Audience engagement, il giornale oltre le news

Img: themediabriefing.com

Lo sviluppo del mondo giornalismo si evince anche dalle mansioni che, con lo sviluppo degli strumenti digitali, entrano a far parte delle redazioni. Se, per esempio, sino a non molti anni fa non tutte le testate potevano contare su una figura dedicata esclusivamente ai social media, oggi, i gruppi editoriali più innovativi propongono addirittura profili lavorativi più “evoluti” che si occupano di audience engagement, di come cioè coinvolgere – in misura sempre maggiore – il proprio bacino di lettori. In una bella intervista rilasciata al NeimanLab, Renée Kaplan, a un mese dall’insediamento, ha risposto ad alcune domande sul proprio ruolo in qualità di responsabile audience engagement del prestigioso Financial Times (giornale che, lo ricordo, basa il proprio modello di business sul paywall). L’obiettivo dell’operato del team da lei diretto (data analyst, SEO specialist e social media producer) è quello, in prima istanza, di conoscere il pubblico di lettori di FT – quali articoli preferiscono? In quali formati? Quando e come fruiscono delle notizie? – per riuscire così ad adattare al meglio i contenuti a disposizione, ottenendone il massimo in termini di traffico e di condivisioni. Altro scopo, di certo non secondario, è quello di ottimizzare i contenuti differenziandoli a seconda dello strumento utilizzato per diffonderli. L’esempio citato in questo senso è il materiale relativo al recente “scandalo Fifa”: il team di Kaplan, ai “classici” articoli testuali con molti dettagli su quanto stava accadendo, ha affiancato la realizzazione di materiale grafico sul tema specificatamente pensato per essere diffuso e condiviso nei canali social.

I termini chiave di chi si occupa di audience engagement sono distribution e organic reach, parametri questi che misurano l’effetto dei contenuti della redazione, il loro impatto giornalistico, dentro e fuori gli spazi del giornale.

Interessante notare come Kaplan e colleghi lavorino spalla a spalla con gli uffici editoriali ma non siano direttamente collegati ai desk di chi invece è deputato alla sfera dell’advertising. Chiaro che l’obiettivo trasversale a tutti i reparti è quello di far in modo che quante più persone visitino il sito, ci trascorrano quanto più tempo possibile e ci tornino quanto più spesso, ma non ci sono traguardi commerciali da raggiungere per chi lavora sul lato engagement.

Si tratta piuttosto di identificare le strategie migliori – e in questo, impossibile prescindere da una approfondita analisi – per sfruttare al meglio il materiale a disposizione. Per soddisfare gli abbonati e per attirarne di nuovi.

Perché le notizie, da sole, non bastano più.
E i giornali non sono più semplici redazioni.

Web Car, quando il giornale è in video streaming

Foto: la Stampa

In News(paper) Revolution ho cercato di riassumere i cambiamenti del mondo del giornalismo derivanti dallo sviluppo della comunicazione online. Ho volutamente deciso di circoscrivere il mio approfondimento, la “rivoluzione digitale” che ha modificato in profondità le diverse professionalità legate al mondo dell’informazione non può, infatti, essere ridotta all’elenco delle seppur notevoli ripercussioni legate alla Rete. Ne è testimonianza la nuova vettura in dotazione a la Stampa, un’auto a misura di report digitale. Perché, ormai – altro riflesso della digitalizzazione delle redazioni – distinguere tra carta e altri supporti diventa quasi superfluo. I contenuti di un quotidiano, non molto tempo fa disponibili solamente in versione cartacea, sono oggi fruibili anche attraverso computer, tablet, smartphone e net tv. Le notizie non si diffondono più solamente per via testuale, diventando ogni giorno sempre più variegate, più multimediali, composte non solo da lettere ma da immagini, video e infografiche. Il mondo dell’editoria, pur moltiplicando gli strumenti attraverso i quali raccontare le notizie, è quindi, paradossalmente, più omogeneo: anche i quotidiani comunicano tramite video (addirittura alcuni hanno canali all news non stop), le emittenti televisive non possono rinunciare all’informazione testuale dei propri siti web.
Non deve quindi sorprendere la Web Car de la Stampa, una vettura con la quale il giornale realizza “dirette in video-streaming ovunque sul territorio europeo e avere sempre a disposizione il wi-fi per reportage on-the-road, via satellite”.
Alla base una parabola auto-puntante – un’attrezzatura ridotta all’osso talmente piccola da essere trasportata anche all’interno di un bagaglio da viaggio – un router, un mixer e un pc con i quali gestire riprese, videoconferenze, montaggi video e… addirittura un drone comandabile dal mezzo.
Il battesimo di questo innovativo sistema di trasmissione delle informazioni sarà la mostra del Cinema di Venezia, una partenza soft per scoprire, senza troppi patemi, tutte le potenzialità della nuova risorsa a disposizione del Quarto Potere. Che solo proseguendo sulla strada dell’innovazione potrà costruirsi un futuro.

Leggere e scrivere nell’epoca dei nuovi media…

Il mio pallino ultimamente – lo confesso – è il Kindle, l’ormai celebre ebook di Amazon. Amo leggere i libri e la loro fisicità, annuso le pagine, faccio le “orecchie” negli angoli in alto come promemoria di ciò che più mi colpisce. Ma non posso nascondere la curiosità verso un supporto che sinora ho toccato con mano solo in rarissime occasioni.
Ecco perchè quando – in virtù della mia rapidità – l’account twitter di Apogeo mi ha dato l’opportunità di ricevere una copia omaggio de Il testo digitale di Alessandra Anichini non ho potuto che esserne felice (grazie ancora!).
Il mio non è solo un desiderio da digital-addicted. La fruizione degli ebook suscita il mio interesse anche da un punto di vista sociaologico diciamo così, in qualità di osservatore e appassionato del mondo media-editoria.
Già prima di leggere il libro della Anichini, infatti, mi ero chiesto se e in caso in che modo i nuovi strumenti digitali “in mobilità” – dagli smartphone ai tab, dagli ebook ai sempri più piccoli notebook – potessero poi influire nel nostro modo di “consumare testi”.
Il testo digitale mi ha permesso di approfondire più nel dettaglio origini e sviluppi dei libri, di quelli oggetti che nel tempo, come sottolinea già dall’indice l’autrice, si sono trasformati da testi per pensare a testi da esplorare e condividere.
Multimedialità, ipertestulità e scrittura collaborativa – per citarne solo tre – sono alcune delle accezioni che hanno modificato il concetto stesso di testo variando anche noi lettori, parte attiva indubbiamente coinvolta nella metamorfosi in corso.
Dalla stele dell’antica Mesapotamia ai giorni nostri molto è cambiato. Conoscere, almeno per sommi capi, i progressi fatti attorno ai concetti di scrittura e linguaggio non è solo un modo per capire il presente ma anche una solida base per tentare di comprendere scenari e implicazioni future.
Tutto questo è sintetizzato ne Il testo digitale, con chiarezza, semplicità e con abbondanza di esempi.
L’unico rammarico è quello di non averlo potuto leggere su un ebook. Buona lettura!