Quando anche il marketing diventa “likeable”

likeable_coverLeggo sempre con molto piacere i testi statunitensi sul web marketing, riescono (spesso) a spiegare con semplicità le potenzialità della Rete basandosi su esperienze dirette e dati oggettivi. Così, quando Luca Conti ha proposto ai suoi follower di Instagram di scegliere un testo, non ho avuto dubbi e ho puntato su un saggio in lingua inglese, Likeable Social Media di Dave Kerpen, libro del 2011 che si focalizza sul passaparola attraverso il cosiddetto social web. Una delle caratteristiche che mi ha fatto apprezzare sin da subito il testo è legata alle esperienze delle quali il libro si serve per trattare i diversi argomenti: non riguardano solo aspetti, diciamo così, lavorativi (in altri testi legate, alle volte, a campagne quasi inarrivabili per investimenti o materiali), ma fa riferimento ad avvenimenti quotidiani con i quali immedesimarsi, da consumatori, con estrema facilità.

Sin dall’introduzione è poi chiaro il focus del libro: ciò che caratterizza il tempo attuale è che oggi i consumatori, felici o meno, possono comunicare le loro opinioni su prodotti, servizi, iniziative e brand con semplicità a un numero consistente di persone: un semplice “like” può creare endorsement, un tweet negativo può influenzare potenzialmente molti utenti. Occorre quindi essere bravi nell’ascolto e nella successiva interazione con il pubblico guidando i consumatori all’azione, facendo cioè in modo che siano loro stessi ad accendere la miccia attorno al contenuto che desideriamo diffondere. In particolare ho apprezzato molto (e non ho resistito, ho subito citato l’autore – CEO di Likeable Media – su Twitter ricevendo immediata risposta) la considerazione: “social media is not an instant win”. La costruzione di relazioni con/tra utenti trascende il concetto del “media” ed entra in un ambiente dall’alta imprevedibilità che, per uscire vincitori, necessita di pazienza (e quindi tempo), abilità, coraggio e disponibilità.

Il libro, come si può facilmente intuire dalla copertina, si concentra principalmente su Facebook, presentando le possibilità di “ingaggio”, i consigli su come rispondere ai commenti (positivi e negativi che siano), sulle modalità di condivisione dei contenuti, sull’integrazione dell’intera esperienza dei consumatori attraverso i social network e sull’utilizzo di questi come canali attraverso i quali veicolare messaggi pubblicitari (nel testo è tuttavia più ripetuto il consiglio di evitare di pensare alla mera vendita nell’approccio ai social media).

Una lettura davvero consigliatissima, fosse anche solo per la sintesi e l’invito all’azione con i quali terminano i capitoli, leggendo il desiderio di testare quanto raccontato a stento si tiene a bada tanto convincenti risultano essere gli argomenti trattati. Well done Dave!

Instatips, la guida (gratuita) alla fotografia via Instagram

instatipsSono sempre stato un appassionato di fotografia, mi piace gustare belle immagini e mi affascina anche l’idea di riuscire a fermare il mondo attraverso uno scatto. Da fanatico de La Camera Chiara di Roland Barthes più che all’attrezzatura ho sempre puntato alla ricerca del punctum, di quel particolare – assolutamente personale – che rende la foto una sintesi di emozioni. Una delle mie foto che ricordo con maggiore lucidità è ormai sbiadita: stavo visitando lo zoo di Sydney quando, oltre il recinto degli scimpanzé vidi un esemplare maschio, retto sulle due gambe posteriori che con un rudimentale bastone in mano, richiamare l’attenzione delle altre scimmie radunatisi davanti. Purtroppo il riflesso della luce nel vetro di protezione non rese lo scatto memorabile ma quell’immagine riesce ancora oggi commuovermi (e riesce anche a rimandarmi sempre e comunque alle famosa scena di 2001 Odissea nello spazio). Oggi non uso più una macchinetta fotografica ma porto sempre con me il mio smartphone con il quale mi piace raccontare e condividere le esperienze – dirette e meno – che mi vedono testimone. Come? Beh con Instagram (e Twitter, nonostante tutto)! Ecco perché non posso non segnalare una bellissima iniziativa realizzata da Media Word in collaborazione con Instagramers Italia che si è concretizzata in un ebook dal download gratuito che punta ad essere una guida alla fotografia realizzata a partire da contributi e consigli degli stessi utenti.
Dati degli temi-hashtag attorno ai quali sbizzarrire la proprio creatività, sono state scelte alcune immagini più rappresentative. Una delle quali è proprio un mio scatto con filtro (#Instatipsdigitalthings pagina 50). Si è molto parlato di Instagram in questi giorni: per la temuta minaccia della vendita delle immagini degli utenti, per la “guerra” con Twitter, per l’imminente (a quanto pare) avvento della pubblicità nel social network che ruota attorno a tag, foto e filtri. Nonostante gli allarmismi continuo ad rendere quadrati i miei scatti con l’applicazione tentando di correggerne le imperfezioni con i filtri, sperando di poter raccontare con immagini anche il 2013, ancora auguri a tutti!

Un mese esatto all’uscita di News(paper) Revolution!

Non avrei mai immaginato di pubblicare un comunicato stampa senza nemmeno cambiare una virgola del testo. L’occasione però è particolare, tra un mese da oggi uscirà la mia prima fatica letteraria (si tratta di un saggio, per il primo romanzo ci vorrà ancora un po’ di tempo…) in “solitaria”, in onore della quale ho cambiato l’immagine di testata del blog. Che dire? Sono davvero emozionato, non vedo l’ora di avere le prime copie tra le mani, di vedere il testo nelle librerie, di leggere le impressioni sul libro e, magari, di poterlo presentare in qualche occasione pubblica. A presto e nel caso non ci sentissimo prima, buone Feste! [update 09.01.13 : il libro è ora acquistabile sul sito dell’editore con zero spese di spedizione]

News(paper) Revolution, il libro sull’informazione online al tempo dei social network, da gennaio 2013 nelle migliori librerie

Milano, Dicembre 2012Novità editoriale di prossima uscita firmata Lupetti: News(paper) Revolution / L’informazione online al tempo dei social network, di Umberto Lisiero.

immagine_copertinaNews(paper) Revolution è un saggio sulle modalità di approccio dei quotidiani alla Rete, su alcuni dei tratti distintivi del Web (multimedialità, ipertestualità, interattività…) e sul modo con il quale questi vengano sfruttati per diffondere le notizie. Nessuna ambizione di riuscire a “imbrigliare” un mondo – quello online – sempre in continuo mutamento e sviluppo, quanto piuttosto una riflessione sullo scenario attuale e su come sia cambiato il modo di comunicare, sulle odierne sfide e sui nuovi strumenti a disposizione.

Il volume risponde alle esigenze sia dei professionisti del settore (giornalisti, docenti, responsabili PR e comunicazione) sia a quelle di studenti universitari e semplici lettori che vogliano approfondire e comprendere appieno le potenzialità della comunicazione online.

Il libro, frutto di uno studio dell’autore iniziato nel 2006, concilia la teoria con la pratica, per delineare i tratti della comunicazione online e chiarire le caratteristiche essenziali della Rete.

Il volume, con prefazione di Angelo Perrino (fondatore e direttore Affaritaliani.it), è strutturato in cinque sezioni. La prima è una breve introduzione sulle nuove tecnologie della comunicazione, la seconda è la cronistoria del giornalismo online, la terza sintetizza i cambiamenti del ruolo del giornalista, dell’editore e della redazione. La quarta sezione espone le caratteristiche salienti del quotidiano online mentre l’ultima analizza gli sviluppi futuribili del “quarto potere”. Chiudono il libro, come appendice, le considerazioni di Mario Tedeschini Lalli (vicedirettore, direzione Innovazione e Sviluppo, Gruppo Editoriale L’Espresso).

Il 2012 visto da Twitter

anno_tweetSono un fanatico di Twitter, ormai è diventata la rassegna stampa alla quale mi rivolgo per scoprire notizie interessanti. Proprio per evitare di perdere tweet ho però in questo giorni deciso di bloccare il numero delle persone che seguo a 200, missione difficilissima perché di utenti che scrivono cose stimolanti sono (per fortuna!) molti, ma ci sto provando (affidandomi anche ai re-tweet di chi seguo), un tetto dovevo metterlo, altrimenti impossibile seguire i profili selezionati in maniera opportuna (sopratutto se per gli aggiornamenti si interroga Twitter solo alcune volte al giorno). In ogni caso, ormai mancano pochi giorni alla fine dell’anno e il periodo nel quale si “tirano le somme” è alle porte. Anche su Twitter. E’ online, infatti, il sito 2012.twitter.com che riassume un anno di cinquettii con il social network di San Francisco, un modo per rileggere i messaggi (foto e testo) salienti, quelli che a tutti gli effetti sono stati in grado di entrare nel cosiddetto mainstream. Sul gradino più alto del podio il Presidente Obama che con il suo “Altri quattro anni” è riuscito a ottenere oltre 810.000 retweet finendo 300.00 volte tra i preferiti. Segue la pop star Justin Bieber, che con un suo sintetico messaggio ha voluto ricordare una giovane fan stroncata da una malattia. Terzo posto per uno sportivo, TJ Lang, guardia dei Green Bay Packers che con un suo tweet ha fomentato le proteste contro un “arbitro di riserva” reo di aver chiamato erroneamente in una azione finale del match contro i Seattle Seahawks (la classe arbitrale non ha pace nemmeno oltreoceano). Per quel che concerne gli eventi, invece, a farla da padrona sono state le olimpiadi in UK (e, nello specifico, il picco massimo si è avuto durante la gara dei 200 metri di Usain Bolt), le elezioni statunitensi e i Video Music Awards di MTV (gli Europei si assestano in quinta posizione, dietro il Super Bowl). Bella anche la sezione delle tematiche più “hot” dell’anno: i Paesi sconvolti da conflitti o da tragici fenomeni naturali, risultano ai primi posti, il Bel Paese balza all’onore delle cronache soprattutto per gli scandali di politica e sport. Con la collaborazione di Vizify è però possibile anche approfondire il proprio anno su Twitter: selezionando “Il tuo anno su Twitter” si potrà scoprire il “golden tweet” il “golden follower” e navigare tra le proprie interazioni più rilevanti (l’analisi si riferisce agli ultimi 3200 messaggi, questo il mio 2012). Nonostante la “sfida a suon di filtri” ora in atto contro Instagram, Twitter si conferma ormai a tutti gli effetti un media, un canale in grado di raccontare il mondo che ci circonda con una chiave di lettura (almeno potenzialmente) alternativa attraverso la quale leggere e interagire con gli altri utenti. Millemila di questi tweet!

Premio Best Viral Video PIVI ai Vegetable G

Due settimane fa ho avuto l’opportunità di calarmi in nei panni di un giudice, assecondando, a mio modo, il “lato oscuro” che mi porta ogni domenica sera a preferire XFactor (per noi senza parabola, in onda su Cielo) al posticipo del campionato di Serie A. In realtà, quello che dovevo valutare non era tanto l’aspetto musicale quanto le caratteristiche della ventina di videoclip arrivati in “finale”, misurandone per ognuno la propensione alla “viralità”. Per calarmi al meglio nella parte, ho ripreso tra le mani la bozza di un libro di prossima uscita (che mi vede tra i co-autori) che si focalizza, parlando di video online, anche su quelle che vengono denominate le “7 regole d’oro”, sette spunti derivanti dall’esperienza diretta nella gestione di campagne di social video advertising, stilate dal team di Ebuzzing. Non si tratta di “verità assolute”, il successo o meno di un contenuto (video come di qualsiasi altro formato) è il risultato di un’equazione a mille variabili, ma di una serie di caratteristiche comuni empiricamente individuate tentando di carpire le peculiarità comuni ad alcune iniziative diventate dei veri e propri tormentoni. Non voglio svelare troppo circa i contenuti del testo (altrimenti l’editore potrebbe arrabbiarsi non poco) ma, come è facilmente intuibile, sintetizzando, si tratta di riuscire ad “ingaggiare” l’utente portandolo a condividere il contenuto grazie, ad esempio, a un forte storytelling (già ne parlavo alcuni post fa) capace di emozionare.
Dopo un’ardua selezione (la difficoltà maggiore è stata quella di non lasciarsi influenzare dei propri gusti musicali che rischiavano di influenzare il giudizio) abbiamo decretato vincitore del primo premio “Best Viral Video Clip” – che sarà consegnato in occasione del PIVI (Premio Italiano Video Clip Indipendente) al MediMex – il video dei Vegetable G, La filastrocca dei nove pianeti [parte II], complimenti ai vincitori e in bocca al lupo per il loro progetto musicale!

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=f1ZkDbjtSog&w=440&h=360]

Se art e copy non bastano più…

Alcuni giorni fa mi è capitato tra le mani un piccolo libricino dal titolo La coppia creativa sono in quattro di Emanuele Nenna, testo che ho letto in una sera tutto d’un fiato. L’assunto alla base del libro attorno al quale l’autore – fondatore, con altri due soci, dell’agenzia Now Available – costruisce la sua analisi, è che oggi il mondo non sia più quello di una decina di anni orsono e che quindi, per rispondere al meglio alle nuove sfide della comunicazione (e, in ultima istanza, agli odierni consumatori) la classica coppia art+copy non sia più sufficiente. Questo non solo comporterebbe un allargamento del team chiamato a rispondere alle esigenze nell’epoca del digitale, ma implicherebbe anche l’individuazione di nuove professionalità, il rinnovamento organizzativo delle agenzie e quello del rapporto tra agenzie e clienti. Se l’obiettivo della pubblicità resta sempre quello di supportare l’azienda nella vendita di prodotti/servizi, infatti, il pensiero creativo si manifesta oggi in maniera notevolmente differente rispetto ai tempi del Bernbach citato nel sottotitolo.

Ciò che è ho più apprezzato del libro è che non pretende di cambiare facendo tabula rasa del passato, ma invece proprio dai fondamentali, prende il lancio per l’innovazione dell’ottica legata alla creazione dei messaggi pubblicitari. Anche per questo motivo ho apprezzato maggiormente la prima parte del testo. La seconda, nella quale in sintesi l’autore presenta “i nuovi creativi”, nonostante i molti esempi citati, forse anche perché il “clima” di agenzia lavorativamente parlando non mi appartiene, non mi è del tutto familiare, mi è sembrata utile ma al contempo forse un po’ distante, quasi una provocazione, un urlo solitario rispetto a una mancanza di professionalità che (causa della costante rincorsa imposta dei nuovi strumenti “virtualmente sociali” e dalle poche certezze che su questi tutti noi del settore abbiamo?) mi pare invece pericolosamente in ascesa.

In ogni caso, consigliatissimo per chi voglia farsi un’idea su una delle possibili declinazioni dell’advertising del futuro, complimenti!

Ballata dell’odio e dell’amore

Di solito, quando decido di andare al cinema, scelgo il film sulla base di quello di Dylan Dog chiamerebbe “quinto senso e mezzo”, una sorta di richiamo con il quale la pellicola in qualche modo mi invita ad assecondarla. Insomma, faccio di tutto per evitare locandine, sinossi e trailer. Questa volta però, sbirciando gli orari degli spettacoli, non ho potuto non incrociare due paroline che hanno finito per incuriosirmi: Spagna e guerra civile.
Seduto in sala, prima che il film iniziasse, avevo immaginato molte varianti di ciò che da lì a pochi minuti avrei seguito sullo schermo, ma mai avrei sospettato che due dei protagonisti della storia raccontata fossero clown. E non due clown uno mimesi dell’altro – versione circense del bene e del male, almeno non al di fuori del circo – bensì due clown svitati e violenti. E la rivoluzione civile spagnola? Lo sfondo sul quale si svolgono le vicende, (forse) l’origine e conseguenza del “male” che sfocia nel disprezzo della vita e nella sete di vendetta. A ben vedere però, il centro della scena non è tanto un attore in carne ed ossa quanto un concetto astratto seppur tangibile: la tristezza. Tristezza per l’infanzia perduta, per l’affetto non ricambiato, per un destino segnato, per un amore malato, per la libertà negata. Sì, forse è proprio così, è la tristezza nelle sue diverse forme (stavo per scrivere “…e colori” ma in realtà i paesaggi del film sono quasi sempre scuri, in perfetta congruenza con lo sviluppo della trama) la vera protagonista del film, un sentimento che si lega ai personaggi segnandone il destino. Scontato quindi che, alla fine, non ci siano vincitori ma solo vinti e che le lacrime accomunino tutti coloro che nell’amore (per il proprio padre, per una donna, per il proprio lavoro, per la Patria) avevano intravisto una via di fuga.
E’ quindi forse del tutto “normale” che uscito dalla sala parte di tristezza abbia assalito anche il sottoscritto (che non si aspettava un film genere Un giorno di ordinaria follia, datato 2010 ma distribuito in Italia solo ora nonostante i due premi al Festival di Venezia), missione compiuta. Curioso.

[ci provo] Promuovere un libro con Storify

Nei ritagli di tempo, da un po’ di mesi a questa parte, sto lavorando a un mio progetto editoriale legato al mondo del giornalismo online. Si tratta di un saggio sulle modalità di approccio alla Rete dei quotidiani, su alcuni dei tratti distintivi del Web (multimedialità, ipertestualità, interattività…) e sul modo con il quale questi vengano sfruttati per diffondere le notizie. Nessuna ambizione di riuscire a “imbrigliare” un mondo – quello online – sempre in continuo mutamento e sviluppo, quanto piuttosto una riflessione su quanto oggi c’è e ha cambiato il modo di comunicare. L’idea mi accompagna da anni, da quando, al termine del mio percorso di studi, iniziai con la tesi ad approfondire l’approccio giornalistico “telematico”. Termine quest’ultimo che oggi, al tempo dei social network, fa quasi tenerezza, ma che all’epoca, rappresentava, almeno per il sottoscritto, un mondo pieno di nuove sfide, di nuovi strumenti, di nuove possibilità. Quelle i cui sviluppi ho tentato di seguire e di mettere nero su bianco prima che tutto venga nuovamente rivoluzionato.
L’editore (persona disponibilissima e che non posso che ringraziare) mi ha però suggerito una sorta di coprifuoco attorno al libro, almeno sino a quando questo non sarà in procinto di essere sugli scaffali (gennaio 2013?). Per cui, negli ultimi giorni, mi sono arrovellato nel tentativo di individuare un metodo per “ingolosire” gli (spero numerosi) interessati all’argomento, senza però svelare troppo.
E così ho deciso di mettere in pratica parte di ciò che ho raccontato, utilizzando uno degli strumenti che ho segnalato a supporto del giornalismo: Storify. Non potendo mostrare ancora nulla del testo, ho preso un bel numero di note (in sostanza link) e le ho raccolte in un flusso di post reso pubblico. Qualcosa di volutamente semplice, un primo passo non troppo elaborato (che, mi rendo conto al momento non sfrutta appieno le potenzialità del servizio), che credo però possa fungere da anteprima rispetto agli spunti individuati nel corso della mia analisi. Chiunque sia interessato, abbia suggerimenti o curiosità non esiti a scrivermi [le mail è sulla pagina about], a presto per nuovi dettagli, stay tuned!

[update: ecco un’anteprima della quarta di copertina …e #nepare hashtag ufficiale]

Video non spot. O dell’importanza dello storytelling.

Da tempo mi ero ripromesso di spendere due righe sui video online (intendo realizzati pensando alla Rete) caricati su YouTube non tanto per far conoscere un prodotto/servizio, quanto per coinvolgere gli utenti nel tentativo da una parte di migliorare la percezione del brand dietro l’operazione e dell’altra di riuscire a fare in modo che gli stessi (potenziali) consumatori veicolino il messaggio attraverso i loro network on e offline.

Cercavo qualche esempio “nostrano” sulla stessa linea d’onda del (bellissimo) video The Lego Story, un cortometraggio animato realizzato per celebrare gli 80 anni della celebre casa danese di mattoncini colorati. Il video – che ha ormai superato i 2.6 milioni di visualizzazioni a poco più di un mese dal caricamento – racconta la nascita e le successive disavventure del gruppo quasi fosse una sorta di fiaba a lieto fine capace di premiare tenacia, creatività e determinazione.

[youtube http://youtu.be/NdDU_BBJW9Y&w=440&h=360]

Ho individuato i video di due campagne pubblicitarie ora onair che mi sembrano, seppur in maniera molto diversa, raggiungere lo scopo di creare il cosiddetto engagement, lasciando da parte l’idea del tradizionale spot (“Questo è il prodotto, queste le sue caratteristiche, provalo!”) per una comunicazione trasversale più vicina ai “canoni estetici” degli utenti online.

Il primo esempio punta sull’ironia di Maccio Capatonda per spingere il sito (con relativo concorso) Lavatrici Finite Male, nel quale trova spazio il manifesto di una sorta di campagna di sensibilizzazione contro le lavatrici “cresciute sole e senza amore […] rovinate dal calcare e abbandonata a se stesse”. Cinque video (più il trailer qui sotto) molto divertenti che mostrano, in diverse situazioni tragicomiche, il declino di elettrodomestici mal funzionanti che, subito un degrado non solo materiale, sono confinati ai margini della società. L’iniziativa (di prevenzione per salvare le lavatrici dal tunnel del calcare) è di Calgon e punta far conoscere la propria linea di prodotti in una maniera alternativa, svecchiando un brand che nell’immaginario appare forse un po’ datato.

[youtube http://youtu.be/bn1N3h8gtWo&w=440&h=360]

Il secondo esempio è invece quello del video di Unemployee of the year, nuova campagna della Fondazione Unhate di Benetton Group tramite la quale è stato lanciato un contest a sostegno delle idee dei giovani per il cambiamento. Un contributo, in particolare, alla lotta contro la disoccupazione giovanile che vuole stimolare ragazzi e ragazze di tutto il mondo a proporre i loro progetti (con ricaduta positiva sulla comunità) e a sperare, al di là dei premi in palio, in un futuro migliore, con un lavoro (delle certezze) e soprattutto con la dignità che da questo ne può derivare (bello il claim sottointeso: senza dignità, in tutte le sfere della vita, non c’è futuro).

[youtube http://youtu.be/zKZ3w_Vg4o8&w=440&h=360]

Due esempi, anche più azzardati rispetto alla comunicazione corporate di Lego, che sottolineano una volta di più l’importanza di video in grado di emozionare nel senso più vero del termine, di far sorridere, riflettere, commuovere, insomma di non lasciare l’utente indifferente, di possedere quel quid che poi porta, una volta terminata la visione del contenuto, a sentire quasi la necessità di condividerlo con i nostri amici. No ads but content, video lontani dalla classica interruzione pubblicitaria ma (micro)storie capaci di coinvolgere. Complimenti!

Le nuove professioni del Web, per vivere la Rete da protagonisti

Dopo la pausa estiva torno a dare sfogo, tramite il blog, al mio lato più nerd. Ormai un bel po’ di tempo fa ho deciso di fare del web (e dei social media) e delle tecnologie ad esso associate, la mia passione e il mio lavoro. Alle volte però mi sono trovato quasi del tutto impreparato nello spiegare a persone non del settore di cosa mi occupassi (la risposta generica che di solito utilizzavo era: “lavoro nel campo della pubblicità online”). Per fortuna da oggi posso contare su un valido “alleato”. Si tratta del libro Le nuove professione del Web di Giulio Xhaet un testo che presenta con molti dettagli e testimonianze otto profili lavorativi, dal web editor al content curator, dal SEO al reputation manager. Il sottotitolo “fate del vostro talento una professione” non è casuale: il mondo del digital è forse – per ora – una delle poche oasi felici nel mercato dell’advertising. L’entusiasmo però alle volte crea confusione. Per cui ottima l’idea di raccogliere in un libro tutte le informazioni necessarie a capire le peculiarità dei vari profili per dare modo, a chi si voglia affacciare al mondo dell’online, di intuire quale possa fare al proprio caso. Tra l’altro, proprio a questo proposito, carinissima l’idea di individuare attitudini comuni a tutti i profili presentati che si “colorano” con delle stelline in base all’importanza o meno di quella determinata caratteristica per quel tipo di professionalità.

Nonostante la mia breve intervista compaia a pagina 150 nel capitolo dedicato all’All-line Advertiser (ebbene sì, c’è anche la comparsata del sottoscritto), le parti che hanno attirato maggiormente il mio interesse sono state le sezioni dedicate al Community Manager e al Digital PR (dove P sta per People tanto per citare il libro), forse perché più connesse a quello che tutti i giorni è ciò di cui mi occupo.

Per concludere, una nota di merito ai titoli dei vari paragrafi che formano i capitoli, sempre divertenti, e all’idea di inserire a fine capitolo dei QRCode che rimandato al sito creato ad hoc per l’uscita del libro.

Complimenti e buona lettura!