Rinnovato il sito, parte una delle settimane più lunghe per il Corriere (ma forse anche per l’editoria italiana)

Ad inaugurare una settimana che si preannuncia storica per il Corriere della Sera – in particolar modo per il reparto digital della testata – da ieri, lunedì 25 gennaio, è online la rinnovata veste grafica del sito del quotidiano RCS Mediagroup.

Con molta curiosità, appena appreso del “lancio” dal tweet del direttore del quotidiano, mi sono precipitato a visitare – prima da smartphone e poi in maniera più approfondita da notebook – la nuova homepage del giornale. E, devo riconoscerlo, l’impatto è stato positivo: lo stile, che mi ricorda quello del New York Times, fatto sottili linee nere a separare i diversi contenuti su sfondo bianco risulta semplice, essenziale e quindi a mio parere leggero “quanto basta” da fruire.

Dopo una sintetica panoramica sulla homepage mi sono annotato gli aspetti che invece mi convincono meno, quelli che, a puro giudizio personale, se avessi potuto partecipare in maniera costruttiva al progetto – seguire il quale immagino sia stato tutt’altro che semplice, complimenti al team coinvolto – avrei consigliato di realizzare diversamente.

Img: corriere.it

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Le icone dei social network sotto ogni articolo

Trovo che siano ridondanti e che possano inconsapevolmente incentivare la condivisione da hp più che la lettura dell’articolo. Sarò fissato con nyt.com ma avrei lasciato la sola indicazione dei commenti, quella che a differenza delle altre icone non si esaurisce nel click ma che, almeno potenzialmente, porta l’utente a cliccare sullo strillo e a leggere il pezzo prima di condividere il contenuto e/o interagire con la redazione/gli altri utenti.

Ultimo inciso di natura strettamente tecnica: i link di condivisione degli articoli su Twitter sono lunghissimi, urge sintesi anche in quell’aspetto!

Il logo delle testata

Il logo della testata, allo scroll, sparisce. A ben vedere, nel menu in alto fisso, se si scende con la pagina, compare una “C” nella parte iniziale a sinistra. Ma mi pare pochino, il simbolo del giornale si perde di vista e si ha quasi l’impressione di essersi dimenticati dove ci si trovi. Avrei fatto in modo che, come per la homepage di altre testate (es. guardian e wsj), il logo accompagnasse il lettore sino alla fine, restando sempre ben visibile (anche se graficamente di dimensioni minori) di modo da contribuire a mantenere ben chiara l’identità della testata, valore questo che mi pare molto importante per il quotidiano milanese.

Scroll eccessivo

La mancanza del logo della testata si sente anche perché, iniziato lo scroll, si ritrova l’immagine alla fine della pagina, quando tutti i contenuti della home sono stati mostrati. Il fatto è che per giungere nella parte più bassa della home le schermate sono davvero molte, per i miei gusti personali decisamente troppe. La percezione che la testata copra uno svariato numero di notizie si ha netta ma, nel mio caso, ciò non necessariamente corrisponde ad un valore positivo. Insomma, vista la quantità di notizie oggi disponibili mi aspetto ancora di più che il giornale funga da “filtro” per ciò che effettivamente merito di conoscere. Da questo punto di vista, promuovo a pieni voti il nyt e il guardian, rimando corriere e wsj: una homepage meno articolata senza essere più povera mi “spaventa” di meno e può essere un viatico a una “pagina di ingresso” che si rinnova di più e in un arco temporale minore.

Disposizione articoli colonna di destra

Se apprezzo la disposizione a colonne, trovo talvolta confusionaria l’organizzazione dei contenuti, in particolare per ciò che concerne la colonna di destra posizionata sotto la parte degli editoriali. Sarà il fatto di non essere un nativo digitale quanto piuttosto uno di quelli che il giornale di carta, almeno la domenica, lo sfoglia ancora ma per il sottoscritto la gerarchia delle notizie ha un valore. E le notizie della colonna di destra – quella che forse si aggiorna più spesso – mi paiono di un piano decisamente differente rispetto alle “vicine” news che, anche visivamente, rappresentano il centro della pagina e i pezzi più importanti. Calciomercato, tecnologia, televisione, di nuovo calcio, Roma, proteste in Rete… non intravedo un filo logico e le notizie, apparentemente senza un comune denominatore, a differenze delle inchieste della colonna di sinistra, paiono susseguirsi senza un ordine né in termini di rilevanza né di tematica.

Avrei studiato la disposizione a colonne in maniera diversa per distinguere, ad esempio, in maniera più netta le breaking news, evidenziando gli ultimi aggiornamenti dagli altri approfondimenti.

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Img: corriere.it

Link “spezzati” nei titoli

Alcuni titoli, nell’essere disposti su due righe, presentano link spezzati. Per capirci, se un titolo è formato da due frasi, la prima frase sembra rimandare a un link differente rispetto alla seconda in quanto, pur facendo parte del medesimo titolo, non c’è continuità nel tag a href. Il collegamento è lo stesso e per questo motivo (in realtà non peculiarità della nuova versione) trovo la cosa inutile e confusionaria. “Tutto il Corriere: dove, come e quando volete”: Tutto il – Corriere: – dove e quando volete, tre parti del testo cliccabili che puntano però allo stesso articolo. La cosa non sarà mica voluta per aumentare il numero dei click, vero?

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Img: corriere.it

Blog del Corriere

I blog delle singole firme – tra i quali Italians di Servegnini – sono relegati propria alla fine della homepage, distanti un bel po’ anche dagli spazi multiautore. Questi ultimi, tra l’altro, mostrano in home l’autore dell’ultimo pezzo sotto il nome del blog non a margine dell’articolo e quindi possono a mio avviso dare adito a fraintendimenti in chi non visita il sito con la frequenza necessaria per notare i differenti giornalisti che contribuiscono (eccezion fatta per Piazza Digitale sempre a cura di admin, nonostante all’interno poi le firme sia varie).
In ogni caso, i blog non mi sembrano sfruttati a dovere, quasi nascosti, difficili da trovare anche perchè li conosce e sa per certo che da qualche parte devono pur essere stati posizionati (serendipity ai valori minimi).

Queste alcune delle mie impressioni a caldo, l’analisi del sito sicuramente proseguirà nei prossimi giorni, ben vengano nel frattempo pareri e valutazioni da parte di chi desidera offrire, con un commento, una mail, un tweet, nuovi spunti di riflessione.

Il 2016 l’anno del paywall anche in Italia?

Img: wired.it

Gli ultimi giorni dall’anno, almeno per quel che concerne il panorama editoriale italiano, sono stati movimentati dall’annuncio dell’imminente lancio del paywall per il Corriere della Sera. Da anni si ricorrono le voci sull’esordio di questo tipo di strategia da parte dei principali quotidiani nazionali (su Twitter, per esempio, io stesso ho rilanciato un articolo datato ottobre 2013 che annunciava scelte che ad oggi non hanno avuto seguito) ma, in occasione della presentazione del piano industriale del Gruppo RCS, si è data molta enfasi alla decisione che dovrebbe concretizzarsi entro la fine del prossimo gennaio.

Alla base del progetto, tre (macro)obiettivi che il Gruppo si è dato: sostenibilità economica, trasformazione del proprio business, crescita futura. Tra le azioni che la Direzione ha deciso di intraprendere quella chiamata “Oltre il digitale” cita espressamente il paywall quale “nuovo modello di abbonamento per monetizzare in modo adeguato i contenuti, conoscere e fidelizzare il lettore”.

Dalle (poche) parole di chi ha presentato l’ambizioso progetto ancora non emergono i dettagli. Si è sottolineata la necessità di pagare i contenuti di qualità, l’importanza della sperimentazione anche in Italia, la flessibilità della formula che prevederà più combinazioni e lo spessore di un’iniziativa che ha attinto dalle best practice internazionali.

Il punto di riferimento, pare assodato, sarà il metered paywall, una soglia di sbarramento agli articoli gratuitamente fruibili non rigidissima che, nelle sue forme di maggiore successo, consente, ad esempio, di leggere gli articoli anche una volta superato il limite definito se si arriva ai contributi da un link condiviso nei social media o di preservare l’accesso alle gallery multimediali – foto e video – senza limitazioni. Un muro non completamente “impermeabile” dunque che potrebbe prevedere un numero massimo di articoli (10 articoli al mese?) da leggere gratuitamente, richiedendo la registrazione per aumentare senza spese il numero di articoli gratis di alcune unità (10 + 5 al mese?) superati i quali sarà invece necessario sottoscrivere un abbonamento al giornale.

In questo modo il passaggio da una lettura completamente gratuita a una formula più restrittiva risulterebbe probabilmente meno brusco e, almeno in linea teorica, eviterebbe un crollo degli accessi al sito della testata preservando al contempo la raccolta pubblicitaria digitale.

Non si tratta certo dell’unico elemento di “cambiamento” prospettato, altre azioni a programma sono, ad esempio, il ritrovato interesse per hyperlocal oltre al focus sulla trasformazione data-centrica per conoscere e interpretare al meglio il bacino di utenti. Ma forse sarà proprio il paywall quello che, almeno nell’immediato, avrà l’impatto più rilevante sui lettori e sugli altri “attori” del panorama giornalistico nazionale.

Quanto recentemente accaduto con il Toronto Star e con il Sun, quotidiani che hanno rivisto la propria strategia abbandonando il paywall sul quale avevano deciso di puntare, sembrano prospettare un inizio in salita per il quotidiano milanese, soprattutto in considerazione del prestigioso quanto impegnativo ruolo di “rompighiaccio”, prima testata italiana a sperimentare il paywall.

In questo senso, un dettaglio mi ha dato da pensare. Degli otto punti elencati per raggiungere quanto stabilito dal Piano Industriale, il messaggio ufficiale di RCS liquida piuttosto sbrigativamente il primo punto che rispetto agli altri, pur aprendo l’elenco, risulta fumoso. In maniera generica si fa riferimento all’obiettivo di “ridurre i costi, preservando investimenti e qualità”. Ecco, forse mi sarei aspettato un più audace quanto netto riferimento ad un ulteriore aumento della qualità rispetto a una “difesa” dell’attuale approccio che mi sembra emergere tra le righe del comunicato. Perché per convincere i visitatori di corriere.it ad abbonarsi al quotidiano rinunciando alle notizie gratuite di altri spazi informativi è probabilmente necessario far loro percepire ancora meglio il valore aggiunto che solo il Corriere delle Sera può offrire. In termini di obiettività, di approfondimento delle analisi, di autorevolezza. Lo status quo da solo non è sufficiente.