dell’innovazione del digital advertising).

Altro spazio informativo che ha deciso di puntare sul native adv, è BuzzFeed la cui testata propone una collaborazione con i brand alfine di realizzare contenuti pubblicitari in grado di catturare l’attenzione dei lettori (Jonah Peretti, CEO di BuzzFeed, definisce il native advertising come “(sort of) social advertising”).

Forbes ha, invece, introdotto BrandVoice, il servizio – nato dalla start-up newyorkese True/Slant – che consente di condividere tra editori e inserzionisti gli strumenti per creare engagement, per monitorarlo in tempo reale e per, al contempo, offrire il miglior servizio informativo ai lettori. Anche in questo caso, l’obiettivo è quello di fornire contributi pubblicitari non intrusivi quanto, piuttosto, esperienzialmente accattivanti. Il magazine ha dato vita a una “Brand Newsroom” con la quale i marketer possono collaborare per far conoscere in maniera più efficace il loro business.

Un servizio analogo è quello del Washington Post che, con BrandConnect, permette alle aziende di pubblicare, nel sito del quotidiano, propri contenuti quali video, post e infografiche.

Il primo esempio di “sponsor generated content” del giornale è stato realizzato dalla CTIA, l’associazione internazionale no profit che rappresenta l’industria delle comunicazioni wireless che racconta come la tecnologia mobile abbia rivitalizzato le comunità rurali (il post era circondato dalla pubblicità display dell’associazione, conteneva un video e non consentiva di essere commentato).

Interessante notare, ancora una volta, la posizione di Google News che chiede agli editori di separare con molta chiarezza i contenuti giornalistici da quelli pubblicitari, pena l’esclusione della fonte dall’aggregatore di notizie. Il servizio dell’azienda di Mount View non si propone come uno strumento di promozione e, quindi, vuole salvaguardare la propria inclinazione meramente informativa.

(UPDATE: anche il New York Times, nel redesign del sito, online dall’8 gennaio 2013, ha iniziato a testare il native advertising, ne parlo qui)

Instatips, la guida (gratuita) alla fotografia via Instagram

instatipsSono sempre stato un appassionato di fotografia, mi piace gustare belle immagini e mi affascina anche l’idea di riuscire a fermare il mondo attraverso uno scatto. Da fanatico de La Camera Chiara di Roland Barthes più che all’attrezzatura ho sempre puntato alla ricerca del punctum, di quel particolare – assolutamente personale – che rende la foto una sintesi di emozioni. Una delle mie foto che ricordo con maggiore lucidità è ormai sbiadita: stavo visitando lo zoo di Sydney quando, oltre il recinto degli scimpanzé vidi un esemplare maschio, retto sulle due gambe posteriori che con un rudimentale bastone in mano, richiamare l’attenzione delle altre scimmie radunatisi davanti. Purtroppo il riflesso della luce nel vetro di protezione non rese lo scatto memorabile ma quell’immagine riesce ancora oggi commuovermi (e riesce anche a rimandarmi sempre e comunque alle famosa scena di 2001 Odissea nello spazio). Oggi non uso più una macchinetta fotografica ma porto sempre con me il mio smartphone con il quale mi piace raccontare e condividere le esperienze – dirette e meno – che mi vedono testimone. Come? Beh con Instagram (e Twitter, nonostante tutto)! Ecco perché non posso non segnalare una bellissima iniziativa realizzata da Media Word in collaborazione con Instagramers Italia che si è concretizzata in un ebook dal download gratuito che punta ad essere una guida alla fotografia realizzata a partire da contributi e consigli degli stessi utenti.
Dati degli temi-hashtag attorno ai quali sbizzarrire la proprio creatività, sono state scelte alcune immagini più rappresentative. Una delle quali è proprio un mio scatto con filtro (#Instatipsdigitalthings pagina 50). Si è molto parlato di Instagram in questi giorni: per la temuta minaccia della vendita delle immagini degli utenti, per la “guerra” con Twitter, per l’imminente (a quanto pare) avvento della pubblicità nel social network che ruota attorno a tag, foto e filtri. Nonostante gli allarmismi continuo ad rendere quadrati i miei scatti con l’applicazione tentando di correggerne le imperfezioni con i filtri, sperando di poter raccontare con immagini anche il 2013, ancora auguri a tutti!